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La nonviolenza e' in cammino. 306



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 306 del 2 dicembre 2001

Sommario di questo numero:
1. Pasquale Pugliese, e se
2. Peppe Sini: fermare la guerra, e tutto il resto viene dopo
3. Silvana Silvestri, "Kabul Kabul" di Sedika Mojadidi
4. Francesco Comina, gioire per la carneficina
5. Verso una legge per la formazione delle forze dell'ordine alla
nonviolenza
6. Alcune iniziative di pace di oggi
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. PASQUALE PUGLIESE: E SE
[Pasquale Pugliese e' impegnato nel Movimento Nonviolento e nella Rete di
Lilliput. per contatti: puglipas@interfree.it]
Cari amici,
e se raccogliessimo l'appello di Giovanni Paolo II e il 14 dicembre
digiunassimo anche noi contro il terrorismo e la guerra ed in segno di
amicizia con i fratelli islamici che portano a conclusione il ramadan?
Alcune personalita' del mondo laico, da Marco Revelli a Giulietto Chiesa a
Erri De Luca, hanno gia' aderito a questa forma di azione nonviolenta intima
e politica allo stesso tempo.
E se provassimo a mettere in atto un pezzo di quello sciopero generalizzato,
che auspica Pierluigi Sullo sul "Manifesto" del 30 novembre, proprio per il
14 dicembre, giorno dello sciopero nazionale dei lavoratori del pubblico
impiego e dei cobas, operando per un giorno lo sciopero del cibo?
E se facessimo questo digiuno non a casa nostra, isolatamente, ma sulla
pubblica piazza declamando ad un microfono poesie e testi per la pace,
all'ora di pranzo ed all'ora di cena?
E se le piazze fossero quelle delle cento citta' dov'e' presente la Rete di
Lilliput?
E se devolvessimo i soldi dei pasti non consumati ad un'associazione che
lavora per la pace e la nonviolenza 365 giorni all'anno?
Dopo la giornata del non acquisto, sarebbe un bel modo di manifestare con lo
stile lillipuziano, reticolare e nonviolento.
Ci sono ancora i tempi tecnici per organizzare, bene, l'iniziativa.
Pensiamoci e facciamo.
Buon lavoro.

2. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: FERMARE LA GUERRA, E TUTTO IL RESTO VIENE DOPO
[Il testo seguente costituisce la sintesi della relazione svolta
all'incontro promosso dall'associazione "Terra e liberta'" a Bracciano
(Roma) il primo dicembre]
Propongo di rovesciare la domanda retorica che sovente ci viene posta: se
occorra costruire la pace o rassegnarsi alla guerra. E dire piuttosto:
occorre fermare la guerra prima che essa distrugga l'umanita'; occorre
fermare la guerra, e tutto il resto viene dopo. Con la guerra tutto e'
perduto; con la pace molto, se non tutto, puo' essere salvato, migliorato,
risolto.
Propongo tre piste di riflessione.
La prima: occorre fermare la guerra perche': essa e' sempre omicidio di
massa; consistendo di stragi e terrore essa e' terrorismo e sostegno al
terrorismo; essa rende impossibile la convivenza; essa minaccia alla
civilta' umana.
La seconda: per opporsi efficacemente alla guerra non basta dichiararsi
contro la guerra, occorre essere movimento per la pace e quindi portatore di
pace: che si impegna per salvare ogni vita umana, che si impegna per la
legalita', la civile convivenza, la promozione dei diritti umani, che si
impegna contro l'ingiustizia e la violenza, che si impegna a soccorrere
tutte le vittime; e si impegna facendo tre scelte: il ripudio dell'uccidere,
il ripudio della menzogna, il ripudio del totalitarismo; e deve impegnarsi
in una situazione tragica come quella attuale promuovendo qui e adesso tre
forme di azione: l'azione diretta nonviolenta, la disobbedienza civile, lo
sciopero generale. Ma la cosa veramente decisiva e' fare la scelta della
nonviolenza, senza di che non si da' effettivo impegno di pace.
La terza: la nonviolenza non e' un'ideologia, ma una teoria-prassi
compatibile con diverse opinioni filosofiche, religiose, politiche. Essa e'
complessa, pluridimensionale, contestuale, sperimentale, aperta, critica  e
creativa. Essa si pone essenziamente come opposizione alla violenza e come
fondatrice di convivenza  e solidarieta'. Essa e'  un insieme di valori (e
tra essi cruciale la coerenza tra i mezzi e i fini), un insieme di tecniche
di azione, una proposta di strategia (fondata su un'analisi del potere come
combinazione di forza e consenso, ergo: la cosa decisiva per opporsi a un
potere oppressivo e' negare il consenso), un progetto sociale di convivenza
solidale, un insieme di esperienze storiche concrete (dalla Resistenza
nonviolenta contro il nazismo in Danimarca alle lotte gandhiane, dalla
tradizione delle lotte sindacali del movimento dei lavoratori alle lotte e
al pensiero del movimento delle donne che costituisce la piu' luminosa
esperienza storica di liberazione e di affermazione della dignita' umana).
La situazione attuale e' drammatica, ma proprio per questo non ci si deve
rassegnare all'inumano, non si deve cedere alle lusinghe dell'impotenza, la
passivita' e' complicita'. E' necessario e quindi e' possibile resistere
all'orrore ed agire per costruire la pace, per costruire relazioni di
giustizia e di solidarieta', per promuovere un modello di sviluppo
sostenibile, per promuovere la ricerca comune di una felicita' sobria e
condivisa per tutti gli esseri umani.

3. DOCUMENTI. SILVANA SILVESTRI: "KABUL KABUL" DI SEDIKA MOJADIDI
[Silvana Silvestri scrive di cinema sul quotidiano "Il manifesto", su cui
questo articolo e' apparso il primo dicembre]
Uno dei "luoghi" dove vedere la guerra piu' da vicino e' "Kabul Kabul" di
Sedika Mojadidi, appena programmato agli "Incontri con il cinema asiatico"
al Palazzo delle Esposizioni di Roma, dove si possono esplorare varie piste
sconosciute. E' stato girato gia' da qualche anno, nel '96, ma non fa
differenza: la guerra sembra essere uno stato naturale di quella terra.
Quella attuale e' seguita a quella passata senza un significativo
cambiamento. Almeno questo e' il punto di vista delle donne afghane,
avvicinate dalla telecamera nascosta della cineasta, una ragazza di Kabul
che negli anni Settanta se ne ando' in America con la famiglia in attesa di
tempi migliori. Sono riprese che non hanno niente a che fare con i veli da
tenere o da scostare dal viso, ma con la sopravvivenza, l'abitudine alla
morte e alla fame. Un film fatto di polvere si direbbe, ma quella polvere e'
la sacra terra della famiglia, degli antenati, concentrato di nostalgia dove
tornare a tutti i costi per non restare sradicati. E' fatto anche di parole
e di figure di donne orgogliose, due elementi estremamente sovversivi, non a
caso cancellati con la forza per anni. "Aspettammo in America che la guerra
finisse" dice Sedika Mojadidi "e quando i sovietici se ne andarono l'attesa
era durata 23 anni".
Per colmare il vuoto della nostalgia che solo le lettere dei parenti
riuscivano a riempire e non vedere solo le cose in televisione, torna nel
suo paese. In certi luoghi riesce a scendere dall'auto con un permesso per
le riprese, ma piu' spesso l'autista non rallenta neanche alla velocita'
giusta per fare una panoramica, e' troppo pericoloso vedere una ragazza con
una telecamera. Il velo in questo casi e' molto utile per camuffarne la
presenza. Le riprese cominciano in Pakistan vicino al confine che ormai ci
e' familiare, dove nei campi continuavano a vivere i rifugiati. Il luogo
piu' sicuro per le donne era il piccolo ospedale di ostetricia del padre,
poi chiuso dai taleban. Era a Islamabad, un posto dove si andava in vacanza,
pieno di colori che ora non si indovinano neanche piu'.
Delle donne intervistate nell'ospedale non si e' avuta piu' traccia. "Si
stava meglio con i russi" dice qualcuna che si scaglia contro i generali
gonfi di cibo, denaro e macchine, mentre lo stato della popolazione e' di
denutrizione. Come gia' era successo in altri paesi islamici (l'Algeria ad
esempio), le donne sono state tradite: hanno partecipato alla resistenza e
sono state ricacciate nel silenzio e nel divieto di studiare per avere un
futuro migliore ("Ci siamo sacrificate tanto e non abbiamo raccolto quello
che abbiamo seminato"). C'e' nel film la registrazione di diversi gradi di
dolore: la disperazione assoluta che fa immaginare come sia impossibile
fronteggiare un altro conflitto: non c'e' piu' famiglia, non so se i miei
figli sono vivi o morti, dice una donna, i nostri cortili sono diventati
cimiteri, bruciamo delle carte per riscaldarci, moriamo di fame nel freddo e
se usciamo ci sono le bombe. C'e' la rassegnazione pacata di un'altra
imparentata con la famiglia reale con marito e figli imprigionati. Ma anche
qualche donna battagliera che si indigna per il senso di apatia che vede
intorno a se': "Io cosa posso fare? dicono le donne, tanto il potere ce
l'hanno i selvaggi e questo lo dicono sia le donne ricche che le povere, e'
inaccettabile". E' la stessa donna che, dice, avrebbe voluto organizzare
delle scuole a Kabul, seduta in fila con le altre nel piccolo ospedale e
anche di lei non si avranno piu' tracce. Non abbiamo piu' niente, dice una,
gli americani ci hanno detto che ci porteranno aiuti quando saremo diventati
un paese democratico. Tre anni dopo qualcosa la porteranno.
Le ombre del cinema sono inconsistenti, ma non tanto se si pensa che questo
che non e' un racconto di finzione come "Viaggio a Kandahar" di Makhmalbaf
che in questi giorni riempie inaspettatamente le sale. "Kabul Kabul" e'
piuttosto un gesto d'amore per il proprio paese e l'attenzione alle parole
che non devono disperdersi con la polvere serve a tutte le donne di ogni
resistenza. Non puo' far niente neanche la regista oltre che trasmettere
quelle parole e quei gesti. La storia e' stata cancellata, dice, tutto e'
stato cancellato: "Non potevo salvare nessuno e allora ho lasciato che i
loro racconti mi trafiggessero. E io mi ricordo tutto".
I ricchi sono andati via dal paese, i poveri sono rimasti. Prova come uno
sdoppiamento Sedika Mojadidi, ragazza ormai piuttosto americana anche se
afghana quando dice: "Il velo ti fa dimenticare tutto, tutte le mie energie
sono rivolte verso l'interno e invece voglio espanderle all'esterno. Avevo v
oglia di urlare: sono piu' di questo!" Intervista la madre pettinata e
vestita all'occidentale, dottoressa. E' stata la seconda generazione di
donne laureate in medicina negli anni Sessanta. La figlia chiede alla madre:
cosa si prova a vivere in due posti? E' come nuotare e non toccare. E non
anneghi? No, non annego. E il luogo dove non tocco e' l'Afghanistan.

4. RIFLESSIONE. FRANCESCO COMINA: GIOIRE PER LA CARNEFICINA
[Questo articolo di Francesco Comina e' apparso sul "Mattino di Bolzano del
30 novembre. Francesco Comina, giornalista e saggista, e' impegnato
nell'esperienza di Pax Christi. Per contatti: f.comina@ilmattinobz.it]
Il godimento della guerra. Ecco il motivo che andavo cercando per respingere
al mittente ogni tentativo di dare un senso al bombardamento delle citta',
allo schieramento degli eserciti, alla giustificazione della guerra come
strumento per la soluzione dei problemi e delle minacce che incombono
sull'umanita'. Mi servivano le prove - supposte da sempre - che in fin dei
conti dietro ad ogni conflitto, com'e' anche questo sull'Afghanistan, ci
fosse un grande festino, un allegro party o una domenica sportiva con le
ragazze pon pon ad agitare mani e gambe per festeggiare il punto messo a
segno dalla squadra del cuore.
Una studiosa inglese oggi ne testimonia lo scandalo. Si chiama Joanna Bourke
e ha appena dato alle stampe un libro dal titolo quantomai rivelativo: "Le
seduzioni della guerra. Miti e storie di soldati in battaglia" (Carocci
editore). Consiglio ai "pacifisti relativi", che in questi giorni hanno dato
il loro consenso per la distruzione di Kabul e delle altre citta' afghane,
di leggersi qualche pagina del libro della Bourke per capire quale tremendo
sconquasso psicologico e culturale la guerra produce nelle coscienze degli
individui inviati al fronte a massacrare un nemico totale, un popolo scelto
(andrebbero molto bene le analisi di Rene' Girard) per condensare i furori e
le pulsioni vendicative dell'America.
Il volume (369 pagine) si sofferma soprattutto sulle guerre tecnologiche
degli ultimi dieci anni, con particolare insistenza sulla campagna "Desert
Storm" contro Saddam Hussein (prossimo bersaglio di Bush jr). Ma in
un'intervista, apparsa mercoledi su "Repubblica" la Bourke annota alcune
esperienze relative anche alla guerra in corso. Il pilota di un B52, di
ritorno da una missione - ricorda l'insegnante di storia moderna - cosi' ha
descritto il suo volo: "Sono molto fiero, e' stato come segnare una meta al
Superbowl".
Le cronache dalla flotta americana nel Golfo Persico parlano di piloti dei
vari caccia, i quali, appena rientrati alla base dopo aver scaricato i loro
carichi omicidi si mettevano a correre davanti al video per rivendicare con
gioia e fierezza la paternita' degli obiettivi colpiti ("E' mio! Guarda la
mia bomba come ha centrato l'edificio!"). In questo modo il principio etico
e legale del "non uccidere" si ribalta in un disvalore, mentre diventa etica
e legale l'uccisione indiscriminata. Joanna Bourke spiega questo
stravolgimento del codice di condotta civile con le parole di un soldato
russo durante la campagna in Afghanistan: "Tu pensi che uccidere sia
spaventoso, sgradevole, ma presto ti rendi conto che cio' che veramente
trovi problematico e' uccidere qualcuno a bruciapelo. L'uccisione di massa,
compiuta in gruppo, e' eccitante e anche divertente".
Non vedendo l'ucciso negli occhi e non guardando il volto che rantola nel
sangue, non c'e' senso di responsabilita'. I piloti dei B52 non si sentono
responsabili dei loro disastri, semplicemente perche' non ne scorgono il
fronte lavico di vita che se ne esce a fontana dalle case rase al suolo,
dalle fabbriche distrutte, dagli ospedali sventrati. Loro se ne stanno in
alto, vedono un puntino, premono il bottoncino sulla cloche e sono gia' alla
base. Ancora la Bourke annota la frase di un pilota che ha partecipato alla
distruzione dell'esercito irakeno in fuga: "Ma noi non uccidevamo - afferma
il soldato - distruggevamo solo colonne di carri armati". Dall'alto non
c'era nessuno alla guida di quei carri: erano solo delle macchinine
cingolate che stavano per fuggire.
La distanza fra l'atto e la responsabilita' di quell'atto rende possibile la
guerra.
Per questo motivo - e non per altri - il grande teologo impiccato a
Flossenburg, Dietrich Bonhoeffer, ha parlato della guerra come di una grande
"Dummheit" (stupidita'). Non solo egli vedeva il riso beffardo e inumano dei
carnefici uccidere anzitempo le vittime predestinate ad essere immolate
sull'altare del non-senso politico, etico, religioso e civile (i nazisti, a
differenza dei piloti americani, vedevano perfettamente quello che
facevano), ma registrava con enorme sconforto l'estrema banalita' del male
come distacco dal senso di responsabilita' che l'essere umano dovrebbe avere
per il fratello che vive in ogni anfratto del mondo. Di qui la sua presa di
coscienza che una civilta' cristiana nascera' solo se sapra' testimoniare la
fede "etsi deus non daretur".
Gioire per la carneficina e' l'orrore culturale piu' tenebroso che sta alla
radice di ogni guerra. In quest'ottica va letto anche il conflitto in
Afghanistan, con le sue strategie, i suoi punti oscuri, con le sue stragi
devastanti (ultima il massacro terrificante di Mazar-i-Sharif), le sue
vendette e le sue fosche prospettive di riequilibrio di un ordine sociale di
largo respiro (gli Usa hanno fatto capire che a loro interessa solo far
fuori Al Qaida e le sue varie ramificazioni).
Battere il terrorismo con l'entusiasmo della potenza e' la "Dummheit"
dell'occidente. Lo ha spiegato molto bene il premio Nobel della letteratura
Kenzaburo Oe (la lezione di Hiroshima fa ancora il suo corso) in
un'intervista a "La Stampa": "Anche se gli Stati Uniti e la Gran Bretagna
riuscissero ad uccidere Bin Laden o ad arrestarlo non credo che una tale
soluzione [la guerra - ndr -] sia efficace per rimediare alla vulnerabilita'
dei Paesi occidentali. Al contrario, rischierebbe di suscitare una seconda e
una terza ondata di terrorismo che infilera' ancor piu' profondamente gli
occidentali nel pantano della battaglia ambigua che rischia di essere assai
lunga".
Ma queste sono parole di uno scrittore. La', sulla Enterprise dove si gioca
la partita bellica contro il popolo afghano, si continua a colpire e
vincere. Questo e' il divertimento della guerra; cliccare un bottone e
correre al video per dire: "E' mio!". Oggi il grande circo si e' fermato a
Kabul, ma gia' il proscenio di Baghdad e' pronto per ritrasmettere lo
"spettacolo" della notte oscura dell'Irak, una notte che dura dieci anni di
embargo e migliaia di vittime innocenti.

5. INIZIATIVE. VERSO UNA LEGGE PER LA FORMAZIONE DELLE FORZE DELL'ORDINE
ALLA NONVIOLENZA
Dopo mesi di riflessione, dibattito, approfondimento, siamo dunque arrivati
al momento della presentazione del disegno di legge per la formazione e
l'addestramento delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei
valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza; giunge cosi' a
un passaggio fondamentale l'iniziativa proposta oltre un anno fa dal "Centro
di ricerca per la pace" di Viterbo.
Salvo imprevisti, dovrebbe svolgersi il 6 dicembre alle ore 12 presso il
Senato della Repubblica, nella Sala Rossa di Palazzo Madama, la conferenza
stampa di presentazione pubblica del disegno di legge. La conferenza stampa
e' promossa dal senatore Achille Occhetto, primo firmatario del disegno di
legge al quale hanno aderito numerosi senatori, deputati e parlamentari
europei di diverse forze politiche, ed a cui hanno espresso attenzione e
sostegno numerose istituzioni, associazioni, personalita' della cultura e
della vita civile.
Naturalmente dopo la presentazione al Senato lo stesso testo sara'
presentato anche alla Camera dei Deputati, con le firme dei deputati che
hanno gia' aderito e quelle che si aggiungeranno ancora.
Scopo della proposta di legge e' di mettere a disposizione delle forze
dell'ordine, impegnate nel fondamentale e delicatissimo compito della difesa
dei diritti di tutti, del mantenimento della sicurezza pubblica e del
rispetto della legalita' e della civile convivenza, gli straordinari
strumenti teorici e pratici offerti dalla nonviolenza.
Oltre alla proposta di legge il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
ha promosso anche la proposta che presso tutti gli enti locali si avvii al
piu' presto la formazione e l'addestramento alla conoscenza e all'uso della
nonviolenza da parte dei corpi di polizia locali (ad esempio i corpi di
polizia municipale), valorizzando anche le numerose esperienze gia' in corso
da anni, ad esempio quella del Comune di Milano.
Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo auspica che come gia' e'
accaduto nel primo ente locale che si e' pronunciato sulla proposta, il
Consiglio Provinciale di Viterbo, si possa arrivare alla definizione e
all'approvazione della legge col piu' ampio consenso parlamentare e senza
alcun voto contrario. Infatti la proposta di legge ha come unico obiettivo
la promozione della legalita' e dei diritti umani; l'applicazione dei
principi fondamentali della Costituzione, dello stato di diritto, della
democrazia; la messa a disposizione delle forze dell'ordine -
istituzionalmente preposte alla difesa della sicurezza e dei diritti di
tutti - delle risorse conoscitive, metodologiche ed operative della teoria e
della pratica della nonviolenza.
E' una proposta di legge che non si presta ad alcuna strumentalizzazione e
ad alcuna ambiguita'; una proposta che e' utile al bene pubblico, utile alle
forze dell'ordine, utile al paese e a tutte le persone che nel nostro paese
si trovano.
Riportiamo di seguito, ancora una volta, i seguenti materiali: il testo del
disegno di legge; una breve nota informativa; il testo dell'ordine del
giorno approvato dal Consiglio Provinciale di Viterbo (senza alcun voto
contrario).
Ancora una volta, e riassuntivamente, mettendo a disposizione dei nostri
lettori alcuni materiali informativi essenziali, chiediamo loro di
adoperarsi sia per sostenere l'iniziativa legislativa, sia per proporre di
avviare subito la sperimentazione della formazione alla nonviolenza ad
esempio nei corpi di polizia locale (per i vigili urbani e' sufficiente una
delibera del Consiglio Comunale, e come abbiamo ricordato sopra ci sono gia'
varie rilevanti esperienze).
*
Testo del disegno di legge di iniziativa dei senatori Occhetto ed altri
recante "Norme di principio e di indirizzo per l'istruzione, la formazione e
l'aggiornamento del personale delle forze di polizia"
Articolo 1 (Norme di principio)
1. L'istruzione, la formazione e l'aggiornamento professionale del personale
delle forze di polizia indicate all'articolo 16 della legge 1 aprile 1981,
n. 121 e successive modificazioni e integrazioni, sono svolte mediante
programmi ed attivita' didattiche coerentemente ispirati ai valori della
Costituzione della Repubblica con particolare riferimento agli articoli 2 e
27 e ai principi contenuti nella "Carta dei Diritti fondamentali"
dell'Unione Europea.
Articolo 2 (Direttive del Ministro dell'Interno)
1. Il Ministro dell'Interno, nelle sue attribuzioni di responsabile della
tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e di autorita' nazionale di
pubblica sicurezza,
- impartisce annualmente le direttive generali per l'attivita' d'istruzione,
formazione e aggiornamento svolte dal sistema degli Istituti e delle
Accademie delle forze di polizia introducendo le metodologie didattiche piu'
idonee ad elevare la conoscenza e l'uso dei valori, delle tecniche, delle
modalita' di servizio e delle strategie della nonviolenza;
- fissa gli obiettivi generali da raggiungere sia annualmente e sia
nell'intero ciclo d'istruzione;
- vigila sugli indirizzi didattici e verifica la qualita' degli interventi
formativi realizzati, relativamente alla promozione della coscienza civica e
al rigoroso apprendimento di una deontologia professionale che sia conforme
alle funzioni difensive e nonviolente delle forze dell'ordine;
- fissa la durata inderogabile dei corsi di istruzione per le varie
qualifiche del personale di nuova assunzione in servizio;
- si avvale della consulenza di docenti e ricercatori esperti in materia di
formazione alla nonviolenza e dei responsabili delle strutture formative e a
ddestrative attualmente operanti nelle forze dell'ordine sia per
l'approntamento della specifica normativa che per la qualificazione dei
docenti.
Articolo 3 (Relazione annuale sull'attivita' d'istruzione, formazione e
aggiornamento)
1. Il Ministro dell'Interno inoltra annualmente alle Camere, prima della
scadenza dei termini di presentazione della Legge Finanziaria e della Legge
di Bilancio, una particolareggiata relazione sull'attivita' svolta dal
sistema degli istituti d'istruzione delle forze di polizia, nella quale
siano esposti:
- gli obiettivi didattici formulati all'inizio dell'anno di gestione;
- gli indirizzi seguiti per il miglioramento continuo della preparazione
professionale, nei profili deontologico-valoriale, tecnico operativo e
gestionale;
- i modelli di valutazione adottati sia per la programmazione
scientifico-didattica e sia per la verifica dei risultati;
- i risultati raggiunti in termini di preparazione del personale delle forze
di polizia di ogni ordine e grado ed in termini di miglioramento qualitativo
delle metodologie e delle tecniche di insegnamento, ivi comprese metodologie
di servizio nonviolento;
- gli obiettivi didattici per l'anno successivo e i programmi di studio e di
ricerca previsti a supporto dell'attivita' degli istituti e del
miglioramento continuo della qualita' dei curricula formativi.
2. La relazione, trasmessa ai Presidenti della Camera e del Senato, e'
inoltrata al Comitato di cui al successivo articolo 4 della presente legge.
Articolo 4 (Comitato parlamentare per l'istruzione, la formazione e
l'aggiornamento professionale del personale delle forze di polizia)
1. Ai fini della promozione degli indirizzi formativi ispirati al
miglioramento continuo della qualita' delle forze di polizia, e' istituito
il Comitato parlamentare per l'istruzione, la formazione e l'aggiornamento
professionale del personale delle forze di polizia.
2. Il Comitato e' composto da cinque deputati e da cinque senatori, nominati
dai Presidenti della Camera e del Senato, sentiti i Presidenti dei Gruppi
Parlamentari.
3. Il Comitato
- elegge al suo interno il Presidente e resta in carica per tutta la
legislatura;
- svolge approfondimenti conoscitivi, mediante audizioni e sopralluoghi;
- discute e valuta la relazione annuale del Ministro dell'Interno, di cui
all'articolo 3 della presente legge;
- trasmette semestralmente una nota e annualmente una relazione su quanto
emerso dai relativi lavori alle Commissioni Affari Costituzionali della
Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
4. Il Comitato, ogni qualvolta si renda opportuno acquisire elementi e
valutazioni, delibera di audire il Ministro dell'Interno, o il
Sottosegretario di Stato delegato, i responsabili delle forze di polizia e
chiunque altri ricopra un incarico istituzionale nel campo dell'istruzione
del personale delle forze di polizia.
Articolo 5 (Copertura finanziaria)
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge valutati
complessivamente in ventimila milioni si provvede mediante l'utilizzo del
fondo di riserva per le spese impreviste per l'anno 2001.
Articolo 6 (Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
*
Una breve nota informativa
A. La nonviolenza nella legislazione e nella storia d'Italia
1. La nonviolenza nel corpus legislativo italiano
Nella legislazione italiana il termine, ed il concetto, di "nonviolenza" e'
entrato relativamente tardi: con la legge 8 luglio 1998, n. 230, che
all'art. 8, comma 2, lettera e) attribuisce all'Ufficio nazionale per il
servizio civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il compito
di "predisporre, d'intesa con il Dipartimento per il coordinamento della
protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile
non armata e nonviolenta".
In realta' gia' da molti anni erano stati effettualmente accolti termini ed
esperienze sovente fortemente connessi alla teoria e prassi della
nonviolenza, come ad esempio attesta la legislazione che dal 1972 con la
legge n. 772 riconosceva e recepiva l'obiezione di coscienza al servizio
militare e disponeva il servizio civile alternativo; inoltre gia' nel
dettato costituzionale, come hanno rilevato autorevoli commentatori, vi sono
le fondamenta di un orientamento tendenzialmente nonviolento e comunque una
legittimazione piena di tale prospettiva.
E del resto analogo orientamento e' possibile leggere in autorevoli
documenti internazionali: come la Carta delle Nazioni Unite, e la
Dichiarazione universale dei diritti umani.
2. La nonviolenza nella ricerca accademica e nelle agenzie formative
Nella ricerca accademica e nelle agenzie formative ormai da decenni la
nonviolenza e' un tema rilevante. E' cosi' a livello internazionale (a
partire dalle attivita' di peace research promosse dall'ONU), ed e' cosi'
anche in Italia, in cui lo studio della nonviolenza  e la formazione ai
valori, alle tecniche e alle strategie della nonviolenza costituiscono
esperienze consolidate sia in ambito accademico che in ambito piu'
generalmente istituzionale che nell'alveo delle esperienze
dell'associazionismo democratico, delle agenzie formative, delle variegate
formazioni in cui si articola la societa' civile e particolarmente l'impegno
sociale e civile.
3. La nonviolenza nella cultura e nella storia d'Italia
Del resto nella cultura e nella storia d'Italia la nonviolenza e' radicata
in esperienze e riflessioni che risalgono ad esempio fino alla proposta di
vita e di pensiero di Francesco d'Assisi.
E nel Novecento un illustre filosofo e pedagogista italiano, Aldo Capitini,
ha dato un contributo di riflessione e di proposta di enorme rilevanza a
livello internazionale; cosi' come Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (che di
Gandhi fu direttamente discepolo); cosi' come Danilo Dolci: personalita'
italiane che a livello internazionale sono tra le figure piu' note e piu'
luminose della nonviolenza. Ad Aldo Capitini risale altresi' la coniazione
del termine stesso "nonviolenza".
Peraltro in Italia anche la figura di Gandhi fu conosciuta con relativa
tempestivita': anche grazie alla sua visita nel nostro paese nel 1931, ed
alla pubblicazione nello stesso anno dell'edizione italiana della sua
autobiografia con prefazione di Giovanni Gentile; ed alla nonviolenza si
ispirarono alcune delle figure piu' nobili e delle attivita' piu' profonde e
luminose dell'opposizione alla dittatura fascista.
4. Per una definizione critica e pluridimensionale della nonviolenza
4.1. Il termine "nonviolenza", distinto dalla locuzione "non violenza"
La parola "nonviolenza" e' stata coniata dal filosofo ed educatore italiano
Aldo Capitini (1899-1968) e traduce i due termini creati da Mohandas Gandhi
(1869-1948) per definire la sua proposta teorico-pratica: "ahimsa" e
"satyagraha".
La parola "nonviolenza" designa un concetto del tutto distinto dalla
semplice locuzione "non violenza" o "non-violenza"; la locuzione "non
violenza" infatti indica la mera astensione dalla violenza (ed in quanto
tale puo' comprendere anche la passivita', la fuga, la rassegnazione, la
vilta', l'indifferenza, la complicita', l'omissione di soccorso); il
concetto di "nonviolenza" afferma invece l'opposizione alla violenza come
impegno attivo e affermazione di responsabilita'.
Infatti i due termini usati da Gandhi, che il termine capitiniano di
"nonviolenza" unifica e traduce, hanno un campo semantico ampio ma molto
forte e ben caratterizzato: "ahimsa" significa "contrario della violenza",
"negazione assoluta della violenza", quindi "opposizione alla violenza fino
alla radice di essa"; "satyagraha" significa "adesione al vero, contatto con
il bene, forza della verita', vicinanza all'essere, coesione essenziale".
4.2. La nonviolenza non e' un'ideologia
La "nonviolenza" quindi e' un concetto che indica la scelta e l'mpegno di un
intervento attivo contro la violenza, la sopraffazione, l'ingiustizia (non
solo quella dispiegata e flagrante, ma anche quella cristallizzata e
camuffata, quella acuta e quella cronica, quella immediata e quella
strutturale).
La nonviolenza non e' un'ideologia ne' una fede: ci si puo' accostare alla
nonviolenza a partire da diverse ideologie e da diverse fedi religiose e
naturalmente mantenendo quei convincimenti. Ad esempio nel corso dello
scorso secolo vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla
nonviolenza aderendo a fedi diverse: induista, cristiana, buddhista,
islamica, ebraica, altre ancora, o anche non aderendo ad alcuna fede.
Ugualmente vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla
nonviolenza aderendo a ideologie diverse: liberali, socialiste (nelle varie
articolazioni di questo concetto teorico e movimento storico), patriottiche,
internazionaliste, democratiche in senso lato.
4.3. La nonviolenza e' una teoria-prassi sperimentale e aperta
La nonviolenza infatti e' una teoria-prassi, ovvero un insieme di
riflessioni ed esperienze, creativa, sperimentale, aperta. Non dogmatica,
non autoritaria, ma che invita alla responsabilita' personale nel riflettere
e nell'agire.
4.4. La nonviolenza e' un concetto pluridimensionale
Molti equivoci intorno alla nonviolenza nascono dal fatto che essa e' un
concetto a molte dimensioni, cosicche' talvolta chi si appropria di una sola
di queste dimensioni qualifica la sua collocazione e il suo agire come
"nonviolenti", in realta' commettendo un errore e una mistificazione,
poiche' si da' nonviolenza solo nella compresenza delle varie sue dimensioni
(ovviamente, e' comunque positivo che soggetti diversi conoscano e accolgano
anche soltanto alcuni aspetti della nonviolenza, ma questo non li autorizza
a dichiarare di praticare la nonviolenza).
Proviamo a indicare alcune delle dimensioni fondamentali della nonviolenza:
- la nonviolenza e' un insieme di ragionamenti e valori morali;
- la nonviolenza e' un insieme di tecniche comunicative, relazionali,
deliberative, organizzative e di azione;
- la nonviolenza e' un insieme di strategie di intervento sociale e di
gestione dei conflitti;
- la nonviolenza e' un progetto sociale di convivenza affermatrice della
dignita' di tutti gli esseri umani;
- la nonviolenza e' un insieme di analisi e proposte logiche, psicologiche,
sociologiche, economiche, politiche ed antropologiche.
Come si vede, lo studio della nonviolenza implica la coscienza della
pluridimensionalita' di essa, delle sue articolazioni, delle sue
implicazioni.
Ed anche del fatto che essa implica saldezza sui principi ed insieme un
atteggamento ricettivo, critico, sperimentale, aperto; che non ha soluzioni
preconfezionate ma richiede ogni volta nella situazione concreta un
riflettere e un agire contestuale, critico e creativo.
B. Formazione del personale delle forze dell'ordine e ordinamento giuridico
1. I percorsi formativi del personale delle forze dell'ordine
Attualmente le forze dell'ordine in Italia sono articolate in diversi corpi,
con statuti specifici ed organizzazioni interne peculiari. Tale situazione
si riflette anche sui percorsi formativi ed addestrativi.
2. La Costituzione come fondamento dell'ordinamento giuridico
Ma fondamento unitario di tutti i percorsi formativi e' e deve essere il
riferimento alla Costituzione della Repubblica Italiana su cui si incardina
tutto il sistema legislativo ed istituzionale italiano e si basa il nostro
ordinamento giuridico.
3. Ordine pubblico, legalita', democrazia
E quindi in uno stato di diritto, in un paese democratico come l'Italia, la
funzione dello Stato preposta all'ordine pubblico e' vincolata
all'affermazione della legalita', alla difesa della democrazia, alla
promozione della sicurezza, dell'incolumita' e dei diritti delle persone che
nel territorio italiano si trovino.
4. Pubblica sicurezza, diritti umani
Sempre piu' la riflessione giuridica contemporanea ha evidenziato il nesso
inscindibile tra sicurezza pubblica e diritti umani, diritti che sono propri
di ogni essere umano e che per essere inverati abbisognano di un impegno
positivo delle funzioni pubbliche.
5. Necessita' di una piu' adeguata formazione delle forze dell'ordine
Si evince pertanto la necessita' di una sempre piu' adeguata formazione del
personale delle forze dell'ordine ordinata all'espletamento piu' coerente ed
efficace dei compiti che inverino le finalita' dalla Costituzione enunciate
nell'ambito delle specifiche funzioni, modalita' ed aree di intervento. A
tal fine la formazione alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche
e delle strategie della nonviolenza si dimostra di estrema utilita'.
C. Esperienze di riferimento in Italia, in Europa e nel mondo
1. Esperienze di formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine gia'
svolte ed in corso in Italia
Anche in Italia da anni in vari luoghi e contesti si sperimentano gia'
percorsi formativi alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e
delle strategie dalla nonviolenza di personale preposto alla sicurezza
pubblica.
2. Riflessioni ed esperienze in altri paesi europei
In altri paesi europei la riflessione e le esperienze in tal senso sono
sovente assai rilevanti, come si evince dal dibattito in merito.
3. Esperienze internazionali di riferimento
Infine si consideri come a livello internazionale vi siano ormai molteplici
e qualificatissime esperienze storiche, di grande rilievo anche sul piano
giuridico, con particolar riferimento a situazioni di partenza decisamente
assai critiche.
Si pensi ad esempio al caso del Nicaragua in cui dopo la fine della
dittatura somozista si pose il problema di rieducare il personale dei corpi
speciali della dittatura (spesso bambini che erano stati ridotti a feroci
bruti); o al caso straordinario del Sud Africa, in cui la "Commissione
nazionale per la verita' e la riconciliazione", presieduta dal Premio Nobel
Desmond Tutu, ha indicato una via di grande interesse e profonda
originalita' per uscire da una situazione tremenda come quella ereditata dal
regime dell'apartheid.
D. Ambiti formativi in cui si fa gia' ampio uso dei valori e delle tecniche
della nonviolenza
Segnaliamo infine, come mera elencazione, alcuni ambiti in cui da molti anni
esiste ormai una lunga ed ampia tradizione di studi e di esperienze
formative e addestrative alla conoscenza e all'uso della nonviolenza.
Questa tradizione ha diverse esplicazioni: in sede di istituzioni
sovranazionali; in sede di istituzioni nazionali; in sede di istituzioni
locali; in sede universitaria; in sede scolastica; in sede di altre agenzie
formative; in sede di enti assistenziali, sociali, sanitari, di protezione
civile; in sede di enti di servizio civile; in sede di associazionismo
democratico; in sede di formazione ed aggiornamento nel management; in sede
di agenzie informative; in sede di intervento psicoterapeutico; in sede di
training sportivo; in sede di facilitazione in consessi deliberativi; in
sede di promozione e coordinamento di campagne sociali.
Gli esempi sono infiniti: si va dalla formazione ad altissima qualificazione
del personale specializzato in interventi di peace-keeping a livello
internazionale (in primo luogo dell'ONU); alle cattedre e ai dipartimenti
universitari di peace-research; fino alla formazione dei giovani in servizio
civile.
Analogamente esempi attuativi e fonti normative e regolamentari di
riferimento gia' esistono a tutti i livelli, sia in campo internazionale che
per quel che concerne specificamente l'Italia.
Esistono anche ricognizioni di istituti di ricerca specializzati in ambito
istituzionale e accademico; una pregevole raccolta di dati e' stata
recentemente pubblicata dal Movimento Internazionale della Riconciliazione
(MIR) di Padova, ed e' disponibile sulla rete telematica pacifista
Peacelink.
E. Una bibliografia essenziale meramente orientativa
- AA. VV., Etiche della mondialita', Cittadella, Assisi 1996;
- AA. VV., Gli istituti e i centri internazionali di ricerca per la pace,
Movimento Internazionale della riconciliazione, Associazione Beati i
costruttori di pace, Padova 2000;
- Guenther Anders, Tesi sull'eta' atomica, Edizioni del Centro di ricerca
per la pace, Viterbo 1991;
- Daniele Archibugi, David Beetham, Diritti umani e democrazia
cosmopolitica, Feltrinelli, Milano 1998;
- Hannah Arendt, La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrinelli,
Milano 1993;
- Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo, Comunita', Milano 1996;
- Emanuele Arielli, Giovanni Scotto, I conflitti, Bruno Mondadori, Milano
1998;
- Ernesto Balducci, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia,
Principato, Milano 1985;
- Ernesto Balducci, Pierluigi Onorato, Cittadini del mondo, Principato,
Milano 1985;
- Franco Basaglia, Franca Ongaro Basaglia (a cura di), Crimini di pace,
Einaudi, Torino 1975;
- Zygmunt Bauman, Dentro la globalizzazione, Laterza, Roma-Bari 1999;
- Norberto Bobbio, Eguaglianza e liberta', Einaudi, Torino 1995;
- Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia, Einaudi, Torino 1991;
- Norberto Bobbio, L'eta' dei diritti, Einaudi, Torino 1990;
- Norberto Bobbio, Stato, governo, societa', Einaudi, Torino 1995;
- Norberto Bobbio, Teoria generale del diritto, Giappichelli, Torino 1993;
- Norberto Bobbio, Nicola Matteucci, Gianfranco Pasquino et alii, Dizionario
di politica, Tea, Milano 1992;
- Elias Canetti, Massa e potere, Bompiani, Milano 1988;
- Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992;
- Enrico Chiavacci, Dal dominio alla pace, La meridiana, Molfetta 1993;
- Guido Corso, L'ordine pubblico, Il Mulino, Bologna 1979;
- Ralf Dahrendorf, Quadrare il cerchio. Benessere economico, coesione
sociale e liberta' politica, Laterza, Roma-Bari 1995;
- Alessandro Dal Lago, Non-persone, Feltrinelli, Milano 1999;
- Danilo Dolci, Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979;
- Daniilo Dolci, Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974;
- Theodor Ebert, La difesa popolare nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1984;
- Guglielmo Aldo Ellena (a cura di), Manuale di animazione socioculturale,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1989;
- Giovanni Falcone, Interventi e proposte, Sansoni, Firenze 1994;
- Giovanni Falcone (con Marcelle Padovani), Cose di cosa nostra, Rizzoli,
Milano 1991;
- Luigi Ferrajoli, Diritto e ragione, Laterza, Roma-Bari 1990;
- Luigi Ferrajoli, La sovranita' nel mondo moderno, Laterza, Roma-Bari 1997;
- Michel Foucault, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino 1979;
- Mohandas K. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino
1984;
- Lodovico Grassi, La democrazia dell'era atomica, Edizioni Cultura della
Pace, S. Domenico di Fiesole 1988;
- Germaine Greer, La donna intera, Mondadori, Milano 2000;
- Juergen Habermas, Teoria dell'agire comunicativo, Il Mulino, Bologna 1997,
due volumi;
- IPRI (a cura di), Se vuoi la pace, educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1984;
- Hans Jonas, Il principio responsabilita', Einaudi, Torino 1993;
- Alberto L'Abate, Consenso, conflitto e mutamento sociale, Franco Angeli,
Milano 1990;
- Alberto L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha,
Torino 1985;
- Eugenio Lecaldano, Etica, Utet, Torino 1995;
- Primo Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986;
- Emmanuel Levinas, Ethique et infini, Fayard, Paris 1982;
- Emmanuel Levinas, Totalita' e infinito, Jaca Book, Milano 1995;
- Jean Marie Muller, Lessico della nonviolenza, Satyagraha, Torino 1992;
- Jean Marie Muller, Strategia della nonviolenza, Marsilio, Venezia 1975;
- Franca Ongaro Basaglia, Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982;
- Franca Ongaro Basaglia, Una voce, Il Saggiatore, Milano 1982;
- Salvatore Palidda, Polizia postmoderna, Feltrinelli, Milano 2000;
- Enrico Peyretti, Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte
nonarmate  e nonviolente. (in "La nonviolenza e' in cammino" n. 145 del 10
marzo 2001);
- Giuliano Pontara, Etica e generazioni future, Laterza, Roma-Bari 1995;
- Giuliano Pontara, La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1996;
- Stefano Rodota', Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995;
- Stefano Rodota', Tecnopolitica, Laterza, Roma-Bari 1997;
- Giovanni Salio, Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1995;
- Umberto Santino, Oltre la legalita', Centro siciliano di documentazione
"Giuseppe Impastato", Palermo 1997;
- Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1985-1997, tre volumi;
- Francesco Tullio (a cura di), Una forza nonarmata dell'ONU: utopia o
necessita'?, Casa Editrice Formazione e Lavoro, Roma 1989;
- Luciano Violante, Non e' la piovra. Dodici tesi sulle mafie italiane,
Einaudi, Torino 1994;
- Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, Edizioni del
Movimento Nonviolento, Perugia 1982;
- Virginia Woolf, Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987;
- Gustavo Zagrebelsky, Il diritto mite, Einaudi, Torino 1992.
*
Ordine del giorno approvato dal Consiglio Provinciale di Viterbo (senza
alcun voto contrario)
Il Consiglio Provinciale di Viterbo
vista l'iniziativa del Centro di ricerca per la pace di Viterbo per
l'elaborazione di una proposta di legge nella quale si preveda che nel
curricolo formativo e nell'addestramento degli operatori della sicurezza
pubblica venga  compresa la conoscenza dei valori teoretici, delle strategie
d'intervento e delle tecniche operative della nonviolenza e quindi
l'educazione e l'addestramento ad  esse;
considerata la delicatezza del servizio pubblico prestato dalle forze
dell'ordine, sulle quali incombe il gravoso ed importantissimo impegno di
difendere la sicurezza pubblica, l'incolumita' delle persone, la legalita',
e dato che esse per funzione istituzionale si trovano sovente ad agire in
situazioni fortemente critiche e d'emergenza;
ritenendo di condividere le motivazioni e le finalita' dell'iniziativa che
mira a:
- mettere a disposizione delle forze dell'ordine strumenti interpretativi ed
operativi adeguati per agire in modo costantemente legale, efficace e
rispettoso della dignita' umana nello svolgimento delle proprie mansioni;
-  fornire agli operatori addetti al controllo del territorio ed alla
protezione dei diritti, un quadro di riferimento categoriale ed applicativo
coerente con la Costituzione, e quindi con la fonte stessa della legalita'
nel nostro paese; e con la Dichiarazione universale dei diritti umani, che
costituisce un comune orizzonte di riferimento per le codificazioni
giuridiche e le prassi amministrative dei paesi democratici;
- offrire un'occasione di riflessione sulle dinamiche relazionali e sulle
strategie operative e cooperative nel rapporto interpersonale e
particolarmente nel conflitto con la persona o le persone nei cui confronti
si interviene e con cui quindi si interagisce;
- mettere a disposizione indicazioni utili ad un approfondimento delle
problematiche non solo giuridiche, procedurali, amministrative e tecniche,
ma anche psicologiche, sociologiche, comunicative e antropologico-culturali
connesse ed implicate dall'attivita' che si svolge;
esprime
adesione e sostegno all'iniziativa del Centro di ricerca per la pace e
si impegna
a contribuire attivamente all'elaborazione e alla presentazione
dell'articolato di legge.
Viterbo, 14 novembre 2001

6. ALCUNE INIZIATIVE DI PACE DI OGGI
[Ovviamente le iniziative di pace di seguito segnalate sono quelle di cui
siamo venuti a conoscenza e che ci sembrano caratterizzate da due scelte
precise: I. la nonviolenza; e II. la difesa dei diritti umani, del diritto
internazionale, della legalita' costituzionale]
Domenica 2 dicembre
- a Baronissi: poeti contro la guerra. Info: tel. 089951621.
- a Bologna: alle ore 9,30, presso la Cisl Emilia Romagna, in via Milazzo
16, assemblea di "Chiama l'Africa". Per contatti: sito: www.chiamafrica.it,
e-mail: info@chiamafrica.it, tel. 065430082.
- a Lesa: alla sala Pertini sul lungolago mostra di fotografie di Sebastiao
Salgado, il grande fotografo brasiliano rappresenta il nostro presente: una
umanita' in cammino spinta dalla miseria, dall'intolleranza, dalla guerra.
Domenica: ore 10-12 e 15-18.
- a Salerno: poeti contro la guerra. Info: tel. 089951621.
- a Santa Maria La Longa: alle ore 9-18 in via don Orione 2, iniziativa per
Emergency.
- a Sant'Anastasia (NA): si conclude la manifestazione dedicata alla cultura
africana e raccolta fondi per la realizzazione di progetti in Africa. Per
contatti: a.tim@inwind.it
- a Tavarnuzze (FI): alla "Casa per la Pace", a via Quintole per le Rose
131/133, prosegue l'incontro sui diritti minacciati, con G. Codrignani, U.
Allegretti. L'iniziativa e' promossa dal Centro studi economico-sociali di
Pax Christi e dalla Fondazione Ernesto Balducci. Per informazioni e
iscrizioni: tel/fax: 0552374505.
- a Viterbo: alle ore 16 presso il centro sociale "Valle Faul" consueto
incontro di formazione alla nonviolenza.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 306 del 2 dicembre 2001