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salviamo Safiya - aggiornamenti




Nostra sorella Safiya
Non è stato facile avere notizie esatte su una tragedia che 
stava  compiendosi in un villaggio africano: La prima notizia, arrivata 
sulle ali di Internet, diceva semplicemente che una donna di trent’anni  - 
Safiya Husaini Tungar Tudu - era stata condannata a morte in uno stato 
della Nigeria, chiamato Sokoto; La morte le sarebbe stata data per 
lapidazione. L’avrebbero posta in una buca e sepolta sino all’altezza del 
seno, poi i suoi compaesani l’avrebbero uccisa a colpi di pietre:La colpa 
di Safiya era la seguente:avere dato alla luce una creatura senza essere 
sposata: Lo stato del Sokoto è uno dei dodici stati nigeriani che l’anno 
scorso ha adottato la S’haria, cioè una legge che si definisce islamica 
anche se è ben lontana dallo spirito miseircordioso del Corano: La S’haria 
prevede che una madre “illegittima” possa allattare il bambino “della 
colpa” per 144 giorni, prima di essere uccisa, Safiya Tudu si era difesa 
dicendo di essere stata violentata. Come quasi sempre accade in quei casi 
(e non soltanto in Africa!ì i maschi che compoevano il collegio giudicante 
non le hanno creduto. Poteva provare, l’imputata,  la violenza subita? No, 
non chiaramente. E il maschio è andato assolto.
Come è certamente avvenuto a molti altri, quando ho letto quella notizia, 
ho pensato che mi riguardava  per via dei tanti fili che ci rendono 
solidali con tutti gli oppressi e le oppresse che stanno sulla Terra: quei 
fili che, se crediamo di poterli recidere con la smorfia di Caino (“sono 
forse io il custode di mio fratello?”) diventano catene pesanti alle nostre 
caviglie, ci immobilzzano nelle gabbie dell’egoismo e di un asolitudine 
disperata. Oltre a tutto, mi è sembrato intollerabile  quella nuova infamia 
del maschilismo, una inciviltà che anch’io so di portarmi dentro.
Perciò ho scritto a tutti gli amici e le amiche i cui nomi mi sono cari e 
perciò stanno in una mia mailing-list: non potevamo fare insieme qualcosa 
per Safiya? Mi ha risposto una meravigliosa fioritura di impegni, una 
piccola paarte dei quali sta nel “notiziario” che vi invio.
Non sono stato capace di amputare le gemme di questa fioritura neppure 
quando ho saputo che si occupavano del “caso Safiya” alcune associazioni 
per così dire “specializzate”, dalla Comunità di Sant’Egidio, che per prima 
ha sollevato il “caso Safiya” in Italia a “Nessuno tocchi Caino”, da 
Amnesty International alle eccellemti agenzie di stampa dei missionari e 
delle missionarie. Io sono convinto, infatti, che la solidarietà sia 
particolarmente preziosa quando si innerva in  tramiti fra persone, in 
coòuni indignazioni, in comuni dolori, in comuni speranze.
Dal Corriere della sera dell’11 dicembre
Storia di Safiya: sarà lapidata
  perché hanno abusato di lei
di DACIA MARAINI
Safiya Husaini Tungar Tudu, della gente Fulani, nigeriana, è la quinta di 
dodici figli di un contadino che a tempo perso fa anche il guaritore. A 12 
anni la bambina Safiya viene sposata a un ragazzo amico di un villaggio 
vicino, Yusuf Ibrahim. I due sembra che si conoscessero dalla prima 
infanzia e si amassero. Insieme fanno quattro figli, tre bambine e un 
bambino. Ma il matrimonio non dura. La ragazza, come raccontano i giornali 
francesi che sono andati a trovarla, dice che filava di buon accordo con il 
marito, ma le rispettive famiglie litigavano in continuazione. Tanto che, 
dopo sette anni di convivenza, i due sono costretti a separarsi.
Poco dopo si presenta un altro pretendente, a cui la famiglia Husaini 
Tungar consegna la ragazza di 19 anni. Ma il marito, dopo pochi mesi, se ne 
va lasciandola sola, senza soldi, con quattro figli da mantenere. Per due 
anni Safiya torna con i suoi bambini, a vivere in famiglia. Dove, a suo 
dire, le facevano continuamente pesare le tante bocche da sfamare. E così, 
quando arriva un altro possibile marito, i suoi la spingono velocemente ad 
accasarsi. Safiya si marita per la terza volta, ma anche questo matrimonio 
dura poco. Evidentemente non è facile per un uomo, anche se di buona 
volontà e innamorato, mantenere dignitosamente quattro bambini che stanno 
crescendo a vista d’occhio. L’uomo finisce per andare via lasciandola 
ancora una volta sola con i figli da mantenere.
A quell’epoca, come racconta la giovane donna, un amico del padre, un certo 
Yacubu Abubaker, di 60 anni, prende a insidiarla. Lei lo tiene a bada, ma 
una mattina che si trova sola con lui, l’uomo, con la minaccia di un 
coltello, la violenta. In seguito alla violenza nascerà un figlio, Adama, 
che l’uomo riconoscerà come suo. Ma proprio dopo il parto, nel febbraio del 
2001, Safiya viene arrestata per adulterio.
E la cosa avviene nel modo più grottesco: la giovane donna si presenta al 
posto di polizia per chiedere che l’uomo che l’ha violentata e da cui ha 
avuto un figlio sia costretto a darle dei soldi per mantenere il bambino. 
Lei non ha niente e, dovendo badare agli altri quattro figli, non può 
lavorare. A questo punto la polizia si accorge che la sua posizione è 
illegale e l’arresta. Secondo la sharia infatti una donna sposata, anche se 
poi divorziata, commette adulterio se si accoppia con un altro uomo ed è 
condannata alla lapidazione. Il figlio in questo caso è una prova a carico 
della donna. “Non capisco”, dice Safiya. “Devo morire per essere stata 
violentata e l’uomo che l’ha fatto è libero”.
Dopo la condanna, che viene subito conosciuta in tutto il mondo per merito 
di alcuni coraggiosi giornalisti francesi, il primo marito si rifà vivo e 
le propone di tornare a vivere con lei. “E’ un uomo buono”, commenta 
Safiya, “sarei felice di tornare nella sua casa”.
Ma la legge islamica la punisce con la lapidazione: il rito consiste nello 
scavo di una buca nel terreno appena fuori il villaggio, lì dentro viene 
piantata la donna come fosse un albero, in piedi, ma in modo che sporga 
dalle spalle in su, le braccia rimanendo sepolte anche loro come l’emblema 
dell’impossibilità a proteggersi e a muoversi. A questo punto i suoi 
compaesani sono chiamati a raccogliere da una montagna di pietre quelle più 
grosse e spigolose per lanciarle contro di lei. Dovranno colpirla finché 
morirà, prendendola possibilmente sulla fronte e sulle tempie. Sarà una 
gara di destrezza e di forza. Si tratta di una pratica spietata e orribile. 
Che fa balzare prepotentemente ai nostri occhi la amara condizione di tante 
donne che vivono fuori dalle zone più ricche e avanzate.
Troppo spesso ci siamo crogiolati nel pensiero che in questo inizio di 
millennio avevamo raggiunto la parità, che le donne erano diventate 
“uguali” per diritti e posizione agli uomini e che ormai il problema era 
risolto. Ma chi si guarda intorno, chi ha avuto modo di viaggiare, sa che 
l’Europa è un piccolo giardino fortunato rispetto ai tanti Paesi in cui le 
donne ancora sono trattate come schiave, considerate spesso incapaci di 
intendere e di volere, scambiate e messe all’asta come carne da macello, 
assoggettate e tenute segregate nelle case come serve a vita, senza diritti 
e senza dignità.
Nessuno parla dei due milioni di bambine che vengono escisse ogni anno nel 
mondo, soprattutto in Africa. Per alcune si tratta del taglio della 
clitoride, per altre di tutti i genitale esterni, grandi e piccole labbra 
asportate con un coltello, da una anziana del villaggio, senza anestesia. 
Dopo l’operazione, ogni accoppiamento risulterà per la donna un dolore 
intollerabile, e la nascita di un figlio una vera tortura.
Forse l’orribile evento delle due torri di New York, che ha portato tanti 
lutti e tanto dolore, che ha sconvolto il nostro modo di pensare e di 
guardare Paesi e culture diverse, in mezzo a tanto orrore ha prodotto una 
sola buona cosa: ha spezzato le sicurezze di chi si sentiva al centro del 
mondo ed ha acuito lo sguardo verso altre culture e altre condizioni di 
vita, cominciando da quella delle donne orientali, finora assolutamente 
invisibile alla pubblica opinione occidentale.
Sono anni che i movimenti delle donne vanno denunciando ciò che i Paesi 
poveri, tenuti sotto il dominio di regime militare o religioso, fanno alle 
donne. Ma nessuno sembrava volere ascoltare. Solo ora, nell’impeto di una 
guerra che pretende di chiamarsi di liberazione dal terrorismo, si scopre 
l’indignazione per il grado di sottomissione e di infelicità in cui sono 
tenute le donne in molte parti del mondo. Non si tratta soltanto 
dell’Afghanistan, infatti, ma di quasi tutta l’Africa, un continente 
intero, di buona parte dei Paesi dell’Est, usciti mortificati e spogliati 
dallo stalinismo, di intere zone depresse dell’America Latina, di una parte 
della Cina, della Corea e altri Paesi.
Ovunque il potere politico e militare si instaura, stabilisce per prima 
cosa regole severe per il controllo della vita e della morte dei suoi 
sudditi. Per controllare le nascite dovrà sorvegliare il ventre delle 
donne, creando regole e leggi punitive. Per appropriarsi del diritto di 
dare la morte, bisognerà tenere in pugno l’esercito e la polizia. Senza il 
controllo di questi due importanti gangli sociali, nessun potente si 
sentirà mai del tutto sicuro.
In questi giorni ho firmato decine di appelli per Safiya. Il grande parlare 
che si è fatto sui giornali di tutto il mondo ha fermato la crudele legge 
della lapidazione. Ma non per sempre. L’ha solo posticipata. A questo punto 
chiediamo che non ci si nasconda dietro il rispetto delle diverse culture e 
si chieda apertamente la fine di certe pratiche antiche, nel semplice nome 
della sacralità del corpo umano, della sua integrità e della sua libertà di 
esistere.
  ALTRE NOTIZIE
Dan Isaacs di “The Observer”  è andato a trovare Safiya; Ha chiarito, 
innanzi tutto, che i nomi di Tungar Tudu si riferiscono al villaggio, poi 
che la causa è nelle mani di un avvocato cialtrone che non si è mai neppure 
recato a incontrare Safiya, infine che la donna ha probabilmente 35 anni ma 
ne dimostra assai di più. A rendere più straziante il caso, il fatto che la 
donna è consapevole di subire un’ingiustizia (il suo violentatore “è un 
maschio e ha soldi”) ma è ttalòente rassegnata al suo destino: 2Sarà ciò 
che Allah vorrà” ha detto al giornalista.



NOTIZIE PER SAFIYA
Sono riportati qui di seguito, dai più recenti ai primi,
i “notiziari” sulla campagna che ho diffuso nel mese di dicembre.
Sono a disposizione dei richiedenti  i “diari” dal 22 al 30 novemre
12 dicembre
RICORDA CHE NESSUNO FARA’ CIO’ CHE PUOI FARE TU
Il presidente della Camera, Pierfranco Casini, ha assicurato il Centro 
missionario di Firenze di essersi intervenuto presso l ministro degli 
esteri per raccoòandargli un intervento umanitario del nostro governo 
presso quello nigeriano; “Zapping” e “italia Uno” hanno iniziato una 
campagna a favore di Shafiya. Una lettera con 60 firme è stata inviata 
all’ambasciata nigeriana a Roma da dipendenti dell’Editore Rubbettino di 
Soveria Mannelli, CZ. Una lettera con 230 firme è stata inviata da Maurizio 
Doppio della CISL di Schio. Al Centro Missionario di Firenze sono stati 
inviati, per inoltro all’ambasciata nigeriana 190 messaggi. Renata Pironi 
ha fatto firmare e inviato 78 lettere. La ditta Cavanna di Novara ha 
inviato 271 firme. All’ambasciata nigeriana hanno scritto anche il sindaco 
e l’assessore alla pace e cooperazione del  Comune di Viareggio.
Da quando imprudentemente ho avviato questa mini-campagna, senza 
minimamente supporre le dimensioni che essa avrebbe assunto, ho ricevuto 
2884 messaggi; Mi hanno comunicato di essere intervenute presso 
l’ambasciata nigeriana o presso il presidente della Nigeria 39.590 persone, 
9.831 hanno scritto anche al ministro degli esteri italiano; 4.031 anche 
alla senatrice Toia, vicepresidente della Commissione del Senato per i 
diritti umani, Sottolineo che questi dati sono certamente la punta di un 
iceberg ben più vasto; è ovvio che soltanto una minoranza sa da chi ha 
preso il via questa campagna.
11 dicembre
RICORDA CHE NESSUNO FARA’ CIO’ CHE PUOI FARE TU
Anche “Millevoci”, rubrica del Gr1, ha dedicato un po’ di spazio alla 
nostta mimi-campagna, intervistandomi, mentre “Chi l’ha visto?” ripropone 
questa sera il nostro appello che la settimana scorsa provocò 
l’appassionato interesse di centiaia di telespettatori. Ho saputo oggi che 
l’appello è stato pubb,icato anche da “Critica liberale”.Conchita Muñoz ha 
dato il via a una catena spagnola; Segnala che  ò’e-mail dell’ambasciata 
nigeriana a Madrid è nigerian-emb-sp@el.es. Ci ha anche fornito una 
versione dell’appello in castigliamo. Molti altri hanno tradotto il nostro 
documento in inglese. Su proposta di Vanessa Muratori, membro del Consiglio 
Grande e generale per il partito di Rfondazione comunista, il parlamento 
della Repubblica di San Marino ha votato all’unanimità un odg che impegna 
l’Esecutivo a intervenire presso le autorità nigeriane perché concedano 
libertà a Safiya.
Maria Mattera ci ha comunicato che “sono partite per l’ambasciata nogeriana 
150 lettere dal Liceo Scientifico di Ischia, 150 da una scula media, un 
numero non precisato (fra le 100 e le 200 lettere) dal Liceo Classico, 80 
messaggi dall’Istituto d’Arte di Napoli  e un altro centinaio da mittenti 
vari”:

Sta diffondendo il nostro appello anche Macondo, associazione per 
l’incontro e la comunicazione fra i popoli:.
10 dicembre
RICORDA CHE NESSUNO FARA’ CIO’ CHE PUOI FARE TU
La UST-CISL di Bologna ha diffuso a livello territoriale una grande 
quantità di cartoline prestampate da inviare all’Ambasciata nigeriana in 
Italia e un appello che dice: "In nome della Legge degli uomini e di quella 
di Dio, sapendo che il Corano, come la Bibbia, insegna che infliggere la 
morte a una madre allontana per sempre  la benedizione dell'Onnipotente, 
chiedo che Safya viva e che il Presidente della Nigeria le conceda la 
grazia"  Da Alessandria il pastore valdese Maurizio Abbà scrive: “Spero che 
grazie alla moltiplicazione di tante iniziative, Safiya possa trovare asilo 
in Italia o in un altro paese di suo gradimento: Le nostre chiese 
evangeliche valdesi, metodiste, battiste si stanno impegnando notevolmente 
per salvare la vita di Safiya. L'appello è stato pubblicato anche sul 
nostro settimanale Riforma”.
9 dicembre
RICORDA CHE NESSUNO FARA’ CIO’ CHE PUOI FARE TU
Continuano le adesioni alla nostra minicampagna per Sofya; Oggi ci hanno 
segnalato di avere inviato la loro protesta all’ambasciata la sezione di 
Biella della Associazione nazionale Famiglie Adottive e Affidatarie, 
Maurizio Chierici, uno dei più celebri (meritatamente celebri) giornalisti 
del Corriere della Sera, il COSV, organismo non-governativo di cooperazione 
internazionale.
8 dicembre
RICORDA CHE NESSUNO FARA’ CIO’ CHE PUOI FARE TU
Ha citato il “caso Safiya” e la nostra campagna la rubrica televisiva 
“Zapping”. “Liberazione” gli ha dedicato un’intera pagina; Nostri 
corrispondenti hanno avviato la campagna in Spagna, Perù. Svizzera e 
Venezuela;
Una lettera: “Sono un docente di una scuola media di Trento ('S. Pedrolli' 
di Gardolo ) Assieme ad altri docenti ho letto il tuo appello in alcune 
classi ottenendo grande attenzione ed immediata disponibilità da parte di 
ogni alunno a scrivere lettere personali all'ambasciatore nigeriano.
Abbiamo anche proposto, ottenendo un consenso unanime,  che il consiglio 
d'istituto adottasse Safya e si facesse promotore di ulteriori 
adesioni.  Altre classi seguiranno le prime per iscrivere e spedire decine 
e forse centinaia di lettere”.
  Claudio Bassetti
La parrocchia S;Madre di Dio di Macerata ha inviato all’ambasciatore 
nigeriano in Italia e al ministro degli esteri italiano documenti firmati 
da 400 persone. Documenti del genere sono stati firmati da 184 fedeli deiia 
parrocchia maceratese dei SS. Vito e Patrizio. Raccolte di firòe anche 
nelle parrocchie di Chiesanuova di Treia, MC, di Sant’Elpidio a mare etc.Al 
Centro Missionario della Diocesi di Firenze sono arrivati più di 350 
messaggi; Una ragazza ha scritto da Palermo. Ha organizzato in università 
un “banchino”. Risultato. 160 lettere all’ambasciata;
7 dicembre
RICORDA CHE NESSUNO FARA’ CIO’ CHE PUOI FARE TU
Vi avevo già detto che la nostra mini-campagna aveva varcato i confini 
italiani, grazie a nostri connazionali in Germania, in Francia, in 
Germania, in Messico, in Irlanda e negli Stati Uniti. Adesso siamo arrivati 
all’estremo Nord: ci ha scritto Serena di Frescada che con un suo amico che 
lavora a Radio DEI di Helsinki ha tradotto il nostro appello in finlandese 
e lo sta distribuendo a tutte le parrocchie cattoliche del Paese: Altre 
notizie. Don Matteo Zuppi, assistente spirituale della Comunità di 
Sant’Egidio , ha più volte parlato del “caso Safiya” nel corso della 
trasmissione radiofonica “Prima Pagina”: Maria Regina Buzzolan ha inviato 
appelli firmati da 59 persone di Santorso VI:La Rete Radiè Resch di Pisa ha 
diffuso l’appello nel suo indirizzario.
6 dicembre
RICORDA CHE NESSUNO FARA’ CIO’ CHE PUOI FARE TU
Anche oggi un mazzetto di notizie. Della nostra campagna si è occupata ieri 
sera la rubrica televisiva “Primo piano”. Il nostro appello è stato votato 
all’unanimità come ordine del giorno dal Consiglio comunale di Nuoro; 
inoltre in  occasione della “giornata ecologica” Giusi Niai ne ha stampate 
e diffuse centinaia di copie; L’appello è stato diffuso da Radio 
Cooperativa di Padova: La Lega Missionaria Studenti di Roma ha inviato 
all’ambasciata nigeriana e al ministro degli esteri Ruggiero 94 lettere, 
Laura Bigi ha raccolto a Firenze 60 adesioni.
5 dicembre
RICORDA CHE NESSUNO FARA’ CIO’ CHE PUOI FARE TU
Ho saputo con quasi certezza che Safiya non ha ancora partorito il suo 
bambino, questo significa che abbiamo davanti a noi almeno quattro mesi per 
sviluppare la nostra campagna:
Durante e dopo la trasmissione di ieri sera a “Chi l’ha visto?” centinaia 
di persone hanno telefonato alla redazione per avere maggiori 
informazioni  Da tutta l’Italia ricevo messaggi di persone che hanno 
inviato lettere o raccolto firme su documenti inviati poi all’Ambasciata di 
Nigeria. Così dal Servizio di Posta elettronica della Regione Veneto, 
dall’Istituto Superiore di Sanità, Roma. Maria Grazia Rebanu ha raccolto 90 
adesioni, 55 Franco Ballardini, un gran numero Giampaolo Pazzi di Firenze; 
Anche Radio 101 ha diffuso il nostro appello.
4 dicembre
RICORDA CHE NESSUNO FARA’ CIO’ CHE PUOI FARE TU
Stamattina, insieme con Farid Adly (il giornalista islamico che per primo 
ha denunziato all’opinione pubblica il “caso Safya”) ho partecipato a una 
trasmissione della Radio Vaticana (“Klaudia & Company. Incontri e 
confronti”). A casa ho trovato telefonate dalle redazioni di “Costanzo 
Show” e di “Harem” che desiderano parlare di Safiya e della sua sorte. Mi 
ha fatto una lunga telefonata anche il direttore di “Padania”: Pur 
definendomi “un anziano giornalista della RAI, un catto-comunista dal quale 
tutto ci divide”, aveva pubblicato il mio appello sulla prima pagina del 
suo quotidiano, senza premere sul pedale dell’anti-islamismo, e adesso ha 
voluto farmi sapere che ha ricevuto una montagna di lettere da suoi lettori 
e che molti consiglieri comunali leghisti si sono fatti promotori di ordini 
del giorno e di appelli: Questa sera “Chi l’ha visto?” ha rilanciato il 
nostro appello:
Don Rino Ramacciotti mi ha comunicato che la sua Comunità della parrocchia 
Cristo Redentore, a Recanati, ha mandato un appello al ministro Ruggiero 
firmato da 422 persone e una lettera all’ambasciatore nigeriano firmata da 
519 persone.
La Confraternita della Misericordia di Trento ha inserito l’appello nel 
sito www.misericordiaonline
Lettere sono state inviate dalle Suore Clarisse del Convento Santa Chiara 
di Urbino, che hanno, anche, avvolto Safiya nelle loro preghiere,
Al Centro Missionario della Diocesi di Firenze, che si è generosamente 
associato all’iniziativa e al quale potete mandare i vostri messaggi 
quando, come ormai spesso avviene, la mia casella risulta piena 
(l’indirizzo è missioni@diocesi.firenze.it) sono arrivate 221 comunicazioni 
di interventi sull’ambasciata nigeriana e sul ministro degli esteri 
italiano. Vanessa Muratori, membro del Consiglio grande e generale, il 
parlamento della Repubblica di San Marino, ha comunicato di avere scritto 
al presidente della repubblica nigeriana e al ministro Ruggiero, 
aggiungendo che “lunedi prossimo, in occasione della seduta del Consiglio, 
darò comunicazione di questa iniziativa ai colleghi, sollecitando una presa 
di posizione umanitaria da parte della nostra piccola Repubblica”.
Continuo, con mia gioia, ad avere notizie di luoghi e comunità in cui il 
mio appello è stato fatto circolare e ha trovato accoglienza; così la 
“chiesa di Frescada Est a Preganziol” e l’Ospedale di Vicenza.
UN SOGNO
SE riusciremo a ottenere la grazia per Safiya (e ci riusciremo soltanto se 
TU ci aiuti), quale sarà il suo destino. In quale altra pena sarà 
convertita la condanna a morte? Vi confesso che ho un sogno: che le 
parlamentari europee e quelle italiane e le dirigenti delle associazioni 
femminili e le sindacaliste e le signore del Soroptimist e le intellettuali 
riescano, attraverso un intervento non formale del ministro degli esteri 
italiano, a ottenere che la condanna si trasformi in decreto di espulsione 
e che a Safiya e al suo bambino l’Italia riconosca il diritto d’asilo. C’è 
nessuna che vuole far suo il mio sogno?
3 dicembre
RICORDA CHE NESSUNO FARA’ CIO’ CHE PUOI FARE TU
Sono felice di dirvi che calcolo di avere ricevuto in dieci giorni almeno 
1200 comunicazioni. Quando penso che si tratta di una campagna 
“artigianale”, cioè senza organizzazione preventiva, rimango stupito dalla 
vostra capacità di mobilitazione.
Si è unito alla nostra protesta per la condanna anche lo scrittore Antonio 
Tabucchi.
Hanno scritto all’ambasciata nigeriana gli studenti della 5^ A del Liceo 
scientifico “Taramelli” di Pavia e i loro professori; lo stesso hanno fatto 
il preside, i docenti, i 1500 studenti e il personale AIA dell’IPSIA di 
Crotone.
Si  è impegnata nell’informazione sul caso e nella raccolta di firme in 
calce alla richiesta di grazia per Safiya la Comunità parrocchiale di 
Trisobbio (AL).
Hanno inviato la loro protesta, con 150 lettere all’ambasciata nigeriana, i 
dipendenti della Sede INPS di Rimini:
La grazia per Safiya è stata chiesta dalla Fondazione Ernesto Balducci di 
Firenze.
Il Consiglio comunale di Agliana (PT) ha scritto al presidente nigeriano e 
al ministro degli esteri italiano.
Il mio appello è comparso come lettera al direttore su diversi giornali (da 
“il manifesto” a “Il crotonese”); E’ la prima volta che non mi dispiace che 
qualcuno usi la mia firma senza chiedermi il permesso.
Naturalmente non conosco moltissime delle iniziative che vengono prese in 
tutta l’Italia per questo caso. Alcune notizie mi  arrivano  come dire?  di 
sguincio; Per esempio un signore mi ha scritto da Rivoltella del Garda di 
avere saputo di Safiya da un volantino distribuito per le strade del suo 
paese da un gruppo di bambine. Una signora di Roma mi ha telefonato:  “Ho 
visto il suo appello su un foglio di carta fermato con lo scotch in una 
cabina del telefono davanti alla chiesa di Sant’Angela Merici; ho 
cominciato a scrivere l’indirizzo dell’ambasciata niegeriana su un 
taccuino. Intorno a me si è formato un capannello, molta gente mi ha 
chiesto un foglietto per annotare gli estremi del caso…”.