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obiezione alle spese militari - comunicato coordinamento e altri documenti



Ricevo da Mario Colasante e faccio circolare.
(riferimento e-mail: mariocolasante@libero.it)

A.M.
www.peacelink.it



Sintesi  Conclusioni

Comunicato stampa

Coordinamento Politico

L’assemblea OSM-DPN 2002, riunitasi a Foggia il 9 e 10 febbraio, riconferma 
gli impegni presi nel corso del 2001, finalizzati alla piena attuazione 
delle leggi conquistate (L- 230/1998 e L. 64/2001) ed al riconoscimento 
della obiezione alle spese militari dei cittadini/e italiani/e per 
finanziare missioni di obiettori e volontari/e all’estero e la costruzione 
dei corpi civili di pace. Sottolinea, inoltre, che gli attuali scenari 
bellici  con il conseguente, rilevante aumento delle spese militari- 
rendono necessaria sia la ripresa di forme di disobbedienza civile come 
atto individuale e collettivo di rivolta contro il sistema militare per 
l’alternativa della difese popolare nonviolenta, sia la ricerca di 
collegamenti più diffusi ed incisivi con i nuovi movimenti sociali.
IL COORDINAMENTO POLITICO DELLA CAMPAGNA OSM-DPN



Contributo berretti bianchi
All’assemblea osm-dpn di Foggia
9-10 febbraio 2002.
( all’assemblea OSM-DPN parteciperanno, per i berretti bianchi, Alberto 
L’Abate e Angelo Gandolfi)

Sul nostro lavoro e, in particolare sui corpi civili di pace, parlerà 
meglio di me il nostro Presidente Alberto L’Abate. Tuttavia, voglio dire 
qualcosa che riguarda il nostro impegno comune di costruttori di pace.
Da quando la Campagna osm prese il via, nel lontano 1981, molte cose sono 
cambiate, ma non il bisogno di uscire dal “militare” e di bandire la guerra 
dal pianeta.  La guerra ha sempre fatto parte integrante del linguaggio 
degli stati, parte della loro cultura dominante, cioè della loro politica. 
Tuttavia, dalla caduta del muro nel 1989, cioè dalla fine della divisione 
del mondo in due imperi diseguali e contrapposti, ha avuto inizio il 
percorso di un “impero imperfetto”.
In questa situazione la politica tende necessariamente ad appiattirsi sulla 
forza, fino a riconoscersi interamente in essa. Perché “l’impero 
imperfetto” dovrebbe sempre trattare con altri o deviare, anche se 
parzialmente, da quelli che ritiene i propri interessi e vantaggi? Quando 
con l’uso o la sola minaccia di usare la forza può ottenere ciò che vuole? 
Facilmente tenderà solo e sempre di più a divenire perfetto, cioè a 
dominare con il consenso più largo di stati satelliti e tributari e a 
contrattare il meno possibile. Con quale strumenti? Concedendo agli “stati 
amici” il diritto di fare quello che lui normalmente fa, cioè concedendogli 
l’uso della forza in difesa di loro particolari interessi. Questo è quello 
che mi sembra stia avvenendo oggi in Palestina. La strage terrorista 
dell’11 settembre ha solo permesso l’accelerazione di questo processo, ma 
non l’ha assolutamente determinato.
Ciò comporta che difficilmente avremo nel breve futuro, come dice Cavagna, 
un Sindaco e un Consiglio Comunale mondiale, cioè non avremo vere strutture 
internazionali in grado di intervenire nel mantenimento della pace e del 
diritto internazionale, a meno che non le imponga la società civile 
internazionale. Ma questo, oggi, è ancora lontano dall’essere possibile.
L’associazione Berretti Bianchi Onlus è nata nella primavera del 1999, 
partendo da questa convinzione, per cercare di portare un proprio 
contributo alla costruzione della pace, cioè cominciando a investire la 
società civile del problema della sicurezza e del diritto internazionale.
Sabato 26 e domenica 27 gennaio 2002, si è tenuto presso la casa della pace 
di Pax Christi a Impruneta (FI) un primo incontro, promosso dall’ass. 
“berretti bianchi onlus”, sul tema dei Corpi Civili di Pace. Vi hanno preso 
parte una diecina di associazioni e alcuni singoli interessati. Era 
presente anche Paolo Bergamaschi, funzionario dei Verdi per la politica 
estera presso il Parlamento Europeo. E’ stato un incontro interessante 
sotto diversi punti di vista e, ciò che più conta, ha dato inizio a un 
percorso di sinergia estremamente necessario e che ci auguriamo tutti sia 
estremamente produttivo nel futuro. E’ stata costituita una segreteria 
tecnica provvisoria che dovrebbe provvedere a raccogliere il materiale 
esistente su tutte le iniziative realizzate riconducibili ai Corpi Civili 
di Pace, sui riferimenti storici, sulla situazione a livello istituzionale 
e delineare, quindi, alcune prospettive future. Il tutto in vista di un 
Forum da tenersi nell’estate prossima o entro il mese di settembre.
Se il compito di porre fine all’uso della violenza da parte degli stati è, 
oggi, tutto nelle mani della società civile, va detto che il primo nostro 
compito è di rendere cosciente di questo la società civile. Noi tutti 
cerchiamo di fare questo da tempo, ma con risultati poco incisivi perché 
non abbiamo una strategia comune ben definita. E’ un problema che riguarda 
tutte le ong impegnate sul tema della costruzione della pace. Perché non 
esiste una strategia comune sufficientemente chiara? Concorrono vari 
fattori. Mi preme sottolinearne due:
a)      le carenze organizzative che incidono sulla qualità delle risposte,
b)      la mancanza di un progetto alternativo comune e sufficientemente 
definito contro la “normalità” della guerra che causa il percorso in 
“solitaria” che ogni associazione fa, al di là dei parziali contatti con le 
altre ong.

E’ necessario uno sforzo di tutti per il superamento di questa situazione 
in nome di una emergenza. Lo sforzo sarà di lunga durata e dovremo trovare 
un passo e una strategia di lavoro che ci permetta di resistere nel tempo. 
Ma bisogna cogliere gli aspetti positivi: credo che i tempi siano ormai 
maturi per il progetto comune dei Corpi Civili di Pace. E questo è un 
tassello importante di un progetto comune alternativo. Può anche aiutarci a 
superare le attuali carenze organizzative e permetterci di costruire 
importanti risposte e percorsi di pace. E c’è il problema del futuro 
rapporto con le istituzioni, anche in seguito alla legge per l’istituzione 
del servizio civile nazionale. Inoltre solo realizzando un C.C.P. reale e 
operativo potremo porre sul tappeto la questione di un suo futuro 
riconoscimento istituzionale. Se questo avvenisse dall’alto, senza che la 
società civile si sia ancora data questo strumento di pace, rischieremmo di 
divenire supporter dell’azione violenta degli stati e la nostra azione ne 
verrebbe gravemente danneggiata.
Credo che tutte le associazioni che fanno riferimento alla Campagna OSM-DPN 
dovrebbero lavorare, se già non lo fanno, alla costruzione di gruppi locali 
nonviolenti (GAN) per diffondere l’obiezione alle spese militari nel quadro 
di una formazione e di una azione tesa a realizzare i corpi civili di pace.
I Berretti Bianchi sono stati in Palestina per circa un mese tra dicembre e 
gennaio 2001 e poi in dicembre 2001 all'interno dell'iniziativa Action for 
Peace,  per una missione di monitoraggio della situazione e di ricerca di 
eventuali ulteriori contatti. Si voleva verificare la possibilità di aprire 
là una ambasciata di pace. Anche da queste esperienze abbiamo ricavato il 
bisogno di costruire sinergia. Sappiamo che in questi giorni andranno là 
alcuni amici della operazione colomba. Speriamo che ci riportino contributi 
per un lavoro comune, di cui abbiamo urgente bisogno.
I Berretti Bianchi sono stati poi in Serbia verso la fine di dicembre per 
raccordare il lavoro che è stato svolto dall’ambasciata di pace a Belgrado 
e per consegnare all'orfanotrofio di Banja Koviliaka i soldi raccolti da 
una Scuola Elementare di Seravezza, che intende collegarsi all’esperienza 
dei gemellaggi tra scuole italiane e serbe. Su questa iniziativa potrà 
relazionare Angelo Gandolfi, che è andato per noi in Serbia.
Anche da quel poco che si è potuto fare in Serbia, e soprattutto da quello 
che non si è potuto fare, emerge la necessità che ogni iniziativa di pace 
si collochi all’interno di un progetto più ampio. Anche qui dialogo e 
riconciliazione tra popolazioni che hanno subito una guerra e si trovano in 
situazione di forte conflitto sociale e culturale al proprio interno e con 
popolazioni limitrofe ha bisogno di una strategia di pace che ancora non 
abbiamo sufficientemente come patrimonio comune.

Forte dei Marmi 6 febbraio 2002

Silvano Tartarini
SEGRETERIA BERRETTI BIANCHI ONLUS
Associazione Costruzione PACE
via F. Carrara 209 - 55042 Forte dei Marmi (LU)
Fax 0584-735682 - cell. 0335-7660623
E-mail: bebitartari@bcc.tin.it
www.peacelink.it/users/berrettibianchi




From: gavci
To: mariocolasante@libero.it
Sent: Tuesday, February 05, 2002 11:34 AM
Subject: Da Padre Angelo - documento come richiesto


"IL NUOVO MODELLO DI DIFESA"



Quando si nomina il NUOVO MODELLO di DIFESA (NMD) il pensiero della gente 
comune corre spontaneamente all'Esercito Professionale, formato dai soldati 
di carriera e di truppa <volontari> e collegato a un'altra grossa novità 
che va sotto il nome di <abolizione della leva obbligatoria>. Ciò sconvolge 
una prassi e una mentalità di antichissima tradizione. Di conseguenza - si 
pensa - sparisce anche la <obiezione di coscienza>, che non avrebbe più 
senso in assenza di un obbligo.

A parte le madornali falsità incluse in questa supposta abolizione 
dell'esercito di massa, non è questo il solo significato del NMD e nemmeno 
il principale. Chiariamo subito.

Nel 1989 crollò il cosiddetto "muro di Berlino", ossia il sistema comunista 
dell'URSS, con al centro la Russia, contrapposto al sistema capitalista, 
con al centro gli Stati Uniti d'America, in quella che storicamente è stata 
definita la "guerra fredda", attorno alla quale si sono snodate le 
principali vicende della seconda metà del 1.900, dalla fine della 2a guerra 
mondiale.

Secondo avvenimento decisivo, conseguente al crollo del muro di Berlino, fu 
nel 1990 l'autoscioglimento del "Patto di Varsavia", ossia della coalizione 
degli eserciti dei paesi comunisti o ex-comunisti.

A tal punto sarebbe stato logico che si fosse sciolta anche la NATO, ossia 
la coalizione degli eserciti dei paesi capitalisti. E' qui, invece, che si 
cominciò, in sede NATO, a parlare di NUOVO MODELLO di DIFESA. E c'è un 
luogo e una data precisa in cui fu presa tale decisione: a Londra, nel 1990.

Si tratta, quindi, di un patto collettivo dei paesi più industrializzati e 
di impostazione capitalista. Estremamente significativo di ciò è proprio il 
documento ufficiale del governo italiano, dal titolo "Lineamenti di 
sviluppo delle Forze Armate negli anni '90", presentato dal Ministero della 
Difesa in Parlamento nell'ottobre 1991, che io ho potuto leggere 
essendomene stata passata copia da un parlamentare, per cui posso citare 
anche le pagine dei passi più significativi che ora vado citando.

Vi si parla di "concetti strategici di difesa degli interessi vitali 
ovunque minacciati o compromessi" (p. 44), anche al di là dei confini 
nazionali, abbandonando il "tradizionale parametro 'da chi difendersi' a 
favore di una polarizzazione su 'cosa' difendere e 'come'" (p. 37). Per 
"riqualificare" l'esercito ai fini del "nuovo modello di difesa", il 
Ministero chiede una "legge speciale, i cui finanziamenti devono essere 
considerati non sostitutivi, bensì complementari di quelli del bilancio 
ordinario.., dell'ordine di 20.000 miliardi l'anno, a valori monetari 
invariati rispetto al 1991" (p. 4). Gli "interessi vitali" da difendere 
"ovunque" riguardano "le materie prime necessarie alle economie dei paesi 
industrializzati" presenti nel Sud del mondo. In questo quadro, l'Europa, e 
in particolare l'Italia, , avrebbe "il ruolo di ponte politico ed economico 
tra l'occidente industrializzato e il terzo mondo" (pp. 16-17).

Da questa e altre descrizioni del nuovo modello di difesa dell'Italia, 
della NATO, degli Stati Uniti ecc., emerge che "il nuovo ordine 
internazionale", di cui spesso parlano i politici, non è quello della 
"interdipendenza" e della "cooperazione", come auspicato nelle encicliche 
Populorum Progressio (n. 84), Sollicitudo Rei Socialis (nn. 24,33,38-40,47) 
e Centesimus Annus (nn. 17-18,21-23,28,51), ma si intende il mantenimento 
del predominio del Nord sul Sud del mondo, garantito attraverso lo 
strumento militare.

E' un disegno orrendo, espresso con cinica schiettezza e ancor più attuato 
con assoluta spudoratezza, anche se ipocritamente camuffato e ammannito 
sotto una serie di etichette pacifiste: "missioni di pace", "ingerenza 
umanitaria", "azioni di polizia internazionali", "operazione umanitaria" ecc.

Valga per tutti il giudizio consenziente, ma almeno trasparente, del 
giornalista-opinionista Angelo Panebianco, concentrato nel titolo di un 
fondo nell'occasione della tragedia di Timor Est: "bisogna intervenire 
ovunque per la pace? GLI INTERESSI E LE IPOCRISIE" (Corriere della Sera, 
13/09/1999 pp. 1-2) .

Coerente con queste finalità ladronesche e criminali è anche l'idea di un 
esercito professionale, anziché di popolo. Nei figli della gente comune c'è 
ancora un po' di senso umano, di renitenza ad azioni palesemente delittuose 
e, almeno per l'Italia, di senso cristiano di fraternità, solidarietà e 
anche compassione per le vittime innocenti delle guerre. Nei balcani 
raccontano ancora dei soldati italiani che passavano il loro rancio alle 
famiglie più disagiate.

Per questa schifezza di guerre d'interesse occorre invece un soldato 
mestierante, ben pagato per fare la guerra come una qualsiasi altra 
professione, senza grossi problemi di coscienza. Tra l'altro, non è facile 
trovare tanti soldati volontari, comprese le donne, per mettere insieme i 
190mila militari professionisti di cui si parla nelle ora approvata. E 
allora bisogna attivare i giovani più poveri con il miraggio di alte paghe 
e promesse di posti garantiti di lavoro una volta tornati alla vita civile. 
Nella stessa difficoltà di trovano gli USA, l'Inghilterra, la Germania, la 
Spagna.

Ma il Corriere della Sera del 06/06/2001, dandone conferma, avanza le 
proposte circa i possibili rimedi, supportati dalla competenza del generale 
Luigi Calligaris. E si tratta di proposte a dir poco orripilanti, sempre 
con l'occhio rivolto ai paesi cosiddetti "avanzati" (in che cosa?). Si 
tratterebbe di aprire le caserme ai carcerati (come già attuato in 
Inghilterra), ai gay dichiarati e agli extracomunitari, i quali, dopo 
cinque anni, potrebbero ottenere la cittadinanza italiana, come già 
facevano i romani con i barbari. In effetti i Romani, arraffando ricchezze 
e soldati in tutto il mondo, erano più barbari dei barbari, proprio come 
stanno facendo i G8, in specie la NATO, con il resto del mondo: depauperare 
il terzo mondo con un esercito di poveri. Già ora, i pochi alpini volontari 
sono ragazzi poveri del sud. Il NUOVO MODELLO DI DIFESA della NATO è già 
finalizzato alla difesa degli interessi dei ricchi. Più cinismo di così!

Ma non ci interessa attizzare odio contro i G8, bensì proporre con forza 
l'urgenza che i politici si accordino per riformare l'ONU, vera autorità 
sopranazionale per un minimo di regole per tutti i popoli, a garanzia di 
giustizia e pace davvero per tutti i popoli. La contestazione del G8 è 
segno che il gioco sporco del liberissimo mercato che lascia liberi gli 
altri solo di morire di fame e di violenza è troppo scoperto. Tra l'altro 
si tratta per l'Italia di rientrare nella legalità costituzionale (art.11).

Per i cattolici politici di tutti i partiti si tratta anche di un minimo di 
coerenza con il VANGELO dell'amore e dell'onestà: "beati gli operatori di 
pace, perché saranno chiamati figli di Dio".

Tra l'altro c'è un altro imbroglio. La stragrande maggioranza dei ragazzi, 
anche delle scuole superiori, è convinta che la leva obbligatoria sia 
abolita entro il 2006 o addirittura entro il 2003, come si dice impegnato a 
tentare il ministro della difesa Martino.

In realtà la prima notizia da sfatare, venduta a iosa dalla televisione e 
dalla stampa è che l'obbligo del servizio militare sia stato abolito: non è 
vero! Basta questa citazione letterale della legge in questione, all'art. 
2, comma 1, lettera f), e comma 2: "Personale da reclutare su base 
obbligatoria, salvo quanto previsto dalla legge in materia di obiezione di 
coscienza, nel caso in cui il personale in servizio sia insufficiente., nei 
seguenti casi: 1) qualora sia deliberato lo stato di guerra ai sensi 
dell'art. 78 della costituzione; 2) qualora una grave crisi internazionale 
nella quale l'Italia sia coinvolta direttamente o in ragione della sua 
appartenenza ad una organizzazione internazionale giustifichi un aumento 
della consistenza numerica delle forze armate. comma 2. Il servizio 
militare obbligatorio nei casi previsti dalla lettera f) del comma 1 ha la 
durata di 10 mesi, prolungabili unicamente in caso di deliberazione dello 
stato di guerra".

Di conseguenza, anche l'obiezione di coscienza continua. Il testo della 
legge approvata conferma la necessità per i giovani maschi, che non 
intendano rischiare di ricevere la cartolina militare in qualsiasi momento 
della loro vita, qualora l'esercito non raggiunga il numero sufficiente di 
soldati volontari, proprio nei casi di guerra o di emergenze 
internazionali, di recapitare agli organi statali la dichiarazione firmata 
di obiezione di coscienza. Dice infatti: "personale da reclutare su base 
obbligatoria, salvo quanto previsto dalla legge in materia di obiezione di 
coscienza". Tale dichiarazione non comporta nemmeno l'obbligo del servizio 
civile, che rimane in ogni caso libero-volontario.

Si è troppo ironizzato sui falsi obiettori. Non c'è problema ad ammettere 
che ne esistono; e non pochi. Ma non è né vero né giusto generalizzare. Lo 
sanno benissimo , gli amministratori del Levadife , e l' hanno dichiarato 
pubblicamente, che dove si è fatta una formazione seria, anche la qualità 
dell'obiezione al militare ne ha guadagnato indubbiamente.

Al riguardo, sembra ancora attuale un pensiero di don Luigi Sturzo, maestro 
riconosciuto del senso dello stato. Scriveva: "se vi sono individui 
veramente convinti che il loro dovere di coscienza è di rifiutare ogni 
servizio militare in tempo di pace e in tempo di guerra, essi si sentiranno 
obbligati a seguire la voce della coscienza e lo stato nel colpirli sarà 
moralmente il più debole. L'obiezione di coscienza non è che una negazione 
pratica e cosciente del diritto dello stato a fare la guerra. E' un 
conflitto fra un ordine stabilito e un ordine ideale. Si dirà: <<così si 
fomenta la ribellione e l'anarchia>>. Inesatto: se la gran parte dei 
cittadini fossero 'obiettori di coscienza' cesserebbero le guerre. quando 
ci saranno in un paese di tali cittadini, non vi sarà pericolo di anarchia 
e di ribellione, ma un movimento di rettifica morale, contro gli egoismi 
nazionali, l'educazione militaresca e gli odii dei popoli" (l' Aube 
nouvelle, Parigi, aprile 1993, in L.Sturzo, Opera Omnia, II serie, vol. VI, 
Miscellanea Londinese vol.II, Zanichelli, Bologna, pp. 204-212).

Mi piace terminare con la seguente presa di posizione di Enrico Peyretti: 
"OLTRE TUTTI GLI ESERCITI. L'esercito di leva non va bene per chi ricerca 
la pace. Gli eserciti permanenti sono <<causa di guerre aggressive>> e 
<<fanno uso di uomini come di semplici macchine e strumenti>> (Kant, 1795). 
Ma l'esercito professionale è ancora più negativo e pericoloso. Negativo 
eticamente, perché prevede la guerra come una professione per una normale 
funzione sociale, e non come una eccezionale e tragica necessità (ammesso e 
non concesso che lo sia).

Pericoloso politicamente, perché attira soggetti (che saranno poi 
privilegiati nell'accesso al lavoro) disposti a risolvere i conflitti con 
la stolta potenza delle armi (contro l'art. 11 Costituzione). Le armi sono 
capaci unicamente di minacciare, distruggere, uccidere, di dare ragione 
alla forza e non al diritto, non di comprendere e mediare le ragioni. La 
retorica degli eserciti della pace è finora del tutto smentita dalla natura 
distruttiva delle recenti guerre umanitarie. Altra cosa sarebbe 
l'attuazione della Carta dell'ONU, con una forza di polizia (diversa per 
cultura, etica e scopi dagli eserciti di guerra, perché deve limitare e non 
estendere la violenza), regolata da una vera democrazia cosmopolitica, 
finora impedita dalle grandi potenze. Ma meglio di tutto sarebbe sviluppare 
la cultura e l'addestramento alla <<difesa civile non armata e 
nonviolenta>> (come vuole la legge 8 luglio 1998, n.230, art. 8), e 
all'intervento di mediatori civili nei conflitti. I popoli hanno la 
possibilità, verificata dalla storia anche recente, di svuotare con la 
non-collaborazione anche poteri ingiusti e violenti, senza usare violenza.

L'Italia ha il privilegio civile nel mondo di esserci impegnata per legge 
in tale direzione che prefigura il necessario superamento storico 
dell'istituzione guerra; ma invece di procedere in questa civilizzazione, 
rende professionale il criterio delle armi, assolutamente impotente a 
riconoscere la ragione e il diritto.

Ma c'è chi non si arrende."



Padre Angelo Cavagna