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La guerra della Barilla




Articolo di Paolo Macina <milly_paolo@hotmail.com>

DOVE C'È BARILLA C'È CASA.

Diabolica Internet! Le informazioni contenute nella rete delle reti, le 
possibilità di collegamento che essa permette, i contatti che viaggiano 
alla velocità della luce sono un'arma micidiale per chi come noi indaga 
sull'operato delle aziende allo scopo di monitorarne il comportamento etico.
Un trafiletto estivo de IlSole24Ore (28/6/2001) si soffermava su una delle 
aziende più amate dagli italiani, ma che non essendo quotata in borsa è 
circondata da un alone di mistero per quanto riguarda il suo assetto 
proprietario. Recitava l'articolo: "La Holding Barilla, contrariamente a 
Granmilano (proprietaria dei marchi Le Tre Marie, Panem e gelati Sanson) è 
controllata per l’85% dei tre fratelli Guido Maria, Paolo e Luca Barilla e 
per il restante 15% dalla famiglia svizzera Anda, rappresentata in 
consiglio da Gratian Anda".
Così ho pensato di mettere alla prova la capacità delle Rete, per capire 
chi fosse il convitato di pietra che sedeva accanto agli storici fondatori 
del gruppo alimentare emiliano, e che nel 2000 ne risultava anche 
vice-presidente.

BARILLA IN MANO A PRODUTTORI DI ARMI
E' stato facile risalire alla IHAG, holding zurighese di investimenti (sita 
in Bleicherweg 18), diretta da Gratian Anda, ultimo rampollo della famiglia 
Bührle-Anda. Una notizia, riportata su numerosi siti economici, affermava 
che grazie ai buoni uffici della famiglia, la holding aveva definito nel 
dicembre 2000 l'acquisto della Pilatus Aircraft assieme ad un manager del 
Credit Suisse messosi poi in proprio, un islandese che aveva fatto fortuna 
con l'industria del pesce tanto da trasferirsi in Svizzera, e i soldi del 
fondo pensioni del gruppo farmaceutico Hoffmann-La Roche.
La Pilatus è una società dell'industria di difesa aerospaziale svizzera, 
con filiali negli Stati Uniti e in Australia, che già apparteneva al gruppo 
Oerlikon-Bührle (www.obh.ch/english/html/welcome .htm), leader principale 
del settore. Il nonno di Gratian Anda, Emil Georg Bührle, fondò questo 
gruppo che durante la Seconda Guerra Mondiale si distinse nel rifornire di 
armi la Wehrmacht. Il dizionario storico della Svizzera, ospitato sul sito 
della biblioteca nazionale svizzera in una pagina ad accesso riservato ma 
non troppo, stima che nel solo periodo che va dal giugno 1940 al settembre 
1944, il patrimonio personale della famiglia passò da 140.000 franchi 
svizzeri a 127 milioni grazie a questo deplorevole commercio 
(www.snl.ch/dhs/externe/protect/textes/ D27701.html), mentre un'inchiesta 
condotta dal periodico francese L'Hebdo nel 3 settembre 1998 
(www.webdo.ch/hebdo/hebdo_1998/hebdo_36/armes_36.html) dimostrava 
l'esistenza di commesse per l'esercito tedesco in guerra pari ad un 
miliardo di franchi.
Gli anni del dopoguerra segnarono l'inizio di una saga familiare 
irresistibile. Nel 1956, i figli Hortense (la madre di Gratian Anda) e 
Dieter ereditarono azioni e metodi spicci dal fondatore: Dieter e tre suoi 
collaboratori furono condannati dal Tribunale federale nel 1970, per 
vendita d'armi al Sudafrica e alla Nigeria, paesi in guerra, mentre 
l'European Network Against Arms Trade (www.antenna.nl/enaat/switzerl.html) 
documentò vendite di fucili d'assalto, razzi e missili contraerei 
all'Indonesia per 1,8 milioni di franchi svizzeri tra il 1982 e il 1993 
attraverso la controllata Contraves, nonostante l'embargo in corso per 
violazione dei diritti civili.
Le vendite proseguirono nello stesso 1993, per importi pari a 10 milioni di 
franchi, grazie alle forti pressioni che il gruppo mise in atto per 
convincere il Parlamento Svizzero ad autorizzarle.
Nel 2000 il gruppo Oerlikon-Bührle si è dato un nuovo look cambiando il 
nome in Unaxis (www.unaxis.com/) e diversificando gli investimenti nei modi 
più vari, come ad esempio un grazioso hotel sul lato svizzero del Lago 
Maggiore, e appunto l'attuale partecipazione in Barilla.

OPERE D'ARTE FRUTTO DI SPOLIAZIONI
Un risvolto inquietante della fornitura di armi al III Reich fu il sistema 
di pagamento stabilito dal feldmaresciallo Hermann Göring durante gli anni 
della seconda guerra mondiale. Un comunicato stampa del gennaio '99 
dall'Ente opere d'arte frutto di spoliazioni (www.kultur-schweiz.admin.ch/ 
bak/medi_i.htm, ma la pagina è stata rimossa nel settembre scorso), 
insediato presso l'Ufficio federale svizzero della cultura, insinuava che 
una parte dei quadri appartenenti alla famosa Fondazione E. G. Bührle 
provenisse da un traffico illecito organizzato da Theodor Fischer, un 
mercante d'arte attivo a Lucerna ed in gran confidenza con l'establishment 
nazista, assieme a Rudolf Ruscheweyh, spia dei servizi segreti tedeschi e 
legale rappresentante della Oerlikon in Germania.
Fin dalla sua fondazione nel 1960, la sede della Collezione Bührle è a 
Zurigo. La sua sezione più apprezzata è quella dedicata all'Impressionismo 
francese: Cézanne, Monet, Renoir, van Gogh, Gauguin, Braque, Picasso; ma 
trovano posto anche i maestri veneziani del 18° secolo come quelli olandesi 
del secolo precedente, oltre ad un importante gruppo di sculture medievali.
Proprio la sezione francese è sospettata essere quella rubata dai comandi 
nazisti alla Collezione Israelita di Parigi, e un'inchiesta effettuata dal 
periodico francese L'Hébdo il 27 maggio 1999 
(www.webdo.ch/hebdo/hebdo_1999/hebdo_21/dossier3_21.html; altri dossier 
vennero pubblicati con i n° 36 e 49 del 1998) documenta come, tramite 
triangolazioni con il Liechtenstein, il commerciante d'armi svizzero riuscì 
ad impossessarsi di preziose opere d'arte frutto della rapina in corso in 
Francia da parte degli invasori tedeschi.

CONTAMINAZIONI DA URANIO IMPOVERITO
Come se non bastasse, il Corriere del Ticino del 15 gennaio scorso 
(www.cdt.ch/online/ news/15012001/15012001150456.asp) riportava la notizia 
secondo la quale erano in corso accertamenti su circostanze e possibili 
conseguenze dei test con munizioni all'uranio impoverito effettuati negli 
anni Settanta dalla Contraves, nel comune svittese di Unteriberg. L'attuale 
direttore del poligono di tiro della Contraves a Unteriberg è malato di 
leucemia, e questo ha fatto scattare i controlli sull'area in cui è 
insediata l'azienda di armi.
Già nel 1997 la commissione del Consiglio nazionale per la politica di 
sicurezza si era fatta informare dal Dipartimento della difesa in relazione 
all'acquisto di munizioni per carri armati contenenti wolframio (o 
tungsteno), un altro metallo pesante. L'allora capo dell'armamento Toni 
Wicki aveva spiegato per iscritto che il wolframio non presentava alcun 
pericolo.
Il quotidiano spagnolo El Mundo, il giorno successivo, riprendeva la 
notizia secondo cui Javier Solana, responsabile della politica estera della 
Unione Europea, chiedeva approfondimenti su quanto veniva denunciato 
relativamente al conflitto in Kosovo appena terminato; secondo il 
Dipartimento Federale della Difesa Svizzero infatti, i bombardamenti con 
munizioni contenenti uranio impoverito furono rese possibili dalla 
produzione negli anni '70 di tali ordigni dalla Contraves, settore militare 
della impresa Oerlikon Bührle. Nessuno sapeva però precisare chi avesse 
autorizzato la produzione, e soprattutto chiarire come i residui delle 
munizioni fossero stati eliminati.

IL MULINO BIANCO E' UNA CIMINIERA NERA (Beppe Grillo, spettacolo 1995)
Qualcuno dovrebbe spiegarci perché una azienda come la Barilla, condotta da 
una famiglia molto nota in Italia per l'approccio moderno e dinamico 
all'economia, abbia deciso di ammettere in casa propria un investitore come 
questo. Sicuramente appropriato risulta il famoso detto "pecunia non olet", 
ma forse a monte vi è una fortissima intenzione del mercato bellico ad 
impiegare gli enormi profitti lucrati in questi anni di guerre fredde e 
calde, ovvero il tentativo di trovare sbocchi meno impopolari a questi 
flussi di denaro sporco di sangue.
In Italia anche l'azienda leader del settore, Finmeccanica, tenta di 
diversificare le sue attività nei rami tecnologici più avanzati 
(telecomunicazioni, microprocessori); in Francia il gruppo Matra-Lagardére 
ha acquistato in questi anni Hachette-Filipacchi-Gallimard, il più grande 
editore francese (proprietario anche dell'italiana Rusconi), mentre per 
alcuni mesi il secondo operatore italiano di telefonia, Omnitel-Infostrada, 
è stato posseduto dalla tedesca Mannesmann, che nello stesso periodo 
tramite una sua controllata riforniva il governo turco dei carri armati 
utilizzati nella repressione curda.
Rimane comunque difficile continuare a far colazione con le famose 
merendine del Mulino di fronte alla prospettiva di ingrassare questo 
mercato. E forse, più che gli ignari consumatori, dovrebbero capirlo i 
pubblicitari che curano le campagne dell'azienda parmigiana.

Paolo Macina, Torino 19 settembre 2001.