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RAMALLAH: CRONACA DALLA CITTA' FANTASMA



CRONACA DALLA CITTA' FANTASMA

Ramallah, 15 aprile 2002

Si chiama Adam Keller, e' israeliano. Cammina con altri undici pazzi in una 
citta' occupata sotto
coprifuoco, sventolando una bandiera bianca. La citta' e' Ramallah, ma 
anche per chi la conosce e'
difficile riconoscerla. Per chi ricorda questa citta' araba piena di musica 
odori e colori l'impatto e'
devastante. Dire che le strade sono deserte e' un eufemismo. Le strade sono 
morte, straziate. Il
silenzio spettrale e' rotto soltanto dal rumore dei cingolati e dalla sorda 
sirena delle camionette
dell'esercito. Camminiamo sfidando il coprifuoco. Ogni tanto si incontra un 
tank, si cambia strada.
Vogliamo arrivare davanti al compound di Arafat dove e' atteso Colin 
Powell, e aprire due striscioni,
"terrorismo = occupazione" e "l'intervento dei civili e' il potere del 
popolo". A poche decine di metri
dalla residenza, l'esercito ci ferma. Proviamo a contrattare, senza nessun 
risultato. Ci giriamo,
prendiamo un'altra strada. Ci ferma di nuovo, e noi di nuovo per un'altra 
strada. Sembra un gioco. Credo
che questi soldati ragazzini che non hanno piu' della mia eta' si stiano 
quasi divertendo. All'ultima
sosta ci offrono perfino delle lattine di succo di frutta. Dima, la ragazza 
palestinese, e' vicino a me.
"Cosa provi nel trovarteli di fronte?" le chiedo. "Sono ragazzi come me, 
potrebbero essere dei miei
amici. Non hanno una loro volonta', eseguono ordini" risponde. "Ma 
potrebbero rifiutarsi" rincalzo io.
"Si lo so, alcuni si rifiutano, queste sono davvero delle gran persone, 
stanno in prigione". Poi li
guarda, sguardo fiero di due occhi neri, e si lascia andare. Mi racconta la 
sua storia, una storia molto
comune qui, storia di profughi che vagano da un campo rifugiati all'altro. 
Lei ha cominciato
l'universita', diritto internazionale, e si chiede se mai riuscira' a 
finirla. Provo ammirazione per
questa ragazza che, nonstante tutto, riesce a pensare che ci sia ancora una 
via d'uscita, che la pace
sia possibile. Quando i pochi giornalisti che ci seguono se ne vanno per 
paura di un arresto, i militari
diventano piu' strafottenti. Urlano nel megofono, ci prendono in giro, 
intimano a noi (e a Colin
Powell!) di tornare a casa. Non riesco a credere che dentro le case, dietro 
le porte e le finestre di
questa citta' fantasma siano stipate migliaia di persone. ogni tanto si 
intravede qualcuno attraverso i
vetri e le grate. Ci urlano "grazie!" i piu' coraggiosi ci buttano 
dell'acqua. Adam, l'israeliano, e'
stupendo. Commuove la sua ansia di parlare con la gente di Ramallah. Chiama 
le persone che stanno dietro
le finestre, dice "sono ebreo ma sono vostro fratello. Mi fa schifo quelo 
che sta facendo Sharon".
Quando poi, non visti, riusciamo ad entrare in una casa, Adam che prende il 
caffe' chiaccherando con
amore con questa famiglia palestinese e' un'immagine che non si dimentica. 
Riusciamo a rientrare
all'ospedale di Ramallah. Powell e' andato via da qualche ora. Sono 
ricominciati gli spari,
vicinissimi. Arriva l'ambulanza. Si apre il portellone, sulla lettiga c'e' 
un bambino, dieci anni. Anche
questa immagine non si dimentica. E' stato colpito da un cecchino 
sull'uscio di casa, perforazione della
spalla, a tre dita dal cuore. Per il governo israeliano questo si chiama 
"lotta al terrorismo".

Francesca Ciarallo - volontari Apg XXIII in Palestina

[Martedi' 9 Aprile Don Oreste Benzi e un gruppo di volontari della 
comunita' Papa Giovanni XXIII, assieme a un membro dell'associazione 
PeaceLink, hanno deciso di recarsi in Palestina e in Israele per 
testimoniare un impegno di Pace, contattando le organizzazioni impegnate 
per la risoluzione del conflitto e rimanendo vicino alle vittime del 
conflitto in medio oriente].

[Per contattare la delegazione dell'Associazione Comunita' Papa Giovanni 
XXIII e' possibile chiamare direttamente il numero 0097267257053, oppure 
utilizzare questi altri recapiti telefonici: 0541751498 - 3478448791 - 
3280542028]