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La nonviolenza e' in cammino. 331
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 331 del 3 gennaio 2002
Sommario di questo numero:
1. Danilo Dolci, se noi vogliamo
2. Lidia Menapace, gestione nonviolenta del conflitto: cultura, forme,
istituzioni (parte terza e conclusiva)
3. Angelo Cavagna, in digiuno contro guerre e spese militari
4. Valda Busani, i pacifisti di Action for peace incontrano Arafat
5. Nadia Cervoni, i pacifisti di Action for peace aggrediti dai militari
6. Indice dei numeri 305-328 (dicembre 2001) de "La nonviolenza e' in
cammino"
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
1. MAESTRI. DANILO DOLCI: SE NOI VOGLIAMO
[Da Danilo Dolci, Conversazioni, Einaudi, Torino 1962, p. 422. Danilo Dolci
è nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43 dai
nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di
Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale
(Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente
contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignità.
Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, è tra le figure di
massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del
1997. Opere di Danilo Dolci: una antologia degli scritti di intervento e di
analisi è Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di
poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di
riflessione più recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988;
La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Opere
su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze 1984;
Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988 (sull'opera
poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, ECP, S.
Domenico di Fiesole 1992; Giuseppe Barone, La forza della nonviolenza.
Bibliografia e profilo critico di Danilo Dolci, Libreria Dante & Descartes,
Napoli 2000]
Allora credo che anche su questo punto siamo d'accordo. Se noi vogliamo che
non ci sia guerra nel mondo, bisogna che siamo noi a rifiutare la guerra, a
portare avanti concretamente la pace, prima uno, poi due tre quattro, poi
verra' un giorno che la gente si fara' organicamente chiara anche su questo.
2. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: GESTIONE NONVIOLENTA DEL CONFLITTO: CULTURA,
FORME, ISTITUZIONI (PARTE TERZA E CONCLUSIVA)
[Questo intervento di Lidia Menapace, di qualche anno fa, abbiamo ripreso
dal sito della scuola di pace del Comune di Senigallia
(www.comune.senigallia.an.it/scuoladipace_web). Lidia Menapace, una delle
nostre maestre piu' grandi, e' nata a Novara nel 1924, partecipa alla
Resistenza, è poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto" e
partecipe di varie rilevanti esperienze politiche e culturali della sinistra
critica. E' tra le voci più significative della cultura delle donne e dei
movimenti di solidarieta' e di liberazione. La maggior parte degli scritti e
degli interventi di Lidia Menapace è dispersa in quotidiani e riviste, atti
di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. (a cura di), Per
un movimento politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La
Democrazia Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della
differenza sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con
Chiara Ingrao), Né indifesa né in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988;
Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna,
Milano 2000]
6. I conflitti fra gli stati e la sovranita'
Fino a questo momento abbiamo incontrato due movimenti che sono incarnati da
soggetti ben visibili: il proletariato e le donne che sono consapevoli di
esserlo. Perche' per essere donna non e' sufficiente sapere di chiamarsi
Maria, bisogna anche sapere di essere una donna, e questo non sempre
succede. Molte donne assumono una totale identificazione con il modello
maschile senza grandi contraddizioni interne.
Ci sono altre forme di gestione nonviolenta del conflitto, che possono
riguardare ad esempio il conflitto fra il genere umano e la natura, che
invece non ha parola, e che solo puo' mandarci i suoi disperati messaggi
desertificandosi, cambiando il clima o franando rovinosamente. Questi sono i
messaggi che manda la natura. E pero' perche' diventino politicamente
efficaci occorre che qualcuno se ne faccia carico. Anche in questo caso
occorre nominare il conflitto. Esiste un conflitto fra gli equilibri
naturali, l'accoglibilita' del pianeta, la compatibilita' ambientale e i
nostri comportamenti, che si rivelano particolarmente violenti nei confronti
della natura.
Ora, tuttavia, e' venuto il momento di affrontare il problema dei conflitti
fra gli stati.
Se consideriamo la gestione nonviolenta dei conflitti, e cerchiamo di
applicarla a quei conflitti piu' specificatamente politico-militari che
generalmente sfociano in guerre, possiamo individuare come si puo' fare una
gestione nonviolenta dei conflitti che siamo abituati a chiamare
propriamente politici, quelli fra gli stati. Qui, pero', ci fa ostacolo una
cosa consolidata: mentre posso dire: "sei dominante e vergognatene!" al
genere maschile, mentre posso dire che il genere maschile e' violento
rispetto a quello femminile, oppure che il genere umano e' violento rispetto
alla natura, quando si arriva agli stati questo non e' piu' possibile,
perche' l'uso della violenza da parte degli stati si chiama forza, ed e'
legittimato. Quando uno stato usa la violenza, questa violenza si chiama
forza, ed e' riconosciuta dalle leggi. Anzi generalmente i politologi
ritengono che lo stato rinuncia all'uso della violenza al suo interno,
perche' non uccide in modo discriminato i suoi cittadini e riconosce delle
leggi a tutela della loro vita, dei beni e dei loro interessi, e riceve dai
cittadini in cambio la legittimazione a usare la violenza contro gli altri.
Questa e' la legittimazione popolare della guerra. Tu non fai guerra a me,
mi difendi, mi lasci vivere, e io pero' ti lascio fare la guerra agli altri.
Tocchiamo in questo modo una questione molto delicata e importante: come si
fa a togliere legittimita' alla violenza quando, essendo esercitata dagli
stati, si chiama forza? Qui bisogna lavorare su una cosa che c'e' nella
nostra Costituzione, lavorare per la riduzione del tasso di assolutismo che
e' incluso nel termine sovranita'. La "sovranita'" e' un termine
assolutista. Nell'articolo della Costituzione in cui si dice che l'Italia e'
disposta a rinunciare a porzioni della sua sovranita' purche' questo avvenga
anche dall'altra parte, c'e' una prima pista di ricerca sulla possibilita'
di riduzione del tasso di assolutismo che ancora e' incluso nell'idea di
stato, anche democraticamente ordinato, quando gli si riconosce, come erede
del sovrano assoluto, una certa porzione di sovranita'.
Dobbiamo introdurre anche in questo caso una metodologia nonviolenta: uno
stato puo' rinunciare ad una porzione della sua sovranita' purche' in modo
bilaterale.
Ad esempio, sui confini degli stati europei esistono spesso delle
popolazioni miste. Se si facessero una serie di regioni sui confini, queste
dovrebbero nascere con una reciproca rinuncia di porzioni di sovranita'
degli stati confinanti. Per esempio il Sud Tirolo - io abito a Bolzano e
quindi questo esempio mi viene subito in mente - potrebbe essere ridisegnato
con una reciproca ed uguale riduzione di sovranita' da parte dell'Italia e
dell'Austria e finire di essere uno dei possibili focolai di conflitti in
Europa. Probabilmente il gioco varrebbe la candela. Mentre tutte le
politiche di "pulizia etnica" tentate da Hitler e Mussolini in Alto Adige
nel '39, di divisione rigorosa delle risorse e delle popolazioni, di
continui ricorsi a istituzioni internazionali mediatrici non risolve il
conflitto e lo lascia sempre sotto la cenere, un'applicazione della
riduzione di sovranita', purche' reciproca, potrebbe essere una soluzione.
Questa potrebbe essere una soluzione standard che, nella costruzione
dell'Europa, si applica abitualmente a tutti quei confini degli stati
nazionali europei sui quali ci sono popolazioni miste, oppure su tutti quei
confini di montagna abitati da popolazioni per le quali il confine non e'
rappresentato dal crinale di montagna ma dalla pianura. Ad esempio i Baschi
sono di qua e di la' dei Pirenei, e il paese basco finisce dove inizia la
pianura. Lo stesso vale per le popolazione del Ticino e della Valtellina e
per le popolazioni tirolesi del nord e del sud, per le quali le Alpi non
sono il confine ma il loro territorio, il confine sono le pianure di qua e
di la'. Questo serve anche per ridurre un po' l'assolutezza dell'idea di
confine, che e' una delle idee piu' infondate che esistano: non esistono
confini naturali, pero' in loro nome si versano fiumi di sangue e lagrime.
L'assolutezza dell'idea di confine genera anche episodi ridicoli. Ad esempio
quando e' stata trovata una mummia sul Similaun un giornale di Bolzano
titola "Huetzli - che vuol dire líomino della valle di Huetz - era
italiano", perche' e' stato trovato un po' di qua dal confine. Uno per il
quale la parola "italiano" come pure "tedesco" non significava niente per i
tempi in cui e' vissuto, viene assimilato ad una comunita' nazionale in
virtu' della forza dell'idea di confine.
Quando arriviamo alla gestione nonviolenta dei conflitti politici, la prima
cosa in cui ci imbattiamo e' l'assolutezza o l'assolutismo incluso nell'idea
non discutibile di sovranita' dello stato. In primo luogo, bisogna lavorare
per rendere attuale quel pezzo dell'art. 11 della Costituzione in cui si
parla di rinuncia reciproca di sovranita' fra stati, che e' uno dei principi
su cui si puo' fare l'Europa. In secondo luogo, se veniamo ai conflitti
politici piu' tormentosi, che possono sfociare in situazioni tremende - ho
citato il Libano e la Liberia, ma si possono ricordare il Ruanda, il Sudan
etc. - bisogna attrezzarsi diversamente da quanto fatto sinora. Tutti questi
confitti vanno nominati subito, e bisogna agire in modo preventivo. Poi,
bisogna dire un cosa che e' fondamentale nella fondazione di una cultura di
pace: il pacifista o la pacifista pu' agire solo fino a quando la guerra non
c'e', perche' quando la guerra e' scoppiata puo' solo dichiarare la sua
sconfitta. Tutte le volte che scoppiano le guerre c'e' qualche bello spirito
che dice: cosa fanno i pacifisti?
I pacifisti avevano gia' fatto prima: hanno detto che la guerra non si
doveva cominciare. La gestione nonviolenta del conflitto politico e' che non
bisogna passare alla guerra. Sto per dire: a nessun costo. A questo
proposito, sono in disaccordo con quei pacifisti che hanno legittimato
l'intervento in Bosnia, per esempio, nonostante che sappia che era quasi
impossibile resistere alla violenza dei massacri che si vedevano. Ma credo
che nemmeno in questo caso si possa intervenire. Le guerre si possono solo
prevenire. Quindi bisogna nominare i conflitti appena si manifestano,
analizzarli, trovare quali sono gli strumenti per raffreddarli. Questi
strumenti possono essere vari: mediazioni, arbitrati, separazione di
interessi. Tutta la diplomazia puo' lavorare in questo campo, e pero' e'
necessario che sia una diplomazia addestrata a segnalare i conflitti prima
che diventino acuti.
Una volta avevo pensato ad una modifica del piano di studi della Farnesina:
va bene che la nostra rappresentanza diplomatica sia in grado di organizzare
splendidi ricevimenti, o anche di segnalarci se qualche italiano e' rimasto
coinvolto in un disastro aereo, ma ci sappiano anche dire se la' dove sono
sta per scoppiare qualche cosa. E' possibile che sui nostri giornali non ci
fosse niente che lasciasse presumere quello che stava per succedere in
Liberia? E' gia' successo altre volte: non abbiamo mai informazioni
adeguate. C'e' un'abitudine passiva della diplomazia italiana che segnala i
conflitti solo quando sono scoppiati. E' necessario che siano segnalati
prima, e che ne siano individuate le cause, cosi' potremo sapere per tempo
per quale ragione mai, quando succede una cosa in Liberia, si scopre che la'
c'erano tre o quattro funzionari di Mediobanca. Per me e' misteriosissima la
ragione per la quale Mediobanca deve stare in Liberia, pero' vorrei sapere
perche'. Cos'era la da commerciare? Che tipo di crediti apriva? Per le armi
al potere detto legittimo? Spero che non fossero li' per contrattare armi ai
cosiddetti "insorti". E' possibile tutto. Quando non si hanno informazioni
si e' legittimati ad avere i peggiori sospetti. Dunque il conflitto deve
essere nominato per tempo, prima che si manifesti. Preferisco un
ambasciatore che mi dica: "qui fra cinque anni puo' scoppiare qualcosa", che
non uno che mi avvisi la mattina in cui e' scoppiato.
Dinanzi a tale preavviso si ha il dovere di mettere in atto come comunita'
internazionale tutti i meccanismi di arbitrato ed anche di blocco, che e'
uno degli strumenti di cui la comunita' internazionale puo' servirsi per la
carta delle Nazioni Unite. Ma quale blocco? Tutti i blocchi che sono stati
sinora realizzati e che sono ancora in corso, contro gli iraniani, contro o
libici, contro i serbi - e non a caso nomino i popoli invece che gli stati -
sono blocchi contro i popoli, perche' sono blocchi anche dei generi
alimentari e dei prodotti medici. Si tratta di blocchi politici contro i
popoli con l'idea che cosi' fanno saltare i loro governi. Questo si chiama
intervento, considerazione della sovranita' limitata di altri popoli senza
reciprocita'. Mentre l'unico blocco che si deve fare e' quello delle
forniture militari: questo e' l'unico vero strumento di gestione nonviolenta
del conflitto politico. Poi si dice: tanto poi in Jugoslavia si prendono a
mattonate. Meglio! Cosi' il cecchino a mattonate non puo' ammazzare nessuno.
Non e' che il non invio delle armi cancelli la violenza, ma comunque ne
riduce moltissimo l'intensita' e gli effetti, e dunque giova a raffreddare
la situazione. Quando il conflitto va evitato, bisogna usare tutti gli
strumenti di arbitrato e blocco per sottrarre strumenti al possibile
degenerare violento del conflitto. Quando il conflitto e' ormai degenerato
bisogna mantenere il blocco piu' assoluto degli armamenti.
L'altra cosa necessaria e' la dichiarazione internazionale di legittimita'
della diserzione. Questo bisogna fare, e cioe' dire: "Scappate da quel
conflitto, rifiutate, disobbedite a questo ordine violento". Come si fa
negli incendi di bosco, quando si taglia tutto intorno, cioe' non si mandano
armi, non si versa benzina sul bosco incendiato, e si sta li' con qualche
coperta, e se viene fuori qualche scoiattolo, gli spegni il fuoco addosso e
si salva. Di fronte a un conflitto bisogna dichiarare la legittimita' della
diserzione. Cosi' quando noi mandavamo indietro dal confine giuliano quelli
che venivano dalla ex-Jugoslavia, facevamo una grande violazione del diritto
umanitario internazionale. Se la Svezia e il Canada non avessero ospitato
alcune decine di migliaia di disertori americani dalla guerra del Vietnam,
questa guerra avrebbe forse avuto un esito diverso. Pero' lo hanno fatto.
Questi stati hanno riconosciuto il diritto degli americani che ricevevano la
cartolina per andare in Vietnam, a fare un atto di diserzione. Analogamente
c'erano degli intellettuali americani che chiedevano ai ragazzi di bruciare
la cartolina di precetto, e moltissimi professori americani si rifiutarono
di fare da selettori per l'esercito: in Vietnam, naturalmente, prima sono
stati mandati i disoccupati, i neri e poi alla fine, poiche' avevano bisogno
di tanti altri, hanno richiesto gli studenti che prendevano brutti voti
all'universita'. E' un criterio di utilita' relativa: se uno e' bravo non lo
mandiamo in Vietnam, se uno e' uno studente un po' sul bocciato, allora lo
mandiamo. I professori universitari dettero da quel momento in poi trenta a
tutti: non potete chiedere a me di mandare uno a farsi ammazzare perche' non
sa la fisica. Non sara' mica una condanna a morte, non sapere la fisica.
Anche in questo caso c'e' stata un'azione di disobbedienza civile molto
importante sostenuta anche internazionalmente da Canada e Svezia, che non si
limitarono a proclamare "e' legittimo disertare", ma poi accolsero i
disertori. Qui c'e' una difficolta', perche' generalmente siamo molto
prodighi di grandi affermazioni di diritto internazionale, ma quando poi
arrivano ai nostri confini, diciamo: tornate indietro perche' siete sotto
leva. Non solo, ma poi bisogna che gli stati che dicono "disertate" nello
stesso tempo proclamino "e avete il diritto di tornare a casa vostra quando
la guerra e' finita se lo desiderate". Anche questo diritto deve essere
internazionalmente tutelato.
Come vedete ho indicato solo alcune delle possibili piste di ricerca e di
azione per rendere popolare, far diventare il ripudio della guerra una
specie di reazione obbligata, una specie di riflesso condizionato. Bisogna
uscire dall'enfasi retorica: "che grande e' la nostra Costituzione, ripudia
persino la guerra". Poi pero' la facciamo.
Bisogna imparare a gestire i conflitti, e la gestione del conflitto e' una
cosa che richiede grande determinazione, alto livello di coscienza, senso di
responsabilita', capacita' di disobbedienza, non disobbedienza testimoniale
o martirologica individuale, ma disobbedienza collettiva e politica che
produca un mutamento degli ordinamenti. A questo attribuisco una grande
speranza per il futuro.
Se dovessi guardare invece alla passivita' con cui le guerre vengono
accettate, sarei molto triste. Credo che la cosa ultima che dobbiamo fare e'
d'ora in avanti, se siamo convinti di questo, non lasciar piu' passare senza
l'espressione del nostro dissenso nulla che sia contraddittorio con questa
ipotesi di gestione nonviolenta dei conflitti. Ad esempio, se la TV pubblica
fa propaganda, come pubblicita', per delle pubblicazioni che magnificano le
grandi battaglie navali della seconda guerra mondiale o le armi piu'
sofisticate, bisogna protestare: "noi non siamo d'accordo, questa cosa e' in
contrasto con l'art. 11 della Costituzione, se continuate cosi' facciamo una
campagna di non pagamento del canone, facciamo calare l'audience".
La gestione nonviolenta dei conflitti richiede un alto livello di coscienza
politica, una assoluta abitudine di controllo, e un esercizio quasi
quotidiano della cittadinanza. Questa cosa si chiama partecipazione.
3. INIZIATIVE. ANGELO CAVAGNA: IN DIGIUNO CONTRO GUERRE E SPESE MILITARI
[Padre Angelo Cavagna, tenace testimone di pace, e' presidente del movimento
di solidarieta' Gavci. Per contatti: gavci@iperbole.bologna.it]
Finanziaria ultrablindata. Maggioranza sorda ad ogni emendamento
migliorativo su solidarieta' e pace, anche a quelli votati all'unanimita'
nelle rispettive commissioni parlamentari.
Occorre riconoscere che anche l'opposizione, sostanzialmente allineata con
il governo per l'intervento in guerra, non ha svolto alcuna azione
correttiva significativa. Del resto, una vera politica di pace non e' mai
esistita nei partiti e nei governi del dopoguerra: i La Pira e i Dossetti
furono voci isolate, oggi addirittura quasi dimenticate e rimosse.
Onore invece al drappello dei parlamentari di ogni partito, da Rifondazione
Comunista (al completo) fino ad alcuni appartenenti persino alla maggioranza
di governo, che si sono astenuti o hanno votato contro l'entrata dell'Italia
in guerra. Almeno questi hanno reso omaggio all'art. 11 della nostra
Costituzione repubblicana.
Le ragioni di opposizione al sistema economico-finanziario guerrafondaio
oggi imperante non sono venute meno; anzi, sono cresciute. L'11 settembre
non ha cambiato in nulla, bensi' ha esasperato ulteriormente tale sistema:
aumento delle spese militari; vittime civili e profughi a milioni; sempre
piu' scoperti, nella cosiddetta guerra contro il terrorismo, i piani di
conquista delle maggiori riserve di energie petrolifere e idriche per il
predominio geopolitico sul mondo futuro; sempre piu' a rischio anche il
confine tra guerra tradizionale e possibile uso di armi chimiche,
batteriologiche e nucleari, gia' ventilate nel caso di un conflitto
India-Pakistan e per esplicita dichiarazione di Bush: "Se abbiamo queste
armi, e' segno che intendiamo usarle".
I politici, avvilitisi da se stessi a marionette del potere
economico-finanziario, mantengono l'Onu in uno stato di impotenza
strutturale: "poco piu' che embrionale" (Kofi Annan). Cosi' la
globalizzazione, per se' evento positivo, continua ad essere selvaggia,
mentre ci vorrebbe poco a capire che, se il mondo e' diventato un "villaggio
planetario", occorre dotarlo di un sindaco (vero governo sopranazionale) e
di un Consiglio Comunale (vero parlamento mondiale); altrimenti e' un paese
di matti, come si sta verificando sempre piu' ai giorni nostri.
Urge una riforma radicale dell'Onu in tal senso.
Per questi e altri motivi connessi, noi intendiamo continuare la catena dei
digiuni a staffetta e dei digiuni periodici per tutta la durata della
guerra.
Ringrazio, anzitutto, i bolognesi Cinzia Monari, Simona Urso e Renzo
Venturoli,, coinvolgenti in vario modo Attac, Rifondazione, Bologna Social
Forum, che mi hanno dato la staffetta (dopo 15 giorni) del digiuno
prolungato, coprendo effettivamente tutto il periodo della finanziaria. Se
cio' non ha contato per la finanziaria 2002, incidera' certamente sulla
evoluzione culturale, morale e politica di pace del Paese.
Novita' di questa campagna contro la guerra sono i digiuni periodici
settimanali, cosicche': tutti i lunedi digiunano Antonio Somma e Gianluca
Bartolini; tutti i martedi Martina Cecini, Marie Cecilie Benoit, Maurizio
Galderisi, Angela Scodes, Cesare Iacono Isidoro, Marianna Murianni e suor
Marcellina di Napoli; tutti i mercoledi Laura Pescatore e Gilda Luciano;
tutti i giovedi Luciano Grandi ed Emilia Manzo; tutti i venerdi Vittorio
Pallotti, Sabrina Magnani, Lucia Precchia, madre Maria Di Meo, Assunta
Apuzzo, Maurizio Sgarzi, Mauro Innocenti e Stefano Rappezzi; tutti i sabati
padre Angelo Cavagna; piu' diversi altri che fanno lo sciopero della fame o
digiunano (come ognuno preferisce) un giorno o due al mese.
Tre notazioni: i digiunatori periodici continueranno fino a guerra finita,
coprendo tutti i giorni, salvo i festivi; le donne sono piu' numerose degli
uomini; vi partecipa anche un obiettore del Comune di Bologna, Gianluca
Bartolini, assegnato al Centro Servizi "Villa Tamba" per il volontariato di
Protezione Civile.
A questi va aggiunta la lunga lista di digiunatori a staffetta (circa 750),
parecchi anche nello stesso giorno, partita il 31 ottobre 2001 e gia'
garantita fino al 12 aprile 2002.
E' importante che la lista dei digiunatori si infoltisca e si allunghi
ancora, sia a staffetta semplice di un giorno (quello che si vuole), sia con
periodicita' fissa (un giorno settimanale a scelta), fino a che durera' la
guerra, con iscrizioni presso "Beati i Costruttori di Pace" di Padova, o
presso Pax Christi o il Gavci stesso.
Diamo una svolta vera alla storia e, quindi, alla cultura, alla morale e
alla politica: basta con le guerre.
Umanizziamo la difesa, in ascolto della saggezza popolare ben espressa nel
detto ricorrente in varie regioni della penisola: "batter le noci, spazzar
la neve e ammazzar la gente sono tutti lavori fatti per niente". Il che
corrisponde perfettamente all'esperienza sofferta dei soldati stessi che,
nella seconda guerra mondiale, sostituivano all'ultima strofa del canto "Dio
del cielo, se fossi una rondinella..." la seguente: "prendi il fucile e
gettalo giu' per terra, vogliam la pace e mai piu' la guerra".
Esiste l'alternativa della difesa popolare nonviolenta, che non e'
passivita', come dimostrano le lotte di tutti i grandi nonviolenti; e che
non e' nemmeno utopia, come dimostrano le pagine storiche magnifiche gia'
scritte, oramai oggetto di studio nelle universita'.
Basta con guerre come questa, che sta dando fondo ai cumuli di armi giacenti
negli arsenali e che si aggiunge ai lutti e rovine delle decine e decine di
guerre gia' in atto su tutta la faccia della terra, guerre atrocissime come
quella della Repubblica Democratica del Congo (due milioni e mezzo di morti
dal 1998 a oggi) e lunghissime come quella del Sudan, che dura da una
cinquantina d'anni.
Almeno i cristiani trovino la coerenza evangelica e il coraggio di superare
decisamente e definitivamente la cosiddetta "dottrina della guerra giusta",
in omaggio al natale di Cristo principe della pace.
4. INIZIATIVE. VALDA BUSANI: I PACIFISTI DI ACTION FOR PEACE INCONTRANO
ARAFAT
[Valda Busani, delle donne in nero, partecipa all'azione nonviolenta "Action
for peace" in Palestina. Rngraziamo Letizia Valli (letizia.valli@libero.it)
delle donne in nero di Reggio Emilia per averci trasmesso questa
testimonianza]
Ieri sera a Ramallah abbiamo incontrato Arafat.
Tutta la delegazione internazionale di "Action for peace", circa 400 fra
europei (italiani, francesi, inglesi, olandesi, belgi, spagnoli),
statunitensi e canadesi, e' stata ricevuta da Arafat nella sua residenza di
Ramallah, in cui e' confinato dal governo israeliano da diverse settimane,
con i carri armati israeliani a qualche centinaio di metri.
Ci ha colpito entrare in quello che la stampa definisce "il bunker di
Arafat" e trovare invece un edificio chiuso da un normale muro di cinta, con
un normale cancello sorvegliato da due giovani soldati palestinesi. Nessun
blindato, nessuna postazione militare. Poco distante l'antenna della
radio-tv palestinese, abbattuta qualche settimana fa dagli israeliani.
Ci sembra una realta' indifesa e insieme forte, della forza che deriva dalla
consapevolezza di essere a casa propria e di avere diritto alla propria
sicurezza.
E' stato un incontro emozionante. Oltre ad Arafat erano presenti diversi
esponenti dell'ANP (Autorita' Nazionale Palestinese), Moustapha Barghouti,
responsabile del Centro palestinese per i diritti umani, e Marwan Barghouti,
leader della seconda Intifada.
Luisa Morgantini, a nome della delegazione italiana (la piu' numerosa con
quasi 200 persone), e i rappresentanti belga e francese, hanno testimoniato
la solidarieta' al popolo palestinese, il suo diritto a lottare contro
l'occupazione israeliana e la necessita' che tutta la comunita'
internazionale intervenga per far riprendere il processo di pace e imporre a
d Israele il rispetto del diritto internazionale violato.
Arafat ci ha parlato a lungo, in modo diretto, spontaneo, con grande calore.
Ha parlato degli ultimi difficilissimi mesi, della durezza dell'occupazione
israeliana che si e' fatta feroce con il governo Sharon. Ci ha parlato delle
violenze quotidiane, dei bambini e ragazzi uccisi ai check point perche'
lanciano pietre contro i carri armati, delle quotidiane vessazioni che
impediscono ai palestinesi di lavorare, di studiare, di andare in ospedale,
di muoversi liberamente sul loro territorio.
Ha parlato dello sforzo dell'ANP contro il terrorismo, rifiutato dalla
stragrande maggioranza della popolazione palestinese. Ha ricordato piu'
volte Rabin, "il mio amico Rabin" come lo ha definito, e del processo di
pace interrotto dopo il suo assassinio da parte di un estremista israeliano.
Ha ricordato la solidarieta' che gli e' arrivata persino dal presidente
dello Stato israeliano, quando Sharon gli ha impedito di partecipare alla
messa di Natale a Betlemme, e ci ha detto di avere invitato il presidente
israeliano ad incontrare il consiglio nazionale palestinese per riaprire il
dialogo di pace. Ci ha chiamato ad essere testimoni del fatto che conferma e
rinnova questa proposta di ripresa del dialogo.
Ha insistito piu' volte, con calore, e con la voce emozionata, sulla
necessita' di costruire un futuro di pace e di convivenza "per i bambini
palestinesi e per i bambini israeliani", in questa terra, la Terra Santa,
che, ha detto, "e' patrimonio di tutta l'umanita' e non solo dei palestinesi
o degli israeliani".
Ha sottolineato la drammaticita' della situazione attuale, dell'isolamento
in cui il governo Sharon costringe i palestinesi e la loro ANP, del
tentativo di screditare la loro lotta come "terrorismo", e della necessita'
vitale che la comunita' internazionale intervenga.
"Abbiamo bisogno di voi, abbiamo bisogno di voi" ha ripetuto piu' volte,
quasi come una invocazione di aiuto. E tutte le 400 persone, uomini e donne
presenti, abbiamo promesso, a noi stessi prima ancora che a lui e i
palestinesi, che questo aiuto vogliamo portarlo, costringendo i nostri
governi ad inviare una forza di protezione e interposizione.
Al termine dell'incontro andiamo in piazza a Ramallah a festeggiare con i
palestinesi l'anno nuovo e l'anniversario della nascita di Al Fatah (oggi
primo gennaio).
E' una folla di uomini, donne, ragazze e ragazzi, bambine e bambini. Qualche
fuoco d'artificio e tante candele in mano. Ci si abbraccia e ci si augura
buon anno in arabo, italiano, inglese, francese. Un anno di pace.
5. INIZIATIVE. NADIA CERVONI: I PACIFISTI DI ACTION FOR PEACE AGGREDITI DAI
MILITARI
[Nadia Cervoni (per contatti: giraffan@tiscalinet.it) e' impegnata
nell'esperienza delle donne in nero, riportiamo uno stralcio da una sua
lettera circolare di oggi]
Ho parlato al telefono con Luisa Morgantini, mi ha confermato la dura ed
ennesima aggressione subita il 2 gennaio a Ramallah da parte dei militari
isreliani. l'hanno praticamente fatta volare prima sul cofano di una
macchina e poi a terra. M. Gandhouni (credo si tratti di Moustapha,
direttore del centro palestinese dei diritti umani) era stato prima
arrestato dalla polizia, poi rilasciato e ancora, quando gia' era in
territorio palestinese, di nuovo preso dai soldati. Luisa era con la
delegazione internazionale (gli altri italiani erano a Gaza), ha tentato di
interporsi ed e' stata aggredita.
La voce al telefono era un po' acciaccata, ha preso una botta alla schiena,
pero' dice che si e' rialzata in modo molto elegante, anche grazie al suo
recente dimagrimento! Si sente pero' molto frastornata per le tante bombe
sonore che le sono arrivate intorno in questi giorni. Purtroppo mi ha anche
confermato l'altra aggressione, un'altra donna italiana, che mi spiace non
conosco, praticamente calpestata dai militari davanti all'Orient House a
Gerusalemme, frattura del malleolo.
La delegazione rientrera' il 3 gennaio intorno alle 19,30, ma non sono certa
dell'orario mentre Luisa arriva sempre allo stesso orario il 4 gennaio.
6. INDICE DEI NUMERI 305-328 (DICEMBRE 2001) DE "LA NONVIOLENZA E' IN
CAMMINO"
* Numero 305 del primo dicembre 2001: 1. Peppe Sini, il Ministro degli
Affari Esteri ha detto; 2. Daniela Padoan, un incontro con le madri di Plaza
de Mayo; 3. Giulietto Chiesa, una crisi interna alla globalizzazione; 4. Una
lettera di Gerard Lutte dal Guatemala; 5. Oggi a Oristano per il commercio
equo e solidale; 6. Mario Di Marco, la banca etica a Viterbo; 7. Mao
Valpiana, per George Harrison; 8. Alcune iniziative di pace di oggi e
domani; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per saperne di piu'.
* Numero 306 del 2 dicembre 2001: 1. Pasquale Pugliese, e se; 2. Peppe Sini:
fermare la guerra, e tutto il resto viene dopo; 3. Silvana Silvestri, "Kabul
Kabul" di Sedika Mojadidi; 4. Francesco Comina, gioire per la carneficina;
5. Verso una legge per la formazione delle forze dell'ordine alla
nonviolenza; 6. Alcune iniziative di pace di oggi; 7. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'.
* Numero 307 del 3 dicembre 2001: 1. Peppe Sini, l'unico modo per fermare le
stragi; 2. Alessandro Marescotti, l'Annuario della pace; 3. Benito
D'Ippolito, cerco di non pensarci; 4. Giovanna Romualdi, la testimonianza e
la riflessione di Cherifa Bouatta; 5. "Palermo chiama": un appello contro la
mafia; 6. Il periscopio di Fulminone: arrestate Giorgio il giovine; 7. "Il
paese delle donne" di questa settimana; 8. Indice dei numeri 275-304
(novembre 2001) de "La nonviolenza e' in cammino"; 9. Alcune iniziative di
pace di oggi; 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per saperne di
piu'.
* Numero 308 del 4 dicembre 2001: 1. Enrico Peyretti, il peso del sangue; 2.
Luisa Morgantini, un incontro della societa' civile afghana; 3. Giulio
Vittorangeli, il terrorismo dei disperati; 4. Amelia Alberti, la guerra
infinita; 5. Giovanni Benzoni, Venezia per la ricerca sulla pace; 6.
Giordano Segneri (a cura di), sintesi degli interventi del seminario su "Il
ruolo delle organizzazioni non governative (ong) nella prevenzione e
gestione delle crisi internazionali" (parte prima); 7. Marco Siino, alcuni
riferimenti dopo il convegno palermitano su Danilo Dolci; 8. Numerosi
parlamentari a favore della proposta di legge per la formazione delle forze
dell'ordine alla nonviolenza; 9. Letture: I quaderni speciali di "Limes", Le
spade dell'islam; 10. Letture: Giacomo Scotti, Storie di profughi e
massacri; 11. Letture: Isabelle Stengers, Scienze e poteri; 12. Riletture:
Norberto Bobbio, Profilo ideologico del '900; 13. Riletture: Italo Mancini,
Novecento teologico; 14. Riletture: Gianni Rodari, Grammatica della
fantasia; 15. Alcune iniziative di pace di oggi e domani; 16. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 17. Per saperne di piu'.
* Numero 309 del 5 dicembre 2001: 1. Peppe Sini, la pietra torni carne; 2.
Nadia Cervoni, oggi a Roma con Jihan Anastas e Debbie Lermann; 3. La cultura
della pace si presenta; 4. Simone de Beauvoir, a mani vuote e da solo; 5.
Ruth Benedict, delle piu' errate e ingannevoli; 6. Margaret Mead, il bambino
mundugumor; 7. Letture: Zygmunt Bauman, Voglia di comunita'; 8. Letture:
Giovanni Mantellassi, Panama, un canale diventato paese; 9. Letture: Fawzi
Mellah, Clandestino nel Mediterraneo; 10. Alcune iniziative di pace di oggi;
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 12. Per saperne di piu'.
* Numero 310 del 6 dicembre 2001: 1. Giovanni Scotto, le alternative alla
guerra esistono; 2. Giuliana Sgrena, vita minata in Afghanistan; 3. Farshid
Nourai: solidali con tutte le vittime, contro tutti i terrorismi; 4.
Conferenza mondiale delle religioni per la pace: invito al digiuno e alla
preghiera venerdi 14 dicembre; 5. Peppe Sini, tre banali osservazioni; 6.
Giordano Segneri (a cura di): sintesi degli interventi del seminario su "Il
ruolo delle organizzazioni non governative (ong) nella prevenzione e
gestione delle crisi internazionali" (parte seconda); 7. Oggi in Senato la
presentazione pubblica della proposta di legge per la formazione delle forze
dell'ordine alla nonviolenza; 8. Alcune iniziative di pace di oggi e domani;
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per saperne di piu'.
* Numero 311 del 7 dicembre 2001: 1. Peppe Sini, un passo avanti; 2. Giobbe
Santabarbara, e due indietro; 3. Alessandro Zanotelli, Pietro Ingrao ed
altri: dalla guerra non nasce giustizia; 4. Luigi Ciotti: solidarieta'
all'Associazione Nazionale Magistrati e mobilitazione delle coscienze; 5.
Nadia Cervoni, un incontro con Jihan Anastas e Debbie Lermann; 6. Alessandro
Marescotti e Loredana Fiore: ci ha lasciato Angelica Sansone; 7. Resoconto
della conferenza stampa di presentazione della proposta di legge per la
formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza; 8. Assemblea nazionale
del MIR a Roma il 7-9 dicembre; 9. Un appello dell'associazione "Aiutiamoli
a vivere" per la solidarieta' con i bambini iracheni; 10. Alcune iniziative
di pace da oggi a domenica; 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 12.
Per saperne di piu'.
* Numero 312 dell'8 dicembre 2001: 1. Peppe Sini, una richiesta di aiuto e
consiglio ai miei amici israeliani; 2. Ali Rashid, il terrorismo va
combattuto in tutte le sue forme; 3. Fulvio Vassallo Paleologo, emergenza
profughi al Centro Santa Chiara a Palermo; 4. Oggi e domani a Venezia
l'editoria di pace; 5. Giordano Segneri (a cura di): sintesi degli
interventi del seminario su "Il ruolo delle organizzazioni non governative
(ong) nella prevenzione e gestione delle crisi internazionali" (parte
terza); 6. Un epitaffio apocrifo attribuito a Misone; 7. I quesiti di
Sarchiapone: il golpe della P2, oggi; 8. Bianca Guidetti Serra,
l'affermazione e la dimostrazione; 9. Mary Wollstonecraft: per esempio; 10.
Adriana Zarri, al di fuori; 11. Letture: Giulietto Chiesa, Vauro,
Afghanistan anno zero; 12. Letture: John K. Cooley, Una guerra empia; 13.
Letture: Ahmed Rashid, Talebani; 14. Riletture: Guenther Anders, L'uomo e'
antiquato (I e II volume); 15. Enrique Dussel, L'occultamento dell'"altro";
16. Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa; 17. Alcune
iniziative di pace di oggi e di domani; 18. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 19. Per saperne di piu'.
* Numero 313 del 14 dicembre 2001: 1. Farid Adly, per Safya; 2. Peppe Sini,
L'esercizio del silenzio e la botola della complicita'; 3. Alessandro
Marescotti, un digiuno per la pace; 4. Hildegard Goss-Mayr, perche' si
digiuna; 5. Amelia Alberti, tra petrolio e oppio; 6. Bruno Giaccone, una
preghiera; 7. Giulio Vittorangeli, gente di legno; 8. Antonio Rivolta,
alcuni improvvisati ottonari; 9. Giancarla Codrignani, una legge per la
formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine; 10. Antonio Mazzei,
polizia nonviolenta; 11. Giobbe Santabarbara: una legge per la legalita',
per la sicurezza pubblica, per la difesa dei diritti di tutti; 12. Elena
Gianini Belotti, nessuno mai; 13. Anna Kuliscioff, il carattere; 14. Sheila
Rowbotham, le conclusioni; 15. Letture: Noam Chomsky, 11 settembre; 16.
Letture: Luigi Pintor, Politicamente scorretto; 17. Letture: Antonietta
Potente, Un tessuto di mille colori; 18. Riletture: AA. VV., La vita come
noi l'abbiamo conosciuta; 19. Riletture: Shulamith Firestone, La dialettica
dei sessi; 20. Riletture: Bianca Guidetti Serra, Storie di giustizia,
ingiustizia e galera; 21. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 22. Per
saperne di piu'.
* Numero 314 del 15 dicembre 2001: 1. Il Parlamento europeo solidale con
Aung San Suu Kyi e Leyla Zana; 2. Umberto Santino, modello mafioso e
globalizzazione (parte prima); 3. Ynestra King, per la vita; 4. Peppe Sini,
la scelta di Gobetti; 5. Datteri iracheni per rompere l'embargo che uccide
4.500 bambini al mese; 6. Le chincaglierie del dottor Bucefalo; 7. Letture:
AA. VV., Don Primo Mazzolari; 8. Letture: Eduardo Galeano, A testa in giu';
9. Letture: Paolo Rumiz, Maschere per un massacro; 10. Riletture: Ernesto
Balducci, Giorgio La Pira; 11. Riletture: Krzysztof Kieslowski, Krzysztof
Piesiewicz, Decalogo; 12. Riletture: Adriana Zarri, Il figlio perduto; 13.
Da tradurre: Bartolome' de Las Casas, Obra indigenista; 14. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 15. Per saperne di piu'.
* Numero 315 del 16 dicembre 2001: 1. Marianella Sclavi, dal 27 dicembre al
3 gennaio a Gerusalemme a fare interposizione nonviolenta; 2. Umberto
Santino, modello mafioso e globalizzazione (parte seconda); 3. Anna
Picciolini, la terza assemblea della Convenzione permanente di donne contro
la guerra; 4. Il documento finale della terza assemblea della Convenzione
permanente di donne contro la guerra; 5. Marina Forti, la scuola delle
bambine a Kandahar; 6. Amelia Alberti, quell'immagine mostruosa; 7. Yukari
Saito, una lettera a Babbo Natale; 8. Norma Bertullacelli, cosa succede
nella scuola elementare; 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 10. Per
saperne di piu'.
* Numero 316 del 17 dicembre 2001: 1. Giobbe Santabarbara, il genocidio in
corso; 2. Umberto Santino, modello mafioso e globalizzazione (parte terza e
conclusiva); 3. Convenzione permanente di donne contro la guerra, campagna
per un'Europa di pace; 4. Severino Vardacampi, alcune note per un incontro
sull'immigrazione e il razzismo in Italia; 5. Laura Boella, l'amicizia; 6.
Agnes Heller, perche' non dobbiamo tentare? 7. Dorothee Soelle, nessuno; 8.
Domenico Manaresi, nell'anniversario della scomparsa di Giuseppe Dossetti;
9. Luigi Bettazzi, ricordo di Giuseppe Dossetti; 10. La Fondazione
internazionale Lelio Basso per il diritto e la liberazione dei popoli; 11.
Peppe Sini, piccoli sillogismi senza importanza; 12. Salvare la vita di
Safya; 13. Liberta' per Leyla Zana; 14. Riletture: Enza Biagini,
Introduzione a Beccaria; 15. Riletture: Juliet Mitchell, Psicoanalisi e
femminismo; 16. Riletture: Giovanna Pezzuoli, Prigioniera in Utopia; 17. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 18. Per saperne di piu'.
* Numero 317 del 18 dicembre 2001: 1. Luisa Morgantini, si parte il 27
dicembre; 2. Giuseppe Fava, i quattro cavalieri dell'apocalisse mafiosa; 3.
Convenzione permanente di donne contro le guerre: una proposta per l'otto
per mille; 4. Letture: Martin Luther King, "I have a dream"; 5. Letture:
Antonietta Potente, Gli amici e le amiche di Dio; 6. Riletture: Luigi
Ferrajoli, Diritto e ragione; 7. Riletture: Italo Mancini, Filosofia della
prassi; 8. Da tradurre: Didier Eribon, Michel Foucault; 9. Da tradurre:
Roger Grenier, Albert Camus, soleil et ombre; 10. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 11. Per saperne di piu'.
* Numero 318 del 20 dicembre 2001: 1. Hannah Arendt, non sono nati per
morire; 2. Hannah Arendt, il miracolo; 3. Hannah Arendt, la nascita; 4.
Giulio Vittorangeli, il nostro Natale; 5. Enrique Dussel: modernita',
globalizzazione ed esclusione (parte prima); 6. Dall'universita' per la
difesa dello stato di diritto; 7. Severino Vardacampi, una sottovalutazione;
8. Giobbe Santabarbara, alcuni equivoci; 9. Letture: Ernesto Ferrero (a cura
di), Primo Levi: un'antologia della critica; 10. Letture: Sara Ongaro, Le
donne e la globalizzazione; 11. Letture: Tzvetan Todorov, Memoria del male,
tentazione del bene; 12. Riletture: AA. VV., La cultura del 900; 13.
Riletture: Ernst Fraenkel, Il doppio Stato; 14. Riletture: Claudio Pavone,
Una guerra civile; 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 16. Per saperne
di piu'.
* Numero 319 del 21 dicembre 2001: 1. La morte di un poeta; 2. Enrique
Dussel: modernita', globalizzazione ed esclusione (parte seconda); 3. Aldo
Capitini, la porta da aprire; 4. MIR di Padova: un piano d'azione per il
decennio della nonviolenza e un modello di delibera da proporre ai consigli
comunali; 5. John Pilger, prede di guerra; 6. Anna Achmatova, anche questo
diverra' per la gente; 7. Peppe Sini, alla fermata dell'autobus; 8. Siti:
"Femmis"; 9. Letture: Stefano Allievi, La tentazione della guerra; 10.
Letture: Michele Gambino, Massimo Loche, Ali Rashid, Alberto Ventura,
Orgogli e pregiudizi; 11. Letture: Gore Vidal, La fine della liberta'; 12.
Riletture: Theodor Ebert, La difesa popolare nonviolenta; 13. Riletture:
Neera Fallaci, Vita del prete Lorenzo Milani; 14. Riletture: Primo
Mazzolari, Tu non uccidere; 15. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 16.
Per saperne di piu'.
* Numero 320 del 23 dicembre 2001: 1. Giobbe Santabarbara, sulla dialettica;
2. Susan Sontag, sul linguaggio totalitario; 3. Davide Melodia, un
epigramma; 4. Luca Kocci: riviste, case editrici e siti di pace, a Venezia;
5. Enrique Dussel: modernita', globalizzazione ed esclusione (parte terza e
conclusiva: schema e note); 6. Letture: Paola Carlucci, Associazioni di
donne a Firenze negli anni '80 e '90; 7. Letture: Gary Minda, Teorie
postmoderne del diritto; 8. Letture: Ernesto Oliva, Salvo Palazzolo, L'altra
mafia; 9. Letture: Vittorio Parola, Filippo Russo, La globalizzazione e la
crisi dell'impero americano; 10. Letture: Maria Teresa Siniscalco, Il
telegiornale a scuola; 11. Riletture: Ernesto Balducci, Il cerchio che si
chiude; 12. Riletture: Federico Caffe', La solitudine del riformista; 13.
Riletture: Danilo Dolci, Esperienze e riflessioni; 14. Riletture: Lanza del
Vasto, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio; 15. Riletture: Leopold Sedar
Senghor, Oeuvre poetique; 16. Peppe Sini, giornalismo; 17. La "Carta" del
Movimento Nonviolento; 18. Per saperne di piu'.
* Numero 321 del 24 dicembre 2001: 1. Buone feste; 2. Amelia Alberti, un
compendio di crudelta'; 3. Nanni Salio: sulle orme di Lanza del Vasto,
esperienze di vita comunitaria nonviolenta; 4. Coordinamento comasco per la
pace: apriamo luoghi di pace; 5. Ettore Masina, una lettera agli amici; 6.
Alessandro Marescotti: pubblicato l'Annuario della pace, organizziamo
iniziative di presentazione; 7. I volontari dell'Aifo: alcuni dei mille
motivi per dire no alla guerra; 8. Letture: Cesare Pavese, Le poesie; 9.
Letture: Olivier Todd, Albert Camus, una vita; 10. Riletture: Franco
Basaglia, Scritti; 11. Riletture: Bertolt Brecht, L'abici' della guerra; 12.
Da tradurre: Nicasio Alvarez de Cienfuegos, Poesias; 13. Da tradurre:
Marie-Anne Lescourret, Emmanuel Levinas; 14. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 15. Per saperne di piu'.
* Numero 322 del 25 dicembre 2001: 1. Movimento Internazionale della
Riconciliazione e Movimento Nonviolento, campagna di obiezione per il
disarmo economico e militare; 2. Lidia Menapace, amica fa rima con parola;
3. Norma Bertullacelli, il 26 dicembre a Genova; 4. Alessandro Marescotti,
il sito di "Qualevita" e l'agenda "Giorni nonviolenti"; 5. Riccardo Orioles,
tre notizie; 6. Enzo Mazzi, Natale di guerra; 7. Umberto Santino: mafia,
mafie, crimine transnazionale; 8. Alcune azioni nonviolente per la pace in
Palestina ed Israele (parte prima); 9. La "Carta" del Movimento Nonviolento;
10. Per saperne di piu'.
* Numero 323 del 26 dicembre 2001: 1. Mara Selvini Palazzoli, un metodo; 2.
Tiziano Terzani, il venditore di patate e la gabbia dei vecchi lupi; 3.
Alcune azioni nonviolente per la pace in Palestina ed Israele (parte
seconda); 4. Umberto Santino, finanza e crimine; 5. La "Carta" del Movimento
Nonviolento; 6. Per saperne di piu'.
* Numero 324 del 27 dicembre 2001: 1. Alcune facili e amare considerazioni;
2. bell hooks, un luogo di lotta; 3. Alcune azioni nonviolente per la pace
in Palestina ed Israele (parte terza); 4. Tzvetan Todorov, sulla strada
dell'inferno; 5. Umberto Santino, ecomafie; 6. Alcune riviste utili; 7. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 8. Per saperne di piu'.
* Numero 325 del 28 dicembre 2001: 1. Clara Levi Coen, la vera
caratteristica; 2. Aldo Capitini, dire no alla guerra; 3. Ettore Masina,
nostra sorella Safiya; 4. Dacia Maraini, storia di Safiya; 5. Alcune azioni
nonviolente per la pace in Palestina ed Israele (parte quarta); 6. Umberto
Santino, l'industria della morte: droghe, armi, organi umani; 7. Bruno
Cartosio, Ferruccio Gambino, la scomparsa di Marty Glaberman; 8. Marcello
Cini, quel no di Rasetti; 9. Filippo Gentiloni, David Maria Turoldo a dieci
anni dalla scomparsa; 10. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 11. Per
saperne di piu'.
* Numero 326 del 29 dicembre 2001: 1. Simone de Beauvoir, contro
l'infelicita'; 2. Tre raccomandazioni su formazione alla difesa nonviolenta,
obiezione alle spese militari ed istituzione dei Caschi Bianchi accolte
dalla Camera dei Deputati nel 1998; 3. Jeremy Brecher, la folle corsa alla
guerra globale; 4. Stefano Levi Della Torre ed altri: un appello per la
ripresa del negoziato per la pace fra israeliani e palestinesi; 5. Una breve
storia delle donne in nero; 6. Umberto Santino, Stati-mafia; 7. Un appello
di alcuni insegnanti italiani per un dialogo di pace con le scuole dei
vicini paesi arabi e islamici; 8. Letture: Tahar Ben Jelloun, L'Islam
spiegato ai nostri figli; 9. Riletture: Carmela Baffioni, Storia della
filosofia islamica; 10. Riletture: Giulio Basetti Sani, L'Islam nel piano
della salvezza; 11. Riletture: Olivier Carre', L'Islam laico; 12. Riletture:
Henry Corbin, Storia della filosofia islamica; 13. Riletture: Augusto
Illuminati (a cura di), Averroe' e l'intelletto pubblico; 14. Riletture:
Khalida Messaoudi, Una donna in piedi; 15. Riletture: Rashid Mimouni, Dentro
l'integralismo; 16. Riletture: Taslima Nasreen, Vergogna; 17. Riletture:
Biancamaria Scarcia Amoretti, Tolleranza e guerra santa nell'Islam; 18.
Riletture: Giuliana Sgrena (a cura di), La schiavitu' del velo; 19. La
"Carta" del Movimento Nonviolento; 20. Per saperne di piu'.
* Numero 327 del 30 dicembre 2001: 1. Primo Levi, agli amici; 2. Dario Fo,
Franca Rame ed altri: diritto al futuro. Il 19 gennaio una giornata di
civilta'; 3. Daniela Padoan, Federica Sossi, Luisa Muraro ed altri: solidali
con le Madri di Plaza de Mayo; 4. Valda Busani, interposizione nonviolenta
in Palestina; 5. Letizia Valli: l'azione nonviolenta della societa' civile
internazionale per la pace, i diritti umani e la convivenza in Israele e
Palestina; 6. Dino Frisullo: la notte di capodanno davanti a Palazzo Chigi
per la pace, la solidarieta', la dignita' umana; 7. Pax Christi, marcia per
la pace a Locri; 8. Severino Vardacampi, un quarto di fiele e tenga pure il
resto; 9. Riletture: Angelo Brelich, Introduzione alla storia delle
religioni; 10. Riletture: Ambrogio Donini, Lineamenti di storia delle
religioni; 11. Riletture: Mircea Eliade, La prova del labirinto; 12.
Riletture: Vittorio Lanternari, Movimenti religiosi di liberta' e di
salvezza dei popoli oppressi; 13. Riletture: AA. VV., Le grandi figure
dell'induismo; 14. Riletture: Vittore Pisani, Laxman Prasad Mishra, Le
letterature dell'India; 15. Riletture: Albert Schweitzer, I grandi pensatori
dell'India; 16. Riletture: Giuseppe Tucci, Storia della filosofia indiana;
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 18. Per saperne di piu'.
* Numero 328 del 31 dicembre 2001: 1. Mario Luzi, la notte lava la mente; 2.
Norma Bertullacelli, sul conflitto tra India e Pakistan; 3. Giulio Girardi,
i fondamenti ideologici della guerra mondiale in corso; 4. Valda Busani, da
Gerusalemme per la pace; 5. Gianfranco Bettin, apocalisse e nativita' a
Korogocho; 6. Riletture: Jose' Carlos Mariategui, Sette saggi sulla realta'
peruviana; 7. Riletture: Paul Ricoeur, La critica e la convinzione; 8.
Riletture: Marthe Robert, L'antico e il nuovo; 9. Riletture: Seyyed Hossein
Nasr, Ideali e realta' dell'Islam; 10. Riletture: Gianfranco Ravasi,
Qohelet; 11. Riletture: Gershom Scholem, Le grandi correnti della mistica
ebraica; 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento; 13. Per saperne di piu'.
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.
8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it
LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO
Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it
Numero 331 del 3 gennaio 2002