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Facciamo la guerra? Il dibattito politico (fonte: Corriere della Sera 16/9/01)
MEGLIO UN TRIBUNALE DELL’ONU
Agnoletto: no alla
rappresaglia Usa
GENOVA - «Una volta individuati i
terroristi, questi andranno presi, processati, condannati, ma non a
morte, perché noi siamo contro questo tipo di pena. Ma ciò non significa
fare la guerra contro un’altra nazione, neppure se si dovesse accertare
che questa ha appoggiato l’azione dei terroristi». E’ la tesi di Vittorio
Agnoletto, intervenuto a Genova alla Festa di Liberazione, il quotidiano
di Rifondazione comunista: «Se il responsabile è Osama Bin Laden e la
centrale di terrorismo è stata individuata in un determinato Paese, non
per questo bisogna distruggere migliaia di vite umane. Non bisogna far
pagare ad altri innocenti l’azione di un gruppo di terroristi». «Credo
inoltre - ha aggiunto il leader del Gsf - che per il giudizio di questi
ultimi sia necessario un tribunale in cui venga rappresentato tutto il
mondo: penso all’Onu. È l’Onu l’ambito in cui realizzare un tribunale
internazionale. Sempre che gli Stati Uniti non vogliano creare un loro
tribunale: ne hanno diritto, dopo un fatto di questo tipo».
Agnoletto s’è anche soffermato sulla relazione del comitato parlamentare
sugli incidenti al G8 di Genova. «Quello che emerge dal documento - ha
spiegato - è una posizione ideologica, che poteva essere già scritta
prima del termine dei lavori della Commissione di indagine. Ci auguriamo
invece che le indagini della magistratura vadano nella direzione
dell’accertamento della verità».
Agnoletto si è mostrato critico anche nei confronti del capo della
polizia, Gianni De Gennaro: «È una vergogna che rimanga al suo posto - ha
detto -, dal momento che, se era a conoscenza del blitz alla scuola Diaz,
va considerato corresponsabile, mentre se ne era all’oscuro ha comunque
delle responsabilità».
ALLA FESTA DELL’UNITA’
D’Alema appoggia Bush
«Vanno puniti gli assassini»
DAL NOSTRO INVIATO
REGGIO EMILIA - Il popolo della Festa dell’Unità è schierato accanto
all’America. Anche nel difficile momento della rappresaglia. La conferma
sta nei ripetuti applausi che hanno accolto gli interventi di Massimo
D’Alema e Giuliano Amato, arrivati qui a Reggio Emilia per presentare
Italianieuropei, la nuova rivista di cultura politica di cui sono
co-direttori. I due ex premier non potevano essere più espliciti nello
schierare la sinistra a fianco degli Usa. Per quanto tutta la gauche
europea sia orfana di Bill Clinton e della sua terza via, Amato e D’Alema
hanno fatto capire che oggi non si può che stare con l’attuale presidente
degli States. «Prolungata ed efficace. Ho trovato appropriati - ha
scandito il presidente dei Ds - i due aggettivi che Bush ha usato per
definire la risposta da dare al terrorismo». Per D’Alema «punire gli
assassini è un principio della convivenza civile sia all’interno di uno
Stato sia sul piano internazionale». Va fatta, però, attenzione a non
commettere errori: «Una rappresaglia alla cieca alimenterebbe la spirale
della violenza». Occorre, invece, parlare anche al mondo musulmano.
La sinistra, dunque, non ha complessi di inferiorità.
All’opposizione si comporta come se stesse al governo. «L’uso della forza
non è per noi un tabù - ha sostenuto D’Alema -. Abbiamo guidato il Paese
durante la guerra dei Balcani e ci siamo mossi per ripristinare la
legalità internazionale e sconfiggere un dittatore».
Il presidente diessino ha anche apprezzato che gli Usa «invece di pensare
a un’azione di rappresaglia condotta da soli, abbiano coinvolti gli
alleati». Che ci sia in campo la Nato «è una garanzia perché decide
all’unanimità ed è una struttura militare guidata dalla politica».
D’Alema ha poi ricordato di aver firmato da premier il documento che
elabora il nuovo ruolo strategico della Nato, documento che «fa esplicito
riferimento al terrorismo». Di conseguenza, è giusto applicare l’articolo
5 dello statuto della Nato ricordando però che le azioni di risposta sono
legate «all’accertamento delle responsabilità» dei Paesi messi nel
mirino.
A detta del presidente dei Ds, la sinistra è interessata alla sconfitta
del terrorismo non solo perché sa cosa vuol dire governare, ma anche
perché «in un mondo dominato dalla paura e dalla militarizzazione i primi
a perdere sarebbero la politica e noi che crediamo nella democrazia».
D’Alema ha poi rivolto un apprezzamento all’intervento «preoccupato ed
equilibrato» di Fausto Bertinotti nel recente dibattito alla Camera e ha
assicurato che di fronte a un acutizzarsi della crisi «come presidente
del partito assicurerò guida politica e darò voce alle nostre posizioni».
In perfetta sintonia con lui, Amato ha sostenuto che «la storia non è
fatta solo per i buoni ma è fatta per i giusti e la giustizia». La
risposta è militare e l’Europa deve rendersi conto della posta in gioco.
«Gli europei in passato spesso sono stati solidali con i morti e hanno
avuto problemi quando la solidarietà era con i vivi». Ma ovviamente le
armi non devono far tacere la politica.
Anzi. A proposito dell’Italia e della nuova rivista - un bimestrale che
uscirà a metà novembre - Amato l’ha presentata come l’erede della
gloriosa tradizione di Rinascita e Mondoperaio, un laboratorio per
ricomporre la sinistra. E porre le basi di un grande partito
social-riformista.
Dario Di Vico
Reagire o pacificare, il
dilemma dei cattolici
Le Acli: colpire senza vendette. La
Compagnia delle Opere: azioni di polizia e non di guerra
ROMA - Ciò che accomuna tutti è
l’angoscia per queste ore drammatiche. E soprattutto le parole del Papa
che invitano a fare giustizia e non vendetta, che chiedono di non attuare
«ritorsioni animate dall’odio». Ma le sfumature sono tante e a volte non
indifferenti, soprattutto di fronte al tipo di risposta da dare agli
attentati contro gli Stati Uniti. È la reazione del mondo cattolico di
fronte alla guerra. Del resto non poteva che essere così per una realtà
così complessa e articolata.
«NON PORGERE LA GUANCIA» - Chi si schiera a favore di una reazione dura è
senz’altro il vescovo di Como Alessandro Maggiolini : «Se al
popolo straziato di New York venisse imposta la non-violenza evangelica
si commetterebbe addirittura un sopruso. Non invoco interventi
sproporzionati o terribili rappresaglie, ma certamente non si può pensare
che un popolo che ha subìto una tale strage possa porgere l’altra
guancia». In altre parole: «L’America ha diritto di difendersi e San
Francesco, pur essendo un esempio di santità, non può sostituirsi a un
ministro della Difesa».
«GIUSTIZIA NON VENDETTA» - L’insieme delle associazioni e dei movimenti è
su una linea più prudente, anche perché teme le conseguenze di uno
scontro frontale con l’Islam. Il presidente delle Acli Luigi Bobba
cita Giovanni Paolo II: «Con il suo intervento ha visto giusto. Certo
bisogna colpire in modo inequivocabile i responsabili di questo orrore.
Occorre però evitare la logica della pura e semplice vendetta. Per quanto
ci riguarda, continueremo a credere nella convivenza e nella tolleranza:
non possiamo rinunciarci». La redazione di Civiltà Cattolica , la
celebre rivista dei gesuiti, sta preparando l’editoriale del prossimo
numero. Racconta il vicedirettore, padre Michele Simone: «Diremo che
bisogna individuare i responsabili, ma che non si può sparare nel
mucchio: non farebbe che compattare gli islamici nel mondo, cosa che
trovo sbagliata sia dal punto di vista cristiano, che strategico. Perché
aumenterebbe la probabilità di nuovi attentati».
La Comunità di Sant’Egidio è preoccupata per il clima che si è
venuto a creare: «Purtroppo il terrore ha già ottenuto una sua prima
vittoria, non solo per l’orrore di vittime innocenti, ma perché si è
creata una situazione in cui parole come ritorsione e guerra suonano come
normali. Non c'è dubbio che vanno individuate e neutralizzate le fonti
del terrorismo facendo giustizia. Ma sarebbe un errore individuare il
nemico con un miliardo di fedeli dell'Islam creando uno scontro di
civiltà voluto proprio dai protagonisti del terrore nei loro mostruosi
programmi».
Riccardo Moro, che si occupa per la Cei di cancellazione del debito
nei Paesi in via di sviluppo, auspica «saggezza» in chi «dovrà
prendere decisioni difficilissime». Ma a rivolgersi direttamente agli
Stati Uniti è anche Edoardo Patriarca, portavoce del Forum del Terzo
Settore che raccoglie oltre 100 organizzazioni tra cui molte Ong: «Da
una grande democrazia come quella americana mi aspetto una risposta
misurata nella forza, che abbia ben presente il diritto internazionale.
Se prevale una logica irrazionale è la fine. Saggezza vuol dire non
colpire interi Stati e interi popoli. Evitiamo vecchi schemi da crociate
che oltretutto cancellerebbero il lavoro prezioso fatto da molte Ong nei
Paesi a rischio». E anche la Compagnia delle Opere , vicina a
Comunione e Liberazione, si schiera dalla parte delle colombe: «Noi -
spiega Giorgio Vittadini - siamo sulla linea già espressa da Giulio
Andreotti: ci vuole un’azione di polizia internazionale e non di guerra.
Non possiamo scontrarci con l’Islam. E pur amando molto gli Usa, occorre
ricordare che furono proprio loro a scoprire Bin Laden nella guerra di
liberazione dell'Afghanistan dai sovietici».
DUBBI SUGLI ATTACCHI - Più critici di tutti nei confronti della futura
risposta americana sono la Rete Lilliput e il Tavolo Intercampagne, che
raggruppa alcune sigle cattoliche come Pax Christi e la rivista
Nigrizia : «La violenza si isola solo praticando la non violenza e
avviando politiche mondiali di lotta alla povertà. Altrimenti nessun
attacco militare, né degli Usa, né della Nato riusciranno ad arginare il
terrorismo». E danno appuntamento a tutti alla marcia per la Pace
Perugia- Assisi del 14 ottobre.
Roberto Zuccolini
Il mondo cattolico si
divide di fronte all’ipotesi guerra
«REAZIONE DURA» Il vescovo di Como
Alessandro Maggiolini si è schierato a favore di una reazione dura degli
Stati Uniti in seguito agli attentati di New York e Washington. Secondo
Maggiolini, in questo caso la «non-violenza evangelica» non sarebbe
giusta, anzi sarebbe un «sopruso»; e «San Francesco, pur essendo un
esempio di santità, non può sostituirsi ad un ministro della Difesa». Una
posizione molto rigida era stata presa nei giorni scorsi anche da Gianni
Baget Bozzo, ascoltato consigliere di Berlusconi, che aveva interpretato
l’attentato nell’ambito del secolare attacco dei musulmani al mondo
cattolico
I MODERATI
La maggior parte del mondo cattolico si schiera invece per un approccio
più prudente, seguendo le parole del Papa. Giovanni Paolo II aveva
infatti scongiurato gli Stati Uniti di non far prevalere lo «spirito di
ritorsione», fatto salvo il diritto di punire i colpevoli di una simile
aggressione. Il timore diffuso è che una reazione eccessiva americana
possa scatenare un duro scontro con il mondo islamico. Secondo le Acli
bisogna colpire i responsabili, ma evitando «la logica della pura e
semplice vendetta». Un invito a «non sparare nel mucchio» viene anche dai
gesuiti di Civiltà Cattolica : «Compattare gli islamici nel mondo»
aumenterebbe la possibilità di nuovi attentati. Preoccupata si dice anche
la Comunità di Sant’Egidio per una situazione in cui «guerra e ritorsione
suonano come parole normali». Per la Compagnia delle Opere è necessaria
«un’azione di polizia internazionale e non di guerra»
PACIFISTI AD OLTRANZA
Dalla parte della non violenza ad oltranza si schierano invece le sigle
cattoliche associate nella Rete Lilliput , come Pax Christi e la rivista
dei missionari Nigrizia . Solo così infatti, e non con gli attacchi
militari, sarà possibile isolare la violenza e il terrorismo. Per
lanciare l’appello di pace, l’appuntamento sarà la marcia Perugia-Assisi
del 14 ottobre