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immigrazione: intervento in Aula (Senato)
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Intervento in Aula del Sen. Nuccio Iovene sul disegno di conversione in
legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 aprile 2002, n. 51,
concernente disposizioni urgenti recanti misure di contrasto
all'immigrazione clandestina e garanzie per i soggetti colpiti da
provvedimenti di accompagnamento alla frontiera
Signor Presidente, Onorevoli colleghi, il decreto legge del 4 aprile 2002
N. 51 che siamo chiamati a convertire in legge si è mostrato sin dal
momento della sua adozione inutile, inefficace, dannoso e grave.
Inutile vista la discussione in corso sulla normativa sull'immigrazione
proposta dal Governo ed in via di approvazione proprio in queste ore alla
Camera dei Deputati.
Le norme contenute nel decreto potevano essere più naturalmente o
congruamente lì inserite e discusse e per quanto riguarda la cosiddetta
distruzione delle navi anch'essa poteva essere inserita in altro
provvedimento come ad esempio il collegato ambientale appena approvato. Un
provvedimento dettato quindi solo dall'ansia della propaganda, alimentando
un'incertezza tra gli organismi chiamati ad intervenire ed operare su
questa materia ed un clima di insicurezza ed intolleranza nei confronti di
un fenomeno, quello dell'immigrazione, che richiederebbe come stiamo
sostenendo nella discussione sulla legge che il Governo ha presentato, ben
altro profilo politico e culturale, ben altra visione della società. Lo
testimonia la scandalosa norma sulle schedature degli "stranieri",
attraverso le impronte digitali, approvata da voi ieri alla Camera dei
Deputati. Lo testimonia la denuncia del CIR, il comitato per i rifugiati
che ieri, presentando il suo rapporto ha documentato che sulle 16.000
richieste di asilo dell'ultimo anno presentate in Italia, ne sono state
esaminate circa 13.000 e solo 2.000 hanno ottenuto una risposta positiva,
mentre contestualmente, con una circolare del 25 maggio scorso del
Ministero degli Interni si comunica la volontà di smantellare il Programma
Nazionale per l'Asilo attraverso la riduzione, entro la fine di quest'anno,
del 70% degli attuali 2.200 posti disponibili chiudendo così la porta in
faccia ai rifugiati ed ai richiedenti asilo, persone in fuga da
persecuzioni politiche, guerre o gravi violazioni dei diritti umani. Si
parla di questo proprio oggi a Lecce per iniziativa del Consiglio d'Europa
e proprio in relazione all'arrivo di queste persone, all'accoglienza loro
riservata, nei porti e lungo le coste dell'Europa. Lo testimoniano infine
le innumerevoli prese di posizione degli imprenditori, della Caritas e
della Conferenza Episcopale, di tutte le principali associazioni laiche e
cattoliche impegnate in questi anni sul terreno difficile dell'accoglienza,
e le stesse normative europee in corso di definizione assai distanti
dall'impianto della legge Bossi-Fini attualmente in discussione e di cui
questo decreto è una pessima anticipazione.
Inefficace perché a quasi due mesi dalla sua entrata in vigore effetti
significativi non se ne sono visti né nella limitazione degli sbarchi, che
come si sa sono invece aumentati, né nella capacità di affrontare con
efficacia e tempestività lo smaltimento dei relitti abbandonati. Si, ha
consentito a qualche Ministro e Sottosegretario, nelle settimane scorse, in
campagna elettorale per le amministrative, in una sorta di pellegrinaggio,
di fare visita alle località in cui le navi sono arenate, è accaduto
recentemente a Isca, Montepaone e Santa Caterina sulla costa jonica
calabrese, fare qualche promessa, lasciando le cose, a poche settimane
dall'estate esattamente come prima e offrendo semmai lo spunto per qualche
trasmissione satirica in tv.
L'articolo 1 del decreto, infatti, delega al Presidente del Consiglio la
decisione sulla distruzione delle imbarcazioni. Sappiamo che il Presidente
del Consiglio è infaticabile, fa anche il Ministro degli Affari Esteri, ha
affermato che avrebbe fatto volentieri il Commissario Tecnico della
Nazionale e molte altre cose, ma occuparsi anche di rottamazione delle navi
abbandonate a me sembra francamente, veramente, troppo. Anche perché il
problema non riguarda singoli e sporadici casi, ma decine e decine di navi
abbandonate sulle spiagge, o più spesso ormeggiate nei porti pugliesi,
calabresi e siciliani. Solo a Crotone ne sono ormeggiate circa 20. E tutto
questo richiederebbe una normativa adeguata non basata sulla logica
dell'emergenza.
Dannoso perché le misure previste dall'articolo 1, non specificando i
termini in cui la distruzione delle navi debba avvenire, rischiano di avere
un impatto devastante nei confronti dell'ambiente ed in particolare quello
marino. Infatti, l'Italia, nel quadro degli obblighi derivanti dalla
Convenzione di Barcellona ha firmato, e successivamente ratificato, con
legge 29 maggio 1999, n. 175, il "protocollo per la prevenzione e
l'eliminazione dell'inquinamento del mar Mediterraneo dall'immersione di
rifiuti provenienti da navi ed aerei o dall'incenerimento in mare", il
quale nel fissare il divieto di immersione in mare di rifiuti e
specificamente delle stesse navi, stabiliva un regime autorizzativo
transitorio, motivato dall'estensione geografica e dal numero di paesi
coinvolti, che scadeva il 30 dicembre 2000; oltre tale data è vietata a
tutti gli effetti l'immersione di navi in mare".
Per quanto riguarda la normativa nazionale, è vietato, ai sensi
dell'articolo 7, comma3, lettera L del decreto Ronchi n. 22 del 1997,
l'affondamento in mare di "veicoli a motore, rimorchi e simili, fuori uso e
loro parti", essendo classificati come rifiuti speciali: tali veicoli vanno
peraltro conferiti ad un centro di raccolta "per la messa in sicurezza, la
demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione".
Di qui gli emendamenti proposti che assegnano alle Capitanerie di Porto
compiti e risorse per affrontare stabilmente, nel rispetto delle norme
ambientali e della convenzioni internazionali, il problema della
rottamazione e lo smaltimento delle imbarcazioni una volta avuto il nulla
osta dell'Autorità Giudiziaria.
Grave, in fine, perché l'articolo 2 del decreto, modificando i meccanismi
di espulsione e di accompagnamento alla frontiera, presenti nella legge
attualmente in vigore, mette in discussione i principi dell'articolo 13
della Costituzione e la recente sentenza della Corte Costituzionale, la 105
del 22 marzo 2001, che vietano qualsiasi restrizione della libertà
personale se non per atto motivato dell'Autorità Giudiziaria.
Dire che il provvedimento di espulsione è immediatamente esecutivo prima
che il Tribunale, verificata la sussistenza dei requisiti, lo convalidi è,
come è chiaro a tutti, gravissimo. Evidentemente si ritiene che si possa
eseguire l'atto restrittivo della libertà prima, vale a dire senza la
decisione del Giudice, che si pronuncerebbe quindi ad espulsione avvenuta.
Stiamo parlando di diritti umani e di libertà personali, tutelati dalla
nostra Costituzione e dal diritto internazionale. Ma come è evidente il
vostro è garantismo a senso unico. Voi pensate ad uno Stato ed a una
Giustizia debole con i forti e forte, anzi arrogante, con i deboli. La
sentenza richiamata della Corte Costituzionale dice chiaramente che "né
potrebbe dirsi che le garanzie dell'articolo 13 della Costituzione
subiscano attenuazioni nei confronti degli stranieri (?) e che il controllo
del giudice investe non solo il trattenimento ma anche l'espulsione
amministrativa nelle sue specifiche modalità di esecuzione, consistente
nell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica ".
E' evidente che l'immediata esecutività prima che il giudice si pronunci
rischia de rendere inefficace la sua eventuale decisione difforme e mette
il cittadino straniero nell'assoluta impossibilità di difendersi ed
appellarsi in alcun modo.
Io mi auguro che il Senato, e la maggioranza in particolare, voglia
affrontare quindi l'esame di questo disegno di legge di conversione con
l'attenzione che merita, cogliendo obiezioni e preoccupazioni che non solo
noi, ma gran parte della società civile e della cultura giuridica del paese
hanno manifestato.
La cosa migliore sarebbe far decadere il decreto, chiudendo una volta per
tutte con la cattiva propaganda, ed affrontando nelle sedi proprie le
relative questioni che si vorrebbero in questa sede risolvere, peraltro
senza successo.
In ogni caso esaminando con attenzione ed accogliendo gli emendamenti
proposti da noi e da altri colleghi dell'opposizione tesi a limitare i
danni più evidenti, che ho provato qui a riassumere, che questo
provvedimento determina.
Roma 30 maggio 2002