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Di armi, immigrati e solidarietà.



E' un vero peccato che la politica, quella che si svolge nelle sale e i
corridoi dei Palazzi, non abbia spesso le ampie vedute che un tale compito
abbisognerebbe. Perché occhi dalla vista troppo corta portano all'adozione
di provvedimenti efficaci sì, ma in un'ottica ristretta ai problemi
contingenti e alle necessità più o meno corporativistiche di una sola classe
di aziende o di cittadini - e senza comunque risolvere gli stessi problemi
alla radice.

Due esempi concreti.
C'è una considerazione che mi son dimenticato di fare, a margine dei lavori
che mi hanno coinvolto in questi ultimi giorni, nella preparazione di un
documento in difesa della Legge 185/90; e cioè, che una conseguenza mai
immaginata del possibile aumento di esportazioni di armi verso Paesi che ne
fanno uso in modo eticamente riprovevole (con guerre e violazioni dei
diritti umani), sarà sicuramente, nei tempi a venire, un conseguente aumento
di ciò che noi purtroppo con enfasi "al negativo", chiamiamo "immigrazione
clandestina".
E cioè, poiché la maggioranza degli immigrati che guardano a noi come terra
da raggiungere, con mezzi di fortuna e grandi sofferenze, non vengon qua
perché l'Italia è bella; trattandosi di popoli minacciati di sterminio,
provati dalle guerre, persone che non hanno futuro e che giocano il tutto
per tutto per sopravvivere.
Mi veniva allora di lanciare una proposta provocatoria... l'idea di una
tassa sui proventi dell'industria bellica, utilizzando poi il denaro
ricavato per accogliere questi profughi, la cui presenza in ultima analisi
sarebbe generata anche dalle nostre armi, soprattutto se il disegno di legge
1927 arrivasse ad essere approvato. Utopia?

E l'altra riflessione scaturisce dall'esistenza di due circolari del
ministero dell'Interno, che sanciscono l'obbligo di rimpatrio agli
stranieri, minorenni in Italia con permesso di soggiorno per minore età, una
volta raggiunta l'età adulta.
Son spesso ragazzi strappati alla famiglia di origine a causa delle
situazioni di guerra e repressione nei loro Paesi, o che hanno perso
familiari per lo stesso motivo e che qui trovano accoglienza e possibilità
di studio. Un loro rimpatrio forzato causa conseguenze drammatiche non solo
per loro ma anche per noi, costringendoli in pratica (poiché se sono un
immigrato e so ciò che mi attende in patria, farei di tutto per evitare il
ritorno laggiù) a inserirsi nella clandestinità con le conseguenze in
termini di malavita che tutti sappiamo.

Come sempre, valori etici e interesse politico sembrano essere affetti da
una incompatibilità di fondo. Abbiamo forse dimenticato quanto nella recente
civiltà l'etica ha prodotto, in termini di creazione dello Stato moderno e
della democrazia. Flussi e riflussi della Storia che dall'esperienza tragica
del fascismo e del nazismo, e dopo quello che, in termini etici appunto, le
moderne democrazie avevano assimilato, sembrano adesso riproporre modelli
culturali assai simili a quelli da cui nazismo e fascismo hanno avuto le
origini. Scontri politici che diventano, in ultima analisi, scontri tra due
culture diverse, con opposte visioni dell'uomo e della società.
Ma la solidarietà, vorrei sperare, non abbia a scomparire. Rimangano sempre
- e ve ne siano sempre più - persone sensibili e con l'occhio capace di
guardare ben al di là del proprio orizzonte visivo.

Anche se sarà sempre più difficile manifestarsi.


Roberto Del Bianco