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Tavola della Pace: Appello "Cibo, acqua e lavoro per tutti" e La Perugia-Assisi contro il terrorismo per la riconciliazione tra i popoli
A 40 anni dalla prima Marcia per la pace Perugia-Assisi
ideata dal filosofo nonviolento Aldo Capitini
per la globalizzazione dei diritti umani, della democrazia e della solidarietà
Marcia per la pace
Perugia-Assisi
Cibo, acqua e lavoro per tutti
Domenica 14 ottobre 2001
Partenza ore 9.00 - Perugia, Giardini del Frontone
Conclusione ore 16.00 - Assisi, Rocca Maggiore
Appello
Domenica 14 ottobre 2001, noi, donne e uomini delle Nazioni Unite,
marceremo lungo la strada che da Perugia conduce ad Assisi per promuovere
la globalizzazione dei diritti umani, della democrazia e della solidarietà.
Oggi il mondo dispone delle capacità necessarie per raggiungere questo
obiettivo. Ma occorre cambiare strada e riconsiderare innanzitutto le
priorità della politica e dell'uso delle risorse.
Ci muove la consapevolezza che non ci sono processi inevitabili, che "un
altro mondo è possibile" e che per costruirlo è necessario promuovere la
globalizzazione dal basso: una grande alleanza mondiale di donne e uomini,
organizzazioni della società civile, comunità ed Enti Locali impegnati a
rifiutare ogni forma di violenza, nella pratica come nel linguaggio, e a
sostituire la cultura della guerra con la cultura della pace, la cultura
della competizione selvaggia con quella della cooperazione, l'esclusione
con l'accoglienza, l'individualismo con la solidarietà, la separazione con
la condivisione, l'arricchimento con la ridistribuzione, la sicurezza
nazionale armata con la sicurezza comune.
Ci muove la preoccupazione per un mondo che sembra andare fuori controllo,
prigioniero di una fitta rete di tensioni, crisi e stridenti contraddizioni
che sono causa di indicibili sofferenze umane. Un mondo dove tutti parlano
di pace ma non si fa nulla per prevenire lo scoppio delle guerre o per
mettere fine alle più clamorose violazioni dei diritti umani come in
Palestina, in Afghanistan, in Sudan, in Tibet o in Birmania. Un mondo dove
tutti parlano di giustizia ma si condannano interi popoli, come molti di
quelli africani, a morire di fame e di sete o malattie. Un mondo dove tutti
parlano di ambiente ma non si fa quasi niente per arrestare l'effetto
serra, l'inquinamento e la deforestazione del Pianeta. Un mondo dove tutti
parlano di libertà e democrazia ma che sembra scivolare verso un
autoritarismo globale, dove la Carta dell'Onu e il diritto internazionale
dei diritti umani vengono usati da alcuni Stati come il menù di un
ristorante.
Ci muove la preoccupazione per quei miliardi di persone senza diritti di
cittadinanza, che sopravvivono e muoiono nel mondo: persone che compaiono e
scompaiono di tanto in tanto, quando succede qualche inevitabile tragedia;
persone che "esistono" solo se diventano un "problema di ordine pubblico" o
una "opportunità di riduzione di costi" per qualche azienda multinazionale.
Ci muove la preoccupazione per una società civile sempre più sotto
pressione da una competizione sfrenata, colpita da un'enorme crescita
dell'insicurezza (economica, relativa al posto di lavoro e al reddito,
sanitaria, culturale, personale e collettiva, ambientale e politica) e
dalla sensazione che stia venendo meno ogni certezza, che siamo al tramonto
di ogni regola.
Ci muove la preoccupazione per un processo di globalizzazione spinto da
uomini e imprese interessate ad estendere il proprio potere o a
massimizzare, nel più breve tempo possibile, i propri profitti senza alcuna
attenzione ai costi umani, sociali e ambientali.
Dopo decenni di politiche mondiali influenzate dagli interessi economici,
finanziari e commerciali dei grandi paesi industrializzati e delle grandi
imprese, alla de-regulation e alla legge del più forte, alla
privatizzazione, all'espansione del mercato e della sua ideologia, alla
delegittimazione dell'Onu è giunto il momento di ridefinire le priorità
dell'agenda politica internazionale e dell'uso delle risorse mettendo al
centro non gli interessi di pochi ma il bene pubblico globale.
Il mondo ha bisogno di governi e istituzioni internazionali democratiche
determinate a mettere un freno al crescente disordine internazionale,
gestire le sfide dell'interdipendenza e promuovere il bene pubblico
globale. Il mondo ha bisogno di governi decisi a contrastare e prevenire le
guerre e le massicce violazioni dei diritti umani; sradicare la povertà e
garantire a tutti il libero accesso ai diritti sociali di base (il diritto
al cibo, all'acqua, alla salute, all'educazione, alla casa, ad un lavoro
dignitoso...); garantire la libertà e l'esercizio dei diritti democratici,
il pluralismo della società civile, delle imprese e dell'informazione;
combattere il razzismo, la xenofobia, la discriminazione in tutte le sue
forme; combattere le epidemie, affrontare le emergenze ambientali
(riscaldamento globale, distruzione della biodiversità,
desertificazione,...) e salvaguardare le risorse naturali per le
generazioni future; promuovere equità e giustizia distributiva
nell'economia e nel commercio globale; orientare la ricerca scientifica e
tecnologica a favore dello sviluppo umano e far si che l'umanità intera
possa beneficiare dei progressi raggiunti; etcŠ
Oggi più che mai dobbiamo riconoscere che, nessuno di questi obiettivi -che
tutti affermano di condividere- sarà mai raggiunto dalla libera azione del
mercato o dalla sua globalizzazione, per la semplice ragione che esso ha
altre priorità e obiettivi. Occorre, dunque, che siano innanzitutto la
politica, la società civile, le istituzioni democratiche, nazionali e
internazionali, ad assumere l'iniziativa.
Una grande responsabilità spetta ai governi dei paesi più ricchi e potenti
del mondo che, più di ogni altro, detengono il potere, le risorse e i mezzi
per determinare, nel bene e nel male, le condizioni di vita e il futuro di
gran parte dell'umanità.
Per questo, noi donne e uomini delle Nazioni Unite, consapevoli delle
responsabilità e dei doveri che ci accomunano, coerenti con i principi del
diritto internazionale dei diritti umani e con gli ideali della Carta delle
Nazioni Unite chiediamo con forza ai nostri governi di assumere un'altra
priorità, di promuovere un'altra globalizzazione: la globalizzazione dei
diritti umani, della democrazia e della solidarietà.
Ignorare ancora l'urgenza di questo impegno comune vuol dire rifiutare le
proprie responsabilità politiche e affrontare una sempre più pericolosa
serie di crisi più o meno globali alle quali non sarà possibile rispondere
con la politica del cerotto, i cui costi sociali e umanitari, economici e
militari saranno molto più grandi di ogni seria misura preventiva.
Per questo, denunciamo il comportamento irresponsabile di tutti quei
governi che ogni giorno continuano a rinnegare gli impegni sottoscritti
durante le grandi Conferenze mondiali dell'Onu degli anni '90 e rinnovati
anche nel Millennium Summit dello scorso anno.
Ai governi più ricchi e potenti del mondo che si sono riuniti a Genova noi
abbiamo chiesto e chiediamo innanzitutto più democrazia. La democrazia è la
via maestra che vogliamo e dobbiamo percorrere per affrontare le sfide del
nostro tempo, riaffermare il primato della politica e migliorare il mondo
in cui viviamo. Ma la democrazia (tutta la democrazia: quella politica,
economica, sociale, rappresentativa, diretta, partecipativa) deve superare
i confini dello stato nazionale ed estendersi anche ai grandi santuari
della politica e dell'economia internazionale, dalla città fino alle
Nazioni Unite. Senza democrazia, la globalizzazione è totalitarismo e
colonialismo.
A tutti i governi chiediamo di seguire la via della legalità, promuovendo
la democratizzazione del sistema internazionale, processi decisionali
aperti e trasparenti, la cooperazione a tutti i livelli, il riconoscimento
dei diritti e del ruolo fondamentale svolto ogni giorno dalle istituzioni
locali e dalle organizzazioni della società civile, l'apertura alle loro
istanze e alle proposte.
A loro chiediamo, ancora una volta, di promuovere decisamente il
rafforzamento e la democratizzazione delle Nazioni Unite, quale centro
della governabilità globale. Il processo di globalizzazione in atto ha
aumentato il già profondo deficit di democrazia internazionale esistente,
preparando un futuro denso di tensioni, incognite e pericoli inaccettabili.
Senza il rilancio del sistema delle Nazioni Unite, senza un forte
investimento per ridargli forza, efficacia e credibilità, nessuno dei tanti
problemi globali potrà trovare una soluzione.
Chiediamo cibo, acqua e lavoro per tutti. E' scandaloso che nonostante
l'enorme crescita della ricchezza mondiale e gli straordinari progressi
scientifici e tecnologici ci siano ancora tante famiglie nel mondo escluse
da questi diritti fondamentali: 800 milioni di persone che soffrono la
fame, un miliardo e duecento milioni di persone che non hanno accesso
all'acqua potabile, 160 milioni sono le donne e gli uomini senza lavoro (34
milioni solo nei paesi industrializzati) e ancora di più sono coloro che
nonostante un duro lavoro sopravvivono nella povertà. 250 milioni sono i
bambini costretti a lavorare spesso in condizioni terribili. Come potrà mai
esserci pace in un mondo come questo? Noi chiediamo che questi tre diritti
fondamentali di ogni persona vengano posti da subito al centro dell'impegno
degli Stati, delle istituzioni internazionali e degli stessi enti di
governo locale.
Questa lotta globale per la dignità umana deve essere parte di un
instancabile impegno comune teso a promuovere la globalizzazione dei
diritti umani, ovvero: tutti i diritti umani per tutti. Questo, noi donne e
uomini, noi popoli delle Nazioni Unite, chiediamo con forza alle grandi
imprese, alle istituzioni economiche internazionali, alle forze politiche,
alle istituzioni locali, ai governi nazionali, all'Unione Europea e
all'Onu. E' un obiettivo ambizioso, non nuovo, ma oggi possibile. Esiste un
obiettivo concreto che possa essere considerato più importante?
Alla vigilia dell'entrata in vigore dell'Euro, chiediamo al Parlamento,
alla Commissione e al Consiglio Europeo, ai Governi e ai Parlamenti dei
paesi membri un particolare impegno affinché l'originario disegno pacifista
d'integrazione europea torni ad orientare le politiche dell'Unione Europea.
In tutto il mondo cresce la domanda di Europa. Un'Europa a servizio della
pace, del disarmo e della prevenzione dei conflitti. Un'Europa aperta al
resto del mondo, capace di esprimersi con una sola voce nel contesto delle
relazioni mondiali per difendere la causa della legalità e della
solidarietà internazionale, per portare avanti la realizzazione di un
modello di nuovo ordine mondiale coerente innanzitutto coi principi della
Carta dell'Onu e del diritto internazionale dei diritti umani. Un'Europa
dove la politica e la dimensione sociale abbiano il primato sul mercato.
Un'Europa impegnata a colmare il deficit democratico interno tuttora
persistente, a sviluppare il dialogo sociale e civile, a orientare la
politica di coesione economica e sociale, a promuovere e sviluppare forme
di più efficace cooperazione e solidarietà con i paesi del Mediterraneo e i
più poveri, ad accelerare l'ingresso nell'Unione dei paesi dell'Europea
centrale e orientale.
Per affrontare le grandi sfide che abbiamo d'innanzi e globalizzare i
diritti umani è indispensabile riscoprire e diffondere una cultura
autentica della solidarietà e della condivisione. Nessuna comunità umana
può sopravvivere senza solidarietà: nemmeno la comunità planetaria di cui
siamo parte. Ma attenzione: non si tratta di distribuire un po' del
superfluo che il nostro mondo produce in abbondanza. Ciò che oggi ci viene
richiesto -per salvare l'umanità da una minacciosa deriva- è un forte
investimento per la promozione della giustizia (la pace positiva) e per lo
sviluppo della cooperazione internazionale a tutti i livelli. Le risorse
non mancano. Per decenni abbiamo investito sugli armamenti. Oggi è venuto
il momento di spendere quelle stesse risorse per garantire la vera
sicurezza delle persone, di tutte le persone, di tutti i popoli e del
pianeta. Altro che scudo spaziale!
Denunciamo il comportamento irresponsabile, l'immoralità e il cinismo dei
governi che continuano a negare all'Onu le risorse e i mezzi per fermare le
guerre che da Gerusalemme a Kabul, da Gaza a Grozny, da Djarbakir a
Khartoum devastano la nostra comunità umana.
Denunciamo il comportamento illegale, l'immoralità e il cinismo dei governi
che continuano a incrementare il traffico internazionale di armi (i primi
sei maggiori esportatori sono quattro membri permanenti del Consiglio di
Sicurezza, la Germania e l'Italia), ad aumentare le spese militari e di
quelli che oggi stanno preparando le guerre stellari scatenando una nuova
corsa mondiale al riarmo. L'alternativa alla guerra (vietata dal diritto
internazionale) e alla sua proliferazione è la creazione di un efficace
sistema di sicurezza collettiva sotto l'autorità sopranazionale dell'Onu,
debitamente riformato e democratizzato, dotato di una forza di polizia
internazionale e di un corpo civile di pace.
La domanda di solidarietà, giustizia e pace senza frontiere che viene ormai
da ogni parte del mondo interroga ciascuno di noi che viviamo nella ricca
cittadella occidentale, ci costringe a sollecitare i nostri governi a
cambiare politica ma anche a ripensare il nostro modello di sviluppo, i
nostri stili di vita personali e collettivi, e ci spinge a ridurre i
consumi e ad eliminare gli sprechi e gli eccessi, a sostenere le esperienze
di commercio equo e solidale e a promuovere una gestione etica del
risparmio.
Globalizzare i diritti umani, la democrazia e la solidarietà: questa è la
pressante richiesta che viene da una moltitudine di donne, uomini e
istituzioni locali di tutto il mondo. Queste "donne e uomini planetari" non
chiedono nulla per sé ma per l'umanità intera. Essi sono l'embrione di una
società civile globale che sta crescendo attorno ai valori della pace e
della giustizia, dei diritti umani e della nonviolenza. Essi sono una
risorsa straordinaria per il nostro comune futuro. Nelle loro e nelle
nostre mani è riposta la possibilità e la responsabilità di cambiare questo
mondo.
Non basta chiedere occorre agire in prima persona. Andando verso Assisi,
come quarant'anni fa Aldo Capitini, rinnoviamo innanzitutto il nostro
impegno di donne e uomini liberi, di associazioni ed enti locali
responsabili perché la pace e la giustizia si affermi in mille azioni
concrete quotidiane, individuali e collettive: "a ognuno di fare qualcosa".
* * *
Appello al Parlamento e al Governo Italiano,
al Parlamento Europeo, alla Commissione Europea, al Consiglio Europeo
e all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite
Le promesse e le buone intenzioni non hanno mai salvato una vita umana.
Urgono decisioni precise e vincolanti come queste:
- Rafforzare e democratizzare le Nazioni Unite, abolendo il potere di veto
in seno al Consiglio di Sicurezza o almeno congelandolo in materia di
diritti umani, creando un'Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite e un
Forum permanente della società civile globale, costituendo un Consiglio per
la sicurezza economica e lo sviluppo umano sostenibile, etcŠ;
- intervenire subito in Medio Oriente, a difesa dei diritti delle persone e
dei popoli e della legalità internazionale, per mettere fine
all'occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza e ad ogni altra
forma di violenza, promuovendo un piano di pace basato sulle risoluzioni
delle Nazioni Unite e sul principio "Israele e Palestina: due Stati per due
Popoli". Con altrettanta determinazione è urgente che l'Onu intervenga, con
una propria forza di polizia internazionale, con compiti di interposizione
e di costruzione della pace, in tutte le zone di guerra che, come nel
martoriato continente africano, continuano ad insanguinare il mondo;
- fermare la morte per fame definendo, sin dal prossimo vertice mondiale
della FAO, tutte le misure necessarie ad assicurare il diritto al cibo
all'umanità intera;
- fermare la privatizzazione mondiale dell'acqua, bene comune dell'umanità,
promuovere un uso razionale delle risorse idriche e garantire a tutti
l'accesso a questo fondamentale diritto;
- attivare politiche per la piena occupazione, un lavoro dignitoso per le
lavoratrici e i lavoratori di tutto il mondo in condizioni di libertà,
equità, sicurezza e dignità umana, come previsto dalle norme fondamentali
dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro e attivare programmi urgenti
di lotta al lavoro minorile;
- cancellare il debito estero dei paesi impoveriti e rivedere il sistema di
concessione dei crediti che genera insostenibili processi di indebitamento;
- modificare, sin dalla prossima conferenza del WTO in Qatar, quelle regole
del commercio internazionale che impediscono il libero accesso ai mercati
dei prodotti dei paesi poveri e che compromettono la sopravvivenza di
intere comunità locali e garantire a tutti l'accesso alle medicine
salvavita a costi sostenibili;
- esigere dal Fondo Monetario, la Banca Mondiale e l'Organizzazione
Mondiale per il Commercio il pieno rispetto dei principi e degli impegni
per lo sviluppo umano sostenibile fissati dall'Onu, delle norme
fondamentali dell'Oil;
- respingere il progetto americano delle guerre stellari e tutti i nuovi
piani di riarmo, rilanciando il ruolo dell'Onu per la costruzione di un
sistema di sicurezza comune fondato sul disarmo e la prevenzione dei
conflitti;
- applicare e ampliare il Protocollo di Kyoto per la riduzione delle
emissioni di anidride carbonica che minacciano il clima e la vita di
miliardi di persone;
- aumentare fino allo 0,7% le risorse dedicate alla cooperazione
internazionale per sradicare la povertà estrema, la morte per fame e
malattie, riducendo i bilanci e gli arsenali militari;
- applicare un sistema di tassazione sulle transazioni finanziarie
speculative (Tobin Tax);
- rendere subito operativa la Corte penale internazionale permanente;
- sostenere politicamente e finanziariamente le attività dell'Alto
Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, accentuando la
pressione verso i governi responsabili di sistematiche violazioni dei
diritti umani e, in particolare, che continuano a praticare la pena di
morte e le più odiose forme di esclusione e mutilazione delle donne e di
sfruttamento dei bambini.
Queste proposte sono da tempo al centro dell'impegno di migliaia di
organizzazioni della società civile e di numerosi enti locali. Esse saranno
ulteriormente discusse e approfondite nella 4a Assemblea dell'Onu dei
Popoli che si svolgerà a Perugia, dall'11 al 13 ottobre 2001. La Marcia
Perugia-Assisi sia l'occasione per riflettere e decidere di fare, ciascuno,
una cosa in più per la pace e la giustizia nel mondo.
Perugia, 10 settembre 2001
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La Perugia-Assisi contro il terrorismo per la riconciliazione tra i popoli
Di fronte alla tragedia che ieri ha colpito gli Stati Uniti, vogliamo
esprimere al popolo americano e alle famiglie di tutte le vittime un forte
sentimento di solidarietà. Con loro condividiamo un profondo dolore,
l'angoscia e il senso di smarrimento che sta scuotendo le nostre vite e il
mondo intero.
Nessuna giustificazione può coprire un simile atto di terrorismo condotto
contro decine di migliaia di persone innocenti. La condanna deve essere
ferma, netta e unanime, così come deve essere la reazione di tutte le donne
e gli uomini amanti della pace.
Questi terribili attentati terroristici devono farci riflettere. I loro
effetti si sono già propagati in tutto il mondo e sono destinati a durare a
lungo. Facciamo appello al senso di responsabilità di tutti i capi di Stato
e di Governo: non possiamo lasciarci travolgere da una inondazione di odio,
sangue e terrore. Dobbiamo evitare di restare intrappolati in un vortice
sanguinoso di violenza, guerre e terrorismo su scala mondiale.
Non solo l'America, ma il mondo intero sta diventando più insicuro. Questo
è il momento in cui tutti i popoli e gli Stati della Terra si devono unire
per mettere un freno al disordine internazionale che minaccia tutti e per
costruire un nuovo ordine mondiale fondato sul rispetto della vita e sul
ripudio della violenza, della guerra e del terrorismo.
Per rendere il mondo più sicuro è necessario promuovere più cooperazione
internazionale a tutti i livelli e in tutti i campi. Nessuno può più
pensare di isolarsi. La pace e la sicurezza sono beni comuni globali
indivisibili. Dobbiamo costruire pace e sicurezza per tutti. O non ci sarà
per nessuno. All'assunzione di responsabilità di molte organizzazioni della
società civile deve corrispondere un nuovo e diverso impegno degli Stati.
Nessuno può farcela da solo.
Abbiamo bisogno di rafforzare subito le Nazioni Unite (unica "casa comune"
di tutti i popoli del mondo) e tutte le istituzioni internazionali
democratiche dove occorre costruire le risposte alla disperata domanda di
sicurezza, di pace e di giustizia che sale da ogni angolo del pianeta.
Popoli e governi, società civile e istituzioni debbono unirsi
nell'indispensabile tentativo di mettere fine a tutti i conflitti e alle
grandi violazioni dei diritti umani che continuano ad insanguinare il
mondo. Abbiamo bisogno di costruire nuovi ponti e non nuovi muri. Abbiamo
bisogno di combattere l'egoismo, il cinismo, l'indifferenza, tutte le forme
di razzismo ed esclusione economica e sociale che alimentano la
disperazione. Abbiamo bisogno di donne e uomini che riscoprano il senso
vero e il primato della politica e si mettano al servizio del bene comune
globale.
Il nostro è un appello alla calma, al senso di responsabilità e all'impegno
per la pace. Il futuro è nelle nostre mani. E' con questo spirito e questa
consapevolezza che il prossimo 14 ottobre marceremo in tanti da Perugia ad
Assisi contro ogni forma di violenza e terrorismo, per la pace e la
riconciliazione tra tutti i popoli.
Tavola della Pace, 12 settembre 2001
-- Gabriele De Veris
"We all want to change the world
But when you talk about destruction
Don't you know that you count me out
Don't you know it's gonna be alright"