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[LIBRI] - La Difesa Civile ed il Progetto Caschi Bianchi




L'opzione nonviolenta a confronto con i militari nell'ultima ricerca del 
Centro Studi Difesa Civile

"E’ come dire che un paese, accogliendo e applicando questi principi e 
queste tecniche, si candida a partecipare e propone una via alternativa per 
la risoluzione pacifica dei conflitti (una "via italiana di approccio ai 
conflitti"), in linea con la tradizione di costruzione della pace che il 
nostro paese eredita dalla Costituzione".

La Difesa Civile ed il Progetto Caschi Bianchi
Peacekeepers civili disarmati
a cura del prof. F. Tullio, ed.Franco Angeli, Milano 2001,
158 pagg., Lire 28.000




Presentazione della ricerca

La ricerca del Centro Studi Difesa Civile, recentemente pubblicata 
dall’editore Franco Angeli, illustra i principali  strumenti civili che 
contribuiscono alla prevenzione, alla gestione e alla risoluzione dei 
conflitti a livello internazionale, nella convinzione che la sicurezza di 
ogni paese, compresa l'Italia, non potrà essere garantita in futuro se non 
in un progetto globale e multidimensionale di gestione positiva dei conflitti.
La prima parte della pubblicazione illustra le strategie della Difesa 
Civile, che si basa su due presupposti: quello che la capacità difensiva di 
un popolo è altro dalla  sua capacità distruttiva, e quello che nelle 
odierne società complesse la difesa delle istituzioni civili e politiche è 
più rilevante della semplice difesa del territorio.
Le possibilità operative della Difesa Civile vengono quindi approfondite 
non negando l'opportunità di una cooperazione tra due strutture, quella 
militare e quella civile, che appaiono nella prossima fase storica come 
complementari.
Uno strumento in particolare - i "Corpi Civili di Pace" o "Caschi Bianchi" 
-  può realizzare la cooperazione civile-militare e organizzazioni 
governative-non governative in interventi di politica estera che evitino il 
ricorso alla forza tout court. Tale proposta è approdo teorico e 
progettuale di un lungo percorso fatto dalla ricerca e dai movimenti per la 
pace, che è partita dall'ipotizzare le forme alternative e meno violente 
per la difesa di uno stato ed è arrivata oggi, dopo i mutamenti epocali 
dell'ultimo decennio, ad interessarsi all'intervento dei civili come terze 
parti nei conflitti internazionali. Questi andrebbero utilizzati come 
esperti nel lavoro di prevenzione e gestione delle crisi violente, nonché 
di riconciliazione e ricostruzione sociale post-bellica.
  Gli interventi proposti nella ricerca sono diversi, modulabili a seconda 
delle fasi del processo di "escalazione" violenta del conflitto in cui ci 
si trova:
? nella fase  precoce, per evitare il passaggio dal  conflitto latente alla 
crisi politica vera e propria;
? nel periodo della polarizzazione e della confrontazione;
? nel momento in cui vi sia il ricorso alla violenza;
? nel dopoguerra, per la riconciliazione e la  ricostruzione.
In Italia lo sviluppo di nuove forme organizzative, addestrative e tecniche 
specifiche per la Difesa Civile, integrabili tra l'altro con la difesa 
tradizionale, andrebbe culturalmente ed operativamente nella stessa 
direzione sancita dall’articolo 52 della Costituzione nel quale si parla di 
"difesa popolare della patria", visto il conseguente incremento della 
capacità dissuasiva verso potenziali aggressori e la partecipazione attiva 
della cittadinanza alla difesa della Patria. Già ora esistono solide basi 
legislative che permettono ai volontari civili di coprire l’intero spettro 
di funzioni che i documenti delle organizzazioni internazionali assegnano 
ai Caschi Bianchi.
A livello internazionale, proprio lo sviluppo di tali strumenti di 
intervento civile nei conflitti, meno invasivi rispetto a quelli militari, 
può contribuire a superare il dilemma tra la tutela dei diritti umani e la 
nozione di sovranità e non ingerenza.
L’invio di "operatori di pace",  specialisti in azione umanitaria, 
mediazione, negoziato, sviluppo di comunità, diritti umani, processi 
elettorali, può essere un'opzione diplomaticamente sicura e rassicurante 
per gli equilibri internazionali, una risorsa da tenere pronta.
L’esperienza accumulata in questi anni da quella parte del mondo del 
volontariato che si occupa dei problemi nati nei Paesi in seguito a guerre 
o ad emergenze umanitarie è di qualità e quantità tali da costituire una 
base di sicura solidità, rafforzata dalle capacità di ascolto, mediazione e 
confidence building dei volontari.
In Italia, una serie di ONG ed associazioni si è già mossa in questa 
direzione operando soprattutto - ma non solo -  nella vicina regione dei 
Balcani. E tanto più queste attività verranno riconosciute e valorizzate 
dalle istituzioni, tanto più il loro impatto sarà significativo. Ma questo 
è l'argomento di un'altra puntata dello sviluppo di strumenti nonviolenti 
per intervenire nei conflitti. A raccontarla è un'altra ricerca del CSDC, 
dedicata al ruolo delle ONG nella costruzione della pace e cofinanziata dal 
Ministero Affari Esteri, in uscita nei prossimi mesi.
La speranza è che l’impegno da parte dell’Italia nell'implementazione di un 
contingente civile di pace continui, anche per il valore d’immagine che il 
nostro paese acquisterebbe nel proporre uno strumento per la risoluzione 
pacifica dei conflitti (una "via italiana di approccio ai conflitti"), in 
linea con la tradizione di costruzione della pace che il nostro Paese 
eredita dalla sua Costituzione.




La Difesa Civile ed il Progetto Caschi Bianchi- Peacekeepers civili disarmati
a cura del prof. F. Tullio, ed. Franco Angeli, Milano 2000.
Hanno contribuito:	
Prof. Rocco Altieri, Dott. Mauro Cereghini,
Dott. Paolo Di Giandomenico, Prof. Giorgio Giannini, Dott. Giovanni Scotto,
Dott. Andrea Scognamillo, Prof. Alberto L’Abate.





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