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La nonviolenza e' in cammino. 242



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 242 del 28 settembre 2001

Sommario di questo numero:
1. Alessandro Marescotti, database per la chiamata alla pace
2. Un appello che chiediamo di sottoscrivere ed inviare alle rappresentanze
istituzionali
3. Un repertorio di strumenti e criteri per contrastare la guerra con la
nonviolenza
4. Tutto quello che c'e' da sapere per l'azione diretta nonviolenta delle
mongolfiere per la pace con cui contrastare i decolli dei bombardieri
5. Paola Lucchesi, appendiamo in giro cartelli "zona libera dall'odio"
6. Enrico Peyretti: Berlusconi, il G8, la guerra
7. Danis Tanovic, che su Kabul piovano pane e libri
8. Carlo Gubitosa, da Perugia ad Assisi con il coraggio della nonviolenza
9. Giulio VIttorangeli, un Nobel senza pace
10. Antonio D'Amico, a proposito di nonviolenza
11. Andrea Baglioni, contro le ideologie sacrificali
12. Giobbe Santabarbara, per una definizione aperta e pluridimensionale
della nonviolenza
13. Letture: Laura Boella, Cuori pensanti
14. Letture: Laura Boella,Le imperdonabili
15. Letture: Andrea Molesini, Nero latte dell'alba
16. Namir: abroghiamo il razzismo
17. Il nuovo numero di "Mosaico di pace"
18. Per studiare la globalizzazione: da Paolo Rumiz a Bertrand Russell
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. ALESSANDRO MARESCOTTI: DATABASE PER LA CHIAMATA ALLA PACE
[Da Alessandro Marescotti, presidente di Peacelink (e-mail:
a.marescotti@peacelink.it; sito: www.peacelink.it) riceviamo e diffondiamo,
chiedendo a tutti gli amici della nonviolenza di aderire]
Sei un pacifista telematico?
Inserisci i tuoi dati nel database dei pacifisti impegnati in azioni
antiguerra, citta' per citta': http://db.peacelink.it/volontari (Database
volontari nonviolenti antiguerra).
Avete costituito nella vostra citta' un comitato contro la guerra?
Inserisci i dati nel database delle associazioni e dei comitati antiguerra:
http://db.peacelink.it (PeaceLink Database).
E' pronto un database - realizzato da Francesco Iannuzzelli
(francesco@href.it) - in cui inserire i nostri nomi per iniziative di pace e
per farci referenti nelle nostre citta': http://db.peacelink.it/volontari
Permettera' di effettuare delle ricerche, citta' per citta', provincia per
provincia, dei pacifisti collegati ad Internet con cui realizzare iniziative
assieme.
Nel database dei volontari cliccare su "antiguerra".
Invito chi vuole ad aderire a questa "chiamata alla pace".
Attenzione: questo database serve a segnalare le persone singole, mentre per
la segnalazione delle associazioni, dei gruppi e dei comitati antiguerra
c'e' il PeaceLink Database: http://db.peacelink.it che ha lo specifico
compito di compiere un censimento associativo.
L'unico discrimine per l'inserimento dei dati e' l'adesione all'opzione
nonviolenta.
I gruppi che stanno promuovendo le azioni antiguerra saranno classificati
nella categoria "antiguerra" che si aggiunge a quella "pace" gia' presente.
Il database ora permette l'input dei dati direttamente da web.
Chi vuole puo' inserire i propri dati gia' da ora.
Per ogni chiarimento tecnico: francesco@href.it
Per ogni altro chiarimento: a.marescotti@peacelink.it
Diffondi questo messaggio e invialo a tutti i tuoi amici interessati alla
mobilitazione per la pace e contro il terrorismo.
PeaceLink e' contro il terrorismo ed e' a favore di un'azione di polizia
internazionale. PeaceLink non vuole che la lotta al terrorismo divenga una
guerra che aggiunga nuove vittime innocenti alle gia' troppe vittime
innocenti della barbarie e del fanatismo.

2. UN APPELLO CHE CHIEDIAMO DI SOTTOSCRIVERE ED INVIARE ALLE RAPPRESENTANZE
ISTITUZIONALI
* Premessa
Il seguente appello e' gia' stato inviato, sottoscritto dal responsabile del
"Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, alle massime autorita' dello
Stato, a molti mezzi d'informazione e, tra alcune migliaia di altri
destinatari, a tutte le questure d'Italia.
Sottoponendolo nuovamente all'attenzione di tutti i nostri interlocutori, e
particolarmente a tutte le persone interessate che condividano la scelta
della nonviolenza come passo fondamentale per opporsi limpidamente alla
guerra e al terrorismo e per difendere la Costituzione della Repubblica
Italiana ancora una volta minacciata, proponiamo che lo sottoscrivano e lo
inviino: al Presidente della Repubblica
(presidenza.repubblica@quirinale.it), alle istituzioni ed ai rappresentanti
istituzionali cui riterranno opportuno rivolgersi (dal Parlamento ai
Comuni), ai mezzi d'informazione, alle altre strutture, associazioni e
persone che riterranno interessate.
La caratteristica di questo appello rispetto a molti altri che circolano in
questi giorni e' che qui non si propone una mera dissociazione individuale
dalla guerra, ma un'assunzione di responsabilita' personale e collettiva nel
cercare di impedirla; che qui non si supplicano potenti sordi, ma si fa
presente a chi volesse sciaguratamente violare la legalita' costituzionale
la nostra volonta' di lottare nonviolentemente per difendere la legge
fondamentale del nostro ordinamento; e' un atto di responsabilita', un
impegno e un invito all'azione per salvare vite umane e difendere la
legalita', lo stato di diritto, la democrazia sia formale che sostanziale.
Fin d'ora ringraziamo, davvero dal profondo del cuore, tutti coloro che
vorranno aderire a questo appello e diffonderlo ulteriormente.
* Appello
Al Presidente della Repubblica
e ad altri interlocutori
Egregi signori,
con la presente vorremmo sottoporre alla vostra attenzione quanto segue:
1. il diritto internazionale non contempla il diritto di uno stato di
scatenare una guerra contro un altro stato o piu' stati adducendo a pretesto
il fatto che sul suo o loro territorio si trovino gruppi criminali.
Secondo tale ragionamento essendoci in Italia organizzazioni mafiose
qualunque stato potrebbe aggredire il nostro paese.
2. La Costituzione della Repubblica Italiana non consente al nostro paese di
partecipare a una guerra di aggressione.
La partecipazione o il sostegno italiano a una guerra di aggressione e'
quindi impossibile, ed un governo che tale partecipazione o sostegno
disponesse si collocherebbe fuori della legalita', ed un Presidente della
Repubblica che tale partecipazione o sostegno avallasse commetterebbe il
delitto di alto tradimento.
3. Scatenando una guerra condotta attraverso uccisioni di massa (ed ogni
guerra contemporanea costitutivamente e' cosi') si riprodurrebbe l'azione
dei terroristi e si favoreggerebbe e proseguirebbe il loro disegno criminale
e disumano.
Chi promuovesse o prendesse parte a una tale guerra si farebbe complice e
seguace dei terroristi, si farebbe terrorista a sua volta.
4. Pertanto siamo a richiedervi di rispettare la legge fondamentale del
nostro ordinamento, cui avete giurato fedelta', e di esprimere l'opposizione
assoluta del nostro paese ad ogni eventuale azione di guerra.
Nella sciagurata ipotesi che una guerra venisse scatenata, che il governo
italiano decidesse la partecipazione ad essa del nostro paese, che il
Parlamento italiano non la respingesse, e che il Presidente della Repubblica
Italiana non la impedisse, a fronte di questa condotta illegale e criminale,
ed effettualmente golpista, il cui esito sarebbe di contribuire a provocare
stragi e la violazione della legalita' nel suo fondamento costituzionale,
ebbene, fin d'ora vi dichiariamo che:
a) ci opporremo alla guerra e ci impegneremo sia per salvare delle vite
umane innocenti in pericolo, sia in difesa della Costituzione della
Repubblica Italiana, dello stato di diritto, della legalita' e della
democrazia;
b) chiameremo l'intero popolo italiano ad opporsi alla guerra illegale e
criminale;
c) agiremo contro la guerra, contro il terrorismo, ed in favore della
legalita' e dei diritti umani, unicamente secondo modalita' rigorosamente
nonviolente, del tutto opposte ad ogni forma di violenza fisica, psicologica
ed anche solo verbale; col massimo impegno intellettuale e morale per
ricondurre tutti alla ragione e al rispetto del diritto e della legalita',
col massimo impegno concreto per contrastare operativamente la guerra e per
ottenere il ripristino della legalita' costituzionale.
Ed in particolare agiremo:
I. Con l'azione diretta nonviolenta: per opporci alla guerra ed ai suoi
apparati, cercando di mettere le strutture militari e tutte le attivita'
connesse alle armi (produzione, commercio, uso) in condizioni di non poter
agire, e quindi in condizioni di non nuocere all'incolumita' e alla vita di
esseri umani;
II. Con la disobbedienza civile di massa: chiamando tutti i cittadini, ed in
primo luogo tutti i pubblici dipendenti e gli operatori di servizi di
pubblica utilita', a noncollaborare con la guerra, ad opporsi alla
violazione della legalita', a negare il consenso a una decisione golpista e
stragista;
III. Con lo sciopero generale: per bloccare l'economia, la macchina
amministrativa e il paese, e costringere quel governo, quel Parlamento e
quel Presidente della Repubblica che avessero violato la legalita'
costituzionale a prendere atto dell'opposizione popolare ad una decisione
illegale e criminale, a recedere dalla loro decisione.
Tanto vi annunciamo fin d'ora, come e' proprio della tradizione delle lotte
nonviolente, affinche' voi fin d'ora sappiate quale sia la nostra opinione,
la nostra determinazione, la nostra azione nel caso che la guerra venisse
scatenata e che l'Italia vi prendesse parte.
Sperando che la guerra non scoppi, sperando che siate cosi' ragionevoli da
non volervi precipitare l'Italia, sperando che sappiate condividere la
nostra volonta' di rispettare e difendere la Costituzione della Repubblica
Italiana, lo stato di diritto, la legalita', la democrazia, il diritto di
ogni essere umano alla vita,
distintamente vi salutiamo, augurandovi una cosciente riflessione e un buon
lavoro nell'interesse del paese e dell'umanita', per la pace e per la
legalita', contro ogni forma di terrorismo e di criminalita', contro ogni
violazione dei diritti umani.
Nome, cognome, eventuale qualifica, indirizzo completo

3. MATERIALI. UN REPERTORIO DI STRUMENTI E CRITERI PER CONTRASTARE LA GUERRA
CON LA NONVIOLENZA
E' disponibile nella rete telematica alla pagina web
www.peacelink.it/users/crp/nonviolenza/ un ampio lavoro su "La nonviolenza
contro la guerra" che raccoglie documenti e materiali di riflessione e di
lavoro utilizzati nell'azione nonviolenza di opposizione alla guerra dei
Balcani nel 1999.

4. MATERIALI. TUTTO QUELLO CHE C'E' DA SAPERE PER L'AZIONE DIRETTA
NONVIOLENTA DELLE MONGOLFIERE PER LA PACE CON CUI CONTRASTARE I DECOLLI DEI
BOMBARDIERI
E' disponibile nella rete telematica una esauriente "documentazione
sull'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace", in due
parti: parte prima: www.peacelink.it/webgate/pace/msg00745.html , e parte
seconda: www.peacelink.it/webgate/pace/msg00744.html

5. INIZIATIVE. PAOLA LUCCHESI: APPENDIAMO IN GIRO CARTELLI "ZONA LIBERA
DALL'ODIO"
[Paola Lucchesi e' impegnata in iniziative di pace e di solidarieta', per
contatti: paola.lucchesi@mail.inet.it]
In un articolo del 22 settembre, a firma Federico Rampini, sulle proteste
antimilitariste in California, ho trovato questa notizia: "In tutte le
universita' californiane, le piu' multietniche del mondo, uno dei timori e'
che si crei un clima di sospetto indiscriminato contro arabi e musulmani.
L'organizzazione terzomondista Global Exchange di San Francisco sta
distribuendo dei manifesti gialli con su scritto "Hate Free Zone", zona
libera dall'odio: da regalare ai negozianti di origine mediorientale perche'
li appendano alle vetrine, contro atti di vandalismo o di ostilita'".
Mi sembra un'idea eccellente, per questo motivo: oggi la gente non ha tempo.
I bellissimi appelli, riflessioni, dibattiti, analisi che vedo circolare su
tanti forum, purtroppo toccano soprattutto chi e' gia' convinto (del "no"
alla guerra). Sono convinta che un problema fondamentale del "fare qualcosa"
che possa incidere veramente e' la mancanza di tempo delle persone. Ci sto
sbattendo la testa su da quando ero bambina. La gente, anche di buona
volonta', e' travolta dagli impegni della sua vita quotidiana. Ci lamentiamo
che si pensa poco: e' vero, per pensare ci vuole tempo. Il tempo e'
diventato un lusso.
Lo spazio vuoto viene riempito da chi sa creare slogan facili, veloci,
rapidamente digeribili. Gli slogan guerrafondai sono cosi', le ragioni
pacifiste sono spesso lunghe e complicate (la piu' geniale descrizione che
io abbia mai letto di questo fenomeno risale al 1954, sta in "Farheneit
451", di Ray Bradbury, storia, apparentemente di fantascienza, su un'America
dove i pompieri bruciano i libri, che sono divenuti fuorilegge. Chi ha
voglia di farsi venire i brividi giu' per la schiena se lo legga: ci
trovera' il nostro oggi, descritto, appunto, nel 1954. E' il libro alter ego
di "1984" di George Orwell: guarda caso, anche qui i libri sono fuorilegge).
Hate Free Zone, zona libera dall'odio.
Un bell'adesivone giallo shocking, da appiccicare dappertutto, in quantita'
industriali. Questa e' una cosa facile e rapida, difficile rifiutare con la
scusa "non ho tempo", perche' ad attaccare un adesivo (sull'auto, sullo
zaino di scuola...), piazzare un cartello in vetrina, bastano pochi secondi.
E' banale, superficiale, schifosamente societa' dei consumi - quindi forse
puo' funzionare. Chi si butta?
Ovviamente l'idea vale anche per un possibile slogan che vada sul concetto
"no alla guerra" (non in questa forma, e' troppo banale: c'e' qualcuno bravo
a inventare slogan, da queste parti?).

6. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: BERLUSCONI, IL G8, LA GUERRA
[Enrico Peyretti e' una delle figure di riferimento della cultura della pace
in Italia. Per contatti: peyretti@tiscalinet.it]
Ho capito bene? Berlusconi a Berlino - GR1 delle 13 di mercoled 26 - ha
insinuato una "strana coincidenza" tra i contestatori dei G8, che
"colpevolizzano l'Occidente dall'interno" criticando il mondo ricco, e i
terroristi mondiali. Insomma, la quinta colonna del famoso Bin Laden.
Si', ho capito bene, perche' ho riascoltato le sue parole al GR3 delle
13,45.
Questo minaccioso terrorismo-anti-terrorismo dice tutta la qualita'
dell'uomo, che e' a livello degli "inconvenienti" (che sarebbero la fame nel
mondo e le terribili diseguaglianze tra i popoli) di cui parlo' a Genova
pochi minuti dopo la morte di Carlo Giuliani.
Allora, noi diciamo a Berlusconi: la critica non e' un crimine, ma un
contributo, mentre il crimine dei terroristi non e' una critica, ma una
imitazione delle gravi violenze strutturali che ci sono nel mondo, causa di
ben piu' vaste stragi taciute e occultate, non visibili come l'attacco alle
torri di New York.
Poi Berlusconi si e' detto certo della "superiorita' della nostra civilta'".
Quale? Quella della ricchezza e del consumo debordante come obiettivo di
vita? Oppure quella dell'umanesimo, della tolleranza positiva che stima i
valori delle altre civilta', quella del primato della cultura e della
politica sull'economia, quella dei diritti umani di tutti, che escludono
schiavitu', sfruttamento, diseguaglianze offensive? Quale dei due volti
dell'Occidente egli vanta?
La certezza della propria superiorita' e il rifiuto della critica sono una
forma di totalitarismo - noi abbiamo tutto! - che e' una dichiarazione di
guerra culturale.
Allora, noi diciamo ancora a Berlusconi: abbiamo sofferto forse piu' di lui
le stragi negli Usa e soffriamo certamente piu' di lui l'ipotesi di una
guerra che non sara' "chirurgica" ma fomentatrice di nuovo odio, dolore,
distruzione, pericolo.
Infatti, noi nonviolenti, alla scuola di Gandhi, Capitini, King, Badshah
Khan (il Gandhi musulmano), e delle reali esperienze storiche ispirate da
loro, escludiamo dall'orizzonte umano tanto la violenza diretta - come le
stragi di stato (la guerra) e le stragi del terrorismo privato - quanto la
violenza strutturale (il dominio economico) e la violenza culturale
(civilta' superbe e arroganti).
Il dialogo tra tutti gli stati, i popoli, le civilta', le religioni e'
l'unica via d'uscita, per togliere pretesti e manodopera disperata ai
manovratori di terroristi, chiunque essi siano, per qualunque obiettivo.
Odiare non si deve, mai. E neppure farsi odiare.
La guerra e' impotenza, incapacita' politica, somma incivilta',
scimmiottatura senza alcuna creativita', scorciatoia stolta, semplificazione
assurda di nodi molto complessi, cecita' folle e disastrosa, sommo crimine.
E' sempre ingiusta, mai risolutiva.

7. RIFLESSIONE. DANIS TANOVIC: CHE SU KABUL PIOVANO PANE E LIBRI
[Dal sito di "Nonluoghi" (www.nonluoghi.it) riprendiamo questo intervento
del regista di "No man's land"]
"Chiedo che su Kabul piovano bombe fatte di pane e libri". Cosi' il regista
Danis Tanovic, a Roma per presentare il suo film "No man's land", dedicata
al dramma della guerra in Bosnia, commenta la reazione occidentale agli
attentati negli Usa. "Chiedo - dice Tanovic - che la cultura e gli aiuti
umanitari siano le vere armi con cui combattere una battaglia importante ma
che non puo' essere vendetta, che non puo' precipitare nella spirale senza
fondo degli odi e delle rappresaglie. Sono cresciuto a Sarajevo tra le bombe
e l'odio, ho fatto in tempo a vedere come puo' essere una societa'
multirazziale e capace di vivere in pace, so quanto e' importante che le
idee possano circolare liberamente e che le piccole isole di pace del mondo
irradino la loro aura benefica su un pianeta in cui la meta' degli uomini
non sa nemmeno come e' fatto un telefono e il 90% rischia ancora la fame. E'
evidente che al dolore per le morti innocenti va data risposta ma e'
altrettanto evidente che il mondo ha bisogno di tutto salvo che di nuove
guerre. Ho dedicato il mio film a questo tema e ho cercato di farlo con il
massimo rispetto per la gente di cui parlavo ma anche con il tono
paradossale che deve essere tipico del mio tipo di lavoro. Chi fa cinema
deve interpretare la realta' e assumersi il peso delle proprie idee, deve
dormire con il libro dell'etica sotto il cuscino ma deve anche sapere che
racconta delle storie e che l'informazione ha altre leggi e altri tempi".

8. INIZIATIVE. CARLO GUBITOSA: DA PERUGIA AD ASSISI CON IL CORAGGIO DELLA
NONVIOLENZA
[Il seguente articolo verra' pubblicato sul numero di ottobre della rivista
"Altreconomia", che qui si ringrazia (per contatti: www.altreconomia.it).
Carlo Gubitosa e' impegnato nell'esperienza di Peacelink, per contatti:
c.gubitosa@peacelink.it]
Il prossimo 14 ottobre la "Marcia della Pace", legata alla tradizione del
Movimento Nonviolento italiano e alla figura storica di Aldo Capitini, sara'
una grande opportunita' per dare voce al pensiero "non allineato" che
rifiuta la logica della guerra e quella del terrorismo con la stessa
fermezza. Ma i "falchi" pronti ad aggredire e strumentalizzare le "colombe"
sono molti e ben determinati.
Esattamente 40 anni fa, il 24 settembre 1961, Aldo Capitini, il "padre"
della cultura nonviolenta italiana, apriva la strada che da Perugia porta
verso Assisi in nome della Pace, quella scritta con la maiuscola e ben
diversa da una semplice assenza di guerra.
Racconta Capitini in un suo scritto autobiografico: "Avevo visto, nei
dopoguerra della mia vita, le domeniche nella campagna frotte di donne
vestite a lutto per causa delle guerre, sapevo di tanti giovani ignoranti ed
ignari mandati ad uccidere e a morire da un immediato comando dall'alto, e
volevo fare in modo che questo piu' non avvenisse, almeno per la gente della
terra a me piu' vicina. Come avrei potuto diffondere la notizia che la pace
e' in pericolo, come avrei potuto destare la consapevolezza della gente piu'
periferica, se non ricorrendo all'aiuto di altri e impostando una
manifestazione elementare come e' una marcia?".
Nelle intenzioni del suo fondatore i caratteri distintivi della marcia
dovevano essere l'indipendenza dai partiti e il pacifismo integrale degli
organizzatori, il coinvolgimento delle persone piu' lontane
dall'informazione e dalla politica, la presentazione del metodo nonviolento
alle persone lontane o avverse e il legame della Marcia con Francesco
d'Assisi, definito da Capitini come "il santo italiano della nonviolenza".
Un'altra caratteristica della prima edizione della marcia era l'assenza di
bandiere o simboli di partito, richiesta fortemente dallo stesso Capitini,
quasi a presagire i numerosi tentativi di strumentalizzazione politica del
movimento nonviolento che si sono puntualmente verificate negli anni
successivi, fino alle piu' recenti edizioni della Marcia, dove uno spavaldo
Massimo D'Alema ha fatto una fugace apparizione nel 1999 a poche settimane
di distanza dai bombardamenti contro la Repubblica Federale di Jugoslavia,
suscitando lo sdegno dei sostenitori del "pacifismo integrale" richiesto da
Capitini.
Dopo quell'episodio sembrava che il cammino fosse ormai in discesa, ma i
tragici avvenimenti relativi all'attentato negli Stati Uniti hanno reso
ancora piu' difficile il compito di chi vuole camminare a testa alta
combattendo contemporaneamente il terrorismo e la guerra come due facce di
un'unica violenza che non da' soluzioni, ma aggiunge solo nuovi orrori.
Oggi la situazione e' piu' che mai complessa, e la "Tavola della Pace", il
cartello di associazioni promotrici della marcia, ha davanti a se' uno
scenario ricco di grandi opportunita' ma costellato di altrettanti rischi.
Il primo rischio e' quello rappresentato dalla violenza di molti mezzi di
informazione, sempre pronti ad interpretare in chiave sensazionalistica
qualunque dichiarazione, un atteggiamento che contiene in se' il rischio di
una autocensura o di un eccesso di prudenza da parte di chi dovrebbe
sostenere con coraggio posizioni "scomode" come il ripudio della guerra, la
condanna delle rappresaglie militari o la necessaria distinzione tra gli
interventi di polizia internazionale condotti dai Caschi Blu Onu a nome
dell'umanita' e le azioni di guerra della Nato realizzate per conto di
un'alleanza militare regionale che rappresenta meno di una ventina di stati,
posizioni rese ancora piu' impopolari dai venti di guerra che a partire
dall'11 settembre hanno attraversato il nostro Paese e il mondo intero.
Un altro rischio e' quello rappresentato dalla formula targata Bush "chi non
e' con noi e' con i terroristi", che ha costretto tutti i movimenti per la
pace a camminare in bilico tra la violenza della guerra e quella del
terrorismo, rischiando di essere additati come fiancheggiatori
dell'integralismo islamico armato solo per aver rifiutato il terribile
sillogismo "bisogna fare qualcosa, la guerra e' qualcosa, bisogna fare la
guerra". E' per questo che oggi per dire no alla violenza armata degli stati
come risposta a quella dei gruppi estremisti occorre una dose supplementare
di coraggio, il coraggio di rischiare posizioni impopolari che possono
allontanare dal pacifismo una classe politica troppo prudente, diplomatica e
acritica, un'opinione pubblica che non ha ancora avuto gli strumenti per
approfondire le alternative all'opzione militare, un senso comune smarrito
che oggi recita come un mantra la parola d'ordine "guerra, guerra, guerra".
Il 14 ottobre la marcia ci dimostrera' se e' ancora possibile essere
pacifisti rifiutando la "realpolitik" dell'intervento armato in nome di una
lotta al terrorismo davvero efficace, condotta ad esempio attraverso
l'eliminazione dei paradisi fiscali e del segreto bancario sui flussi di
denaro transnazionali, se si puo' essere solidali con le vittime degli
attentati senza solidarizzare con la cultura dell'interventismo militare, se
si possono ricordare ancora, umilmente e rispettosamente, tutte le stragi
silenziose compiute dalla violenza strutturale di un modello di sviluppo che
ogni anno sacrifica sull'altare del progresso un numero di vittime ben
superiore a quelle del terrorismo, se si puo' chiedere ai nostri
parlamentari di non votare l'aumento del 15% alle spese militari previsto
dalla prossima finanziaria, che probabilmente sara' decisivo per fare bella
figura all'interno dell'Alleanza Atlantica, ma che con altrettanta
probabilita' non cambiera' di una virgola le carte sul tavolo della lotta al
terrorismo, dove i giochi si decidono altrove e non sul campo di battaglia.
Questo aumento non indispensabile e' una piccola voce nel bilancio dello
stato, che potrebbe essere impiegata con piu' efficacia per una lotta ad un
altro tipo di "terrorismo", quello che costringe sei milioni di italiani a
vivere al di sotto della soglia di poverta'.
Per la Tavola della Pace la vera sfida da giocare nei 25 chilometri che
uniscono Perugia ad Assisi sara' quella di aggregare un gruppo di
associazioni e di enti locali, che per ovvie necessita' lavorano
quotidianamente a contatto con il mondo della politica e dei partiti, hanno
legami e collegamenti con le istituzioni, sono costrette ad interagire con
la cultura del potere, e a volte vivono anche grazie a contributi pubblici,
cercando il coraggio necessario per risvegliare la coscienza del potere, dei
partiti e delle istituzioni, per superare la politica del palazzo ed i suoi
limiti con una proposta nuova, onesta, efficace e piu' forte, che nasce dal
basso.
Il contesto di Perugia e di Assisi sara' la cornice ideale in cui la
societa' civile avra' l'occasione di sfidare le regole apparentemente
ineluttabili della politica internazionale con una prospettiva in cui la
pace non e' un "optional" o un interesse "di categoria", ma una necessita'
irrinunciabile per la sicurezza e il diritto alla vita di tutti, una
concreta alternativa alla logica militare, per sostenere una lotta al
terrorismo che non e' la bandiera di un'azione armata, ma un impegno
concreto per combattere i flussi criminali di denaro sporco, il
narcotraffico, il disagio sociale della droga, i paradisi fiscali di cui non
beneficiano solo i terroristi ma anche molti capi di stato e di governo, e
che colpiscono le popolazioni e i paesi piu' poveri, da cui provengono molti
degli invitati all'"Assemblea dell'Onu dei Popoli" che si svolgera' nei
giorni che precedono la marcia.
Un altro ambizioso obiettivo da raggiungere in occasione della
Perugia-Assisi sara' quello di costringere i politici che faranno la loro
apparizione in occasione della marcia o dell'assemblea dell'Onu dei popoli
ad un confronto rispettoso, ma serrato ed implacabile, sui contenuti e sulle
concrete proposte politiche contenute nell'"appello" lanciato in occasione
della Marcia, senza lasciare il benche' minimo spiraglio a chi vuole
raccogliere l'invito al dialogo solo per strumentalizzare questo
appuntamento forte della societa' civile, trasformandolo in una semplice
"passerella" politica dove fare sfoggio delle proprie capacita' oratorie con
alte dichiarazioni di principio, completamente slegate dal voto nelle aule
del parlamento.
Indubbiamente tutte queste questioni ancora aperte costituiscono un grosso
fattore di rischio per le associazioni della "Tavola", ma la grandezza della
posta in gioco (la costruzione della pace a partire dall'Italia), lo
spessore delle iniziative "dal basso" proposte dalla societa' civile
mondiale nell'"Onu dei popoli" e le grandi speranze condivise da tutti
quelli che marceranno da Perugia ad Assisi, ci fanno dire che vale davvero
la pena di provarci, dimenticandosi per una volta dei propri interessi
particolari per cercare davvero di camminare insieme verso il bene comune.

9. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: UN NOBEL SENZA PACE
[Giulio Vittorangeli e' tra le figure piu' lucide e vivide della
solidarieta' internazionale. Per contatti: giulio.vittorangeli@tin.it]
Ha scritto Eduardo Galeano ("Il manifesto" del 20 settembre): "L'11
settembre 1973, esattamente 28 anni prima delle odierne fiammate, era
bruciato il palazzo presidenziale in Cile. Kissinger aveva anticipato
l'epitaffio di Salvador Allende e della democrazia cilena, commentando il
risultato delle elezioni "Non dobbiamo mica accettare che un paese diventi
marxista per l'irresponsabilita' del suo popolo" (...) Henry Kissinger e'
stato fra i primi a reagire di fronte alla recente tragedia. "Sono colpevoli
come i terroristi coloro che gli offrono appoggio, finanziamento e
ispirazione", ha sentenziato con le parole che il presidente Bush ha
ripetuto ore dopo. Se e' cosi', bisognerebbe incominciare col bombardare
Kissinger. Verrebbe fuori che lui e' colpevole di molti piu' crimini di
quelli commessi da Bin Laden e da tutti i terroristi che ci sono nel mondo,
in molti paesi, che agivano al servizio dei vari governi nordamericani, e a
cui diede "appoggio, finanziamenti e ispirazione": al terrore di stato in
Indonesia, Cambogia, Cipro, Filippine, Sudafrica, Iran, Bangladesh, e nei
paesi sudamericani, che subirono la guerra sporca del Piano Condor" (il
famigerato progetto "Piano Condor" che sostenne i regimi militari del Cono
Sud dell'America Latina -ndr).
A Henry Kissinger (ironia della sorte) fu dato il premio Nobel per la Pace
nel 1973, assieme a Le Duc Tho per la negoziazione del cessate il fuoco in
Vietnam. Le battaglie in quel Paese, pero', continuarono fino alla conquista
di Saigon nel 1975. Nel piu' "strano" silenzio e nella piu' assoluta
reticenza diffusa e' stata lanciata una campagna internazionale per la
revoca del Premio Nobel a Kissinger; in Italia promossa in particolare -
all'inizio del 2001 - da "Peacelink" (in rete:
www.peacelink.it/tematiche/latina/nobel): "Adesso che risulta chiara la
responsabilita' degli Stati Uniti nelle dittature sudamericane e il ruolo
influente che ebbe Henry Kissinger, si pone una questione etica e morale
sulla vittoria del suo Nobel per la Pace. Ha senso continuare a tenere
scritto il suo nome insieme a coloro che hanno realmente combattuto per una
pace vera, come Rigoberta Menchu', per fare un esempio? Viste le sue gravi
responsabilita' per i crimini del Cile e dell'Argentina e non solo quelli,
il suo il Nobel dovrebbe essere revocato, per una questione di serieta',
coerenza e giustizia nei confronti delle vittime di quei giorni".
Quella del Cile fu una vicenda che coinvolse direttamente l'Italia dei primi
anni '70 (erano gli anni dell'Italicus e delle stragi di stato, dei servizi
deviati e diretti da fanatici fascisti), non solo per le scelte che avrebbe
fatto il Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer, ma perche' una
giovane, giovanissima, generazione si affacciava alla politica partendo
dalla scelta della solidarieta' concreta con il popolo cileno. Dal Cile
cominciarono subito ad arrivare i primi rifugiati, con le poesie di Pablo
Neruda, le canzoni di Violeta Parra e Victor Jara (chi non ha amato, ed ama,
"Te recuerdo Amanda"), la musica andina degli Inti-Illimani (chi non ha
cantato, insieme a tanti altri, "el pueblo unido jamas sera vencido"), ecc.
Tanto per ricordare, Victor Jara - figlio di contadini - fu immediatamente
catturato dopo il golpe, portato insieme a migliaia di persone nello stadio
di Santiago (lo stesso dove solo un anno prima aveva tenuto un felicissimo
concerto) e dopo giorni di torture e di terrore, fu trucidato dopo avergli
maciullato le mani. Anni dopo, avremmo finalmente ascoltato anche l'ultimo
discorso di Salvador Allende trasmesso da Radio Magallanes: "Di fronte a
questi eventi posso solo dire ai lavoratori: io non rinuncero'. Collocato in
un passaggio storico paghero' con la mia vita la lealta' al popolo. E vi
dico che ho la certezza che il seme che consegnammo alla coscienza degna di
migliaia e migliaia di cileni, non potra' essere distrutto definitivamente.
Hanno la forza, potranno asservirci, ma non si arrestano i processi sociali
ne' con il crimine ne' con la forza. La storia e' nostra e la fanno i
popoli".
Dal Cile imparammo, anche, che c'e' un rapporto tra democrazia e mercato,
che ha dato vita (e continua a dare vita) a una coppia fortemente
squilibrata. Per cui la signora democrazia suole essere abbastanza fedele al
signor mercato, anche se talvolta interferisce nel suo funzionamento.
Viceversa il signor mercato, quando qualcosa non lo soddisfa nella
democrazia, si mette d'accordo con il Pinochet di turno per sposarsi con una







dittatura o con un altro sistema autoritario.
Il 9 settembre di quest'anno, durante la trasmissione "60 minutes" della tv
"CBS" (in onda a Washington), il figlio del generale Rene' Scheider ha
accusato direttamente il segretario di stato (durante la presidenza Nixon)
Henry Kissinger, di essere stato "il mandante dell'attentato che costo' la
vita al padre, che aveva giurato fedelta' al presidente Salvador Allende".
Naturalmente Kissinger si e' ben guardato dal partecipare alla trasmissione.
La storia non e' nuova, si pensi all'ampia documentazione contenuta nel
libro di Christopher Hitchens "The Trial of Henry Kissinger"; dove Kissinger
e' accusato (con una quantita' impressionante di documenti finalmente resi
disponibili), proprio di crimini di guerra, crimini contro l'umanita', reati
contro il diritto comune, il diritto consuetudinario e il diritto
internazionale. Un riassunto delle sue tesi il giornalista americano l'ha
pubblicato sulla rivista "Harper's Magazine", che in Italia e' stato
tradotto sul settimanale "Internazionale" (n. 378 del 23 marzo 2001, pp.
20-33; Il testo integrale dell'articolo di Harper's Magazine, in inglese, e
numerosi link sul dibattito sono disponibili su The Cristopher Hitchens web:
www.enteract.com/-peterk), senza suscitare la curiosita' dei tanti
commentatori che hanno fatto a gara a scrivere sulla soddisfazione per
l'arresto dell'ex-presidente della Jugoslavia, Milosevic, accusato fin dal
maggio del 1999 di crimini contro l'umanita' dal Tribunale internazionale
dell'Aja; arresto fortemente voluto dal Procuratore Capo di quel Tribunale,
il magistrato svizzero Carla Del Ponte.
Ma viene anche da pensare al silenzio che l'Occidente ha volutamente tenuto,
sul piano diplomatico e giuridico internazionale, nei confronti dei crimini
commessi dai governi russi di Eltsin prima e di Putin poi, in Cecenia.
A dimostrazione di una politica di due pesi e due misure che fa decidere di
volta in volta l'opportunita' o meno di adoperare la "questione dei diritti"

come strumento di una battaglia internazionale che continua a essere, nella
quasi totalita' dei casi, una lotta di potenza, per la supremazia
geopolitica e per la salvaguardia dei propri interessi economici,
strategici, commerciali. Non e' un caso che l'America di Bush, il cui
ricatto sul prestito alla Serbia ha certamente accelerato l'arresto di
Milosevic, sia contraria all'istituzione di un Tribunale permanente per i
crimini contro l'umanita', in nome di una difesa degli interessi nazionali
dall'intromissione di una giurisdizione sopranazionale.

10. DIBATTITO. ANTONIO D'AMICO: A PROPOSITO DI NONVIOLENZA
[Ringraziamo di cuore Antonio D'Amico per questo intervento; per contatti:
rosalbadam@tiscalinet.it]
Dopo i fatti di Genova e New York, soprattutto in ambienti pacifisti, si
sente parlare spesso (anche se non abbastanza) di nonviolenza.
Tutti diciamo di trovarci d'accordo nell'adottare una strategia nonviolenta.
Prima pero' di dire di essere d'accordo e' necessario trovarsi d'accordo sul
significato stesso dellla parola nonviolenza.
Non voglio fare una dissertazione sulla nonviolenza (anche perche' non sono
sicuramente la persona adatta), ma vista la confusione che c'e' attorno a
questa parola penso che sia giusto chiarirsi.
La nonviolenza e' innanzittutto un percorso individuale. Vuol dire eliminare
la violenza che c'e' in ognuno di noi: nei comportamenti, negli
atteggiamenti, nei pensieri.   Ricordiamoci che tutti i sistemi oppressivi e
ingiusti, incluso quello attuale che noi contestiamo, si fondano sulla
collaborazione (consapevole o meno) degli oppressi.  Anche noi siamo quindi
complici con il nostro lavoro, con le cose che acquistiamo, con i servizi
che utilizziamo, ecc. Solo dopo aver intrapreso quindi un  percorso  di
"autopurificazione", solo allora la nonviolenza puo' essere assunta come
mezzo di lotta collettivo, di massa. Ma su questo penso che siamo tutti
d'accordo.
Il punto cruciale da chiarire e', invece, sul  significato vero della
nonviolenza ovvero: non opporre violenza (di nessun tipo) a chi compie a sua
volta una ingiustizia o una violenza. Vuol dire cioe' che il nonviolento
deve lottare, con tutte le sue forze, contro il male e le cause che lo hanno
scatenato, ma mai colpire, punire, o "semplicemente" odiare chi commette
l'azione. Per questo motivo non capisco perche' autorevoli personalita'
della nonviolenza attuale, (che io stimo e continuero' a stimare per
l'importante  lavoro che fanno), continuano a dire che sia giusto punire
(anche se con tribunali internazionali) e che sia giusto avere truppe (anche
se sotto il comando ONU).
In una societa' nonviolenta non c'e' posto per nessun corpo armato: sia esso
esercito, polizia, carabinieri, etc., non c'e' spazio neanche per le carceri
e i  tribunali (nazionali o internazionali che siano).
Il principio della non resistenza al male con la violenza (senza nessuna
limitazione) e' secondo me il principio cardine della nonviolenza, cosi'
come l'ho intesa  dagli uomini che da tutti vengono considerati i padri
della nonviolenza (Gesu', Tolstoj, Gandhi, solo per citarne alcuni).
Poi si puo' essere d'accordo o meno con la nonviolenza. Ma questo e' un
altro discorso. Se poi mi si dice che per nonviolenza si intende anche
quell'altra, vorra' dire che cerchero' un altro termine per indicare il
concetto.
Personalmente credo che la nonviolenza sia l'unica vera via che puo' portare
ad una soluzione definitiva di qualsiasi conflitto o problema. Qualsiasi
altra via portera' sempre a soluzioni parziali (anche se in tempi piu'
brevi): perche' ci saranno sempre dei vincitori e degli sconfitti (i quali
si organizzeranno e quando si sentiranno forti, attaccheranno i vincitori e
cosi' via in una catena senza fine), mentre con la nonviolenza si esce tutti
vincitori.
In questi anni i movimenti nonviolenti sono stati forse poco presenti nella
vita pratica, mentre e' andato crescendo sempre piu' il movimento dei
contestatori della globalizzazione, movimento che si e' sempre piu' riempito
di contenuti e di proposte concrete. Penso che oggi sia  importante che
queste due anime si fondano insieme a formare un unico movimento che
persegue con tenacia la giustizia (non quella dei tribunali e delle carceri)
e lotti contro ogni ingiustizia utilizzando, al contempo, la nonviolenza
come unico mezzo.
Saremo pronti a questo?
Se dobbiamo attraversare un fiume e' inutile che ci spostiamo sulla riva:
l'unica cosa da fare e' costruire una barca e attraversarlo, senza aver
paura di lasciare tutto da questa parte.

11. DIBATTITO. ANDREA BAGLIONI: CONTRO LE IDEOLOGIE SACRIFICALI
[Andrea Baglioni e' impegnato per la pace e la nonviolenza. Per contatti:
a.baglioni@katamail.com]
Mi sento, in franca amicizia, di dissentire dalla ripetuta sottolineatura
della purificazione, limpidezza, separazione dall'errore, esclusivita',
denuncia dei falsi profeti.
Temo infatti una "sottrazione religiosa" alla politica e alla nonviolenza.
Se c'e' infatti una cosa che non posso credere ci torni utile del pensiero
religioso, e del pensiero religioso ebraico-cristiano-islamico segnatamente,
e' proprio quell'anelito alla (e quella malcelata convinzione di essere
nella) purezza, che fa da premessa al sacrificio. Proprio o altrui: per una
parte del pensiero religioso in fondo non fa grande differenza, sempre di
violenza purificatrice si tratta.
Per non parlare della connotazione misogina che si porta dietro questa
storia della purezza, e della paura che tradisce dell'esser mescolati,
bastardi, plurali. Quali - graziaddio - siamo.
Serve veramente la purezza per praticare la nonviolenza? Ma ammettiamo che
serva: serve proclamarla "preliminarmente e intransigentemente"?
Per dirne una : "Coi nostri corpi sulle rotaie noi li abbiam fermati i
nostri sfruttator", cantavano e facevano le mondine, senza aver fatto nessun
(volontario) digiuno preliminare.
La pratica nonviolenta viene assunta da chi meno ce l'aspetteremmo. Mi
sembra lo dicano anche i "sacri testi".
Se poi vogliamo separarci da compagni di strada dei quali sospettiamo
l'affidabilita' politica, l'onesta' culturale e dei quali temiamo la
scaltrezza, il disincanto e l'agilita', la collusione con un certo tipo
d'informazione o quant'altro... bene, parliamone.
Accusarli di accelerare la fine dei tempi non mi sembra comunque un
argomento ammissibile.
Se la sitazione fosse grave la meta' di quanto andiamo dicendo non mi
sembrerebbe in ogni caso il momento di rivendicare a se stessi il compito di
salvatori dell'umanita' o dispensatori di vita e giustizie infinite o
eterne: una compagnia eterogenea ed affollata dalla quale mi tengo quanto
piu' possibile alla larga.
"La nonviolenza e' in cammino" si va riempiendo di proposte fattive, e sono
certo del fatto che arriverano anche momenti di assunzione collettiva di
alcune di queste proposte come progetti per l'azione.
E' sull'adesione a pratiche concrete che si misura il cammino, e l'adesione
puo' essere parziale e perfino strumentale, restando capace di trasformare
effettivamente la vita delle persone.

12. DIBATTITO. GIOBBE SANTABARBARA: PER UNA DEFINIZIONE APERTA E
PLURIDIMENSIONALE DELLA NONVIOLENZA
[Giobbe Santabarbara e' uno degli animatori del "Centro di ricerca per la
pace" di Viterbo]
La nonviolenza e' un campo di riflessioni, esperienze e ricerche assai
vasto, a piu' dimensioni, che consente e sollecita approcci diversi e
contributi originali.
Si puo' essere "amici della nonviolenza" (e' la locuzione proposta da Aldo
Capitini; definirsi "nonviolenti" tout court sarebbe ad un tempo
ridicolmente presuntuoso, effettualmente provocatorio e semplicemente
dereistico) muovendo da presupposti religiosi cosi' come da ragionamenti
integralmente laici.
In un recente scritto del "Centro di ricerca per la pace" si propone questa
definizione:
*
Per una definizione critica e pluridimensionale della nonviolenza
1. Il termine "nonviolenza", distinto dalla locuzione "non violenza"
La parola "nonviolenza" e' stata coniata dal filosofo ed educatore italiano
Aldo Capitini (1899-1968) e traduce i due termini creati da Mohandas Gandhi

(1869-1948) per definire la sua proposta teorico-pratica: "ahimsa" e
"satyagraha".
La parola "nonviolenza" designa un concetto del tutto distinto dalla
semplice locuzione "non violenza" o "non-violenza"; la locuzione "non
violenza" infatti indica la mera astensione dalla violenza (ed in quanto
tale puo' comprendere anche la passivita', la fuga, la rassegnazione, la
vilta', l'indifferenza, la complicita', l'omissione di soccorso); il
concetto di "nonviolenza" afferma invece l'opposizione alla violenza come
impegno attivo e affermazione di responsabilita'.
Infatti i due termini usati da Gandhi, che il termine capitiniano di
"nonviolenza" unifica e traduce, hanno un campo semantico ampio ma molto
forte e ben caratterizzato: "ahimsa" significa "contrario della violenza",
"negazione assoluta della violenza", quindi "opposizione alla violenza fino
alla radice di essa"; "satyagraha" significa "adesione al vero, contatto con
il bene, forza della verita', vicinanza all'essere, coesione essenziale".
2. La nonviolenza non e' un'ideologia
La "nonviolenza" quindi e' un concetto che indica la scelta e l'mpegno di un
intervento attivo contro la violenza, la sopraffazione, l'ingiustizia (non
solo quella dispiegata e flagrante, ma anche quella cristallizzata e
camuffata, quella acuta e quella cronica, quella immediata e quella
strutturale).
La nonviolenza non e' un'ideologia ne' una fede: ci si puo' accostare alla
nonviolenza a partire da diverse ideologie e da diverse fedi religiose e
naturalmente mantenendo quei convincimenti. Ad esempio nel corso dello
scorso secolo vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla
nonviolenza aderendo a fedi diverse: induista, cristiana, buddhista,
islamica, ebraica, altre ancora, o anche non aderendo ad alcuna fede.
Ugualmente vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla
nonviolenza aderendo a ideologie diverse: liberali, socialiste (nelle varie
articolazioni di questo concetto teorico e movimento storico), patriottiche,
internazionaliste, democratiche in senso lato.
3. La nonviolenza e' una teoria-prassi sperimentale e aperta
La nonviolenza infatti e' una teoria-prassi, ovvero un insieme di
riflessioni ed esperienze, creativa, sperimentale, aperta. Non dogmatica,
non autoritaria, ma che invita alla responsabilita' personale nel riflettere
e nell'agire.
4. La nonviolenza e' un concetto pluridimensionale
Molti equivoci intorno alla nonviolenza nascono dal fatto che essa e' un
concetto a molte dimensioni, cosicche' talvolta chi si appropria di una sola
di queste dimensioni qualifica la sua collocazione e il suo agire come
"nonviolenti", in realta' commettendo un errore e una mistificazione,
poiche' si da' nonviolenza solo nella compresenza delle varie sue dimensioni
(ovviamente, e' comunque positivo che soggetti diversi conoscano e accolgano
anche soltanto alcuni aspetti della nonviolenza, ma questo non li autorizza
a dichiarare di praticare la nonviolenza).
Proviamo a indicare alcune delle dimensioni fondamentali della nonviolenza:
- la nonviolenza e' un insieme di ragionamenti e valori morali;
- la nonviolenza e' un insieme di tecniche comunicative, relazionali,
deliberative, organizzative e di azione;
- la nonviolenza e' un insieme di strategie di intervento sociale e di
gestione dei conflitti;
- la nonviolenza e' un progetto sociale di convivenza affermatrice della
dignita' di tutti gli esseri umani;
- la nonviolenza e' un insieme di analisi e proposte logiche, psicologiche,
sociologiche, economiche, politiche ed antropologiche.
Come si vede, lo studio della nonviolenza implica la coscienza della
pluridimensionalita' di essa, delle sue articolazioni, delle sue
implicazioni.
Ed anche del fatto che essa implica saldezza sui principi ed insieme un
atteggamento ricettivo, critico, sperimentale, aperto; che non ha soluzioni
preconfezionate ma richiede ogni volta nella situazione concreta un
riflettere e un agire contestuale, critico e creativo.
*
Un tentativo di approfondimento ulteriore e' nella "piccola introduzione
alla nonviolenza" che il direttore di questo notiziario dovrebbe decidersi a
tirar fuori dal frigorifero e pubblicare su queste pagine.

13. LETTURE. LAURA BOELLA: CUORI PENSANTI
Laura Boella, Cuori pensanti, Tre Lune, Mantova 1998, pp. 136, lire 22.000.
Una delle piu' limpide pensatrici contemporanee presenta Hannah Arendt,
Simone Weil, Edith Stein, Maria Zambrano. Per contattare la casa editrice:
tel. 0376368278.

14. LETTURE. LAURA BOELLA: LE IMPERDONABILI
Laura Boella, Le imperdonabili, Tre Lune, Mantova 2000, pp. 148, lire
22.000. L'illustre docente di filosofia morale presenta Etty Hillesum,
Cristina Campo, Ingeborg Bachmann, Marina Cvetaeva.

15. LETTURE. ANDREA MOLESINI: NERO LATTE DELL'ALBA
Andrea Molesini, Nero latte dell'alba, Mondadori, Milano, 1993, 2001, pp.
168, lire 12.000. Una serie di schede bibliografiche ragionate di libri che
raccontano la Shoah. Rivolto soprattutto agli insegnanti di scuola media e
del biennio.

16. UN APPELLO. NAMIR: ABROGHIAMO IL RAZZISMO
[Da "Namir" (namirnamir@genie.it) riceviamo e diffondiamo]
La nuova legge sull'immigrazione, che modifica la gia' discutibile legge
40/98, meglio conosciuta come Turco-Napolitano, sta per avere il suo
battesimo definitivo in Parlamento.
A meno di clamorosi colpi di scena (es.: approvazione di emendamenti
proposti dall'opposizione), l'Italia sara' dotata della legge piu'
liberticida e razzista d'Europa in materia di immigrazione.
L'immigrato perde la sua naturale condizione di essere umano per diventare
solo un ingranaggio usa-e-getta nel mondo del lavoro, nel disprezzo totale
delle regole piu' elementari di umanita' e di diritto.
Proprio ora che il mondo ha piu' che mai bisogno dei valori legati alla pace
e alla solidarieta' tra i popoli, il governo Berlusconi lancia la sua sfida
a questi valori. Noi la raccogliamo, mobilitandoci per una grande iniziativa
volta alla proposizione di un referendum popolare per l'abrogazione della
nuova legge.
In attesa della pubblicazione del testo definitivo, vorremmo conoscere la
vostra opinione su questa proposta.
La redazione di "Namir" richiama - per un impegno civile - a firmare questo
testo, inviandoci una e-mail ad artenamir@genie.it con scritto in oggetto
"No al razzismo".
Tutte le email e le vostre opinioni saranno pubblicate all'nterno della
pagina del nostro giornale - http://web.genie.it/utenti/n/namirdue/ e
inviate successivamente a chi di dovere invitando i parlamentari a prenderne
atto.

17. RIVISTE. IL NUOVO NUMERO DI "MOSAICO DI PACE"
[Volentieri diffondiamo]
E' in distribuzione in questi giorni il nuovo numero di "Mosaico di pace",
la rivista mensile promossa da Pax Christi, movimento cattolico
internazionale per la pace.
La novita' principale di questo numero, firmato come sempre da padre Alex
Zanotelli, missionario comboniano gia' direttore di "Nigrizia", e' la
rinnovata veste grafica che, anche grazie a quattro pagine in piu',
contribuisce a offrire una rivista piu' gradevole e piu' facile da leggere a
quanti hanno a cuore i problemi della pace, della giustizia internazionale,
della salvaguardia del pianeta, del dialogo tra le chiese in un momento in
cui il mondo sembra essere sull'orlo del baratro.
La copertina e l'intero numero sono dedicati all'"altra-Genova". Il
riferimento e' ovviamente al vertice del G8 di luglio, ma soprattutto al
movimento anti-global che la' si e' dato appuntamento e "che ha proposto,
pregato, pensato e contestato senza violenza e che oggi si interroga".
A cominciare dall'editoriale-lettera aperta di Tonio Dell'Olio al Presidente
Berlusconi perche' "chieda scusa ai manifestanti pacifici che costituiscono
la stragrande maggioranza del GSF" per le affermazioni fatte il 22 luglio
parlando di "collusione del Genoa Social Forum con gli elementi violenti che
hanno turbato lo svolgimento delle manifestazioni". Berlusconi, infatti,
"non ha atteso la conclusione delle indagini (peraltro ancora in corso), non
ha ascoltato il diverso parere dei rappresentanti del GSF e ha
sbrigativamente emesso la sua sentenza". E per finire, ancora una richiesta
di scuse: "Delle ipocrisie dei Capi di Governo dei Paesi che figurano nei
primi posti delle classifiche per la vendita di armi e per l'inquinamento
ambientale, vorremmo chiedesse scusa non solo a noi ma soprattutto ai piu'
poveri del mondo".
Il dossier cerca infine di focalizzare l'attenzione sul dopo-Genova e sulle
sfide che si pongono ai pacifisti: da "Globalizzazione, crisi del
capitalismo" di Walden Bello all'agenda futura del senatore-verde Francesco
Martone, dal contributo dell'ex senatore Stefano Semenzato sul progetto di
scudo spaziale a un'intervista al prof. Antonio Papisca sui diritti umani e
sul ruolo dell'Onu, senza dimenticare le risposte di Brunetto Salvarani alla
domanda "E i cattolici da che parte stanno?".
Per avere il testo completo dell'editoriale, o per ricevere una copia della
rivista, rivolgersi alla segreteria di redazione: "Mosaico di Pace", via
Petronelli 6, 70052 Bisceglie (Bari), tel. 080.395.35.07, fax:
080.395.34.50, e-mail: mosaicodipace@paxchristi.it, sito: www.paxchristi.it
o anche: www.peacelink.it/users/paxchristi/. Abbonamenti: annuale (11
numeri) lire 45.000; con adesione a Pax Christi: lire 80.000; sostenitore
lire 110.000. Versamento su c.c.p. n. 16281503 intestato a Pax Christi
Italia, via Petronelli, 6 - 70052 Bisceglie (BA).

18. MATERIALI. PER STUDIARE LA GLOBALIZZAZIONE: DA PAOLO RUMIZ A BERTRAND
RUSSELL

* PAOLO RUMIZ
Profilo: giornalista, inviato ed editorialista del quotidiano "La
 Repubblica", a lungo inviato speciale del quotidiano triestino "Il Piccolo"
, dal 1986 segue gli eventi dell'area balcanico-danubiana. Opere di Paolo
Rumiz: Maschere per un massacro; La linea dei mirtilli; La secessione
leggera; tutti presso gli Editori Riuniti.

* GUIDO RUOTOLO
Profilo: nato a Napoli nel 1955, giornalista. Opere di Guido Ruotolo: La
quarta mafia, Pironti, Napoli 1994.

* GIAN ENRICO RUSCONI
Profilo: docente di Scienza della politica all'Università di Torino. Opere
di Gian Enrico Rusconi: tra i suoi libri recenti Se cessiamo di essere una
nazione; Resistenza e postfascismo; Patria e repubblica; tutti presso Il
Mulino.

* SALMAN RUSHDIE
Profilo: nato a Bombay nel 1947, vive in Gran Bretagna. Romanziere, nel 1989
è stato condannato a morte dal fondamentalismo islamico per aver pubblicato
un libro (il romanzo I versi satanici) ritenuto offensivo per quella
religione, da allora vive praticamente in clandestinità ed in costante
pericolo di vita. Opere di Salman Rushdie: segnaliamo particolarmente la
raccolta di brevi saggi Patrie immaginarie, Mondadori. Opere su Salman
Rushdie: AA. VV. (a cura di Federico Tibone), Salman Rushdie: il silenzio
dell'occidente, Sonda.

* SERGIO RUSICH DE MOSCATI
Profilo: partecipa alla lotta contro i nazisti, deportato a Flossenburg,
testimone della Shoah. Opere di Sergio Rusich de Moscati: Il mio diario,
ECP, S. Domenico di Fiesole (FI) 1992.

* BERTRAND RUSSELL
Profilo: Russell è una figura pressoché leggendaria, nato nel 1872 da Lord e
Lady Amberley e deceduto quasi un secolo dopo nel 1970 dopo una vita
straordinariamente intensa, civilmente impegnata e intellettualmente
feconda. Filosofo, scrittore, ha subito la prigione per il suo impegno
pacifista ed ha avuto il Premio Nobel per la letteratura; ha promosso
iniziative contro la guerra e per il disarmo, per i diritti civili e il
progresso sociale; tra tante altre iniziative: quelle per l'obiezione di
coscienza, la dichiarazione Einstein-Russell, la lettera "ai potenti della
terra", la fondazione del movimento Pugwash, la campagna per il disarmo
nucleare, la costituzione del Tribunale internazionale per i crimini di
guerra nel Vietnam. Opere di Bertrand Russell: la bibliografia di Russell è
sconfinata, per i temi che maggiormente ci interessano sono particolarmente
utili la monumentale Autobiografia, edita da Longanesi, ed i numerosissimi
saggi di argomento pacifista, politico ed etico. Una utile antologia
essenziale con specifici riferimenti bibliografici è nel volume di Mario
Alcaro, Bertrand Russell, che citiamo di seguito. Opere su Bertrand Russell:
specifico su Russell pacifista e impegnato per i diritti umani è il libro di
Mario Alcaro, Bertrand Russell, ECP, S. Domenico di Fiesole 1990; più
centrati sugli aspetti filosofici sono i libri di Alfred J. Ayer, Russell,
Mondadori, Milano 1992; Michele Di Francesco, Introduzione a Russell,
Laterza, Roma-Bari 1990; Alberto Granese, Che cosa ha veramente detto
Russell, Ubaldini, Roma 1971.

19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

20. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org ;
per contatti, la e-mail è: azionenonviolenta@sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir . Per contatti: lucben@libero.it ;
angelaebeppe@libero.it ; mir@peacelink.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it . Per
contatti: info@peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761/353532, e-mail: nbawac@tin.it

Numero 242 del 28 settembre 2001