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La nonviolenza e' in cammino. 259



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 259 del 16 ottobre 2001

Sommario di questo numero:
1. Alessandro Marescotti, Peacelink per i volontari antiguerra
2. Peppe Sini, sette tesi dopo la marcia Perugia-Assisi
3. Giulio Vitorangeli, un gesto di dolcezza
4. Maria Teresa Gavazza, guerre e pace
5. Davide Melodia, corresponsabili della guerra
6. Un comunicato del Comitato scienziate e scienziati contro la guerra
7. Giancarlo Zizola, governo globale e democrazia
8. Chiara Zamboni, il conflitto nascosto
9. Mario Di Marco, resoconto della conferenza dell'11 ottobre a Viterbo
10. A giorni la presentazione della proposta di legge per la formazione
delle forze dell'ordine alla nonviolenza
11. Alcune prossime iniziative di pace nel viterbese
12. Per studiare la globalizzazione: da Maria Luisa Spaziani a Corrado
Stajano
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. STRUMENTI. ALESSANDRO MARESCOTTI: PEACELINK PER I VOLONTARI ANTIGUERRA
[Alessandro Marescotti e' il presidente di Peacelink (per contatti: e-mail:
a.marescotti@peacelink.it; sito: www.peacelink.it)]
Cosa fare contro la guerra dopo la marcia Perugia-Assisi?
Come PeaceLink abbiamo deciso di organizzare il database
http://db.peacelink.it/volontari in cui raccogliere tutti i pacifisti
telematico decisi a mobilitarsi con i mezzi della nonviolenza e
dell'intelligenza telematica, ossia dell'intelligenza collettiva in rete.
Ai volontari presenti arriveranno periodicamente delle e-mail come questa
con proposte, materiali, idee e tutto cio' che e' presente in rete allo
scopo di lavorare per la pace.
Ti chiediamo di cliccare su
http://www.peacelink.it/webgate/pcknews/msg01227.html
dove c'e' il kit antiguerra: scaricalo, leggilo e diffondilo, se ti sembra
interessante.
All'indirizzo http://www.peacelink.it/dossier/guerra c'e' poi il dossier
sulla guerra, anch'esso scritto pe un'ampia diffusione e per essere
stampato.
Invitiamo tutti a mobilitarsi quotidianamente perche' la grande
mobilitazione della Perugia-Assisi continui nei nostri luoghi di vita
quotidiana.

2. RIFLESSIONE. PEPPE SINI: SETTE TESI DOPO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI
La marcia Perugia-Assisi del 14 ottobre 2001 e' stata la piu' grande
epifania della pace, la piu' grande manifestazione contro la guerra, il
terrore e l'uccidere che si sia data nel mondo in questi tragici mesi dopo
l'orrore dell'11 settembre e gli orrori a quell'orrore seguiti ed in corso.
1. Si illudevano taluni che della marcia di Aldo Capitini si potesse fare un
uso improprio, si potesse farne bottino e mercimonio.
Invece essa e' stata, ancora una volta, il luogo visibile e veggente
dell'impegno per la pace il piu' nitido ed intransigente, la nonviolenza in
cammino.
2. Lo sanno quelli che quei ventiquattro chilometri sono ormai anni o
decenni che se li camminano davvero: si puo' entrare nella marcia con mille
riserve mentali, imbevuti di radicati pregiudizi e diffidenze reciproche.
Ma la marcia ti chiama e ti scioglie il cuore indurito. Ed anche chi vi
entra con duplice intento ne esce con animo perturbato e commosso.
Anche e forse soprattutto questo e' la marcia della pace: un cammino
interiore di meditazione e di riconoscimento di umanita'.
3. Continueranno, coloro che hanno voluto la guerra e dieci e due anni fa ed
oggi ancora, a mentire a se stessi e ai mass-media, continueranno.
E come loro, insieme a loro, continueranno, coloro che riproducono nel loro
agire autoritarismo, militarismo e maschilismo fascista (sono esempi di modi
di pensare e di agire fascisti le gesta e le parole di molti leaderini -
anche in tuta e in tonaca - del  movimento cosiddetto
"antiglobalizzazione"), continueranno, si', ad adorare in pubblico o in
privato la violenza (i piu' ipocriti: la violenza "levatrice"), e la
menzogna, come sola forma di comunicazione che conoscono, riconoscono e
ammirano e venerano; continueranno.
Ma la loro menzogna, la loro violenza, cadono smascherate a fronte della
nonviolenza e della nonmenzogna: e la marcia, ancora una volta, e' stata la
marcia di migliaia, forse di centinaia di migliaia di donne e di uomini di
volonta' buona che non si riconoscono nei maneggi e nelle doppiezze dei
sepolcri imbiancati.
4. La marcia per la pace e' stata la prima grande risposta dell'umanita'
alle stragi terroriste. Alle stragi terroriste commesse da gruppi della
criminalita' organizzata, ed a quelle commesse da eserciti statali.
Essa ripudia tutte le stragi, tutte le guerre, tutte le uccisioni.
Essa rivendica la comune umanita' di tutti gli esseri umani.
5. La marcia della pace e' la nonviolenza in cammino.
E dunque: la marcia e' solo cominciata; l'opposizione alla guerra e al
terrore, all'ingiustizia globale, questa opposizione e' oggi piu' limpida e
piu' forte.
6. E dunque al lavoro.
Agiamo per fermare la guerra, per difendere il diritto internazionale e la
legalita' costituzionale, per salvare le vite umane delle persone bersaglio
dei bombardamenti in corso.
Ed agiamo con la nonviolenza, con la scelta della nonviolenza, la limpidezza
della nonviolenza, la forza della nonviolenza.
Subito, adesso, occorre imporre a chi governa e rappresenta il nostro paese
di recedere dal crimine commesso con la deliberazione parlamentare che
aderendo alla guerra ha violato la Costituzione ed ha collocato fuori della
legge governo, parlamento e capo dello Stato.
L'Italia torni alla legalita', e si adoperi per la pace, subito.
7. Per ottenere questo, con la scelta della nonviolenza, per la pace e la
legalita', proponiamo di preparare ed organizzare: l'azione diretta
nonviolenta; la disobbedienza civile; lo sciopero generale.

3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: UN GESTO DI DOLCEZZA
[Giulio Vittorangeli e' impegnato da sempre nella solidarieta'
internazionale. Per contatti: giulio.vittorangeli@tin.it]
Viviamo giornate occupate, inevitabilmente, dalla guerra.
Il pensiero della guerra si e' insinuato nella nostra quotidianita': una
brioche calda, le telefonate agli amici, un momento di pausa in ufficio, il
caffe' a meta' mattina, il rumore del traffico, i ricordi di quando si era
bambini, la voglia di pensare a cosa si fara' la prossima estate, il rumore
del mare, sentire che fuori piove, pestare la neve, annusare di nuovo la
primavera, sentirsi capiti, amare una persona, innamorarsi di qualcosa,
comprarsi dei fiori, un libro di poesie... tutto questo e' filtrato dallo
sguardo oggettivante e raggelante della guerra in Afghanistan, e percepiamo
un sentimento misto di preoccupazione, paura, impotenza.
Come non temere infatti la totale imprevedibilita' del futuro, di una guerra
che si caratterizza sempre piu' senza un fine (al di la' di una generica
"lotta al terrorismo"), e percio' senza fine.
Ma la paura "ragionevole" sembra proibita e convertita in altro: la paura
"censurata", combinata con l'impotenza (come fermare la guerra) e la
mancanza di mezzi, possibilita', per aiutare concretamente le vittime
innocenti.
Viene meno (per noi che siamo da questa parte del mondo, la piu' benestante)
anche la vecchia separazione tra politica e privato: fino ad una settimana
fa o si parlava di politica, economia, o si parlava delle vite singole. Oggi
tutto si tiene, ma cambia la percezione dell'avventura vita, le scansioni
temporali della vita corporea, ad iniziare dai suoi appuntamenti cruciali
con la nascita e la morte, particolarmente segnate per le donne.
E' la differenza che passa tra due ordini simbolici: l'ordine dei padri
segnato dal dominio, dalla proprieta' privata, dalla violenza; e l'ordine
delle madri segnato dalla cura, dall'attenzione alle relazioni, dalla
disponibilita' collettiva delle risorse, dal rispetto per la natura. Una
donna ha una testa che pensa e un utero in cui si forma la vita: e' suo
privilegio e sua condanna. Nessuna bambina/bambino sta sospesa da nessuna
parte; tutti sono ancorati alla placenta, protetti dall'utero nella carne di
una donna vivente. Chi non ha sentito, almeno una volta, il gesto di
dolcezza, il tocco lieve, sottile filo invisibile che dice "semplicemente
sono tua madre, il mio sangue ti scorre nelle vene, ti ho portato dentro di
me per nove mesi".
Si possono misurare sul metro dell'esperienza interiore gli avvenimenti piu'
tremendi della storia? E saggiare su di essi le logiche dell'interiorita'?
In genere le riflessioni sulla storia e la vita interna sono separate,
quando non si negano. Chi ne e' cosciente, cammina sui due livelli senza
ignorare la dicotomia. Ma piu' frequente e' la separazione, lo sfocare uno
dei due livelli, calando una zona d'ombra alternativamente o sul mondo
esterno o su di se'.
Pero', c'e' un punto, un limite, fatto dentro di se' e nei rapporti con gli
altri, che detta d'improvviso (nelle ore in cui una tragedia mondiale, come
quella attuale, ci attraversa) un "no, questo e adesso e' intollerabile",
che non somiglia ad altri rifiuti. L'inumano della guerra e' una dimensione
universale, che coinvolge tutti, davanti alla quale non possiamo chinare il
capo, restare ripiegati e intorpiditi su noi stessi.
Dobbiamo rifiutare tutto l'armamentario del fondamentalismo, del
nazionalismo e del militarismo; ricercare e riproporre le grandi domande
sull'ingiustizia che attraversa il mondo, per tornare a dare senso alle
relazione tra donne e uomini, tra popoli, come modo di resistere ad un
potere globalizzato, anonimo, poco visibile e pervasivo (paragonabile, in
questo, alla mafia), che mette tutto sul mercato, sfruttandone ogni miseria.

4. INIZIATIVE. MARIA TERESA GAVAZZA: GUERRE E PACE
[Maria Teresa Gavazza, insegnante e storica, e' impegnata nell'associazione
"Comunicando"; per contatti: via Marconi 13, 15044 Quargnento (AL), tel.
0131219638, fax 0131219555, e-mail: teregav@tin.it]
Il programma delle attivita' organizzate dall'associazione culturale
"Comunicando" e' caratterizzato dal desiderio di comprendere il presente
senza trascurare la memoria storica, intesa come impegno civile nella
societa' contemporanea. La prima iniziativa si e' svolta all'insegna di
questa aspirazione ideale.
Mercoledi 10 ottobre nel salone della Pro Loco di Quargnento la conferenza
sull'analisi delle guerre nel "secolo breve" ha posto molti interrogativi.
La toccante testimonianza di Ennio Odino, partigiano sopravvissuto
fortunosamente alla strage della Benedicta (aprile 1944), ha messo in luce
l'impossibilita' di procedere a parallelismi superficiali tra le vicende
della seconda guerra mondiale e il primo conflitto del nuovo secolo.
Nonostante tutto pero' le vicende umane, la carne e il sangue delle vittime,
sono gli stessi ieri ed oggi. Il monito dell'anziano testimone, se pur
inascoltato, e' stato quindi: "Mai piu' guerre".
Di tono diverso, distaccato e scientifico, l'intervento del prof. Carlo
degli Abbati, profondo conoscitore della storia afghana ed esperto della
Comunita' europea per il Medio Oriente. Con l'ausilio di alcuni video in
lingua francese ha delineato la complessa questione del terrorismo secondo
tre percorsi, densi di inquietanti  interrogativi.
Il primo e' relativo al mondo degli affari nell'era della globalizzazione:
l'impossibilita', per la mancanza di regole internazionali, di separare il
flusso di denaro legale da quello illegale. Il terrorismo possiede ingenti
capitali, frutto di attivita' criminali, intrecciati con pericolose
connivenze al margine della legalita'. La geopolitica della finanza appare
come una cartina del villaggio globale coperta di pericolose macchie,
(paradisi fiscali, riciclaggio di denaro sporco, etc.), dove i "potenti
della terra" non vogliono o non possono intervenire.
Il secondo attiene alle vie del petrolio: nella zona del Mar Caspio si
concentra il 70% del petrolio mondiale. Dalle cartine si vede chiaramente
che gli oleodotti dovrebbero passare proprio nei territori dove oggi c'e'
una zona di guerra. Chi ha interesse a mettere le mani sull'oro nero?
Il terzo problema, che ne comprende molti altri, e' la complessita' del
mondo islamico: le varie anime dell'Islam, le forze moderate e
fondamentaliste, le truppe americane in armi sul terreno sacro della Mecca
in Arabia Saudita citate anche nel proclama di Bin Laden, le masse di
diseredati conquistate dal fanatismo religioso oggetto di particolare
attenzione da parte dei terroristi. Ed ancora l'origine dei Talebani,
prodotto mostruoso della guerra americana contro i sovietici. E non ultima
la questione palestinese.
L'amara conclusione dell'analista e' che la strategia antiamericana dei
terroristi, il loro odio fanatico contro gli USA, erano gia' a conoscenza
degli studiosi fin dalla guerra del Golfo, ma le orecchie dei politici non
erano pronte ad ascoltare. Come mai non venne aiutato il "Leone del Panshir"
che piu' volte chiese aiuto nella sua nobile lotta contro i Talebani? Gli
amici di ieri si trasformano in nemici e le alleanze di oggi sono molto
volatili ed insicure.
Mai come ora la politica, intesa come ricerca del bene comune, dovrebbe
riprendere la parola, anche attraverso la partecipazione della societa'
civile. Non dimentichiamo le parola della grande studiosa Hannah Arendt:
"Dove la violenza regna assoluta, come per esempio nei campi di
concentramento dei regimi totalitari, non soltanto le leggi - les lois se
taisent, secondo la formula della rivoluzione francese - ma ogni cosa e ogni
uomo sono condannati al silenzio. E' a causa di questo silenzio che la
violenza e' un fenomeno marginale nel campo politico; perche' l'uomo, nella
misura in cui e' un animale politico, e' dotato della parola. Le due famose
definizioni dell'uomo in Aristotele, che l'uomo e' un animale politico e che
e' dotato di parola, si integrano a vicenda ed entrambe si riferiscono alla
stessa esperienza nella vita della polis greca. Qui il fatto e' che la
violenza in se stessa e' incapace di linguaggio e non soltanto che il
linguaggio e' impotente di fronte alla violenza" (Hannah Arendt, Sulla
rivoluzione, Edizioni di Comunita', 1983, 1996, p.12).
L'uso della violenza espropria la politica negando il linguaggio, ovvero la
capacita' di dialogo e di mediazione, quindi di fatto riducendo la liberta'.
La via della pace e' faticosa ed impervia. Oggi piu' che mai la vecchia
Europa dovrebbe quindi fare appello alla propria cultura ed ai valori di
civilta' ereditati nei secoli diventando un vero soggetto politico. La
marcia Perugia- Assisi e' l'appuntamento per chi nonostante tutto crede alla
parole di Norberto Bobbio: "il problema della pace e' un problema di fondo:
la pace e' il bene assoluto, condizione necessaria per l'attuazione di tutti
gli altri valori".

5. RIFLESSIONE. DAVIDE MELODIA: CORRESPONSABILI DELLA GUERRA
[Davide Melodia e' una delle voci piu' vive e piu' note dell'impegno
nonviolento. Per contatti: melody@libero.it]
La guerra come vindice di torti, veri o presunti, poiche' ottiene effetti
deleteri su esseri umani, animali, strutture e ambiente, da una parte e
dell'altra del fronte - oggi non c'e' piu' neppure il fronte, ma una
divisione mentale, ideologica, etnica o religiosa - essa stessa e' un
crimine su larga scala.
Colui che la sollecita, la difende, la giustifica, e' corresponsabile di
tale immenso crimine orrendo, che oggi, piu' di ieri, coinvolge civili, e
provoca enormi ondate di profughi, che e' impossibile o quasi salvare dalla
fame, dal freddo, dagli stenti, dalla morte.
La civilta' moderna, che vanta la Dichiarazione Universale dei Diritti
Umani, e' ancora lungi dall'attuare veri ed efficaci interventi umanitari,
tali da interrompere i conflitti cruenti, dal salvaguardare creature e
creato, dall'inverare la pace, dall'assecondare l'intermediazione e la
ricostruzione fisica e morale di vincitori e vinti, laddove le pulsioni di
guerra hanno avuto il sopravvento sulle pulsioni di pace.
Se una parte consistente dei componenti dei Paesi rappresentati presso le
Nazioni Unite prendessero in considerazione i principi e la prassi della
nonviolenza, che offre una terza via tra la violenza e la rassegnazione, i
suddetti interventi umanitari garantirebbero risultati positivi.
Credo che i movimenti socio-politici che si fondano sulla nonviolenza
dovrebbero operare in stretto raccordo con i rappresentanti di tali Paesi,
per metterli in grado di portare nel consesso mondiale i principi e le
metodiche su cui essa si fonda.

6. RIFLESSIONE. UN COMUNICATO DEL COMITATO SCIENZIATE E SCIENZIATI CONTRO LA
GUERRA
[Da Franco Marenco (per contatti: franco.marenco@casaccia.enea.it) riceviamo
e diffondiamo questo comunicato del Comitato scienziate e scienziati contro
la guerra (sito: www.scienzaepace.it)]
Il Comitato Scienziate e scienziati contro la guerra rivolge un monito a
tutti i cittadini italiani, ma in primo luogo ai membri del Senato e della
Camera dei Deputati, cui - secondo la nostra Costituzione - compete ogni
decisione in tema di pace e di guerra.
L'esperienza storica e le nostre competenze scientifiche ci consentono di
affermare che:
a) gli interventi militari, anche se limitati nel tempo e nello spazio,
comportano gravi danni per l'uomo e l'ambiente. Cio' e' valso per i
bombardamenti sulla Jugoslavia, causa di gravissimi inquinamenti e di
successive letali malattie (linfomi, leucemie, ecc.), e questo vale gia' per
le popolazioni afghane, spinte dal terrore dei bombardamenti a cercare
scampo in una fuga disperata, con conseguenze sanitarie e psicologiche
certamente gravi anche se non ancora quantificabili;
b) ogni intervento militare comporta il rischio di allargamento del
conflitto in modo imprevedibile. E' la lezione che si ricava dall'analisi
delle due guerre mondiali, della guerra del Vietnam, ma anche dalla piu'
circoscritta guerra del 1999 della Nato contro la Jugoslavia, che ha
provocato ulteriori scontri e violenze nella vicina Macedonia e in Serbia
del sud.
Quali donne e uomini di scienza noi affermiamo percio' che alla paziente e
lucida pianificazione dell'orribile attentato dell'11 settembre 2001 ( che
ha saputo scegliere con inesorabile e spaventosa efficacia, tempi, modalita'
ed obiettivi della sua azione) si deve rispondere non con i tanks, i Cruise
o armando una fazione contro l'altra, ma con una altrettanto paziente e
lucida capacita' investigativa.
Esprimiamo altresi' il nostro monito a politici e mezzi di informazione,
affinche' allarghino la loro analisi alle ragioni che spingono troppi esseri
umani nel mondo a scegliere la strada della violenza per tentare di
risolvere problemi di natura politica ed economica, che la Comunita'
internazionale- attraverso l'Assemblea generale dell'ONU- avrebbe il dovere
di comporre in modo giusto e pacifico.

7. RIFLESSIONE. GIANCARLO ZIZOLA: GOVERNO GLOBALE E DEMOCRAZIA
[Giancarlo Zizola e' un prestigioso giornalista e saggista. Per contatti:
giancarlozizola@libero.it]
Il dibattito sulla globalizzazione ha subito un rapido cambiamento dopo
l'attacco terroristico alle Torri dell'11 settembre.
Qualunque possa essere il fondamento della asserita inevitabilita' della
risposta armata degli Stati Uniti e dei loro alleati, come unica via per
estirpare il terrorismo, resta il fatto che questa decisione ha una
influenza orientatrice sugli assetti del sistema globale del mondo.
Gli Stati Uniti quale potenza egemone avevano due vie per inquadrare la loro
risposta in un disegno politico complessivo:
1) coinvolgere  in una qualche forma di cooperazione internazionale
strutturata altre importanti potenze regionali,come ad esempio la Cina e il
Giappone, in modo da fondare un solido processo decisionale politico su
scala mondiale che fosse compatibile con la insostituibile leadership
mondiale dell'America ma tendesse ad intensificare il primato dell'ideale
democratico sotto l'egida dell'ONU e pertanto a redistribuire in modo piu'
equo i benefici della ricchezza come alternativa all'anarchia, al terrorismo
e al conflitto;
2) oppure, rafforzare la gerarchia del potere nei rapporti mondiali,
scontando un aumento dei conflitti internazionali,un contenimento del
libero mercato e persino una limitazione del sistema democratico, proprio
quando ci si preparava a decretarne il trionfo a dieci anni dal crollo del
sistema sovietico.
Parrebbe difficile avanzare dei dubbi sul fatto che e' la seconda strada che
e' stata imboccata. E' prevedibile che la lunga guerra al terrorismo
comporti per un certo tempo il dispiegamento di un sistema politico che
anteponga la priorita' della sicurezza al perseguimento della giustizia
sociale mondiale e dunque al primato dell'ideale democratico. Questa opzione
e' destinata a modificare, anche a lungo termine, la prospettiva della
globalizzazione, deludendo quanti speravano che essa potesse presupporre il
modello democratico e corrispondergli.
*
Il  dibattito sulla globalizzazione aveva gia' contribuito a evidenziare le
tendenze liberoscambiste a usare il superamento delle frontiere per un
egoismo senza frontiere. La critica del popolo di Seattle e del Genoa Social
Forum al G8 aveva messo a fuoco una innegabile funzione oligarchica del
nuovo ordine mondiale, fondato sul binomio "democrazia e capitalismo".
Nel regime di guerra globale che si e' imposto, si deve temere che questa
direzione di marcia verra' accelerata, aggravando la struttura centralista e
disegualitaria insita nel processo di globalizzazione.
Verrebbero cosi' innalzate nell'ordine/disordine internazionale frontiere e
muraglie piu' alte di quelle appena dissoltesi alla fine del Novecento.
E' facile osservare che mai nella sua storia l'umanita' e' stata
simultaneamente cosi' interdipendente e omogenea, in virtu' dell'economia di
mercato, del commercio e delle tecnologie informatiche, e altrettanto divisa
nella ripartizione delle risorse.
Ma sono queste divisioni crescenti che impediscono l'espansione del sistema
democratico. La deriva terroristica ha carattere successivo.
Vi e' chi ha espresso dei timori per una tirannide che potrebbe incombere
sull'Occidente dall'esterno e che sarebbe favorita dal pacifismo. E'
sorprendente che uno storico come il professor Giorgio Rumi, che ha
manifestato tali preoccupazioni sul giornale cattolico "Avvenire" (14
ottobre),non abbia tenuto abbastanza presente la previsione formulata da
Alexis de Tocqueville nel 1835 sui probabili esiti dispotici della
democrazia americana, ridotta "a non essere altro che una mandria di animali
timidi e industriosi della quale il governo e' il pastore",ad una "servitu'
regolata e tranquilla, nella quale il cittadino esce un momento dalla
dipendenza per eleggere il padrone e subito dopo vi rientra".
Che il pericolo di una tirannide sia interno e per cosi' dire immanente al
sistema della democrazia capitalistica e' stato successivamente dimostrato
sia da Hannah Arendt che dalla Scuola di Francoforte.
La devastante azione terroristica contro il WTC e il Pentagono sembra aver
dato un'accelerazione violenta alle spinte involutive organiche al sistema
democratico americano.
Il presidente Bush ha chiesto e ottenuto i pieni poteri e ha annunciato
misure restrittive della liberta' dei cittadini e la sospensione dei diritti
dell'informazione.
*
La prima guerra del XXI secolo e' una guerra invisibile, nascosta,
intrasmissibile.I greci avevano inventato la parola "oscena" per indicare
qualcosa che era cosi' malvagia da non poter entrare nella scena della
tragedia. Nessuno degli statuti sperimentati per il giornalismo in guerra -
censura, manipolazione, trasparenza - e' stato considerato questa volta
applicabile.
Di qui l'evidenza che la guerra come strumento principe del governo del
mondo postdemocratico non puo' tollerare il controllo democratico da parte
dell'informazione, ed e' incompatibile con la democrazia.
Se l'ideale democratico viene detronizzato, nella culla della democrazia
dell'informazione, a vantaggio della preponderanza economica e militare
della potenza americana sul pianeta globale, anche l'informazione deve
cedere il proprio rango e i propri diritti.
La preoccupazione per le sorti dell'ordinamento liberale erano presenti gia'
da alcuni anni prima del crollo delle Torri Gemelle nel dibattito in
America. Ad un colloquio  internazionale a Castelgandolfo nel 1998, presente
Giovanni Paolo II, l'ex consigliere per la sicurezza nazionale
dell'amministrazione Carter, Zbigniew Brzezinski, aveva richiamato
l'attenzione sul rischio che, dopo il successo del modello democratico
raggiunto con il crollo del Muro, potesse sopravvenire un "relativismo
agnostico" e una "anarchia intellettuale mondiale" prodotta da un
soggettivismo oltranzista, di cui i media sarebbero i veicoli e insieme le
fonti. Egli aveva denunciato lo sviluppo di una stagnazione
psicointellettuale determinata, nella societa' americana,
dall'intrattenimento passivo unito ad una cultura di massa tutta concentrata
sull'interesse individuale proprio. E aveva chiamato in causa per questo la
realta' virtuale offerta dalla televisione.
Egli aveva previsto che gli Stati Uniti come unica potenza mondiale
potessero mantenere a stento la priorita' del sistema democratico nel
fronteggiare i problemi del potere politico, le problematiche della
poverta', il controllo della proliferazione nucleare, il terrorismo
internazionale e i conflitti etici sulla centralita' della persona umana
drammatizzati dai crescenti successi scientifici nella trasformazione
dell'essere umano, nel controllo e nel miglioramento del suo corpo e nel
potenziamento della sua intelligenza.
Le preoccupazioni del politologo americano furono raccolte da Giovanni Paolo
II. In un discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali il 27
aprile 2001 egli manifestava il timore che la globalizzazione induca
un'ondata distruttiva rispetto alle norme sociali e alle culture, a causa
del "carattere intrusivo e persino invasivo della logica del mercato che
riduce sempre piu' lo spazio disponibile alla comunita' umana per le
attivita' pubbliche e volontarie a tutti i livelli".
E' stupefacente che un testo di tale importanza non abbia ottenuto il
rilievo che si meritava nemmeno dai media cattolici. Sul piano delle
culture, il papa metteva in guardia dal rischio che la globalizzazione si
traduca in una nuova versione del colonialismo, fino a imporre a tutti i
valori e i criteri di ragionamento etico propri del sistema economico
dominante. Egli si augurava che "il vincitore di questo processo sia
l'umanita' nel suo insieme e non solo una elite di ricchi che controlla la
scienza, la tecnologia, la comunicazione e le risorse del pianeta, a
detrimento della grande maggioranza dei suoi abitanti". Il papa metteva
l'accento sulla necessita' di salvaguardare e sviluppare le differenze, che
costituiscono le chiavi interpretative della vita e la chiave di volta
dell'umanita' futura.
All'evidenza, non e' questa la pista imboccata dall'Impero per fronteggiare
un'emergenza della quale l'Occidente non puo' dirsi totalmente innocente. Un
esame di coscienza potrebbe servire meglio di qualsiasi autodifesa, per non
parlare dell'apologia grossolana sulla pretesa superiorita' dell'Occidente.
La globalizzazione e' un processo che si carica dei modelli valoriali coi
quali viene governata o imposta, a seconda dei casi, ed e' su questo fronte
etico politico che una superiorita' civile potrebbe misurarsi.
*
Uno degli strumenti coi quali la globalizzazione viene governata e'
l'informazione.
Ma vediamo bene che, se da una parte  restringe lo spazio geografico,
dall'altra parte essa e' piu' che mai condizionata dalle grandi
concentrazioni imperiali dei media su scala globale ed e' esposta al
pericolo di servire a spron battuto un modello unico di civilizzazione,
quello prodotto dall'Occidente e basato sul culto dell'oro. Il corollario e'
l'uniformita' dei comportamenti culturali, che mette a repentaglio la
resistenza delle differenze culturali e spirituali dell'umanita'.
Una seria analisi delle radici del terrorismo non potrebbe prescindere da
questo fenomeno. Senza salvaguardia delle differenze, il sistema democratico
finirebbe per sfociare nel conformismo e diventare la copertura formale di
una tirannide materiale.
E' palese che la globalizzazione si configura ormai come un confronto
planetario in cui un quarto della popolazione mondiale non ha ancora mai
fatto una chiamata telefonica e la questione della diseguale distribuzione
dei beni tecnologici e delle infrastrutture si somma ad un paradigma
tendenzialmente neocoloniale riprodotto dall'Occidente su larga scala.
Questo schema e' forgiato da formulazioni non di rado estremiste delle
dottrine economiche utilitaristiche e sotto l'influenza del neoliberismo,
fino al "capitalismo ubriaco" criticato dall'attuale pontefice.
La  conseguenza evidente e' che la somma di tre rivoluzioni simultanee - la
rivoluzione economica globale, la rivoluzione informatica e mediale, la
rivoluzione genetica - e' profondamente condizionata da logiche finanziarie
fuori controllo che postulano delle rinunce democratiche, dei modelli di
dipendenza e un antiumanesimo tali da suscitare nel "Monde diplomatique"
l'interrogativo: e' l'uomo in via di scomparsa?
*
Credo che ci sia bisogno di interrogarsi non solo sull'economia e sulla
politica, ma anche sui valori che contribuiscono alla nostra concezione del
mondo globale,senza lasciarsi sopraffare da un misto di ottimismo testardo e
di pessimismo dissennato.
Mi sembra che sia il caso di soffermarsi sulle segnalazioni fatte dal
cardinale Ratzinger in un discorso a Berlino il 28 novembre 2000. Egli
identificava nell'attuale situazione antropologica dell'Occidente le
caratteristiche di un "secondo illuminismo" che si e' lasciato alle spalle
tanto la "religione naturale" di Spinoza quanto l'ideologia marxista della
speranza. Al suo posto, e' stata intronizzata una meta razionale del futuro,
che porta il titolo di nuovo ordine mondiale e che ora deve divenire a sua
volta la norma etica essenziale. E' proprio l'Europa che assume questo
progetto, il quale postula la separazione dell'ordine razionale da ogni
tradizione etica e la proiezione dello sforzo sociale unicamente sulla
razionalita' tecnica, coi suoi criteri di funzionalita' all'obiettivo
supremo del profitto economico.
Ma non diverra' un ordine mondiale con tali premesse, si e' chiesto il
Cardinale, una utopia dell'orrore?
Ancora una volta, per bocca di un cardinale, l'Occidente era invitato ad
andare a caccia della causa del male al proprio interno. E non e' con le
bombe sui villaggi afghani che lo si trova e lo si risana. Mettere le mani
su Bin Laden e non mettere mano all'ingiustizia del mondo significherebbe
usare la giusta lotta al terrorismo come alibi per non adottare le misure
politiche e le rinunce necessarie all'Occidente al fine di  sradicare le
cause profonde della violenza del mondo. Anzi, significherebbe aggravarle.

8. RIFLESSIONE. CHIARA ZAMBONI: IL CONFLITTO NASCOSTO
[Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio e partecipa alla
comunitą filosofica femminile di "Diotima". Questo intervento abbiamo
ripreso dal quotidiano "Il manifesto" del 15 ottobre]
Eppure il vero conflitto non e' tra i terroristi islamici e l'occidente
capitalistico, come ci stanno facendo credere. Cosi' come a Genova il vero
conflitto non e' stato tra le forze di polizia e i black bloc, "Orazi e
Curiazi" che l'editoriale di settembre di "Linus" invitava ad andare a
giocare da un'altra parte. Il conflitto tra violenza e violenza e' un
conflitto dove una parte fa da specchio all'altra. La violenza degli uni
contro gli altri rinforza le singole identita', e ognuno rovescia
specularmente sull'altro le categorie di amico e nemico, di bene e male, di
morte e sacrificio. La complementarita' delle posizioni si vede nel
disprezzo per tutti gli altri. Questo non e' il vero conflitto, anche se ha
portato e portera' morti e distruzione: e' troppo interno alla stessa logica
e al medesimo dispositivo per essere letto in questo modo.
Il vero e piu' profondo conflitto in corso e' un altro: meno visibile, piu'
schermato, opaco ai media, raccontabile con difficolta' perche' non
incarnato in figure maschili aggressive e gerarchizzate, senza
rappresentanti e portavoce ufficiali. Ma e' un conflitto piu' radicato, che
l'11 settembre ha reso palese, spartendo in modo netto chi sta da una parte
e chi dall'altra.
Dove si gioca questo conflitto? Si gioca tra chi in qualsiasi maniera da'
forza e valore al dispositivo di violenza e di morte in un gioco al
massacro - terroristi o governi che siano - e chi segue un agire simbolico,
che svela i meccanismi in atto di potere e contropotere, facendo maturare
attorno ai diversi saperi materiali dell'esistenza legami politici nuovi.
Che questo sia il vero conflitto in corso mi viene confermato dal fatto che
i governi - quello italiano in particolare - stanno cercando di distruggere
l'immagine di cio' che di positivo c'e' e c'e' stato nei movimenti di
appoggio al terzo mondo, di associazionismo libero, di comunita' cristiane
attive, di reti di informazione e orientamento politico, che hanno avuto un
momento di visibilita' politica in Italia con l'incontro di Genova, ma che
erano vive dapprima e lo sono oggi, impegnate in un processo di ripensamento
della loro posizione politica.
Essendo impegnata nella politica delle donne da molti anni, conosco bene
l'importanza di questo conflitto, e conosco altresi' la difficolta' di un
politica fondata su relazioni, della quale e' difficile restituire la
dirompenza a chi considera la scena pubblica e gli scenari di guerra come
l'unica realta', dietro la quale ci sarebbe il nulla. Si tratta di una
politica che attraversa costantemente il confine tra pubblico e privato,
sapendo che la scena pubblica e' una finzione, potente e pericolosa quanto
si vuole, ma teatralmente solo una rappresentazione, perche' oggi sta
tagliando il vincolo con la vita materiale. Per questo guardo con molta
attenzione a tutte le associazioni che a loro volta in questo momento
scompigliano i limiti tra pubblico e privato a loro modo, scegliendo nuove
forme politiche.
E' questo che i governi temono, perche' si apre la valorizzazione di un fare
politica che non passa piu' per i rappresentanti dei partiti, e dunque non
e' piu' controllabile. Non e' un caso che pochi giorni fa l'attuale ministro
della sanita' italiano, incontrando alcune persone che operano nel
volontariato, abbia detto che il loro errore starebbe nell'essersi
politicizzate. Questo infatti e' un genere di politica che ai governi sfugge
di mano e percio' appare davvero pericolosa, molto piu' di un avversario
tradizionale, che per quanto sia nemico resta simile e comprensibile.
Certo, la politica delle donne non e' identica a quella delle associazioni.
Cio' che la differenzia e' il puntare non tanto su di una rete di rapporti
indifferenziati e orizzontali, quanto sulla relazione creativa a due, nella
quale agisce una dinamica del desiderio che crea effetti di rete. E tuttavia
in questo momento lo scambio con chi e' impegnato a pensare il mondo
globalmente e trasformarlo a partire da forme politiche nuove senza
rappresentanza mi sembra per noi donne essenziale.
Perche' ci accomuna l'essere costrette e costretti dallo stesso conflitto e
da una ricerca di dimensioni inedite del fare politica, legate a quello che
stiamo vivendo e alla lettura attenta di quello che avviene.
Maria Zambrano ne La tomba di Antigone descrive una Antigone che non solo
prende le distanze da Creonte, rappresentante della legge e del potere, ma
anche da Polinice, il fratello morto per un'utopia al quale lei da'
sepoltura, ma che implicitamente giudica preso dal medesimo gioco di potere
e contropotere. Antigone accoglie gli eventi e li porta al loro significato,
patendo cio' che questo implica, perche' ha conosciuto gli attraversamenti
di confini, l'esilio come denudamento dalle identita', la "pesantezza di
essere" che le donne, meno prese degli uomini dalla scena pubblica, sanno
vivere. Antigone lo fa in un profondo legame con Ismene, la sorella diversa
da lei. La sua figura fa venire in mente i legami tra donne trasversali di
confini, di identita' e di stati, che in questi anni abbiamo saputo
accumulare come una ricchezza.
Ho adoperato questa immagine per porre delle domande. Sono capaci le donne -
e io tra loro - di sopportare quel che sta avvenendo di violento e di
conflittuale e di portarlo al loro senso? Siamo capaci donne e uomini, di
reggere un conflitto dove una parte adopera il registro della violenza e
l'altra quello del maturare lentamente legami politici tra il personale e il
politico? Sono capaci gli uomini di interrogare se stessi per capire a
partire da se' la violenza virile, che altri uomini mettono in campo?
Proprio la pericolosita' della situazione internazionale e la
militarizzazione degli scontri nelle manifestazioni in Italia portano
velocemente e con la costrizione della necessita' a porci queste questioni.
A pensare forme inedite di azione. A ripensare dove collocarci, come agire
scambio fra noi a partire da posizioni differenti, come accogliere le
trasformazioni inevitabili che ne derivano.

9. INCONTRI. MARIO DI MARCO: RESOCONTO DELLA CONFERENZA DELL'11 OTTOBRE A
VITERBO
[Mario Di Marco e' il responsabile degli obiettori di coscienza della
Caritas diocesana di Viterbo. Per contatti: mdmsoft@tin.it]
Si e' svolta giovedi 11 ottobre a Viterbo, ad un mese dalle stragi di
Washington e New York, la conferenza "Genova New York Kabul Assisi: il mondo
sta cambiando" organizzata dalla Caritas diocesana per riflettere e
discutere sulle questioni cruciali che stanno interessando l'umanita' in
questi ultimi tempi.
*
Il primo intervento e' stato di Tonino Pari, dell'Associazione Comunita'
Papa Giovanni XXIII, attiva direttamente in diverse zone di guerra nel
tentativo di favorire la riconciliazione tra le parti.
Il suo discorso e' stato incentrato sull'analisi dell'attuale sistema
politico-economico globalizzato, che e' alla radice di quanto sta
succedendo.
Pari ha detto che la globalizzazione non e' un concetto astratto o
ideologico, ma e' uno stato di cose che quotidianamente pesa sulle vite di
quei poveri che la sua comunita' incontra quotidianamente nel Sud del mondo.
La globalizzazione e' il nuovo aspetto di un sistema che, mettendo al
supremo posto il profitto, e' di fatto idolatrico: "diciamo che gli aztechi
erano una civilta' crudele in quanto basata sul sacrificio di vite umane
alla divinita', ma allora cos'e' la civilta' attuale che produce 40 milioni
di morti l'anno per fame, malattie e guerre?".
Infine ha avvertito che ci sono alcuni trattati internazionali (ad esempio
il M.A.I.), per adesso fermati o rallentati dal movimento mondiale per la
giustizia globale, che, se alla fine saranno accettati dagli stati,
impediranno persino l'approvazione di leggi nazionali in campo sociale (ad
esempio sull'handicap o sull'ambiente) che dovessero contrastare con la
logica del profitto e del libero mercato.
*
Particolarmente importante e' stato poi l'intervento della dottoressa Nedjwa
Meratla, di nazionalita' algerina e gia' mediatrice culturale presso la
Provincia di Viterbo, che, a nome di tutti i musulmani del viterbese, ha
fermamente condannato il gesto di Bin Laden ed ha fatto le condoglianze alle
vittime americane.
Ha poi continuato citando il Corano secondo il quale "uccidere un uomo
innocente e' come uccidere l'umanita' intera" ed anche il suicidio e' un
peccato.
Del resto, ha continuato la dottoressa, "il fondamentalismo islamico ha
fatto decine di migliaia di vittime negli stessi paesi in cui si e'
sviluppato" e lei, essendo algerina, ne ha avuto un'esperienza diretta. Se
qualcuno, vittima dell'ignoranza e del dolore e quindi
dell'irragionevolezza, ha sciaguratamente approvato quanto e' accaduto a New
York e' solo perche' alcuni paesi, come ad esempio la Palestina e l'Irak,
sono da decenni terribilmmente oppressi da una situazione politica nel
provocare la quale gli USA hanno un ruolo determinante.
*
Infine il microfono e' passato al responsabile del "Centro di ricerca per la
pace" Peppe Sini, che, come prima cosa, ha chiesto un minuto di silenzio in
memoria di tutte le vittime: quelle in America come quelle prodotte dalla
guerra in Afghanistan.
Sini ha quindi iniziato un ampio intervento in cui, della guerra in corso,
ha dimostrato l'illegalita' (la Carta dell'ONU vieta espressamente che uno
stato attacchi un altro), l'inefficacia (addirittura e' possibile che si
stia facendo il gioco dei mandanti dell'attentato di New York) e la
disumanita' (si stanno uccidendo persone innocenti, gia' vittime dell'Unione
Sovietica prima e della dittatura dei talebani dopo). Citando uno scrittore
tedesco, Heinrich Boell, ha affermato che "ogni vittima ha il volto di
Abele" e che ogni persona ha il diritto di vivere, anche se fosse Caino. Qui
ndi, partendo da un approfondito commento del brano evangelico dell'adultera
e' arrivato a far comprendere come la nonviolenza e' un modo di fermare la
morte con la forza della verita' ed oggi e' la via di chi non vuole stare
ne' con i terroristi ne' con chi fa la guerra.
In concreto, ha proposto tre vie per opporsi alla guerra e favorire la pace:
illimpidire moralmente noi stessi per eliminare ogni faziosita' e tentazione
alla violenza, pensare a possibili forme di azione diretta nonviolenta e di
disobbedienza civile (secondo gli insegnamenti gandhiani), promuovere uno
sciopero generale.
*
Dopo un vivace dibattito con il pubblico, l'incontro si e' concluso con
l'invito a partecipare alla marcia Perugia-Assisi, prossima manifestazione
di un popolo "lillipuziano" che spera di fermare il gigante prepotente, per
amore dell'uomo.

10. INIZIATIVE. A GIORNI LA PRESENTAZIONE DELLA PROPOSTA DI LEGGE PER LA
FORMAZIONE DELLE FORZE DELL'ORDINE ALLA NONVIOLENZA
La presentazione ufficiale della proposta di legge per la formazione e
l'addestramento delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei
valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza, sottoscritta da
vari senatori e deputati di diverse forze politiche, e' prevista entro pochi
giorni.
Tra i parlamentari che hanno gia' espresso attenzione e adesione ci sono il
vicepresidente del Parlamento Europeo Renzo Imbeni, i senatori Achille
Occhetto, Natale Ripamonti, Francesco Martone, Anna Donati, Nedo Canetti (a
nome del gruppo senatoriale DS), Nando Dalla Chiesa, Chiara Acciarini,
Loredana De Petris; i deputati Fulvia Bandoli, Marida Bolognesi, Paolo
Cento, Laura Cima, Elettra Deiana, Titti De Simone, Alfiero Grandi, Marcella
Lucidi, Giorgio Panattoni, Giuliano Pisapia, Aldo Preda, Carlo Rognoni,
Giovanni Russo Spena, Piero Ruzzante, Vincenzo Siniscalchi, Francesco
Tolotti, Tiziana Valpiana, Luciano Violante; i parlamentari europei Giuseppe
Di Lello, Claudio Fava, Luisa Morgantini, Giovanni Pittella (oltre al gia'
citato Renzo Imbeni).
In relazione alla presentazione della proposta di legge si terra' a Roma
anche una conferenza cui parteciperanno i parlamentari presentatori,
illustri personalita' della peace research e della nonviolenza, cattedratici
universitari di prestigio internazionale.
La bozza della proposta di legge puo' essere richiesta al "Centro di ricerca
per la pace" di Viterbo.

11. ALCUNE PROSSIME INIZIATIVE DI PACE NEL VITERBESE
* Martedi 16 ottobre ad Acquapendente (VT), presso la biblioteca comunale,
dalle ore 14,30 alle ore 17,00, secondo incontro del corso di educazione
alla pace promosso dal Comune e coordinato dal responsabile del "Centro di
ricerca per la pace" di Viterbo. Per gli studenti delle scuole che hanno
aderito la partecipazione vale anche ai fini dell'acquisizione del credito
formativo. L'iniziativa e' aperta a tutti.
* Mercoledi 17 ottobre a Orte (VT), presso il liceo scientifico, alle ore
14, terza lezione del corso di educazione alla pace promosso, come gia'
negli scorsi anni scolastici, dall'istituto ortano. Il corso e' coordinato
dal responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. Per gli
studenti la partecipazione vale anche ai fini dell'acquisizione del credito
formativo. L'iniziativa e' aperta a tutti.
* Giovedi 18 ottobre a Viterbo, presso la sala conferenze della Provincia in
via Saffi, alle ore 17,30, convegno sulla pace promosso dal movimento per la
giustizia globale. Tra i relatori il responsabile del "Centro di ricerca per
la pace" di Viterbo che interverra' sul tema "L'alternativa nonviolenta".
Ovviamente l'iniziativa e' aperta a tutti.

12. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA MARIA LUISA SPAZIANI A
CORRADO STAJANO

* MARIA LUISA SPAZIANI
Profilo: tra le piu' note poetesse italiane del Novecento. Opere: Poesie
1954-1996, Mondadori, Milano 2000.

* GIOVANNA SPENDEL
Profilo: insegna lingua e letteratura russa all'Universita' di Torino; ha
curato edizioni italiane di Puskin, Turgenev, Dostoevskij, Bulgakov ed altri
autori. Opere di Giovanna Spendel: Invito alla lettura di Pasternak (1975);
Gli intellettuali sovietici degli anni venti (1979); Prima del gelo (1982);
Voci e personaggi dell'Ottocento russo (1987), I silenzi delle albe.
Scrittura femminile nell'Ottocento russo (1993); Storia della letteratura
russa (1996).

* STEVEN SPIELBERG
Profilo: regista cinematografico americano Opere di Steven Spielberg: Duel,
1972; Sugarland Express, 1974; Lo squalo, 1975; Incontri ravvicinati del
terzo tipo, 1977; 1941: allarme a Hollywood, 1979; I predatori dell'arca
perduta, 1980; E. T., 1982; Ai confini della realtą, 1983; Indiana Jones e
il tempio maledetto, 1984; Il colore viola, 1986; L'impero del sole, 1987;
Always - per sempre, 1988; Indiana Jones e l'ultima crociata, 1989; Hook -
capitan Uncino, 1992; Jurassic Park, 1993; Schindler's list, 1994; Amistad,
1997; Salvate il soldato Ryan, 1998. Opere su Steven Spielberg: Franco La
Polla, Steven Spielberg, Il Castoro cinema, Milano.

* ALTIERO SPINELLI
Profilo: nato a Roma nel 1907, antifascista, promotore del federalismo
europeo, autore con Enesto Rossi del Manifesto di Ventotene (1941). E'
scomparso nel 1986. Opere di Altiero Spinelli: cfr. almeno L'Europa non cade
dal cielo; e l'autobiografico Come ho tentato di diventare saggio; Il
Mulino, Bologna.

* BENJAMIN SPOCK
Profilo: celebre pediatra, scomparso nel 1998. E' stato uno scienziato che
amava i bambini, un intellettuale impegnato per la pace, i diritti e la
dignitą umana.

* PAOLO SPRIANO
Profilo: nato a Torino nel 1925, deceduto a Roma nel 1988; giovanissimo fu
comandante partigiano; storico, docente universitario, fondamentali le sue
ricerche su Gobetti, su Gramsci e sulla storia del partito comunista
italiano. Opere di Paolo Spriano: cfr. almeno Storia di Torino operaia e
socialista; L'occupazione delle fabbriche; L'«Ordine Nuovo» e i consigli di
fabbrica; Gramsci e Gobetti; Storia del Partito comunista italiano; tutti
presso Einaudi. Cfr. anche Le passioni di un decennio. 1946-1956, Garzanti.
Ha inoltre curato l'edizione delle opere di Gobetti per Einaudi, e una
raccolta di scritti politici gramsciani per gli Editori Riuniti. Opere su
Paolo Spriano: cfr. per un avvio il volumetto d'omaggio che raccoglie
materiali vari, L'ultima ricerca di Paolo Spriano, L'Unitą, Roma 1988.

* ELISA SPRINGER
Profilo: testimone e studiosa della Shoah. Opere di Elisa Springer: Il
silenzio dei vivi, Marsilio, Venezia 1997.

* PIERO SRAFFA
Profilo: Sraffa (1898-1983), torinese, laurea con Luigi Einaudi, amico di
Gramsci (ne salvņ i Quaderni), economista a Cambridge, curatore dell'
edizione delle opere complete di Ricardo. Opere di Piero Sraffa: ovviamente
decisiva č Produzione di merci a mezzo di merci, Einaudi.

* CORRADO STAJANO
Profilo: nato a Cremona nel 1930, giornalista di forte impegno civile. Opere
di Corrado Stajano: Il sovversivo, Africo, Un eroe borghese, Il disordine,
La forza della democrazia (con Marco Fini), tutti presso Einaudi; Terremoto
(con Giovanni Russo), Garzanti; L'Italia nichilista, Un paese in tribunale
(con Giovanna Borgese), presso Mondadori; (a cura di), Mafia. L'atto d'
accusa dei giudici di Palermo, Editori Riuniti.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail č: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 259 del 16 ottobre 2001