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Mi sto nascondendo dalla reazione
...ricevo dalla mia amica che vive a boston....
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Mi sto nascondendo dalla reazione
Di Fariba Nawa, 9/15/2001
NEW YORK : MI STO NASCONDENDO nella mia casa, nel cuore di un quartiere
Arabo di Brooklyn, 4 miglia dal terrore che ha investito Manhattan. Come
Afghano-Americano, ho paura della risposta del "dopo-tragedia".
Se questo e' un atto di guerra come quello di Pearl Harbor, gli Arabi e
Afghani residenti in America diventeranno dei "targets" dell'odio come i
Giapponesi-Americani, durante la Seconda Guerra Mondiale?
Dal tetto della mia casa ho guardato il fumo incupire il cielo sopra il
World Trade Center. Ho sentito le sirene, gli urli delle vittime che
cadevano verso la propria morte e la rabbia che i New Yorkesi hanno poi
espresso. Gli Americani sono furiosi - a ragione - e vogliono qualcuno
da
biasimare e attaccare. Ma io tremo pensando ai Musulmani innocenti che
potrebbero diventare le vittime di questa furia.
Sulla stazioni radio di New York i cronisti gridavano accuse contro
Afghani
e Arabi, pretendendo che fossero uccisi e dichiarando guerra contro
l'Afghanistan, del quale il governanti sono sospettati di essere gli
organizzatori dell'attacco terroristico. Ho spento la radio e, confuso,
ho
caminato verso al "Promenade", dove la gente stava a guardare il
disastro
oltre l'East River. Qualcuno teneva sopra la bocca dei pezzi di stoffa
per
bloccare i fumi tossici del metallo che bruciava. Un uomo,
apparentemente
sulla ventina, disse ad un suo amico: "Questa dannata gente Islamica di
questo paese dovrebbe essere tenuta sotto sorveglianza. Stanno osando
troppo".
Nei bar c'erano i patroni in fila per guardare la TV; uomini e donne
applaudirono quando il Presidente Bush giuro' di cercare vendetta.
Sono tornato a casa con due miei amici Musulmani, ho chiuso la porta a
chiave e mi sono seduto ancora sotto shock. Ho sperato che nessun
abitante
della nostra srtada sappia che dei Musulmani abitano in questa casa. Da
quando Taliban e' divenuta il mio paese di nascita, l'Afghanistan e gli
Afghani sono divenuti soggetti di scherno e ridicolizzazione. Ma
stereotipizzazione e attacchi verbali non costituiscono piu' la mia
paura.
La grandezza di questa tragedia potrebbe provocare violenza contro
Musulmani
e specialmente comunita' Afghane di questo paese. Pochi ascoltano i
media
che avvertono gli Americani di non attaccare gruppi senza evere prove.
Ripenso alla Guerra del Golfo, quando gli Americani hanno lasciato le
briglie della loro rabbia contro i Musulmani. Quella volta alle
superiori,
ero un teenager scherzato, quando ci chiamavano "camel jokey" e "Massad
lover" - il nome di Saddam Hussein pronunciato al contrario -. Oggi sono
piu' spaventato, conoscendo quanto vizioso il solitamente tollerante
Americano puo' diventare in tempi di crisi.
Il sindaco Rudolph Giuliani ha messo piu' poliziotti a guardia dei
quartieri
Musulmani, il che' mi fa sentire piu' al sicuro. Ma per quanto? Allo
svolgersi di questa storia, Osama bin Laden e' in cima alla lista dei
sospettati, e la richiesta degli Ameicani di bombardare la sua
residenza,
l'Afghanistan, diventa piu' e piu' forte. Io mi dispero in silenzio,
pensando alla sorte di inermi civili Afghani che subiranno le
conseguenze se
le accuse contro bin Laden sono fondate.
Mi chiedo se gli Americani sanno che la rabbia che provano oggi e' cio'
che
i Palestinesi e Musulmani in tutto il mondo provano ogni giorno contro
il
governo Americano. Ogni volta che c'e' stato un attacco contro gli
Americani, il governo si e' concentrato sul risarcimento e la
prevenzione,
ma ha prestato poca attenzione verso il cambiare le proprie posizioni,
come
l'indifferenza verso la perdita di vite Palestinesi.
Non c'e' alcuna giustificazione per l'attacco terrorista di Martedi, ma
aumentare la vigilanza nelgi aereoporti e catturare i colpevoli
costituisce
solo una soluzione momentanea che probabilmente non fermera' questi
disastri. Riconsiderare le posizioni Americane e creare in leale e
consistente approccio verso le altre nazioni e' invece una soluzione
durevole.
Come ibrido dell'Afghanistan e degli Stati Uniti, sono arrabbiato non
con
una nazionalita' o gruppo, ma con un fanatismo e l'ingiustizia
dell'egemonia.
Spero che il popolo Americano sara' piu' tollerante del proprio governo,
verso i Musulmani, dentro e fuori dell'America.
Fariba Nawa e' uno studente laureato in studi sul Medioriente alla New
York
University e un contribuente del Pacific News Service.
Questa storia si trova a pagina A19 del Boston Globe del 15/9/2001.
© Copyright 2001 Globe Newspaper Company.
traduzione di Walter Bosello
Testo in Inglese
I am hiding from backlash
By Fariba Nawa, 9/15/2001
NEW YORKI AM HIDING in my house in the heart of an Arab neighborhood in
Brooklyn, four miles from the terror that struck Manhattan. As an
Afghan-American, I fear the retaliation in the aftermath of the tragedy.
If this act of war is like Pearl Harbor, will Arabs and Afghans living
in
America become targets of hate as Japanese-Americans did during World
War
II?
>From the roof of my brownstone home, I watched the billowing smoke
darken
the sky above the World Trade Center. I heard the sirens, the screams of
victims falling to their deaths, and the rage that New Yorkers expressed
afterwards. Americans are angry - rightly so - and want someone to blame
and
attack. But I shudder thinking of the innocent Muslims who could be the
victims of this fury.
On New York radio stations, callers shouted slurs against Afghans and
Arabs,
demanded they be killed, and called for war against Afghanistan, whose
rulers are suspected perpetrators of the attack. I turned off the radio
and
in a daze walked to the Promenade, where people stood looking at the
disaster across the East River. Some held any extra fabric over their
mouths
to block the fumes and stench of burning steel. A man appearing to be in
his
20s said to a friend, ''These damn Islamic people in this country should
be
under surveillance. They're getting away with too much.''
In bars where patrons crowded to watch TV, men and women clapped as
President Bush swore to seek revenge.
I paced back home with my two Muslim friends, locked the door, and sat
still
in shock. I hoped no one on our street knew that Muslims live in the
house.
Ever since the Taliban seized my birthplace, Afghanistan and Afghans
have
become the butt of slurs, jokes, and ridicule. But stereotyping and
verbal
attacks are not my fear anymore. The magnitude of this tragedy may
provoke
violence against Muslim and especially Afghan communities in this
country.
Few listen to the warnings by the media that Americans should not
convict
any group without proof.
I think back to the Gulf War, when Americans unleashed their anger on
Muslims. Then in high school, I was a dumbfounded teenager when we were
called ''camel jockey'' and ''Maddas lover'' - Saddam Hussein's first
name
spelled backwards. Now I am more scared, knowing how vicious the usually
tolerant American can become in times of crises.
Mayor Rudolph Giuliani deployed more police officers to Muslim
neighborhoods, which makes me feel safer. But for how long? As the story
unravels, Osama bin Laden is at the top of the suspect list, and
Americans'
call to bomb his residence, Afghanistan, gets louder. I quietly weep
when I
think of the fate of hapless Afghan civilians who will suffer the
consequences if the accusations against bin Laden are true.
I wonder if Americans know that the rage they are feeling today is what
Palestinians and Muslims across the world feel every day against the
American government. Every time there has been an attack against
Americans,
the government focuses on retribution and prevention but pays little
attention to changing its policies such as indifference to the loss of
Palestinian lives.
There is no justification for Tuesday's terrorist attacks, but
increasing
security at airports and catching the culprits are short-term Band-Aids
that
will probably not stop these disasters. Reconsidering American policies
and
creating a consistent and fair approach to deal with other nations is a
long-term solution.
As a hybrid of Afghanistan and the United States, I am angry not with a
nationality or group but with fanaticism and the injustice of hegemony.
I hope that the American people will be more tolerant than their
government
toward Muslims, inside and outside America.
Fariba Nawa is a graduate student in Middle Eastern studies at New York
University and a contributor to Pacific News Service.
This story ran on page A19 of the Boston Globe on 9/15/2001.
© Copyright 2001 Globe Newspaper Company.
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