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La nonviolenza e' in cammino. 337



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 337 del 9 gennaio 2002

Sommario di questo numero:
1. Julia Kristeva: si puo' essere?
2. Un documento del 1998 recante una proposta di lotta contro la schiavitu'
3. La "Carta" del Movimento Nonviolento
4. Per saperne di piu'

1. MAESTRE. JULIA KRISTEVA: SI PUO' ESSERE?
[Da Julia Kristeva, Etrangers a' nous-memes, Fayard, Paris 1988, Gallimard
(Collection Folio, naturalmente), Paris 1991, 1998, p. 13 (del libro c'e'
una traduzione italiana presso Feltrinelli).
Julia Kristeva e' nata a Sofia in Bulgaria nel 1941, si trasferisce a Parigi
nel 1965; studi di linguistica con Benveniste; intensa collaborazione con
Sollers e la rivista "Tel Quel"; impegnata nel movimento delle donne,
psicoanalista, ha dedicato una particolare attenzione alla pratica della
scrittura ed alla figura della madre; e' docente all'Universita'  di Paris
VII. Opere di Julia Kristeva: tra quelle tradotte in italiano: Semeiotikè,
Feltrinelli, Milano; Donne cinesi, Feltrinelli, Milano; La rivoluzione del
linguaggio poetico, Marsilio, Venezia; I samurai, Einaudi, Torino; Stranieri
a se stessi, Feltrinelli, Milano. In francese: presso Seuil: Semeiotikè,
1969, 1978; La révolution du langage poétique, 1974, 1985; (AA. VV.), La
traversée des signes, 1975; Polylogue, 1977; (AA. VV.), Folle verité, 1979;
Pouvoirs de l'horreur, 1980, 1983; Le langage, cet inconnu, 1969, 1981;
presso Fayard: Etrangers à nous-mêmes, 1988; Les samouraïs, 1990; Le vieil
homme et les loups, 1991; Les nouvelles maladies de l'âme, 1993;
Possessions, 1996; Sens et non-sens de la révolte, 1996; La révolte intime,
1997; presso Gallimard, Soleil noir, 1987; Le temps sensible, 1994; presso
Denoël: Histoires d'amour, 1983; presso Mouton, Le texte du roman, 1970;
presso le Editions des femmes, Des Chinoises, 1974; presso Hachette: Au
commencement était l'amour, 1985]
Si puo' essere stranieri e felici?

2. MATERIALI. UN DOCUMENTO DEL 1998 RECANTE UNA PROPOSTA DI LOTTA CONTRO LA
SCHIAVITU'
[Il testo seguente, "Una proposta di lotta contro la schiavitù in Italia",
e' stato redatto e diffuso dal collettivo di lotta nonviolenta contro la
schiavitù "Liberare le stive" presso il centro sociale occupato autogestito
"Valle Faul" di Viterbo nel 1998, al termine di un percorso di studio del
fenomeno della schiavitu' e del razzismo in Italia (percorso di studio unito
a un percorso di formazione alla nonviolenza) protrattosi per mesi. Alcuni
allegati del testo non abbiamo riprodotto qui perche' li abbiamo gia'
pubblicato nel nostro notiziario o perche' concernenti dati statistici ormai
non piu' attuali]
Anche in Italia molte persone sono tuttora vittime di schiavitù.
Noi siamo contro la schiavitù. Ogni tipo di schiavitù. Qualsiasi forma di
schiavitù.
Combattere la schiavitù significa innanzitutto liberare e aiutare le
vittime.
Combattere la schiavitù significa anche lottare contro il razzismo, l'
oppressione e lo sfruttamento; contro l'indifferenza, l'ignoranza e l'
egoismo; contro la discriminazione sessuale; contro la violenza.
* La schiavitù in Italia e in Europa
In Italia, ed in Europa, vittime di schiavitù sono soprattutto persone
immigrate, ed in particolare donne e bambini. Sono vittime di schiavitù ad
esempio i bambini cinesi impiegati in Italia in industrie nelle mani del
racket; sono vittime di schiavitù tutti i bambini che subiscono abusi
sessuali; sono vittime di schiavitù tutti gli uomini e le donne costretti
alla prostituzione.
* Perché vogliamo lottare contro la schiavitù?
Per difendere e realizzare la dignità e la libertà di ogni persona umana;
per difendere e costruire un'autentica democrazia fondata sul diritto, la
libertà, l'uguaglianza, la solidarietà; per lottare contro l'ingiusto
rapporto Nord/Sud (anche la migrazione coatta è conseguenza della rapina
coloniale e neocoloniale delle risorse del Sud del mondo da parte delle
transnazionali del Nord del mondo); per lottare contro il razzismo che in
Europa si sta istituzionalizzando seguendo l'infame modello dell'apartheid;
per lottare contro il sessismo (l'oppressione dell'uomo sulla donna, che
ancora continua); per lottare contro i poteri criminali (e contrastare certe
azioni razziste delle istituzioni che di fatto danneggiano ancor più le
vittime e favoreggiano i poteri criminali); per lottare contro la violenza
sessuale (e sui bambini); per lottare contro lo sfruttamento disumano, per
lottare contro la violenza.
* Che fare?
In primo luogo bisogna liberare le vittime, aiutare le vittime a liberarsi,
restituire ad esse pieni diritti civili.
* Quali interventi servono?
Occorre quindi chiedere ed ottenere interventi sia legislativi che
amministrativi contro la schiavitù e per liberare le vittime; ciò significa
chiedere un intervento delle istituzioni pubbliche (quindi uscire dalla
logica della filantropia ed affermare quella del diritto).
Occorrono interventi che risarciscano le vittime per le violenze da esse
subite in Italia; interventi che configurino una strategia coerente di aiuto
e liberazione delle vittime:
1) riconoscimento dei diritti civili (ed in primo luogo diritto di
permanenza in Italia - se desiderata);
2) assistenza sociale ed economica;
3) difesa da parte dei pubblici poteri rispetto ad ulteriori violenze e
rappresaglie da parte dei poteri criminali;
4) diritto allo studio e al lavoro;
5) valorizzare esperienze (sia di soggetti pubblici che del volontariato)
già in corso (sia di riduzione del danno, sia di costruzione di
alternative);
6) lotta contro il racket schiavista ed i suoi complici (applicando
finalmente le norme di legge esistenti contro la schiavitù).
* Il nostro metodo di lavoro
Il nostro metodo di lavoro è quello della lotta nonviolenta, per l'
uguaglianza e la dignità di ogni essere umano.
Ci siamo impegnati a studiare l'argomento della schavitù e delle violazioni
dei diritti umani in Italia nei loro vari aspetti (culturali, sociali,
politici, economici, legislativi, amministrativi); ci siamo impegnati a
studiare e conoscere i valori e le tecniche della nonviolenza; stiamo
prendendo contatti con altre esperienze impegnate su questi temi.
Nelle nostre assemblee usiamo il metodo del consenso, la scrittura
collettiva, ci sforziamo di mettere in pratica l'uguaglianza e il rispetto
della dignità di ogni persona anche nei rapporti interpersonali.
* Per dirla in breve
Nessuno è libero in una società che ammette la schiavitù.
Nessuno deve poter comprare una persona; nessuno deve essere messo in
condizione di doversi vendere.
A nessuno può essere negata ospitalità e solidarietà.
Attraverso questo nostro impegno di verità e di giustizia vogliamo anche
contribuire a costruire la pace: pace è più che semplice assenza di guerra,
è invece una condizione nella quale nessuna persona o gruppo di persone vive
nella paura o nel bisogno.
Solo se sono liberi tutti, sono libero anch'io.
Combattere la schiavitù vuol dire liberare ed aiutare le vittime succubi di
terribili tormenti. Tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla
libertà. Lottare contro la schiavitù vuol dire anche dare sicurezza,
affetto, autonomia: una via libera e sicura da percorrere. La pace è di
tutti.
* La nostra esperienza
Il Collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitù "Liberare le stive"
nasce all'interno dell'esperienza del centro sociale occupato autogestito
"Valle Faul" di Viterbo, in corso da cinque anni.
Attraverso una serie di riunioni di un gruppo di studio che si sono svolte
tra agosto e settembre siamo arrivati alla nascita del nostro collettivo.
Il primo documento che abbiamo diffuso è il comunicato-stampa del 27
settembre 1998 (allegato 1).
Nel corso della nostra riflessione e discussione abbiamo ritenuto utile e
condivisibile la "carta programmatica" del Movimento Nonviolento fondato da
Aldo Capitini (allegato 2).
* Adesioni a documenti e proposte
Aderiamo alla campagna contro la schiavitù promossa dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo (allegato 3).
Aderiamo al documento contro la prostituzione forzata promosso dal Gruppo
Abele di Torino (allegato 4).
Aderiamo all'appello per i diritti umani degli immigrati, contro i campi di
concentramento, contro la violazione del diritto d'asilo, contro i rimpatri
forzati e le espulsioni di massa (allegato 5).
Aderiamo alla proposta della rete antirazzista per una manifestazione
nazionale ed un preciso impegno per i diritti umani di tutti gli immigrati.
Chiediamo che siano valorizzati, attuati e rispettati subito i diritti
sanciti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nei princìpi
fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana, nell'art. 16
della legge 6 marzo 1998 n. 40.
* Ovviamente...
Ovviamente nello spingerci a questo impegno contro la schiavitù hanno
contribuito sia alcuni fatti specifici: come alcuni omicidi e tentati
omicidi avvenuti nel viterbese collegati al racket della schiavitù, e come
la morte di Semira Adamu in Belgio; sia alcune nostre convinzioni
fondamentali: l'amore per la libertà e l'uguaglianza; il rispetto delle
diversità; la lotta contro l'ingiustizia e lo sfruttamento; il desiderio che
sia riconosciuta a tutti, e rispettata in tutti, la piena dignità umana; il
nostro sentimento di responsabilità rispetto all'umanità, alla civiltà
umana, all'ambiente di vita; la lotta contro la violenza che opprime persone
e popoli.
* Per non concludere
Nel corso della nostra riflessione e discussione sono emerse molte questioni
che dobbiamo ancora approfondire e sulle quali dovremo impegnarci; ne
segnaliamo alcune:
1. smascherare le menzogne di governo e mass-media rispetto alla cosidddetta
"invasione" di immigrati clandestini nell'estate 1998: questa invasione non
c'è mai stata. Sono giunte in Italia solo poche migliaia di persone, in un
paese la cui economia -anche secondo lo stesso governo, e per l'
arricchimento dell'Italia, non per fare beneficenza- richiede la presenza ed
il lavoro di altre decine di migliaia di immigrati; sono giunte in Italia
persone che fuggivano da paesi in cui predominano la fame, la violenza, la
negazione dei diritti umani: queste persone hanno diritto ad essere ospitate
ed assistite, hanno diritto all'asilo;
2. informare sui grandi vantaggi che l'Italia sta ricavando dalla presenza
dei lavoratori stranieri in termini di prodotto interno lordo ed in termini
di sostegno al sistema pensionistico;
3. informare sui dati reali dell'immigrazione in Italia;
4. chiedere una regolarizzazione generalizzata per tutti gli immigrati
presenti;
5. denunciare gli accordi dell'Italia con alcuni paesi che violano
sistematicamente i diritti umani;
6. denunciare il tendenziale regime di apartheid che attraverso gli accordi
di Schengen e le legislazioni nazionali i governi dei paesi dell'Europa
cosiddetta "comunitaria" stanno cercando di costruire;
7. denunciare l'infame strategia delle multe alle vittime di schiavitù
attuata da alcuni Comuni italiani: in questo modo si opprimono di nuovo le
vittime, e si favoreggiano gli schiavisti, gli sfruttatori, i profittatori
della schiavitù (su questo punto, come su quelli precedenti, cfr. anche i
dati riportati nell'allegato 6);
8. studiare i meccanismi della globalizzazione, dell'imperialismo, del
neocolonialismo; dello sfruttamento e della rapina delle risorse da parte
dei poteri economici dominanti del Nord del mondo ai danni dei popoli del
Sud del mondo; e lottare per i diritti umani e dei popoli;
9. impegnarsi per i diritti delle donne, analizzando dal punto di vista del
pensiero femminista e della "differenza di genere" tutti i problemi e le
contraddizioni sociali;
10. impegnarsi per i diritti dei bambini;
11. impegnarsi contro la violenza sessuale;
12. analizzare come meccanismi di oppressione, di discriminazione, di
sfruttamento tendenzialmente schiavista agiscano nella nostra stessa vita,
all'interno di noi stessi e nei nostri rapporti interpersonali: tra i
materiali di riflessione alla base di questo documento vi è anche un testo
che invita a portare l'analisi su noi stessi: "Io schiavo delle mie paure,
dei miei compromessi taciti, del mio orgoglio, delle mie manifestazioni
esasperate. Schiavo e giullare con i miei sentimenti, dimenticando o
accantonando la razionalità a volte con presunzione e disonestà con me
stesso. Realmente razionalmente schiavo con la presunzione di non aver
bisogno di provare nessun sentimento. Io libero o cosciente, consapevole
idiota e servo delle mie paure. Io schiavo ipocrita che non combatto per la
mia libertà, giustificandomi per non affrontarmi, posso parlare di libertà
quando sono schiavo di me stesso?";
13. analizzare il rapporto tra armi e fame, e tra sfruttamento, inquinamento
e guerra (e cfr. allegato 7);
14. analizzare il tema dell'uguaglianza e della diversità (utilizzando anche
la riflessione filosofica di Emmanuel Lévinas);
15. impegnarsi contro il razzismo (valorizzando in particolare la
testimonianza di Primo Levi);
16. impegnarsi contro la devastazione ambientale, contro una gestione delle
conoscenze scientifiche e del potere tecnologico che sta producendo
mostruosità, violenze, devastazioni forse già irreversibili (e valorizzare
in particolare la riflessione di Vandana Shiva, di Hans Jonas, di Giuliano
Pontara);
17. impegnarsi sulle proposte di lotta per il  diritto al lavoro e la
riduzione dell'orario di lavoro; per l'economia non profit, equa e solidale;
per il reddito minimo garantito (cosiddetto "di cittadinanza"); per un
modello di sviluppo ecosostenibile (valorizzando la riflessione di Marco
Revelli nei suoi due libri su Le due destre e su La sinistra sociale);
18. sostenere progetti di cooperazione internazionale dal basso e la lotta
per i diritti umani, contro la tortura e contro la pena di morte in tutto il
mondo;
19. approfondire e sperimentare la nonviolenza come strategia di lotta e
come progetto politico-sociale "per un'umanità di uguali" (cfr. l'allegato
2, ed anche l'allegato 8);
20. lottare contro i poteri criminali (cfr. anche gli allegati 9 e 10);
21. impegnarsi per i diritti umani degli immigrati detenuti;
22. impegnarsi perché sia riconosciuto agli immigrati il diritto di voto.
* Come è stato scritto questo documento
Questo documento è veramente frutto di una elaborazione collettiva, esso
cerca di raccogliere le molte intuizioni, i molti ragionamenti, le molte
proposte su cui si è in vario modo discusso per circa due mesi. Alcune parti
di esso sono state scritte con il metodo della scrittura collettiva (come
sperimentato nella scuola di Barbiana di don Milani), altre sono frutto del
confronto e dell'"assemblaggio" di proposte scritte da varie persone che
fanno parte del collettivo; altre derivano da appunti presi da varie persone
durante le riunioni e qui riversati. Naturalmente c'è ancora molto da fare,
ma bisogna pur cominciare.
* Cosa chiediamo ai nostri interlocutori
A coloro che leggeranno questo documento chiediamo consigli, proposte,
critiche; chiediamo di poterci impegnare insieme contro la schiavitù, per la
liberazione di tutti e di ognuno.
Per contattarci siamo il Collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitù
"Liberare le stive", c/o centro sociale occupato autogestito "Valle Faul",
via Valle Faul (ex-gazometro), 01100 Viterbo...
Viterbo, 30 settembre 1998
*
Allegato 1. Comunicato stampa del 27 settembre 1998
Nessuno è libero in una società che ammette la schiavitù
Il Collettivo di lotta nonviolenta contro la schiavitù "Liberare le stive",
presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo,
promuove una mobilitazione contro la schiavitù tuttora esistente in Italia,
di cui sono vittime soprattutto persone immigrate.
Il Collettivo "Liberare le stive" propone una campagna di solidarietà con le
vittime di schiavitù, per la loro liberazione, contro il racket che le
schiavizza e contro la complicità diffusa.
Propone inoltre un impegno sociale, legislativo ed amministrativo in tal
senso, che assicuri in primo luogo la restituzione dei diritti civili alle
vittime: innanzitutto un reale diritto di residenza in Italia, la difesa da
ulteriori violenze, assistenza sociale ed economica...
Viterbo, 27 settembre 1998
Notizia integrativa
Il comunicato stampa sopra riportato è stato elaborato nella riunione del 27
settembre 1998 del Collettivo "Liberare le stive", un gruppo di lavoro che
si riunisce presso il c.s.o.a. di Viterbo dal mese di agosto e che ha svolto
un ampio studio sui diritti umani e la loro protezione legislativa, sulla
condizione degli immigrati in Italia e in Europa, sulla riduzione in
schiavitù di cui sono vittima tante persone, soprattutto immigrate,
costrette a subire disumane condizioni di violenza e sfruttamento.
Il Collettivo "Liberare le stive" ha anche effettuato, e sta proseguendo, un
approfondito lavoro di studio ed accostamento alla nonviolenza ed un
prolungato training di addestramento alle tecniche della lotta nonviolenta;
ed ha deciso di utilizzare come suo unico metodo di intervento la
nonviolenza, per questo si è denominato "Collettivo di lotta nonviolenta
contro la schiavitù".
*
Allegato 2. La carta programmatica del Movimento Nonviolento
[Il testo integrale e' gia' riprodotto piu' sotto come penultimo testo di
questo numero del notiziario (e cosi' del resto in tutti i fascicoli de "La
nonviolenza e' in cammino")]
*
Allegato 3. Scheda informativa sulla campagna contro la schiavitù
Una campagna contro la schiavitù in Italia
Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, struttura pacifista attiva
dagli anni settanta, ha promosso una campagna per l'abolizione della
schiavitù in Italia.
L'abominevole pratica della schiavitù è ovviamente illegale in Italia (cfr.
artt. 600, 601, 602 CP) ma, come dimostrano le cronache, è evidentemente
tuttora diffusamente presente nel nostro paese, e di essa sono vittima
particolarmente uomini, donne e bambini immigrati.
La struttura pacifista viterbese propone un piano globale di lotta contro la
schiavitù e chiede un preciso impegno del governo, del Parlamento e degli
enti locali.
Fulcro dell'iniziativa la richiesta di un intervento sia amministrativo che
legislativo che, attraverso il combinato disposto di normative già in vigore
(valorizzando in particolare l'art. 16 della recente legge 40/98 sull'
immigrazione) e la loro eventuale integrazione in uno specifico indirizzo di
intervento che potrebbe altresì concretarsi in una legge ad hoc, preveda in
primo luogo un'azione efficace per la liberazione delle persone attualmente
in condizioni di schiavitù in Italia, garantendo loro -a titolo di
risarcimento per le violenze subite nel nostro paese- il diritto di
permanenza legale nel nostro paese qualora lo desiderino, un'adeguata
protezione rispetto al pericolo di rappresaglie da parte delle
organizzazioni criminali schiaviste, il pieno riconoscimento di diritti
civili, assistenza sociale ed un sostegno economico sufficiente per vivere e
protratto nel tempo, aiuto nella ricerca di un lavoro legale.
Alla campagna hanno già espresso sostegno alcuni parlamentari, ed operatori
sociali impegnati in esperienze di volontariato e di solidarietà.
Una postilla sul ruolo degli enti locali contro la schiavitù sessuale
Il "Centro di ricerca per la pace" sottolinea che particolarmente nel caso
delle persone in condizioni di schiavitù oggetto di sfruttamento sessuale,
una iniziativa di tale genere da parte delle istituzioni democratiche
sarebbe immediatamente praticabile ed efficace.
Gli enti locali potrebbero intervenire efficacemente fin d'ora con programmi
di riduzione del danno e di percorsi assistiti di liberazione, valorizzando
ed estendendo esperienze già in corso da parte sia di esperienze di
volontariato sia di servizi sociali di enti pubblici.
Notizia sul "Centro di ricerca per la pace", promotore della campagna
Ha coordinato per l'Italia negli anni ottanta la campagna di solidarietà con
Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista
sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi su
Primo Levi, da poco scomparso. Ha promosso varie campagne di solidarietà.
Tra le sue recenti pubblicazioni: Uomini di pace; Don Milani e l'educazione
alla pace; Nonviolenza: alcuni percorsi di lettura.
Per ulteriori informazioni, e per aderire alla campagna "Contro la schiavitù
in Italia", contattare il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, tel. e
fax 0761/353532.
*
Allegato 4. Documento del Gruppo Abele contro la prostituzione forzata
[Il testo integrale abbiamo riprodotto nel notiziario di ieri]
*
Allegato 5. Appello per il rispetto dei diritti umani degli immigrati
cosiddetti "irregolari"
Lettera aperta al governo italiano
Tre provvedimenti urgenti per la difesa dei diritti umani in Italia
Esprimiamo la nostra amarezza e la nostra indignazione per il trattamento
disumano fatto subire nel nostro paese a persone che tra stenti e pericoli
sono giunte in Italia sperando di trovare accoglienza, lavoro, sicurezza, e
che invece sono fatte oggetto di un vero e proprio linciaggio, di condizioni
di schiavitù, di gravi violazioni dei loro diritti umani fondamentali.
In particolare chiediamo al governo italiano:
1. che siano aboliti i campi di concentramento [i cosiddetti "centri di
permanenza temporanea"];
2. che si evitino frettolosi rimpatri forzati: occorre che a tutti gli
immigrati sia garantito di poter usufruire anche del diritto di asilo
qualora ne ricorrano i termini; è evidente che molte persone sono state
rimpatriate senza neppure informarle che potevano chiedere di usufruire di
tale diritto, ed è altresì evidente che molte persone sono state ricacciate
forzosamente in paesi e sotto regimi in cui rischiano persecuzioni e la
stessa vita (e da cui erano fuggiti, affrontando peraltro enormi costi e
pericoli);
3. che si offrano concrete possibilità di regolarizzazione per tutti gli
immigrati, e soprattutto si eviti per quanto possibile di emettere decreti
di espulsione: i decreti di espulsione precipitano delle persone in una
illegalità coatta, ed espongono chi li subisce al rischio di finire nelle
grinfie dei poteri criminali.
Centro di ricerca per la pace
Viterbo, 18 agosto 1998
*
Allegato 6. Alcuni ulteriori materiali informativi
[Qui si riportavano dati riferiti al 1998, ovviamente non piu' attuali]
*
Allegato 7. Per una riflessione contro la guerra
Alcune banali domande (note preparatorie per un incontro con gli obiettori
di coscienza della Caritas di Viterbo, ottobre 1997)
1. La violenza dei potenti
Una esigua minoranza dell'umanità dispone di ingenti ricchezze, vive nello
sperpero, dispone del potere di distruggere la biosfera; una enorme
maggioranza dell'umanità vive in condizioni di miseria, di sfruttamento, di
estrema sofferenza, condannata a una vita di infelicità e ad una morte
precoce.
Come può permanere questa situazione? Solo perché la minoranza privilegiata
usa la violenza per mantenere il suo potere a danno della stragrande
maggioranza dell'umanità presente e a danno delle generazioni future che
subiranno le conseguenze del crescente e irreversibile degrado della
biosfera che l'attuale modello di sviluppo provoca.
2. Guerra e politica
Scriveva von Clausewitz che la guerra è la prosecuzione della politica con
altri mezzi, è vero; ma è anche vero che dall'antichità e finché vi sarà
oppressione dell'uomo sull'uomo la guerra (e la sua minaccia) e gli apparati
della violenza condizionano fortemente la politica - ed attualmente la
surdeterminano in gran parte del mondo; si consideri:
- il ruolo del complesso militar-industriale (determinante nella politica
internazionale USA e vero e proprio "braccio armato" nei disegni e le
operazioni delle multinazionali e delle centrali del capitale finanziario);
- l'oppressione imperialista, coloniale e neocoloniale, il rapporto
Nord/Sud;
- i regimi dittatoriali e la loro funzione in relazione ai rapporti
economici di sfruttamento delle persone e rapina delle risorse a livello
mondiale;
- le guerre attuali, le violazioni dei diritti umani, la compressione di
fondamentali esigenze di libertà, di dignità e di giustizia.
3. La guerra del Golfo
Come in 1984 di George Orwell, il potere che si regge sulla violenza armata
genera forme ideologiche e fin linguistiche che servono ad occultare la sua
realtà e la sua azione; sono esempi di bispensiero e neolingua orwelliani
definire "difesa" azioni belliche aggressive; definire "operazioni di
polizia internazionale" quelle che sono illegittime guerre di sterminio.
La vicenda della guerra del Golfo è paradigmatica: promossa e sostenuta da
un grande spiegamento di risorse ideologiche e mass-mediatiche per
manipolare l'opinione pubblica e dare ad intendere che essa fosse un
intervento per la libertà dei popoli e per abbattere un nuovo Hitler, oggi,
ad anni da quella mostruosa strage (e gigantesca catastrofe ecologica) resta
la dittatura in Kuwait (restaurata), resta la dittatura di Saddam Hussein in
Iraq, resta il dominio imperiale USA sul mondo; e sofferenze indicibili sono
state inflitte e continuano ad essere inflitte ai popoli oppressi (anche
attraverso l'embargo che reduplica e triplica la violenza sul popolo
iracheno, vittima della dittatura, della guerra ed ancora anche della
negazione di elementari soccorsi sanitari ed alimentari). Essa è stata l'
equivalente su scala ingigantita -ed amplificata dai media- dell'operazione
che Franco Fortini analizzò e denunciò con tanta lucidità in Quelli di
Grenada (in Insistenze, Garzanti): un'azione di terrorismo internazionale,
volta appunto a terrorizzare il mondo e persuaderlo che opporsi alle armate
imperiali porta i popoli oppressi alla morte.
4. "Da se stesse le armi tentano gli uomini" (Odissea, XIX, 13)
Le armi di per sé sono già la guerra: produrle, commerciarle, minacciarne l'
uso od usarle; tanto quelle convenzionali, quanto -e ovviamente ancor più-
quelle di sterminio di massa: nucleari, chimiche, batteriologiche, ormai
disponibili in quantità sufficienti a distruggere più volte la vita sul
pianeta.
Vi è un legame tra armi e fame, tra riarmo e totalitarismo, tra
produzione-disponibilità di armi, e terrore, oppressione, ingiustizia.
Il traffico d'armi costituisce peraltro una delle principali fonti di
arricchimento e di ruolo politico-economico e strategico internazionale dei
poteri criminali.
5. Gli eserciti servono a fare la guerra
La smilitarizzazione è una necessità. Non ci si lasci ingannare da una trama
di discorso subalterna agli interessi dei poteri dominanti: la
militarizzazione ed il militarismo sono antagonisti rispetto alla
democrazia, lil fine istituzionale -la ragion d'essere- di ogni esercito è
fare la guerra.
Un'analisi delle recenti cosiddette "missioni umanitarie" (il caso della
Somalia è forse il più esemplare) è definitivamente dimostrativa al
riguardo.
6. Una riflessione sulla scienza, la ricerca, le tecnologie
La scienza non è neutrale: spesso essa è stata complice e assassina. E sono
inquietanti gli sviluppi dell'attuale ricerca e delle attuali applicazioni
tecnologiche, prevalentemente non orientate secondo esigenze di promozione
del benessere, del rispetto per la dignità umana e di tutela della biosfera:
al contrario, l'attuale controllo e gestione di esse fa sì che si metta a
rischio valori e bisogni fondamentali, si metta a rischio lo stesso statuto
umano, si metta in pericolo la vita sul pianeta.
Sulle scienze e sulle tecnologie occorre un impegno affinché esse siano
rivolte al bene comune dell'umanità (bene che include ovviamente in primo
luogo la difesa della biosfera), anziché al profitto dei privilegiati e al
dominio dei malvagi.
7. Un ragionamento circolare
Ergo la liberazione dell'umanità richiede il disarmo, la smilitarizzazione,
la difesa intransigente e universale dei diritti umani, la lotta per la
democrazia, la giustizia, la dignità.
Il riconoscimento dell'eguaglianza di ogni essere umano nei suoi diritti
fondamentali, la difesa della biosfera da scelte e poteri che la minacciano
radicalmente, queste due opzioni implicano il rovesciamento della situazione
strutturale di ingiustizia presente.
Ma tale rovesciamento (che richiede coscienza, partecipazione, democrazia,
ed a nostro avviso la scelta cruciale della nonviolenza) è possibile solo se
si impedisce che il potere iniquo possa minacciare ed assassinare chi si
ribella, possa spargere morte e devastazioni, possa distruggere il mondo.
Ergo la liberazione dell'umanità richiede, come conditio sine qua non, la
smilitarizzazione, il disarmo, la pace. Ergo la lotta per la pace, il
disarmo, la smilitarizzazione, è già la lotta per la liberazione dell'
umanità, è già solidarietà concreta e operante con gli oppressi di tutto il
mondo.
8. Per una strategia di liberazione
Chi tace è complice: il potere oppressivo nella nostra società oggi non
chiede un consenso di massa esplicito e militante con adunate di piazza e
frenetici attivismi come nella tradizione dei fascismi classici, chiede
invece un consenso passivo, come accettazione dello status quo, come
trangugiamento delle sue menzogne, come disinteresse per le sorti comuni.
Per questo il primo passo da compiere è quello di rifiutare la narcosi
indotta dai mass-media, l'ideologia del chiudersi nel guscio, le seduzioni
della carriera individuale e della legge della giungla che il potere
propone.
"Ciascuno umilmente s'informi", ha scritto Danilo Dolci. E riconosciuto l'
orrore dell'ora presente ciascuno s'impegni a resistere alla violenza, all'
ingiustizia, alla sopraffazione, alla menzogna.
Si può fare molto, sul piano della conoscenza (e della coscientizzazione,
per dirla con Paulo Freire) e dell'azione pratica:
- resistere all'oppressione (e solidarizzare con chi resiste, ovunque);
- la teoria-prassi nonviolenta;
- lottare per il disarmo, la smilitarizzazione (e l'alternativa della difesa
popolare nonviolenta -DPN-);
- scelte di giustizia ed azioni concrete;
- pace, diritti umani e dei popoli, difesa della biosfera.
9. Letture indispensabili, strumenti di lavoro, testi per approfondire,
riviste, editrici
a) letture indispensabili:
- Günther Anders, Tesi sull'età atomica, in Essere o non essere, Einaudi,
poi "Linea d'ombra", ed in opuscolo per nostra cura;
- Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi;
- Marcos, La quarta guerra mondiale è cominciata, "Il Manifesto";
b) strumenti di lavoro:
- AA.VV., Etiche della mondialità, Cittadella;
- Amnesty International, Rapporto annuale 1997, ECP;
- Ernesto Balducci, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia,
Principato;
c) alcuni testi di approfondimento:
- AA. VV., Jugoslavia perché?, Gamberetti;
- Hannah Arendt, La banalità del male, Feltrinelli;
- Ernesto Balducci, Il terzo millennio, Bompiani; L'uomo planetario,
Camunia, poi ECP; La terra del tramonto, ECP; Montezuma scopre l'Europa,
ECP;
- Stefano Bianchini, La questione jugoslava, Giunti;
- Norberto Bobbio, Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino;
L'età dei diritti, Einaudi; Il terzo assente, Sonda; Stato, governo,
società, Einaudi; Eguaglianza e libertà, Einaudi;
- Albert Camus, La peste, Bompiani;
- Aldo Capitini, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita;
- Noam Chomsky, Anno 501, La Conquista continua, Gamberetti;
- Angelo Del Boca, Gli italiani in Africa Orientale, Laterza, poi Mondadori;
Gli italiani in Libia, Laterza, poi Mondadori; Una sconfitta dell'
intelligenza, Laterza; La trappola somala, Laterza;
- Frantz Fanon, I dannati della terra, Einaudi;
- Franco Fortini, Una voce: comunismo, in Extrema ratio, Garzanti, ed in
opuscolo per nostra cura;
- Eduardo Galeano, Memoria del fuoco, Sansoni;
- Giulio Girardi, Sandinismo, marxismo, cristianesimo: la confluenza, Borla;
La conquista dell'America, Borla; Gli esclusi costruiranno la nuova storia?,
Borla;
- Raul Hilberg, La distruzione degli Ebrei d'Europa, Einaudi;
- Hans Jonas, Il principio responsabilità, Einaudi; Tecnica, medicina ed
etica, Einaudi;
- Nelson Mandela, Lungo cammino verso la libertà, Feltrinelli;
- Stefano Rodotà, Questioni di bioetica, Laterza; Tecnologie e diritti, Il
Mulino;
- Rossana Rossanda, Note a margine, Bollati Boringhieri;
- Umberto Santino, Oltre la legalità, Csd "G. Impastato";
- Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele;
- Vandana Shiva, Sopravvivere allo sviluppo, Isedi; Monocolture della mente,
Bollati Boringhieri;
- Simone Weil, La condizione operaia, Mondadori;
d) alcune riviste particolarmente utili:
- Amanecer; Avvenimenti; Azione nonviolenta; Guerre e pace; Le Monde
diplomatique; Nigrizia; Testimonianze;
e) case editrici particolarmente impegnate sui temi della pace e della
liberazione:
Edizioni Cultura della Pace (ECP), S. Domenico di Fiesole (FI); Edizioni
Gruppo Abele (EGA), Torino; Erre Emme edizioni, Bolsena (VT); La Piccola
Editrice, Celleno (VT).
Viterbo, 24 ottobre 1997
*
Allegato 8. Un'ulteriore nota sulla nonviolenza
Ma cosa è questa nonviolenza? La nonviolenza è lotta
1. E' lotta. E' lotta contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro la
menzogna. E' lotta perché ogni essere umano sia riconosciuto nella sua
dignità; è lotta contro ogni forma di sopraffazione; è lotta di liberazione
per l'uguaglianza di tutti nel rispetto e nella valorizzazione della
diversità di ognuno.
2. E' la forma di lotta più profonda, quella che va più alla radice delle
questioni che affronta. E' lotta contro il potere violento, cui si oppone
nel modo più completo, rifiutando la sua violenza e rifiutando di riprodurre
violenza.
3. Afferma la coerenza tra i mezzi ed i fini, tra i metodi e gli obiettivi.
Tra la lotta e il suo risultato c'è lo stesso rapporto che c'è tra il seme e
la pianta. Chi lotta per la liberazione di tutti, deve usare metodi
coerenti. Chi lotta per l'uguaglianza deve usare metodi che tutti possano
usare. Chi lotta per la verità e la giustizia deve lottare nel rispetto
della verità e della giustizia.
4. E' lotta contro il male, non contro le persone. E' lotta per difendere e
liberare, per salvare e per convincere, e non per umiliare o annientare
altre persone.
5. E' lotta fatta da esseri umani che non dimenticano di essere tali. Che
non si abbrutiscono, che non vogliono fare del male, bensì contrastare il
male. E' lotta per l'umanità.
6. La nonviolenza è il contrario della viltà. E' il rifiuto di subire l'
ingiustizia; è il rifiuto di ogni ingiustizia, sia di quella contro di me,
sia di quelle contro altri. La nonviolenza è lotta. E' lotta per la verità,
è lotta per la giustizia, è lotta di liberazione e di solidarietà, è lotta
contro ogni oppressione.
*
Allegato 9. Dodici tesi contro le mafie, di Luciano Violante
I testi seguenti sono estratti da Luciano Violante, Non è la piovra. Dodici
tesi sulle mafie italiane, Einaudi, Torino 1994.
Tesi 1. La mafia non è una piovra, né un cancro. Non è né misteriosa né
invincibile. Per combatterla efficacemente e per vincerla occorrono analisi
razionali. E' fatta di uomini, danaro, armi, relazioni politiche e relazioni
finanziarie. E' costituita essenzialmente da tre grandi organizzazioni
criminali, Cosa Nostra, 'ndrangheta e camorra, e da un'organizzazione
minore, la Sacra Corona Unita, che è radicata in Puglia. Queste
organizzazioni hanno in comune il controllo del territorio, i rapporti con
la politica e l'internazionalizzazione. Questo le differenzia dalle comuni
forme di criminalità organizzata.
Tesi 2. La principale organizzazione mafiosa è Cosa Nostra, con circa 5000
affiliati. Ha un esteso radicamento sociale, un'organizzazione paramilitare,
illimitate disponibilità finanziarie. Controlla minuziosamente il territorio
sul quale opera. La sua forza è determinata dal rapporto con la politica. La
regola fondamentale è l'utilitarismo. La strategia è costituita dall'
espansione illimitata. Cosa Nostra è uno Stato nello Stato e agisce come una
componente eversiva armata.
Tesi 3. La camorra agisce prevalentemente in Campania; è costituita da
centinaia di bande, con quasi 7000 affiliati, che si compongono e si
scompongono con grande facilità, a volte pacificamente, altre volte con
scontri sanguinosi. La camorra ha una storia antichissima e un carattere
prevalentemente mercenario. Ha manifestato una grande capacità di
condizionamento dell'economia e delle amministrazioni locali.
Tesi 4. La mafia calabrese si chiama 'ndrangheta. Essa ha caratteristiche
proprie che la fanno apparire anomala tanto rispetto a Cosa Nostra quanto
rispetto alla camorra. Mantiene aspetti arcaici insieme a innovazioni di
straordinaria modernità. Ha il quasi monopolio del traffico d'armi, conta
circa 5600 affiliati, sul proprio territorio riesce a mantenere livelli di
impunità elevatissimi, superiori a quelli di Cosa Nostra. E' l'
organizzazione mafiosa più presente nel nord del Paese.
Tesi 5. La Puglia è il "cortile di casa" delle tre mafie principali. Vi
operano diverse forme di criminalità organizzata di tipo mafioso; la più
importante è la Sacra Corona Unita. Essa trae origine dal mutamento
strutturale di organizzazioni malavitose locali venute a contatto, agli
inizi degli anni Ottanta, con la Nuova Camorra Organizzata di Cutolo e,
grazie al soggiorno obbligato, con esponenti di Cosa Nostra. E' un tipico
esempio di crescita incontrastata di un'organizzazione mafiosa che avrebbe
potuto essere bloccata con una ordinaria e tempestiva azione giudiziaria e
di polizia. Il fenomeno, nonostante le reiterate denunce della Commissione
antimafia, a partire dalla prima metà degli anni Ottanta, ha potuto
espandersi senza ostacoli sino a raggiungere una pericolosità considerevole.
Tesi 6. Il carcere costituisce per le organizzazioni mafiose il
prolungamento del loro territorio. Non c'è alcuna possibilità di sconfitta
della mafia se non si attua una rigida separazione tra mafiosi detenuti e
mafiosi in libertà. Perciò è necessario mantenere l'efficacia dell'articolo
41 bis dell'ordinamento penitenziario, che stabilisce particolari controlli
sui detenuti pericolosi.
Tesi 7. Il potere delle mafie moderne nasce essenzialmente da alcune grandi
decisioni pubbliche. Ci sono, al di là della storia specifica di Cosa Nostra
e del suo ruolo ai tempi dello sbarco alleato in Sicilia, scelte pubbliche
di natura politica o economica, che hanno schiacciato il Mezzogiorno, hanno
premiato classi politiche dirigenti locali fragili e delegittimate e sono
state attuate con la tolleranza dei ceti imprenditoriali.
Questo fenomeno ha prodotto l'integrazione della mafia nel sistema economico
e politico e ha dato luogo ad estese pratiche corruttive. La corruzione, nel
processo espansivo della mafia, si è rivelata più importante del ricorso
alla violenza.
Tesi 8. Logge massoniche "deviate" costituiscono il tramite più frequente e
più sicuro nei rapporti tra mafia e istituzioni. Per mezzo di queste logge,
in particolare, la mafia cerca di "aggiustare" i processi che la riguardano.
Esponenti delle logge massoniche, a loro volta, hanno chiesto in diverse
occasioni la partecipazione di Cosa Nostra a vicende criminali ed eversive.
Il terreno d'incontro tra la mafia e queste logge è costituito dai comuni
interessi antidemocratici.
Tesi 9. Le leggi contro la mafia ci sono. E' necessario apportare alcune
correzioni; ma in questa fase non servono altre leggi. Serve invece un forte
indirizzo politico per ottenerne dagli apparati dello Stato la più puntuale
osservanza. E' grave piuttosto che le leggi contro la mafia siano state
approvate solo dopo grandi omicidi, come se la classe politica dirigente
dovesse essere costretta dagli avvenimenti a fare queste leggi e non avesse
mai avuto una propria autonoma strategia antimafia. Tra le diverse leggi,
una delle più efficaci è quella che stabilisce forti riduzioni di pena per i
cosiddetti «pentiti» inducendo i mafiosi a rompere l'omertà e a collaborare
con lo Stato contro le organizzazioni di appartenenza.
Tesi 10. La Federazione Russa costituisce oggi, per la crisi economica, per
la fragilità politica e per la difficoltà a darsi regole e farle osservare,
un nuovo terreno di insediamento delle grandi mafie dei diversi Paesi,
comprese le mafie italiane. Questi insediamenti possono arrecare danni
particolarmente gravi e inediti perché la Russia è una potenza nucleare e
perché senza una radicale azione di contrasto, concertata tra tutti i Paesi
interessati, quel territorio potrebbe diventare una sorta di colossale
"città aperta" alle mafie di tutto il mondo.
Tesi 11. La mafia, grazie ad un volume di affari che si aggira attorno ai
69000 miliardi l'anno, può distruggere il mercato sostituendo con i propri
imprenditori gli imprenditori onesti, rapinando le ricchezze nazionali,
inquinando irrimediabilmente il sistema bancario e finanziario. La difesa
del mercato dalle organizzazioni mafiose ha per la democrazia un valore
analogo alla difesa delle istituzioni dello Stato.
Tesi 12. Risultati definitivi nella lotta contro la mafia possono ottenersi
soltanto se all'azione repressiva contro le organizzazioni mafiose si
accompagnano interventi sociali per garantire i diritti fondamentali dei
cittadini. Sinora la lotta contro la mafia ha avuto un andamento pendolare
proprio perché la repressione non è stata affiancata da un'azione di
risanamento. I nostri successi saranno definitivi se sapremo rompere tutti i
rapporti tra mafia e politica e realizzare le riforme sociali. Accanto all'
antimafia dei delitti deve affermarsi l'antimafia dei diritti, fondata sulla
costruzione di condizioni economiche e sociali dignitose per tutti. La mafia
è il nostro principale fattore di arretratezza.
*
Allegato 10. Una "tessera" del subcomandante Marcos
Il brano che segue è estratto da La quarta guerra mondiale è cominciata,
scritto dal subcomandante Marcos dell'EZLN del Chiapas e pubblicato nell'
estate '97 sulla prestigiosa rivista di analisi economica e politica
internazionale "Le monde diplomatique". In Italia è stato tradotto e diffuso
in opuscolo a cura del quotidiano "Il manifesto".
Tessera 4. Mondializzazione finanziaria e globalizzazione della corruzione e
del crimine.
I mezzi di comunicazione di massa ci dipingono un'immagine dei capi della
delinquenza mondiale: uomini e donne volgari, vestiti in modo stravagante,
occupati in lavori grotteschi o dietro le sbarre di un carcere. Ma questa
immagine nasconde più di quanto non mostri: né i veri capi delle mafie
moderne, né la loro organizzazione, né la loro influenza reale sull'economia
e la politica sono messi in mostra. Se voi pensate che mondo della
delinquenza sia sinonimo di oltretomba e oscurità, vi sbagliate. Durante la
cosiddetta «guerra fredda», il crimine organizzato è andato acquisendo un'
immagine più rispettabile e non solo ha cominciato a funzionare come
qualunque impresa moderna, ma è anche profondamente penetrato nei sistemi
politici ed economici degli Stati nazionali. Con l'inizio della IV guerra
mondiale [con questa formula Marcos intende la fase economica - successiva
alla cosiddetta "guerra fredda" - della globalizzazione postfordista e la
"guerra" che il neoliberismo muove contro l'umanità -ndr-], lo stabilirsi
del "nuovo ordine mondiale" e la conseguente apertura dei mercati, le
privatizzazioni, la deregolazione del commercio e della finanza
internazionale, il crimine organizzato ha "globalizzato" le sue attività.
"Secondo l'ONU il reddito mondiale annuale delle organizzazioni criminali
transnazionali si aggira attorno al milione di milioni di dollari, un
ammontare equivalente al Pil (prodotto interno lordo) di tutti i paesi "a
reddito debole" (secondo la classificazione della Banca Mondiale) e dei loro
tre miliardi di abitanti. Questa stima tiene conto tanto del traffico di
droghe, che dei traffici di armi, del contrabbando di materiale nucleare,
etc., oltre che dei guadagni delle "imprese" controllate dalle mafie
(prostituzione, gioco, mercato nero del denaro.). in cambio, non diminuisce
il volume degli investimenti incessantemente fatti dalle organizzazioni
criminali nella sfera del controllo degli affari legittimi, né tanto meno il
dominio che esse esercitano sui mezzi di produzione in numerosi settori dell
'economia legale" (Michel Chossudovsky, "La corruption mondialisée", in
Géopolitique du Chaos, op. cit.).
Le organizzazioni criminali dei cinque continenti hanno fatto loro lo
"spirito di cooperazione mondiale" e, associate, partecipano alla conquista
e al riordino dei nuovi mercati. Non solo in attività criminali, ma anche
negli affari legali. Il crimine organizzato investe in affari legittimi non
solo per "riciclare" il denaro sporco, ma anche per costituire nuovi
capitali per le sue attività illegali. Le imprese preferite per questo scopo
sono quelle immobiliari di lusso, l'industria dell'ozio, i mezzi di
comunicazione, l'industria, l'agricoltura, i servizi pubblici e. la banca!
Alì Babà e i quaranta banchieri? No, qualcosa di peggio. Il denaro sporco
del crimine organizzato  è utilizzato dalle banche commerciali per le loro
attività: prestiti, investimenti nei mercati finanziari, acquisto di titoli
del debito estero, compravendita di oro e valuta. "In molti paesi, le
organizzazioni criminali si sono convertite in creditori dello Stato ed
esercitano, agendo nei mercati, un'influenza sulla politica macroeconomica
dei governi. Nelle borse valori, esse investono anche nei mercati
speculativi di prodotti derivati e di materie prime" (M. Chossudovsky, op.
cit.).
E, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, "lo sviluppo dei sindacati del
crimine è stato facilitato dai programmi di aggiustamento strutturale che i
paesi indebitati hanno dovuto accettare per avere accesso ai prestiti del
Fondo Monetario Internazionale" (La globalizzazione del crimine, Nazioni
Unite).
Il crimine organizzato conta anche sui cosiddetti paradisi fiscali. In tutto
il mondo ci sono, più o meno, 55 paradisi fiscali (uno di essi, nelle Isole
Cayman, è al quinto posto nel mondo come centro bancario e ha più banche e
società registrate che abitanti). Le Bahamas, le Isole Vergini britanniche,
le Bermude, San Martín, Vanuatu, le Isole Cook, l'isola Mauritius, il
Lussemburgo, la Svizzera, le isole anglonormanne, Dublino, Montecarlo,
Gibilterra, Malta, sono buoni posti, per il crimine organizzato, per entrare
in rapporto con le grandi imprese finanziarie del mondo. Oltre a "riciclare"
il denaro sporco, i paradisi fiscali sono usati per evadere le tasse, ed è
per questo che sono un punto di contatto tra governanti, manager e capi del
crimine organizzato. L'alta tecnologia, applicata alla finanza, permette la
circolazione rapida del denaro e la sparizione dei guadagni illegali. "Gli
affari legali e illegali sono sempre più mescolati, introducono un
cambiamento fondamentale nelle strutture del capitalismo del dopoguerra. Le
mafie investono in affari legali e, all'inverso, incanalano risorse
finanziarie verso l'economia criminale, grazie al controllo di banche o
imprese commerciali implicate con il riciclaggio del denaro sporco o che
hanno relazioni con le organizzazioni criminali. Le banche sostengono che le
transazioni sono effettuate in buona fede e che i loro dirigenti ignorano l'
origine dei fondi depositati. La consegna è non chiedere nulla, è il segreto
bancario, è l'anonimato nelle transazioni, tutto è garantito dagli interessi
del crimine organizzato, che proteggono l'istituzione bancaria dalle
investigazioni pubbliche e dalle incriminazioni. Non solamente le grandi
banche accettano di riciclare denaro, puntando alle abbondanti commissioni,
ma concedono anche prestiti a tassi elevati alle mafie, sottraendoli agli
investimenti produttivi industriali o agricoli" (M. Chossudovsky, op. cit.).
La crisi del debito mondiale, negli anni ottanta, provocò il crollo dei
prezzi delle materie prime. Questo ridusse drasticamente il reddito dei
paesi sottosviluppati. Le misure economiche dettate dalla Banca Mondiale e
dal Fondo monetario internazionale, presuntamente per «recuperare» l'
economia di questi paesi, hanno solo reso più acuta la crisi degli affari
locali. Di conseguenza, l'economia illegale si è sviluppata per riempire il
vuoto creato dalla caduta dei mercati nazionali.
La figura 4 si costruisce disegnando un rettangolo: è lo specchio in cui
legalità e illegalità si riflettono e si scambiano. Da quale lato è il
criminale, e da quale chi lo persegue?
*
Appendice: alcune letture indispensabili
a) libri: Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi; Amnesty
International, Rapporto annuale, Edizioni Cultura della Pace.
b) riviste: Azione nonviolenta; Guerre & pace; Le Monde diplomatique;
Nigrizia.

3. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

4. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 337 del 9 gennaio 2002