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Polizia: voglio vincere la paura
Articolo apparso sul numero di aprile 2002 del mensile "Polizia e
Democrazia" - www.poliziaedemocrazia.it
Aprile/2002 - Contributi
Voglio vincere la paura
di Valerio Bruzzone
Ho appena scoperto, in maniera del tutto casuale, la vostra rivista e ho
subito cominciato a spulciare con grande interesse la versione online.
Anzitutto mi conforta il fatto che esista ancora una rivista con questo
nome; dopo Genova pensavo che i due termini "Polizia" e "Democrazia"
fossero diventati inconciliabili.
Ho potuto consultare solo due o tre articoli, uno, di gennaio 2002, di
Fabrizio Rossetti, Responsabile nazionale Fp Cgil della Polizia
Penitenziaria, e per me e' stato un conforto: escludendo la coraggiosa e
onesta intervista rilasciata a la Repubblica da Forleo qualche mese fa, non
ero abituato a leggere ammissioni di responsabilita' analisi di cause e
denunce del tarlo, da parte di esponenti delle Forze dell’ordine.
Ho letto, sul numero di settembre 2001, l’editoriale di Paolo Andruccioli e
l’articolo di Andrea Nemiz. Quest’ultimo e' stato fortunato: riferisce che
stava per essere pestato ma il poliziotto davanti al "magico pettorale
Press" si blocca e dopo uno spintone sibila con forte accento romano:
"vattene via da qui! Nun vedi che so’ du’ giorni che ce stanno rompenno er
c...." L’autore dell’articolo e' stato ancora fortunato rispetto a tanti
suoi colleghi e a chi non aveva la protezione magica del pettorale.
Inutile dire che, comunque, condivido entrambi gli articoli, tranne su un
punto cioe' sulle conseguenze che ne dovrebbero comunque derivare. Si
afferma che i "violenti" sarebbero pochi; io me lo auguro ma non ci credo.
Nei servizi televisivi sui pestaggi, si vedevano grappoli di agenti
infierire su una persona e, nella migliore delle ipotesi, il rapporto tra
chi pestava bestialmente e chi cercava di impedirlo, era di uno a tre.
Il ragazzo di Ostia a cui il funzionario di Polizia Perugini ha voluto
lasciare il ricordino finale era massacrato da almeno sette-otto
picchiatori, e quando il ragazzo, protetto da un sanitario, ha urlato un
comprensibilissimo "fate schifo!" ai suoi picchiatori, si e' pure preso
un’ulteriore spintonata, accompagnata da un "vai... vai...".
Che schifo!, posso dirlo? E poi Perugini, tornato a Genova poche settimane
fa, secondo la stampa sarebbe stato accolto da un lunghissimo applauso dai
suoi colleghi della Digos. Devo pertanto pensare che tutta la Digos di
Genova ne approva l’operato e, nella stessa situazione, si comporterebbe
nello stesso modo.
Come si conciliano questi pochi episodi a cui ho accennato con
l’affermazione che i violenti sarebbero in numero esiguo all’interno delle
Forze dell’ordine? Ogni tanto saltano agli onori della cronaca episodi di
pestaggi violentissimi a carico di persone note o loro congiunti: il
portiere Buffon, il figlio di Alba Parietti, il figlio di un
Sottosegretario del precedente governo. Tutti gli episodi hanno in comune
alcuni elementi, stando alle accuse dei pestati: la violenza del pestaggio,
la gratuitita' dello stesso, l’assenza di almeno un agente a fermare i
colleghi. E quanti sono gli episodi non denunciati o che comunque non
arrivano ai giornali?
Sbagliero', ma la mia impressione e' che ci sia un profondo equivoco sul
modo di intendere il proprio ruolo e le proprie funzioni da parte di molti,
troppi, esponenti delle Forze dell’ordine.
Io credevo, e credo ancora, che l’operato di un agente fosse finalizzato
all’arresto di chi viola la legge, sia in situazioni di ordine pubblico che
in altre; la violenza, purtroppo necessaria, dovrebbe avere l’unico scopo
di raggiungere il fine principale ed essere impiegata per vincere eventuali
resistenze e per impedire violenze da parte del fermato. Invece ho visto
violenza pura, fine a se' stessa, impiegata come ritorsione o punizione:
"ti massacro di botte, comunista di merda, cosi' impari a venire qui a
rompere i coglioni". "Uno a zero per noi"; con questo coro, secondo le
testimonianze, sarebbero stati accolti molti fermati dopo l’uccisione di
Giuliani. "Maledizione, ce li hanno tolti di mano troppo presto", "quel
bastardo mi ha pure sporcato le scarpe col suo sangue"; questi, secondo la
testimonianza della signora Trotta, lavoratrice dell’Ospedale San Martino
di Genova, sarebbero stati i commenti sentiti fare da agenti che avevano
partecipato alla "perquisizione" alla scuola Diaz. Nel frattempo la
questura di Genova ed il dottor Sgalla dell’ufficio stampa del Capo della
Polizia dicevano: "non abbiamo ferito nessuno, abbiamo solo curato ferite
pregresse", mentre il funzionario di Polizia Gratteri avrebbe poi
dichiarato, in sede di Comitato parlamentare, che i poliziotti si erano
mascherati i volti coi fazzoletti perche' c’erano le televisioni e non
volevano farsi riconoscere.
Crocerossine e mammolette timide, quindi; nessun picchiatore animato da
premeditata volonta' di oltrepassare la legalita' repressiva.
Se i violenti sono veramente cosi' pochi e malvisti dai colleghi, perche'
non vengono denunciati? Il silenzio e' complicita'. Ho letto di capisquadra
che avrebbero allontanato agenti troppo violenti. Ma a che serve dire
"fermati, vai via" se poi non ne discendono le ulteriori indispensabili
conseguenze? Perche' i sindacati di Polizia non chiedono a gran voce
l’adozione di tutte le misure possibili per prevenire abusi? Non ho ancora
letto sui giornali titoli come "I poliziotti ed i carabinieri chiedono un
codice di riconoscimento cucito sulla divisa". Perche' solo Forleo ha avuto
il coraggio di ammettere che nelle questure volano calci e schiaffoni? (a
proposito di questo poliziotto, sono veramente lieto che le accuse a suo
carico si stiano rivelando inconsistenti). Non succede null’altro?
E poi, in cosa consiste l’ordine pubblico? Gratteri ha detto che non
esistono manuali di ordine pubblico, io aggiungo: ma esisteranno principi a
cui fare riferimento. Bastonare selvaggiamente persone con le mani alzate
in segno di resa, o che dormono in una scuola, a quali principi si ispira?
E poco importa cosa possono avere fatto quelle persone un’istante prima:
nessuno si scandalizzerebbe per un calcio nel sedere sferrato in un momento
di particolare tensione, ma qui si tratta di altro: l’ordine pubblico e'
inteso come picchiare, picchiare e solo picchiare, nel modo piu' duro e
brutale possibile; e non per bloccare una persona o per impedire violenze
(in questi casi sarebbe purtroppo necessario), ma per punire, quando non si
aggiunge anche il carico di connotazioni ideologiche dell’agente picchiatore.
I comportamenti che tutti abbiamo visto, e ancor piu' le montagne di
menzogne propinate a tutti i livelli, i "non so'... non ricordo... sono
arrivato dopo... sono andato via prima" hanno tolto ogni credibilita' e
legittimazione alle nostre Forze dell’ordine.
Io avevo fiducia, stima e rispetto per Polizia e Carabinieri, ora e' acqua
passata e c’e' almeno un italiano su tre a pensarla come me. Mi sono
sentito come se due amici mi avessero tradito.
No so quanti anni dovranno passare prima che io riesca a vedere una di
queste divise senza provare un istinto di ripulsa; dipendera' da cosa
faranno i Nostri.
Ho letto che i Carabinieri avrebbero consegnato alla Procura di Genova un
elenco di agenti responsabili di episodi di violenza ingiustificata. È
finalmente un buon segno, anche se tardivo. Spero che sia l’inizio di un
percorso che l’Arma vuole intraprendere senza tentennamenti, per recuperare
quella legittimazione persa per le strade di Genova, a colpi di fucili
impugnati alla rovescia e di cariche violentissime a cortei autorizzati.
Polizia Penitenziaria e Guardia di Finanza non hanno fatto nulla del
genere. È la stampa che non ci informa, non c’era nessuno da segnalare, o
non c’e' nessuna volonta' di farlo?
Qualcuno poi ci dira' qualcosa sui gas utilizzati? Ultimamente sono emerse
accuse gravissime anche su questo punto. A fine settembre, a Roma, ho
partecipato ad una manifestazione issando un enorme cartello dove avevo
scritto: "mi vergogno delle nostre Forze dell’ordine. Vogliamo un codice di
riconoscimento cucito sulle divise. Pulizia nella Polizia, nei Carabinieri,
nella Penitenziaria, nella Guardia di Finanza". Dopo pochi giorni, e per
alcuni giorni, uno strano individuo stazionava davanti al cancello di casa
mia. Ma io per ora lo tengo quel cartello, pronto a riportarlo in strada;
mi piacerebbe poterlo gettare via, sembra che i Carabinieri stiano
cominciando a fare pulizia, ma gli altri che fanno?
E non dimentichiamo che il problema e' esploso a Genova, ma in precedenza
non erano mancati segnali preoccupanti: Napoli a marzo, ad esempio.
L’ex-questore di Genova ha recentemente dichiarato che a Napoli era
successo di peggio rispetto a Genova; lo si sapeva, e infatti Amnesty
International aveva chiesto chiarimenti all’allora ministro Bianco, ma non
ha mai avuto risposta, ne' da Bianco ne' da Scajola.
Chi volesse vedere tutta Napoli e tutta Genova in dieci secondi, deve solo
procurarsi la registrazione di Striscia la notizia del 25 gennaio 2002:
abbiamo visto quello che i Tg non ci avevano fatto vedere a Firenze nel
maggio 1999: una manganellata in faccia ad una donna che non stava facendo
niente, un grappolo di poliziotti che massacrano a manganellate e calci un
uomo a terra, un carabiniere che impugna il fucile per la canna e colpisce
ripetutamente un altro uomo a terra.
Durante i disordini in occasione della visita di Haider a Roma, si e'
scatenata la caccia all’uomo da parte dei celerini, e non per arrestare, ma
per picchiare, tanto da provocare l’indignazione dei passanti.
In un'altra occasione, sempre a Roma, durante una manifestazione di
immigrati degenerata in incidenti, i manifestanti sono stati chiusi contro
un muro; a questo punto si poteva procedere al loro arresto, invece si e'
preferito spaccargli la testa a manganellate.
Ad oggi, se una persona accusa di maltrattamenti una delle nostre tante
Polizie, e queste smentiscono, quale credibilita' puo' avere la smentita?
Se vogliamo interpretare correttamente Genova, lasciamo perdere la storia
della catena di comando che non ha funzionato, le disorganizzazioni e altre
scuse simili: guardiamo i precedenti, e non dimentichiamo che le sozzerie
sono state fatte anche con il precedente governo, in situazioni e contesti
che nessuno ha mai definito da "guerra civile". Io sono un moderato di
sinistra, ma preferirei toccare la cacca con le mani nude piuttosto che
stringere la mano tanto a Scajola quanto a Bianco. La politica puo' dare
coperture, e questo governo santifica addirittura, ma le Istituzioni
dovrebbero essere sane fino al midollo, indipendentemente dalle maggioranze
di governo. Invece, due domeniche fa, un giornalista di Repubblica, reo di
scattare foto durante i disordini allo stadio Olimpico, si e' preso una
manganellata in testa da un celerino. Ovvio che sia cosi': la certezza di
non essere riconoscibile da senso di impunita', la consapevolezza di poter
contare sulle coperture dei colleghi la rafforza, l’impunita' da senso di
onnipotenza. Quali effetti possono produrre, su soggetti predisposti,
questi banali processi mentali?
Non c’e' nessuna relazione con il recente "pizzo delle mozzarelle" o con
l’espulsione, anch’essa recente, avvenuta a Genova di un ragazzo marocchino
accusato di reati che avrebbe dovuto commettere in eta' infantile? La
questura di Genova aveva dichiarato che il ragazzo era stato identificato
tramite rilievo delle impronte digitali; secondo quanto riportato dalla
stampa in sede di Tribunale, a Brindisi, sarebbe emerso che non e' stato
fatto alcun rilievo di impronte. Ma tanto e' un marocchino, tornasse a casa
sua!
C’e' da cominciare ad avere paura all’idea di essere fermati ad un normale
posto di blocco: se la mia faccia o il giornale appoggiato sul sedile o
chissa' che altro non piacciono a chi mi ferma, cosa mi potra' succedere?
Mi lasceranno almeno qualche ossetto intero? Io ho la coscienza tranquilla,
ma oramai e' dimostrato che la cosa serve a poco.
Comunque cerco di vincere la paura: a dicembre ero a Genova e giravo per
strada con un adesivo appiccicato al dorso della giacca, sull’adesivo
c’erano le immagini del pestaggio del quindicenne di Ostia e quelle di una
"sovversiva" della Diaz portata via in barella. Scrivo alla Polizia, ai
Carabinieri, al Ministro, dicendo quello che penso di loro e, non essendo
un vigliacco come certi picchiatori in divisa, firmando le mie lettere.
Devo aspettarmi una perquisizione in stile scuola Diaz? Non mi stupirei
troppo se scoprissi di essere gia' stato schedato sotto qualche bizzarra e
grottesca dicitura.
Eppure sono soltanto un semplice cittadino che vive e lavora onestamente,
convinto che "democrazia" non significhi avere il diritto di fare sempre e
comunque tutto quello che si vuole, che le zone rosse vadano rispettate,
che crede ancora nella democrazia e nei mezzi leciti per difenderla e che,
purtroppo, non crede ad una sola parola che esca dalla bocca di un
carabiniere o di un poliziotto, e che trova stridente il contrasto tra il
lavoro che le Forze dell’ordine sono chiamate a svolgere e la perdita di
legittimazione e credibilita' che hanno subi'to.
Chiedo scusa per la mia prolissita'; ora vorrei lanciare una proposta:
perche' la societa' civile (alla quale, molto presuntuosamente, credo di
appartenere) non si unisce alla parte sana delle Forze dell’ordine per
fondare un movimento di "democrazia e polizia", avente lo scopo di
pungolare la Politica, sensibilizzare e informare correttamente l’opinione
pubblica chiedendo l’adozione di misure preventive quali: il codice di
riconoscimento per gli agenti, il divieto di ostacolare le attivita' di
videoripresa, il rafforzamento delle sanzioni per l’oltraggio e
l’aggessione a pubblico ufficiale, la procedibilita' d’ufficio per le
percosse, una formazione deontologica adeguata, l’istituzione di periodi di
"riabilitazione" per i violenti in divisa, l’aggravamento delle sanzioni
per chi utilizza i manganelli impugnati al contrario o "rafforzati", il
divieto di travisare il volto, la messa al bando dei tonfa, dimostratisi
strumenti micidiali dagli effetti devastanti, l’istituzione di un
osservatorio nazionale sui casi di denunce di maltrattamenti da parte di
esponenti di Forze dell’ordine, obbligo di esibire tessera di
riconoscimento prima di qualsiasi iniziativa, purche' la situazione lo
consenta.
Rifiutare queste banali misure di prevenzione, equivale a dare la cera
nelle scale delle carceri, delle questure e delle caserme.
Il Silp Cgil, il Siulp, Lfp Cgil Polizia Penitenziaria, dovrebbero essere i
primi interlocutori naturali. Io, nel mio piccolo, sarei felicissimo di
fare la mia parte, per poter gradualmente tornare ad essere orgoglioso
delle mie Forze dell’ordine.
Concludo accennandovi a tre insignificanti episodi che sono capitati a me,
tutti a Roma.
Il primo, alcuni anni fa, davanti all’Ambasciata americana: in motorino
sono passato col rosso, la Polizia mi ha fermato, come e' giusto che fosse,
un agente ha cominciato a darmi del cretino, come non e' giusto che fosse.
Il secondo, pochi mesi fa, in via Tomacelli: discutevo, in maniera
reciprocamente civile, con un agente in divisa; a un certo punto gli ho
detto: "non farete mica come a Genova?" riferendomi alla situazione per la
quale mi ero fermato e messo a discutere; l’agente in divisa ha risposto
con un "ma no!" mentre un altro in borghese ha mormorato "ti farei di
peggio", abbassando lo sguardo come tutti i vigliacchi a cui viene dato potere.
Il terzo, pochi giorni fa, a Campo de’ Fiori. Un’associazione di cui faccio
parte aveva organizzato una serie di iniziative, tra cui un presidio fisso
in questa piazza. Una sera arrivano due tizi in borghese e, in maniera
civile, dicono "siamo della questura, ci fate vedere i permessi?", ma non
hanno esibito alcuna tessera di riconoscimento. È vero che nessuno gliel’ha
chiesta, ma non dovrebbe essercene bisogno, dovrebbe essere un gesto
automatico. Esempio concreto della nota reticenza a qualificarsi con nome
cognome e grado. Qualcuno puo' spiegarmene i motivi?
"Genova, per noi che abbiamo visto Genova": per quanto tempo dovremo ancora
cantarla?
Valerio Bruzzone