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Betlemme 12 marzo 2002



Un'altra lettera della mia amica Marina! Non oso risponderle: che cosa le 
posso dire? E così traduco e invio, certa di esaudire il suo desiderio di 
"esistere" grazie a voi che leggete e diffondete le sue parole. Un 
abbraccio Silvia


Betlemme 12 marzo 2002

Cari Amici,

sono trascorsi cinque giorni dall'occupazione delle nostre città (Beit 
Jala, Bethlehem), villaggi (AL-Douhah, AL-Khader, Irtas) e campi profughi 
(Dheisheh, Aida e Azza).  Ieri vi ho scritto dell'umiliazione inflitta agli 
uomini dai 14 ai 50 anni del campo di Dheisheh; di quel campo oggi non 
resta più nulla. I carri armati e i bulldozer israeliani hano distrutto le 
case di decine di famiglie, le strade del campo e qualsiasi altra 
infrastruttura. Mentre tutti gli uomini venivano radunati per essere 
arrestati, i soldati hanno perquisito centinaia di case e quindi le hanno 
demolite o rese completamente inagibili, terrorizzando bambini e donne. 
Tamara di 14 anni e Hanin di 12, entrambi del gruppo teatrale Annoud, sono 
sotto shock per aver visto brutalizzare i loro papà, i loro parenti e i 
loro vicini. Anche molti dei nostri amici del centro per l'infanzia Ibdaa 
sono stati arrestati. In questo momento il campo di Dheisheh è ancora 
circondato dai carri armati israeliani.

Alle 20 di oggi ho ricevuto un messaggio sul mio cellulare: era Mohammed 
Awwad, mio amico e collega, che mi chiedeva di pregare per lui e per la sua 
famiglia perché i carri armati israeliani stavano bombardando la loro casa. 
Non potevo credere a quello che leggevo. Ho richiamato Mohammed che mi ha 
risposto terrorizzato. Mi ha detto che un carro armato si era avvicinato 
allo loro casa ed aveva cominciato a sparare. In quel momento sua madre e 
le sue due sorelle erano sdraiate sul pavimento cercando di salvarsi dai 
colpi. I suoi vicini stavano ancora peggio perché il loro appartamento era 
proprio di fronte al carro armato. Ho continuato a chiamare Mohammed per 
sapere se lui e la sua famiglia erano salvi. Mohammed mi ha risposto che 
l'edificio era danneggiato molto seriamente ma che erano stati fortunati ed 
erano tutti vivi. Il carro armato aveva smesso di sparare e si era 
allontanato dalla loro zona.

Mia cugina Mervat, che abita nel campo profughi di Aida, si è rifugiata nel 
sottoscala di casa sua, con le sue cinque figlie. La più piccola ha un 
mese.  Mervat ha vissuto gli ultimi cinque giorni da sola, con le figlie e 
la suocera che ha un'anca rotta. Suo marito, Munther, non è potuto tornare 
a casa da quando Betlemme è stata occupata. Munther lavora come imbianchino 
nell'Ospedale Augusta Victoria ed è rimasto bloccato là. Munther e Mervat 
hanno vissuto l'inferno negli ultimi cinque giorni, perché i carri armati 
non hanno mai smesso di sparare sul campo e sui dintorni di Beit 
Jala.  Immaginate cinque bambine, tra 9 anni e un mese, sottoposte ad un 
tale incubo e terrore. Ho chiamato Mervat tutti i giorni per sapere come stava.

Linda Massou, una giovane vedova con due figli, vive a Beit Jala. Dopo la 
morte del marito, Linda ha lavorato molto duramente per garantire una casa 
a lei e ai due bambini. Due giorni fa Linda è andata a trovare i suoi 
genitori, alla porta accanto, e un carro armato ha sparato sulla sua casa 
provocando un immenso incendio che ha bruciato tutto. Linda ha perso tutti 
i suoi mobili, vestiti, oggetti di casa, compresi i libri dei bambini. Ora 
si è trasferita a casa di parenti con i suoi figli. Linda e i suoi bambini 
sono una delle centinaia di famiglie che hanno perso le loro case e i loro 
beni.

Noi cerchiamo di consolare questa famiglie dicendo loro che sono stati 
fortunati, che sono vivi e stanno bene. Non so bene se pigliamo in giro 
loro o noi stessi.

Questo pomeriggio Khaled, un mio collega, è apparso all'improvviso alla mia 
porta. Mi sono spaventata vedendolo: sembrava terrorizzato e cercava un 
telefono.  Khaled mi ha detto che sua figlia Daniella aveva una febbre 
altissima da due notti e che era riuscito a portarla dal dottore che viveva 
nel mio quartiere. Ma ora non poteva più tornare a casa, perché i soldati 
sparavano su chiunque tentasse di violare il coprifuoco a Beit Jala. Khaled 
ha chiamato la sua famiglia per tentare di tranquillizzarli. Io ho cercato 
di calmarlo, ma lui voleva andare a casa. Sua moglie e la bambina erano 
ancora in macchina, con suo fratello. Gli ho chiesto di rimanere a casa mia 
fino a quando non potevano tornare a casa, ma lui insisteva per andare. 
L'ho pregato di essere prudente e sono andati via. Sono riusciti a rientare 
sani e salvi, evitando le jeep militari e i carri armati.

Se penso all'orrore che mi circonda, mi viene da piangere e gridare per 
tutta la mia gente.

La notte scorsa, in mezz'ora sono stati uccisi 20 Palestinesi nel campo di 
Jabalia. Vi rendete conto di quanto poco valga la vita umana oggi In 
Palestina!  In questi giorni la vita umana non vale più nulla per gli 
Israeliani.

Più di dieci carri armati sono passati davanti alla mia casa. Non so cosa 
altro possa accadere questa notte ma, credetemi, i soldati israeliani non 
hanno più alcun senso di umanità.

Pregate per noi... Se potete, fare sentire la vostra voce a chi ha il 
potere... Continuate a chiedere la pace per la Terra Santa....

Con affetto a voi tutti

                                             Marina Barham - Inad Theatre - 
Beit Jala