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CIOCCOLATO POSITIVO, campagna di Transfair Italia e Save the children



NELLA PERUGIA DI EUROCHOCOLATE, ACCANTO ALLE MULTINAZIONALI DEL CIOCCOLATO, 
SCENDE IN PIAZZA LO STAND DI "CIOCCOLATO POSITIVO", CAMPAGNA DI "SAVE THE 
CHILDREN" E "TRANSFAIR ITALIA".
Mentre si celebra la liturgia di Eurochocolate, con sapiente regia e con i 
paramenti  che si addicono all'evento (stand all'insegna del "più è logo più 
è buono", belle ragazze maestre in crepes gocciolanti di Nutella, novità 
come cioccolata arancione-all'arancia, rosa-fragola o verde-limone, trenini 
griffati dai più prestigiosi cioccolatifici e mucche lilla giganti gonfiate 
nelle piazze principali della città), stamattina a Perugia è riuscita a 
trovare spazio, e ad essere perfino seguita da più di un organo di 
informazione locale, la conferenza stampa indetta da "Save the children" e 
"Transfair Italia". Il movimento internazionale per la difesa e promozione 
dei diritti dei bambini e il marchio internazionale di garanzia per il 
Commercio equo e solidale hanno lanciato una campagna congiunta per la 
tutela dei diritti dei piccoli nella produzione del cioccolato, dal titolo 
"Cioccolato positivo. Più diritti, più cacao". La scelta di presentare la 
campagna nel dolciastro contesto di Eurochocolate nasce dalla volontà di 
attirare l'attenzione di consumatori e aziende su un problema molto serio 
legato al consumo del cioccolato: l'impiego ingente di lavoro minorile nelle 
piantagioni di cacao. "Vogliamo che il cioccolato sia dolce per tutti, per 
questo lanciamo una campagna positiva per veicolare, insieme al gusto del 
cacao, più consapevolezza" dicono gli organizzatori.
"Spesso i diritti dei bambini sono citati in un luogo neutrale, noi invece 
pensiamo che debbano essere contestualizzati, inseriti in analisi anche 
economiche" ha detto Paolo Pastore di Transfair, marchio internazioanle 
presente in Italia dal 1995.
Anche se è difficile proporre dati ufficiali, e anche se in un primo momento 
alcune multinazionali del cacao avevano negato l'esistenza del fenomeno - lo 
ha detto Anita Sceth di "Save the children" intervenuta a Perugia - "si 
stima che bambini vittime del traffico della schiavitù e impiegati nelle 
piantagioni di cacao solo in Costa d'Avorio siano più di 15.000, ma è 
naturale credere che il numero sia più elevato: secondo l'Unicef sono circa 
200.000 i bimbi trafficati illegalmente ogni anno in Africa centrale e 
occidentale".
Mentre Transfair ha annunciato la prossima pubblicazione di un dossier "allo 
scopo creare posssibilità di capire il fenomeno", cosa può fare un 
consumatore attento? Quattro le linee-guida:
1) capire da dove viene il cioccolato e chiedere alle aziende poduttrici di 
verificarne l'origine;
2) controllare la percentuale di grassi vegetali aggiunti: più ce ne sono e 
meno il cioccolato è buono e nutriente;
3) acquistare prodotti equosolidali per sostenere i piccoli produttori dei 
paesi d'origine;
4) contribuire a realizzare progetti di cooperazione e sostegno all'infanzia 
nei paesi dove il cacao viene raccolto.
I prezzi del cacao sono determinati dalle borse di New York (CSCE - Coffee, 
Sugar and Cocoa Exchange) e di Londra (LIFFE - London International Finance 
Futures Exchange) e subiscono, in tempi molto brevi, rilevanti fluttuazioni 
in relazione alla domanda e all'offerta.
A tal proposito la campagna "Cioccolato positivo" punta a a far sì che i 
contadini abbiano voce in capitolo nella definizione dei prezzi.
A peggiorare la situazione è subentrata la direttiva 2000/36/CE che consente 
la sostituzione del burro di cacao fino al 5 per cento del prodotto finale, 
con effetti negativi per consumatori e produttori: "Una tonnellata di grassi 
vegetali costa circa la metà di una tonnellata di cacao" spiega Trasfair.
Una tonnellata di cacao costa circa 1000 dollari. Di questi la metà va al 
produttore locale (che è capace di produrre in un anno 40/50 kg di cacao). 
Il dramma, appunto, sono i troppi intermediari.
POnendosi come un ponte diretto tra i produttori e i consumatori, il 
commercio equo paga 1700 dollari una tonnenllata di cacao. Tale cifra i 
produttori la investono in parte in miglioramento salariale dei lavoratori, 
in parte in programmi locali di sviluppo. Inoltre, se pagati di più i 
coltivatori possono praticare una adeguata rotazione agricola, che evita una 
precoce infertilità del suolo.
"Con tutto questo non facciamo beneficenza - ha detto ancora Paolo Pastore - 
ma diamo possibilità a queste persone di scegliere il modello di sviluppo 
che vogliono".
Il cacao "equo" in Italia proviene principalmente da Equador, Costa Rica, 
Santo Domingo. E, secondo un'inchiesta condotta da "Report" e citata da 
Pastore, non si può affatto definire un prodotto "caro", essendo molto buono 
il rapporto tra qualità e prezzo. Importante è che il consumatore, bene 
informato, possa scegliere.
Da oggi fino a sabato a Perugia ci si può informare in piazza Danti, presso 
lo stand della campagna "Cioccolato positivo".
Eli.Pro.


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