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il rapporto 2002 dell'ONU sull'ambiente
La Terra a secco entro trent'anni
Mille scienziati per il rapporto dell'Onu sull'ambiente: desertificazione e
cemento i mali più gravi del pianeta
Vista dall'alto la terra appare come un ammasso di cemento, infrastrutture,
autostrade e buchi nel manto forestale se è vero, come afferma il rapporto
dell'Unep, che la mano dell'uomo incide per il 70% sulle terre emerse. Un
paesaggio che tra trent'anni rischia solo di peggiorare. L'Unep è l'agenzia
Onu per l'ambiente, il rapporto si chiama GEO-3 e trent'anni sono il tempo
di analisi (del passato e dei prossimi tre decenni futuri) oggetto di uno
studio preparato da mille scienziati, incaricati di stilare una diagnosi
dello stato di salute del globo. Oltre all'elenco degli atavici mali, c'è
infatti nel rapporto lo sviluppo di un'idea un po' più complessa: poiché a
fare danno è stata la mano dell'uomo, è forse il caso che adesso l'uomo
ponga riparo. Una scelta politica necessaria e per la quale non resta molto
tempo: due milioni di ettari di suolo terrestre sono in forte degrado,
mentre la mancanza d'acqua sarà nel prossimo futuro la sfida maggiore, se
almeno la metà dei fiumi del globo è inquinata e ciò che resta è frazionato
da dighe, assorbito dalle necessità agricole, fuorviato dal corso naturale.
E se poco consola sapere che diminuirà il buco dell'ozono, i mille
scienziati ricordano che resta forte la disparità tra ricchi e poveri e che
un quinto del pianeta si gode i benefici del 90% delle risorse, mentre 4
miliardi di persone vivono con meno di 2 euro al giorno. Il prezzo per dirla
in italiano, di tre caffé. Nemmeno corretti.
Non è dunque un portavoce dei no global a parlare dei mali del mondo
indicandone i colpevoli, ma le teste d'uovo della Nazioni Unite, con bel un
saggio che piacerà ai cultori della geografia umana (quelli che leggono le
bellezze e le storture dei paesaggi manipolati dalla mano dell'uomo) e che
raccoglie indicatori commentati: assai più dunque che una semplice e
piagnucolosa lista di cattive abitudini.
Per chi ha tempo e voglia di leggerselo (sarebbe un buon libro di testo
gratuito per la scuola), l'indirizzo è: www.unep.org; per chi si accontenta
di una breve sintesi, eccola in pillole, lettura sconsigliata se si vuol
dormire sonni tranquilli. I dati positivi son davvero pochi: la produzione
di Cfc (clorofluorocarburi) è in diminuzione e si vedono i risultati di un
investimento di oltre un miliardo di dollari in 114 Paesi poveri che hanno
drasticamente ridotto le emissioni. Benché l'andamento dell'applicazione del
Protocollo di Kyoto proceda a balzi, l'Unep sembra ottimista, anche se la
concentrazione di gas relazionati al surriscaldamento del pianeta rimane
troppo elevata. Altro punto a favore, i passi avanti nella battaglia contro
la fame, benché - dal 1972 ad oggi - ci siano due miliardi di bocche in più
da sfamare. Finite le (si fa per dire) buone notizie, tutto il resto è
deserto. Un deserto siccitoso. La vera sfida, dice l'Unep, sarà la mancanza
di risorse idriche: oltre un miliardo di persone non ha accesso all'acqua
potabile e due miliardi e mezzo vivono in condizioni igieniche pessime
(essendo l'acqua la prima risorsa necessaria per la salute). Nei prossimi
trent'anni le cose peggioreranno e oltre la metà del mondo si troverà a
vivere in aree che soffriranno forte penuria idrica, se a guidare la scena
mondiale resteranno solo le logiche di mercato. Nella penisola arabica e
nell'Asia occidentale, lo scenario sarà drammatico, arrivando a toccare nove
abitanti su dieci.
Sotto accusa dunque, non solo il riscaldamento del pianeta e l'avanzata del
deserto (riconducibili anche a cause umane), ma soprattutto logiche e
politiche e una leadership che sembra affidata soprattutto alle regole del
libero mercato. Libero di farci del male.
EMANUELE GIORDANA ( Lettera 22) - Il Manifesto 25 maggio 2002