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I ricordi di Porto Alegre - la terza puntata



Ciao, tutti.

Come vi ho promesso, ecco l'intervista alla "direttrice"  del bilancio 
partecipativo
sin dalla sua nascita.

Lei si chiama Iria Charão, una signora di mezza età che, prima di entrare a 
far parte
dell'amministrazione comunale di Porto Alegre (1989), era una dietologa che 
aveva lavorato nelle
scuole, imprese private ecc. Attualmente ricopre una carica della 
coordinatrice del Gabinetto delle
relazioni comunitarie, che in pratica, secondo il mio interprete, 
segretaria (o assessore) speciale
al Bilancio Partecipativo del Governo dello Stato di Rio Grande do Sul.
In somma, si è occupata del Bilancio Partecipativo sempre in prima linea, 
prima come volontaria e
poi come funzionaria.

Buona lettura.

yukari

*****
D. Innanzi tutto, vorrei sapere se il Sig. Olivio Dutra abbia già parlato 
ai cittadini di questo nuovo sistema di bilancio partecipativo, sin da 
quando si era candiato per il sindaco della città di Porto Alegre.

R. Sì. Era uno dei punto più forti del programma del governo. Era per 
democratizzare l’amministrazione pubblica.

D. La cittadinanza l’aveva subito inteso? Come erano le reazioni della 
popolazione?

R. Non era facile capirlo e soprattutto crederci. Nel 1989, la 
partecipazione effettiva della popolazione era una assoluta nuovità. La 
popolazione non era affatto abituata ad avere un approccio a questo genere 
di controllo della società. Nelle precedenti amministrazioni, i cittadini 
erano chiamati a partecipare, ma tutto restava in parole, la loro 
partecipazione non veniva messa in pratica. Perciò all’inizio 
dell’amministrazione Dutra, la gente non si fidava, non ci credeva in 
questo metodo.
Per quanto riguarda le elezioni di Dutra per il governatore dello Stato di 
Rio Grande do Sul, invece, c’era una grande curiosità, poiché la gente 
dello Stato RS aveva sentito parlare dell’esperienza decennale provata 
nella città di Porto Alegre.

D. Come avete affrontato gli scettici, la gente che non provava una 
simpatia verso la nuova amministrazione che proponeva il bilancio 
partecipativo? Perché so che siete conquistare molti elettori nuovi per il 
secondo mandato.

R. Prima di tutto la gente sono cittadini, e la partecipazione al processo 
del bilancio è universale, indipendente dalle razze, dalle ideologie, dalle 
religioni, dai colori di pelle e dalla situazione economica. Questi fattori 
non contano e ogni persona può andare all’assemblea pubblica perché lui/lei 
è cittadino/a e, come tutti, ha bisogno di cibo, lavoro, istruzione, quindi 
è libero di parteciparvi.

D. Però, ci saranno delle persone che, ad esempio, non vogliono che i 
poveri abbiano una voce in capitolo, no? Come le avete convinto?

R: Beh, ciò fa parte della democrazia. Quindi è normale che ci siano le 
persone pro e quelle contro.
Innanzi tutto, dobbiamo accettare dei compromessi affinché tutti 
partecipino. Al primo, sono venute le persone già interessate in questo 
metodo.  Poi sono venuti coloro che non ci credevano solo per vedere come 
funzionava questo sistema. Ma, constatando che esso è un sistema 
democratico, trasparente e molto serio, hanno deciso di partecipare. Quindi 
i partecipanti non sono soltanto i nostri elettori che ci hanno creduto sin 
dall’inizio, ma molti sono coloro che hanno votato per i partiti che non 
erano nella nostra coalizione. Ma vista la serietà del lavoro del bilancio 
partecipativo, sono venuti e, partecipandovi, hanno risolto molti dei loro 
problemi.
Questo sistema è articolato da diversi fasi, e la cittadinanza partecipa 
sin dall’inizio fino alla definizione del bilancio. Dopo di ché i cittadini 
possono tenere d’occhio l’esecuzione dei lavori, l’investimento nei progetti.
Ma poiché è impossibile che i 378 mila partecipanti (2001) lavorino 
insieme, questi partecipanti hanno eletto delegati in  497 città 
nell’intero territorio dello Stato Rio Grande do Sul. Così facendo, 
controllano la situazione in continuo.

D. In un’amministrazione locale, spesso, è vitale l’efficienza, la 
tempestività di provvedere alle richieste  di risolvere dei problemi dei 
cittadini. Da questo punto di vista, la democrazia partecipativa non 
rallenta le risposte dell’amministrazione?  In questo senso, non potrebbe 
essere un mezzo poco adatto? Non vi è capitato di dover affrontare la 
cittadinanza scontenta per questo?

R. Certamente, di fronte alle emergenze, del tipo calamità naturali, il 
governo agisce rapidamente. Ma ci sono altre questioni non così urgenti che 
possono essere deliberate meno rapidamente. Lì che il bilancio 
partecipativo viene messo in atto e si discute sulle priorità degli 
interventi, degli investimenti.
D’altra parte, esiste, per l’intero Stato di Rio Grande do Sul, la 
progettazione partecipativa (partecipatory planning) che trasferisce la 
competenza del servizio e del programma di sviluppo dallo Stato ai municipi.

D. Una domanda personale. Quali sono stati i momenti più difficili per Lei 
che per tutto questo periodo di 13 anni ha “curato” il Bilancio Partecipativo?

R. Nel 1989, quando abbiamo cominciato ad amministrare la città di Porto 
Alegre, non c’era alcun soldo nella cassa del municipio. Nonostante la 
mancanza dei fondi, però, abbiamo cominciato a mettere in atto il metodo 
del bilancio partecipativo. Per due anni, non eravamo in grado di 
realizzare alcuna richiesta fatta dai cittadini secondo il metodo del 
bilancio partecipativo. C’era una grande frustrazione nella popolazione. 
C’erano dei momenti con una tensione assai alta. Soltanto nel 1991, dopo 
due anni d’amministrazione, eravamo finalmente in grado di rispondere alle 
domande della popolazione.

Così, con due anni di ritardo, siamo riusciti a far partire i progetti. Da 
allora, cominciava a vedersi la serietà del metodo, attraverso la 
partecipazione i cittadini ottenevano effettivamente dei risultati e il 
bilancio partecipativo cominciava ad acquistare la credibilità. Siccome i 
cittadini venivano coinvolti nelle decisioni, quindi le tali decisioni 
venivano realmente messe in atto, hanno cominciato a sentirsi essere 
rispettati. In somma, la popolazione decide e l’amministrazione mette in 
atto la loro decisione. È la chiave della credibilità.

D. Invece, i momenti più belli?

R. Parlando in generale, quando si comincia vedere che il cittadino è 
soddisfatto di quello che è stato realizzato, posso constatare che si è 
rotto il sistema di corruzione o di un governo non buono. Le cose che si 
vedono sono delle grandi opere quali strade, scuole, la stazione dei 
autobus così via, ma ciò che a me interessa è l’organizzazione dei 
cittadini. Le opere sono i risultati ma il processo è la partecipazione 
popolare, che è più importante.

D. Si è creata una fiducia tra i cittadini e l’amministrazione?

R.  Sì. La vera grande opera di questo processo è invisibile. Cioè il 
processo per le loro realizzazioni, la creazione della organizzazione 
cittadina non è visibile. Quello che si vede è solo una parte. In realtà, 
la l’opera – risultato – più importante del bilancio partecipativo, è nella 
coscienza delle persone, la sensibilità e la solidarietà. Non è vista, ma 
sentita dalla gente.

D. La cosa che trovo straordinario della vostra amministrazione è che 
nell’arco di ben 13 anni non si è corrotta, siete ancora pieni degli ideali 
e state proseguendo la strada. Mentre, in Europa, anche i governi – 
soprattutto di sinistra – partiti bene con tanto di fervore, dopo uno o due 
mandati finiscono sempre con corrompersi e affievolirsi. Invece, qui, una 
tale decadenza non si è vista, mi pare.

R. Il fatto è che la partecipazione popolare è intrinseca al controllo 
sociale del governo e ciò non offre spazio alle corruzioni. Se un progetto 
costava 1000 ma poi è stato pagato per 800, la popolazione sa dove è finita 
la differenza. Oppure, se il preventivo era di 800 ma infine venisse a 
costare 1000, bisogna spiegare alla popolazione perché è costato di più. 
(mostrandomi un quaderno dei conti per l’anno 2001, distribuito a tutte le 
popolazioni, spiega…) Ogni anno i cittadini vengono informati 
dettagliatamente sul bilancio preventivo e quello consuntivo. Anche sui 
appalti e sui contratti possono intervenire. Tutto il processo è 
trasparente, controllato dai cittadini.

D. In che modo?

R. Ad esempio, in Valle di Tapari, avevano deciso di costruire una scuola 
ad costo di 400 mila real. Ma dopo aver fatto il progetto essa veniva a 
costare 600 mila real. Così non si poteva realizzare l’intero progetto. 
Allora, gli abitanti hanno chiesto una spiegazione. Ora, dovranno riunirsi 
in un’assemblea generale dove verranno portati tutti i dati per capire 
perché non si poteva costruire tutto. Il controllo effettivo della 
comunità, non c’è un modo di sviarlo, superarlo.

D. Questo processo, però, non riduce l’efficienza? Non rallenta i lavori?

R. No. Siccome ogni anno si fa una pianificazione di bilancio, ora stiamo 
facendo per il 2003. Il governo può spendere solo per l’anno in corso. Ogni 
anno si decide e si spende subito. Ma questo vale per tutto il Brasile.

D. Tutte le cose che mi ha raccontato finora sono belle, positive, ma non 
avete dei problemi? Non ci sono lamentele o cose che in teoria devono 
essere facili ma in pratica no?

R. Non esiste perfezione. Questa è una forma di processo che stiamo 
seguendo. Non esiste una formula pronta per realizzare per tutte le 
situazioni. Ma ci sono quattro principi: l’universalità della 
partecipazione, la discussione dell’intero bilancio, la pubblicazione del 
conto dello Stato e l’autoregolamentazione attraverso una valutazione del 
processo (dal settembre al novembre per l’anno in corso). Così se qualcosa 
non va, il governo dello Stato può riportare delle modifiche al bilancio 
dell’anno successivo.
Abbiamo,  a volte,  anche dei problemi del flusso della cassa. Se c’è una 
priorità del pagamento degli stipendi, potrebbe ritardare il calendario del 
pagamento per i lavori.  La mancanza del denaro è già un problema.
Abbiamo anche dei problemi del tipo organizzativo. Mentre ci sono tante 
richieste delle assicurazione per l’agricoltura – in alcune regioni hanno, 
in effetti, votato per la priorità di essa - , nessuna società 
assicuratrice vuole lavorare, poiché è una cosa nuova e il rischio è 
ignoto. Abbiamo dovuto trovare in altra forma per rispondere questa domanda.

Poi, c’è la gente che pensa del bilancio partecipativo come una fonte 
infinita, come se bastasse chiedere per ottenere. Ma ci sono dei limiti e 
questi provocano delle tensioni. Anche se ci sono 50 domande, possiamo 
realizzarne soltanto 15. Oltre al fatto di dover rispondere alle domande 
più votate, per ogni domanda fatta, dobbiamo effettuare  analisi tecnica, 
legale e finanziaria e confrontarla con il criterio di mancanza (rispondere 
alle esigenze a cui nessun altro può rispondere) per stabilire quali 15 
delle 50 vanno scelte. La gente che aveva chiesto quelle scartate, magari 
si arrabbia un po’.
Comunque, la sceltà secondo questi criteri non viene fatta dal Governo ma 
dal Forum dei delegati.

D. L’ultima domanda. Questo sistema ha cambiato in qualche modo i rapporti 
umani della cittadinanza? Cioè, offrendole più contatti con la società uno 
spazio in comune, è riuscito a diminuire l’egoismo, l’individualismo della 
gente?

R. È una cosa che non si scrive perché è un valore aggiunto, ma questo 
sistema sveglia il valore umano, il senso della solidarietà. Non risolve i 
problemi da un anno all’altro. Anche perché il Brasile per 500 anni è stato 
sempre governato da un èlite dominante il quale ha aggravato l’esclusione 
sociale. Questo processo cerca, invece, il riscatto degli esclusi. Non si 
riscattano i 500 anni in 4 anni. Se si vincesse le elezioni per il governo 
federale che sono in quest’anno, si potrebbe accelerare, magari, questo 
processo, mentre il modello attuale – al livello federale – allarga sempre 
di più il fossato tra i ricchi e i poveri.
Purtroppo, i grandi problemi quali la riforma agraria, sono di competenza 
del governo federale, quindi non viene ancora affrontata. L’educazione e la 
salute sono sempre tra i problemi da risolvere al livello federale. 
Tuttavia, il governo federale brasiliano passa la responsabilità su queste 
materie ai governi locali senza passare le risorse, il denaro per 
realizzare. Anche perché il governo federale è sempre preso dal pagamento 
del debito estero.

Abbiamo i cittadini non tanto passivi. Questo è un punto migliorato. 
Creando la coscienza dei cittadini, forse si riuscirà a cambiare anche il 
governo centrale.
Il debito sociale del Brasile è molto grande quindi i problemi delle 
persone del basso reddito non possono facilmente essere risolti. Questo 
processo è un inizio ma non è soluzione finale, ci vuole molto tempo.  Ci 
vuole una mobilitazione continua della gente. I programmi dell’inclusione 
di tutti questi emarginati sono i programmi lenti.

La partecipazione popolare forma noi cittadini ma non fa piovere il denaro 
sulla terra. Essa direziona meglio il denaro pubblico individuando le 
priorità, ma non fa le opere faraoniche.

D. Ma ciò ha fatto crescere tra la gente l’amore per i beni comuni, per la 
proprietà pubblica?

R. Questo sì e di molto.