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pc: menzogne umanitarie e altri obiettivi mondiali per gli USA



Data: giovedì 29 novembre 2001 23.44
Oggetto: menzogne umanitarie e altri obiettivi mondiali per gli USA



Menzogne umanitarie
Gli stati poveri sono "falliti", quelli che si oppongono "canaglie", alla
fine "noi" civilizzeremo "loro". Nel vero paradiso del terrore, gli Usa, i
media lavorano per rendere normale l'impensabile
JOHN PILGER -il Manifesto del 28 novembre 2001




I guerrafondai della buona società potrebbero non dover attendere molto per
il secondo round. Il vicepresidente Usa, Dick Cheney, ha avvertito la scorsa
settimana che l'America potrebbe assumere l'iniziativa contro un numero di
paesi compreso "tra 40 e 50". La Somalia, accusata si essere un "rifugio"
per al Qaeda, va ad aggiungersi all'Iraq in cima alla lista di potenziali
obiettivi. Compiaciuto di avere rimpiazzato i cattivi terroristi
dell'Afghanistan con i terroristi buoni dell'America, il ministro della
difesa Usa, Donald Rumsfeld, ha chiesto al Pentagono di "pensare
l'impensabile", avendo respinto le "opzioni post-Afghanistan" in quanto "non
abbastanza radicali".
Un attacco americano sulla Somalia, ha scritto un giornalista del Guardian
accreditato presso il Foreign Office, "offrirebbe l'opportunità di regolare
un vecchio conto: 18 soldati statunitensi furono brutalmente uccisi lì nel
1993...". Egli ha evitato di menzionare il fatto che i marines hanno
lasciato tra 7.000 e 10.000 somali morti, secondo la Cia. Diciotto vite
americane meritano un regolamento di conti: migliaia di vite somale no.
La Somalia fornirà una palestra ideale per la distruzione finale del'Iraq.
Comunque, come riferisce il Wall Street Journal, l'Iraq presenta un
"dilemma" perché "restano pochi obiettivi". "Siamo arrivati all'ultima
capanna", ha detto un funzionario Usa, riferendosi al bombardamento quasi
giornaliero dell'Iraq che non fa notizia.
Essendo sopravvissuto alla guerra del Golfo nel 1991, il controllo di Saddam
Hussein sull'Iraq è stato da allora rafforzato da uno dei più spietati
embarghi in epoca moderna, fatto rispettare dai suoi ex amici e fornitori di
armi a Washington e Londra. Al sicuro nei suoi bunker costruiti dagli
inglesi, Saddam sopravviverà a un nuovo blitz - a differenza del popolo
iracheno, che è tenuto in ostaggio con la complicità del suo dittatore dalle
pretese sempre diverse dell'America.
In questo paese, la propaganda velata giocherà il suo ruolo predominante
come di consueto. Poiché tanta parte dei media anglo-americani è nelle mani
di vari guardiani di provata fede, il destino dei popoli iracheno e somalo
sarà riferito e dibattuto con il rigido presupposto che i governi
statunitense e britannico siano contro il terrorismo. Come per l'attacco
all'Afghanistan, la questione sarà come "noi" possiamo affrontare al meglio
il problema delle società "incivili".
La verità più saliente resterà tabù. Questa consiste nel fatto che la
longevità dell'America come stato terrorista e come rifugio per terroristi
batte tutti. E' indicibile che gli Usa siano il solo stato ad essere stato
condannato ufficialmente dal Tribunale mondiale per il terrorismo
internazionale e ad aver posto il veto su una risoluzione del Consiglio di
sicurezza dell'Onu che imponeva ai governi di osservare il diritto
internazionale. Recentemente Denis Halliday, l'ex assistant secretary
general delle Nazioni unite che ha preferito dimettersi piuttosto che
amministrare quella che ha descritto come una "politica di sanzioni
genocida" contro l'Iraq, è incorso nell'indignazione di Michael Buerk della
Bbc. "Non si può tracciare una equivalenza morale tra Saddam Hussein e
George Bush [senior], non è vero?" ha detto Buerk. Halliday stava
partecipando a uno dei programmi sulla scelta morale in cui Buerk è
presentatore, e aveva fatto riferimento all'inutile massacro di decine di
migliaia di iracheni, in gran parte civili, da parte degli americani durante
la guerra del Golfo. Halliday ha osservato che molti sono stati sepolti
vivi, e che l'uranio impoverito è stato usato ampiamente ed è quasi
certamente la causa di un'epidemia di cancro nell'Iraq meridionale.
E' indicibile che la storia recente dei veri crimini dell'occidente faccia
di Saddam "un dilettante", come ha detto Halliday; e poiché non è possibile
confutare razionalmente questa verità, quelli che ne parlano vengono
tacciati di "anti-americanismo". Richard Falk, professore di politica
internazionale a Princeton, lo ha spiegato. La politica estera occidentale,
spiega, viene diffusa dai media "attraverso uno schermo morale/legale
farisaico, a senso unico [con] immagini positive dei valori e dell'innocenza
occidentali, dipinti come minacciati, legittimando una campagna di violenza
politica senza restrizioni".
Il potere di cui godono Rumsfeld e il suo vice, Paul Wolfowitz, e i loro
collaboratori Richard Perle e Elliot Abrams significa che molta parte del
mondo è oggi apertamente minacciata da un fascismo geopolitico, che si è
sviluppato a partire dal 1945 e ha avuto un'accelerazione dopo l'11
settembre.
L'attuale gang presente a Washington è formata da autentici fondamentalisti
americani. Loro sono gli eredi di John Foster Dulles e Alan Dulles, i
fanatici battisti che, negli anni '50, gestirono rispettivamente il
Dipartimento di Stato e la Cia, distruggendo i governi riformisti in un
paese dopo l'altro - Iran, Iraq, Guatemala - e riducendo a brandelli accordi
internazionali, come gli accordi di Ginevra del 1954 sull'Indocina, il cui
sabotaggio da parte di John Foster Dulles condusse direttamente alla guerra
del Vietnam e a cinque milioni di morti. Documenti ora declassificati ci
dicono che per due volte gli Stati uniti sono stati sul punto di usare le
armi nucleari.
I paralleli si trovano nella minaccia di Cheney a "40 o 50 paesi", e nella
guerra "che potrebbe non finire finché siamo in vita". Il vocabolario del
giustificazionismo verso questo militarismo viene fornito da lungo tempo, e
da entrambe le coste dell'Atlantico, da quegli "studiosi" fabbricati in
serie che hanno tolto l'umanità dallo studio delle nazioni e l'hanno
congelata con un linguaggio funzionale al potere dominante. I paesi poveri
sono "stati falliti", quelli che si oppongono all'America sono "stati
canaglia"; un attacco da parte dell'occidente è un "intervento umanitario"
(uno dei più entusiasti guerrafondai, Michael Ignatieff, è ora "professore
di diritti umani" a Harvard). E come al tempo di Dulles, il ruolo a cui è
ridotta l'Onu è quello di rimuovere le macerie dei bombardamenti e fornire
"protettorati" coloniali.
Gli attacchi alle torri gemelle hanno dotato la Washington di Bush di un
grilletto, ma anche di una coincidenza notevole. L'ex ministro degli esteri
pakistano Niaz Naik ha rivelato che a metà luglio alcuni alti funzionari
americani gli avevano detto che l'azione militare contro l'Afghanistan
sarebbe partita avanti a metà ottobre. Il segretario di Stato Usa, Colin
Powell, in quel momento era in viaggio in Asia centrale, e già raccoglieva
il sostegno per una "coalizione" di guerra anti-Afghanistan. Per Washington,
il vero problema con i Taleban non erano i diritti umani; questi erano
irrilevanti. Semplicemente, il regime talebano non aveva il controllo totale
dell'Afghanistan: fatto che impediva agli investitori di finanziare gli
oleodotti e i gasdotti provenienti dal Mar Caspio, la cui posizione
strategica in relazione alla Russia e alla Cina e i cui giacimenti fossili
largamente intatti sono di interesse cruciale per gli americani. Nel 1998,
Dick Cheney disse ai rappresentanti dell'industria petrolifera: "Non so
pensare a un momento in cui una regione sia emersa altrettanto
improvvisamente per diventare così significativa strategicamente come il
Caspio".
In verità, quando andarono al potere nel 1996, i Taleban non furono solo
bene accolti da Washington. I loro leader volarono in Texas, all'epoca
governata da George W. Bush, e furono intrattenuti dai dirigenti della
compagnia petrolifera Unocal. Fu offerta loro una fetta dei profitti degli
oleodotti: si parlò del 15%: Un funzionario Usa osservò che, con il
passaggio del gas e del petrolio del Caspio, l'Afghanistan sarebbe diventato
"come l'Arabia Saudita", una colonia petrolifera senza democrazia e con una
persecuzione legalizzata delle donne. "Possiamo convivere con questo" disse.
L'accordo andò a monte quando due ambasciate americane furono bombardate in
Africa orientale, e la colpa fu attribuita a al Qaeda.
Sui media i Taleban sono debitamente passati in cima alla lista dei demoni,
una lista a cui si applicano le normali esenzioni. Ad esempio, è esentato il
regime di Vladimir Putin a Mosca, responsabile dell'uccisione di almeno
20.000 persone in Cecenia. La scorsa settimana Putin è stata intrattenuto
dal suo nuovo "amico intimo", George W. Bush, nel ranch di Bush in Texas.
Bush e Blair sono esentati permanentemente - anche se ogni mese muoiono più
bambini iracheni, in gran parte a causa dell'embargo anglo-americano, del
numero totale dei morti delle torri gemelle: una verità che non viene messa
a conoscenza dell'opinione pubblica. L'uccisione di bambini iracheni, come
l'uccisione dei ceceni, come l'uccisione dei civili afghani, è ritenuta meno
abominevole dal punto di vista morale che l'uccisione di americani.
Avendo assistito a una quantità di bombardamenti, sono stato colpito dalla
capacità di coloro che si definiscono "liberali" e "progressisti" di
tollerare deliberatamente la sofferenza degli innocenti in Afghanistan. Che
cosa hanno da dire questi commentatori presuntuosi, che non vedono
virtualmente nulla delle lotte che avvengono nel mondo esterno, alle
famiglie dei rifugiati bombardati a morte nella polverosa città di Gardez
l'altro giorno, molto dopo che questa era caduta in mano alle forze
anti-talebane? Che cosa hanno da dire ai genitori dei bambini morti i cui
corpi giacevano sulle strade di Kunduz domenica scorsa? "Quaranta persone
sono state uccise" ha riferito Zumeray, un profugo. "Alcuni di loro sono
stati bruciati dalle bombe, altri sono stati schiacciati dai muri e dai
tetti delle case quando sono crollati per l'esplosione". Che cosa gli può
rispondere Polly Toynbee del Guardian: "Non vedi che il bombardamento
funziona?" Lo definirà un anti-americano? Che cosa possono dire gli
"interventisti umanitari" alle persone che moriranno o resteranno mutilate
per le 70.000 "cluster bombs" rimaste inesplose?
Da molte settimane l'Observer, un giornale liberal, sta pubblicando
resoconti privi di riscontri che hanno cercato di collegare l'Iraq con l'11
settembre e la paura dell'antrace. I principali narratori di questa storia
sono "Fonti di Whitehall" e "fonti di intelligence". "Le prove si stanno
accumulando..." recitava uno degli articoli. La somma delle prove è
"zero",fumo negli occhi per la gioia di Wolfowitz e Perle, e probabilmente
Blair,che probabilmente proseguirà con l'attacco. Nel suo saggio "The
Banality of
Evil", il grande dissidente americano Edward Herman ha descritto la
divisione del lavoro tra coloro che disegnano e producono armi come
"cluster bombs" e "daisy cutters", coloro che prendono le decisioni
politiche di usarle, e coloro che creano le illusioni che ne giustificano
l'uso. "Tocca agli esperti e ai grandi media - ha scritto - normalizzare
l'impensabile per il pubblico medio". E' tempo che i giornalisti riflettano
su questo, e si assumano il rischio di dire la verità su una minaccia
spropositata a molta parte dell'umanità che nasce non in luoghi lontani, ma
vicino a casa.