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Catena di Sanlibero 87
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riccardo orioles <ricc@libero.it>
tanto per abbaiare
13 agosto 2001 - n.87
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"John Brown's body...". Rimandata a settembre la legge contro gli
emigranti. La legge, che si chiamera' legge Bossi-Fini, prevede varie
angherie contro i lavoratori stranieri e non e' solo una legge
sbagliata ma, per un antico popolo di emigranti come il nostro,
vergognosa.
Quando questa legge verra' approvata, sara' dovere di tutti gli
italiani degni di questo nome non solo non accettarla, ma anche
boicottarla in ogni modo. Nel'ottocento, in America, coloro che si
opponevano alla schiavitu' (poiche' nell'ottocento in America c'era
ancora la schiavitu') non si limitarono a prendere posizione in
astratto, ma organizzarono una vera e propria "freedom railway" che era
una rete piu' o meno clandestina di contatti, di percorsi protetti, di
case sicure attravero la quale venivano fatti viaggiare gli schiavi in
fuga, che la legge di quel momento perseguitava. Alcuni di loro (per
esempio John Brown) pagarono molto cara questa scelta.
Essi facevano questo per solidarieta' con gli schiavi ma anche e forse
soprattutto per amore del loro Paese, che non fosse disonorato da una
legge iniqua e vile. Adesso, se la legge passera' (ma passera': e' il
cuore del regime) , tocchera' a tutti noi testimoniare coi fatti quanto
vogliamo bene all'Italia e quanto abbiamo a cuore il suo onore.
(Da segnalare: fra i nostri avversari, due si sono battuti contro la
legge. Uno e' il democristiano Casini, l'altro il fascista Tremaglia.
Quest'ultimo, nonostante gli ordini dei suoi capi, ha dichiarato
pubblicamente di opporsi alla legge e questa dichiarazione ha scelto di
farla a arcinelle in Belgio, dove nel '56 piu' di cento emigranti
italiani persero la vita in miniera.)
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"Conosci la terra dove fioriscono le bombe?". D'estate, nel mio paese,
c'era l'usanza di risolvere le principali questioni politiche
approfittando che Cipputi e Fantozzi erano al mare. Si piazzava una
bomba su un treno o in mezzo a una folla, si faceva una dozzina di
morti e poi si compariva alla televisione ad annunciare la grave
emergenza e la necessita' di non disturbare i governanti. I colpevoli,
come da indagini, erano anarchici attivamente ricercati. Dopo una
decina di anni, saltava fuori che la tale bomba era stata messa dal
tale fascista in combutta coi servizi segreti, la talaltra dal tale
agente in combutta coi fascisti, e cosi' via. Ma ormai era una notizia
da pagine interne.
Poi Fantozzi e Cipputi sono andati in pensione, e per un po' di tempo
non c'e' stato piu' bisogno di bombe: i loro figli erano talmente buoni
e bravi, che i governi potevano stare tranquilli (a parte le
rivendicazioni sindacali dei bombaroli temporaneamente disoccupati, che
ogni tanto mettevano una bombicella qua e la' per ricordare a chi di
dovere i debiti pregressi).
Adesso pero' i ragazzini hanno ricominciato a fare i maleducati.
Vogliono conto e ragione su chi comanda e come, e addirittura arrivano
a contestare i governi: e persino in piazza! Allora: numero uno, giu'
legnate; numero due, un po' di tritolo educativo. Numero tre, quattro e
cinque: allarme in televisione, siamo tutti sulla stessa barca, basta
con le critiche al governo, smettiamola con tutto questo casino.
Secondo me, non funziona. Secondo loro, tentare non costa niente.
Vabbe'.
I giudici, ai tempi delle bombe di allora, in genere erano dei signori
timidi e perbene che si lasciavano portare via i processi con un
sospiro di sollievo. Ma adesso i giudici discendono da Falcone. A
Venezia, a indagare sulla bomba, stavolta c'e' uno come Casson, che a
suo tempo non s'e' lasciato intimidire da uno come Cossiga. Non credo
che Casson si lascera' portar via il processo, che arrestera' Valpreda
o che si fermera' davanti a Giannettini.
Occhio, comunque, ragazzi. Tira un'aria che ben conosco.
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Nairobi. Continuano le ricerche di Erminia Nogiotto, l'antropologa
italiana dispersa da una settimana nella regione del Kilimangiaro. La
professoressa Nogiotto, che insegna etologia all'universita' di Assisi,
si trovava in Kenia da alcuni mesi per studiare la vita di un gruppo di
feroci gorilla, noti per la loro aggressivita' nei confronti dell'uomo.
La professoressa ha tuttavia potuto portare avanti le sue ricerche in
piena tranquillita': "Non sono cattivi - aveva dichiarato un mese fa a
una radio keniota - Basta che alzi le braccia e fai vedere che non vuoi
fargli del male, e loro tornano indietro".
* * *
Ultimora. E' stata ritrovata, in stato di choc e in gravi condizioni,
la professoressa Nogiotto, la ricercatrice italiana che da sei mesi
viveva indisturbata con un gruppo di ferocissimi gorilla dl
Kilimangiaro. I sanitari le hanno riscontrato rottura dell'arcata
sopraccigliare, frattura alle costole, trauma cranico, ferite
lacero-contuse in varie parti del corpo. "Non capisco - ha balbettato
l'etologa - Io ho fatto vedere che non avevo niente in mano, ho alzato
le braccia, sono tornata indietro...". "Gorilla di un'altra razza?".
"No. Celerini italiani in vacanza nella giungla".
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Vabbe', prendiamola a ridere. Il ministro della giustizia ha aperto
una formale inchiesta su un giudice milanese. Costui, alla notizia
della nuova legge che abolisce il reato di falso in bilancio "L'avranno
preparata - era sbottato - gli avvocati di Berlusconi". Da cui,
l'intervento del ministro.
In realta', sarebbe consolante sapere che gli avvocati di Berlusconi
sono impegnati in faccende del genere, in cui perlomeno fisicamente non
si fa male a nessuno. Il guaio e' che oramai, avendo fatto carriera, si
occupano di cose piu' delicate, e principalmente l'intimidazione di
giudici e poliziotti (ha ragione Berlusconi a dire che e' in corso un
attacco contro le forze di polizia: se si guardasse allo specchio,
potrebbe anche vedere chi e' che attacca).
Un attacco alle forze dell'ordine, per esempio, e' venuto dall'avvocato
di Berlusconi Taormina, che in un processo a un boss mafioso pugliese
ha telefonato, dal ministero dell'Interno, al maresciallo che l'aveva
arrestato per chiedergli conto e ragione. Taormina, di notte, va in
giro con la tuta nera. E nessuno lo arresta.
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Genova. Il ministero dell'interno comunica che e' stato posto sotto
protezione Alessandro Perugini, il coraggioso funzionario di polizia
immortalato in una foto mentre prendeva a calci un ragazzino
immobilizzato, che s'e' salvato per miracolo. Non comunica invece se
costui continui a prestare servizio in un altro reparto di polizia, o
se sia stato posto "sotto protezione" in un luogo dove anche i
cittadini possano essere protetti da lui.
Nel caso di Perugini, come in altri, la Magistratura decidera' quale
pena merita un "poliziotto" (ma la parola e' sbagliata, in questo caso:
poliziotto era Boris Giuliano, o Ninni Cassara') del genere. La pena
che gli daremmo noi sarebbe semplicemente quella di non stringergli la
mano, di non salutarlo, di guardare con pena i suoi figli, di non
chiamarlo - se fossimo poliziotti - collega. Che altra pena puo'
meritare uomo adulto e armato che prende a calci un ragazzino tenuto
fermo dai suoi sottoposti? Davvero un personaggio come questo deve
portare la stessa divisa dei poliziotti di Palermo?
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Professionisti. Siamo nel duemila e uno, e ancora il Corriere della
Sera se la prende coi "professionisti dell'antimafia", Borsellino e
Orlando, che ancora a distanza di quindici anni non riesce a perdonare
(Francesco Merlo, sul numero del sette agosto).
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Bicicletta. Non si usa piu'. La gente ingrassa, e le vendite in Europa
sono diminuite di un quarto: in citta', tutti ormai comprano la Smart.
In Italia, la fabbrica piu' famosa annuncia per l'autunno quaranta
licenziamenti: e' la Bianchi, quella di Fausto Coppi.
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Kabul. Arrestati per per cristianesimo ventiquattro volontari delle
organizzazioni umanitarie internazionali. Rinchiusi in riformatorio
sessanta bambini contattati, e forse convertiti, dai corruttori.
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Cronaca. Bologna. Una ragazza cinese, rinchiusa con altre giovani
lavoratrici in una casa di priferia, fugge dal quinto piano con delle
lenzuola annodate. Cade e muore. Nella confusione, le altre ragazze
riescono a fuggire a lora volta. I padroni le ricatturano. Una pero' ha
avuto il tempo di avvertire i carabinieri.
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Cronaca. Roma. Porta Portese. Alcuni giovani napoletani colti sul fatto
mentre vendevano ai turisti telefonini giocattolo spacciandoli per
veri. Due arresti.
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Cronaca. Roma. Concluse e dimenticate ormai da tempo le indagini
sull'assegnazione delle licenze Umts per la nuova generazione di
telefonini. Nessun arresto.
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Cronaca. Roma. Il grande Veltroni fa demolire megavilla abusiva a
Casino Mattei, nell'Agro Romano. Ah, se non avesse perso tutto quel
tempo con la politica...
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Cronaca. Rebibbia. Milleseicento detenuti di Rebibbia scrivono a
Ciampi: "Presidente, ci aiuti. Viviamo in una costante violazione dei
diritti umani".
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Internet in mongolfiera. Se ne parla, in Inghilterra, a proposito di un
esperimento della Advanced Technologies. L'ipotesi sarebbe di collegare
gli utenti mediante delle trasmettenti piazzate, appunto, su dei
palloni aerostatici dotati, a lro volta, di pannelli ad energia solare.
Secondo gli inventori del sistema, basterebbe una ventina di
mongolfiere per coprire tutta l'Inghilterra, eliminando le costose
installazioni fisse al suolo. Una specie di satellitare dei poveri: con
la differenza che, essendo la mongolfiera piu' vicina alla superficie
terrestre, la qualita' e velocita' di ricezione dovrebbe essere
migliore.
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Windows XT, il nuovo sistema operativo Microsoft, sara' un po' meno
categorico dei precedenti nei confronti dei produttori di computer col
sistema preinstallato. Sara' infatti possibile, per i produttori che
vorranno farlo, disinstallare Internet Explorer dal sistema e perfino
dalla barra dei menu'.
Ufficialmente, e' una risposta alle accuse delle autorita' antitrust
(che avevano preso particolarmente di mira il legame fra Windows ed
Explorer); la posizione legale di Microsoft in questo canpo non e'
infatti ancora tranquilla, anche se non paragonabile a quella dell'era
Clinton.
Piu' sostanzialmente, tolto di mezzo il principale concorrente di
Explorer, che era il vecchio Netscape (assorbito da Aol), non c'e' piu'
motivo di "giocare sporco" imponendo il browser di casa a chi lo vuole
e a chi non lo vuole.
Alla generosita' c'e' un limite, naturalmente: la separazione dei
software Microsoft non si estende a Microsoft Network (community
service) e Windows Media Player (lettore multimediale) che dovremo
continuare a tenerci obbligatoriamente, se vogliamo lavorare sotto
Windows. E anche per Explorer, in fondo in fondo, non e' che ci
permettano di non installarlo: semplicemente, una volta installatolo
con tutto il resto, ci e' concesso di fare l'operazione inversa e
disinstallarlo.
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Inghilterra. Corsi di autodifesa per gli insegnanti delle scuole. Prese
morbide, immobilizzazione rapida, "soluzione di eventuali problemi".
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Giappone. Cala ancora a giugno l'indice integrato dell'economia.
Nessuno fa previsioni per la ripresa autunnale.
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Crisi. Ai due estremi del mondo, in Argentina e in Turchia, prova
generale di Ventinove. Vecchi vocabolari e soprammobili di famiglia in
vendita sui marciapiedi, impiegati non pagati da mesi, improbabili
bancarelle improvvisate agli angoli delle strade; i ministri
dell'economia fanno appello al patriottismo del pubblico, e assicurano
che la crisi passera' presto. In entrambi i casi, le povere economie
locali - tentando di entrare nel grande giro del Benessere occidentale
- non ce l'hanno fatta a sopravvivere alle sempre piu' ultimative
prescrizioni del Fondo monetario internazionale.
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Lettera di ferragosto.
<Buongiorno,
mi chiamo Delfino Gianluca e sono di Cuneo.
Sto spedendo queste e-mail per rintracciare i due giornalisti che nel
giorno 20-07-01,intorno alle ore 15.45-16.00, nei pressi di via
Antiochia (zona della stazione Brignole) a GENOVA hanno assistito al
mio pestaggio con conseguente arresto.
Ricordo la loro indignazione e so che nulla avrebbero potuto fare, ma
se ora potessi rintracciarli sarebbe un grande aiuto, poiche'
potrebbero rappresentare una testimonianza importante nel processo in
cui sono imputato per resistenza e violenza aggravata. Ero disarmato,
senza protezioni, da solo e a mani alzate; nonostante cio' il mio
arresto e' stato convalidato. Al momento indossavo dei pantaloni beige
corti fin sotto al ginocchio, una maglietta nike nera ed uno zaino
viola. Sono alto circa 1,75m e ho i capelli scuri, corti.
Chiedo a chiunque di aiutarmi a rintracciare questi due giornalisti,
per non dover subire ulteriori umiliazioni, oltre ai danni fisici e
psicologici che gia' ho dovuto sopportare durante l'arresto e nelle
terribili ore in questura, nonche' nei giorni passati in carcere ad
Alessandria.
Chiunque fosse in grado di fornirmi informazioni utili la/lo prego di
contattarmi al numero 0171/402545 oppure tramite e-mail a:
gianlucadelfino@hotmail.com.
Il mio indirizzo e':
Delfino Gianluca, via Dei Lerda n. 17, Madonna delle Grazie, Cuneo.
Grazie.>
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Incipit - di non so che cosa. Adriano Sofri, che era il mio comandante
quando ero in Lotta Continua insieme a Peppino Impastato e a Mauro
Rostagno...
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La fabbrica e l'Acquaviola
Il primo dei ragazzi che sono scesi dall'automobile ha il maglione
rosso e un eskimo verde, gli altri tirano fuori qualcosa dal bagagliaio
della millecento - vanghe, pale, picconi - mentre il quarto, che era
li' ad aspettarli all'imbocco delal trazzera, viene verso di loro
spingendo una carriola. Tutt'e quattro questi ragazzi stanno facendo
qualcosa di molto importante, loro e alcuni contadini della zona, cioe'
denunciando l'ennesimo sopruso delle Autorita' costituite, combattendo
l'emarginazione della Classe contadina e anche, con pudica e viscerale
convinzione, facendo la Rivoluzione. Tutto questo, visto da molto
lontano, come in un cannocchiale rovesciato: le sagome - picconi che
s'alzano e si abbassano, ragazzi piegati sulle carriole, crocchi di
contadini diffidenti - si fanno sempre piu' nitide e irreali. Rimane
solo piu' dei punti neri, e una striscia blu-violento all'orizzonte.
Questo, infatti, e' un paese di mare.
Ed e' il mio paese. Voglio parlare di lui, per una volta, e non dei
Cavalieri.
Adesso, per parlare del mio paese, tecnicamente dovrei intervistare i
miei paesani. Molaforbice che aveva la bottega d'arrotino in piazza e
sapeva tutto di tutti, Enrico il barbiere che era un grande compagno e
aveva persino parlato con Togliatti, il barone rosso Marullo e un sacco
d'altra gente. Ma mi vergogno di sembrargli forestiero, dopo tanto
tempo. E poi, tanti di loro non ci sono piu', emigrati, rinsaviti o
morti. Cosi' ho deciso, l'intervista, di farmela da me stesso. Mi sono
invitato al bar per mettermi a mio agio, il migliore bar del paese, e
ho cominciato diligentemente ad annotare. Anzi, prima ho fatto un cenno
al cameriere, che mi conosce. Lui ha capito al volo e mi ha portato due
gin-tonic, uno per me e uno per quello che stava intervistando.
- Dunque, signor O., lei poco fa ci ha parlato, piuttosto nebulosamente
per la verita', di una strada e di alcuni tizi che andavano a fare
qualcosa di losco da quelle parti. Robba sovversiva, mi pare. Vuol
avere la bonta' di spiegarcelo lei stesso?
"Uhm. Mica facile. Comunque, la sostanza e' questa: era piu' o meno il
sessantotto e volevamo far casino pure al nostro paese. E' stato
Francesco che ha avuto l'idea".
- Di scatenare l'attacco al cuore dello Stato?
"Peggio! Lui e' arrivato ai gradini di san Giacomo alla marina, ci
vedevamo tutti la' il pomeriggio, e ha detto che aveva trovato come
rendere popolare il movimento. Il giorno dopo invece di stare con la
chitarra sui gradini del prete eravamo a picconare sulla comunale da
Santa Marina al mare. L'idea era di rifare noi la strada che il comune
non gli aveva mai voluto riparare, ai contadini di la'. Stare in mezzo
alle masse, lo diceva pure Mao. I picconi pesavano una tonnellata l'uno
e le masse sgignazzavano ad ogni picconata".
- Non e' bello da parte sua denigrare cosi' la coscienza di classe. Mao
non l'avrebbe fatto.
"Quella si manifesto' al terzo giorno sotto forma di gran fiaschi di
vino. Ma non era coscienza di classe, era compassione di noi poveri
disgraziati. Ce ne tornammo a casa ubriachi e la strada resto' li'".
- Forse ho sbagliato a cominciare con quella domanda. Forse con una piu'
generale ci andra' meglio. Vediamo. Quali erano secondo lei le
problematiche piu' essenziali del paese all'epoca?
"Non le lasciavano uscire. Non le lasciavano assolutamente uscire di
casa la sera. Le ragazze, intendo. Una volta il Poncio che c'era
riuscito a farne uscire una in marina fu preso a schiaffoni per la
strada dal padre della tizia. E non era un caso isolato".
- Ma, e i problemi dei contadini?
"I contadini si difendevano da se'. Ai tempi loro, subito dopo la
guerra, uscivano con le doppiette quando il barone gli mandava contro i
mafiosi. E poi lavorando e stando uniti e giocando a carte alla sezione
del partito e tenendo bene aperta l'osteria. Avevano un capo con dei
baffi alla Stalin e scendevano in paese con le bandiere. Ma poi li
hanno fregati con la Fabbrica".
- Cos'e', la solita storia cdel Progresso che tradisce le Aspettative?
"Non lo so. So che c'era il vecchio Curro', aveva preso medaglie in
guerra e i fascisti gli offrirono un posto ma lui niente, comunista era
e comunista e' morto. Curro' faceva le migliori barbatelle di tutta la
Sicilia, son cose che servono a innestare la vite e al mio paese le
aveva portate un francese, piu' di cent'anni fa. Avevano viti, ulivi e
barbatelle, e la domenica il partito e l'osteria. Il figlio di Curro'
invece e' andato in Fabbrica. Poveraccio".
- Mi parli un po' di questa fabbrica.
"Non ne ho la minima voglia. Parlero' invece di quello che c'era prima.
Una spiaggia grandissima, canne fin sulla riva. La chiamavano
l'Acquaviola e viola era veramente, d'estate. Poi sono arrivati loro.
Ma e' stato dappertutto cosi'".
- Un altro gin-tonic?
"Si'. Dunque, la fabbrica era costituita da sei grandi serbatoi
cilindrici, piu' la centrale per il cracking e le incastellature. Piu'
tardi misero anche le tre superciminiere. I serbatoi ce li giocammo a
carte, piu' tardi, quando occupammo la fabbrica. Giocavamo a tressette
per passare il tempo e non avevamo una lira da giocarci. Cosi'
decidemmo di giocarci la fabbrica, ogni partita un pezzo".
- Ah! Fabbrica occupata, pure al suo paese!
"Quando capirono le cose - ma era gia' tardi. C'erano capannelli di
operai nell'alba, al buio, davanti ai cancelli. Quando videro il
cartello, decisero di non accettare i licenziamenti, scavalcarono i
guardiani ed entrarono dentro. C'erano quattordici delegati, che
rappresentavano gli operai. Sedevano attorno al tavolo dei padroni, un
tavolo grande, lucido, ma i padroni erano via. Discutevano come salvare
la Fabbrica, e anche come salvarsi da lei. Il giorno dopo mandarono la
celere ai picchetti, due plotoni di celere ed uno di baschi neri. I
celerini salivano lentamente per il cavalcavia e tutti gli operai,
fronteggiandoli, indietreggiavano davanti a loro. Poi furono ai
cancelli, e non ci fu piu' niente dove indietreggiare. Allora gli
operai si fermarono, con la schiena contro i cancelli della loro
fabbrica e la faccia contro i celerini. Rimasero fermi la'.
Nell'atri della fabbrica, dove prima usciva il turno di notte, c'erano
gruppi di operai che preparavano i cartelli. Erano tutti molto giovani,
ancora contadinelli o braccianti. Gridavano e correvano e si chiamavano
fra loro come degli scarcerati. Ma lui, Bastiano, stava al cancello
dell'atrio e aveva la faccia ingrugnata. Bastiano e' quello che arriva
in bicicletta prima del primo turno, al buio. Ha il portavivande di
metallo e l'aria rassegnata. Ha anche una moglie che si chiama Filippa
e una vecchissima casa, e con la bicicletta e il lavoro alla Fabbrica
questo e' tutto quello che ha. Bastiano non e' un lecchino, non
tradira' mai i suoi compagni (anche se sente gia' Filippa che mugugna
"ti hanno messo nei guai"). Pero' non e' cosa sua stare la' in mezzo
agli altri, nessuno gli ha mai regalato niente. E ora e' la' a braccia
incrociate, i baffi grigi all'ingiu' e l'aria da primo turno. Passa
correndo un ragazzetto e urta contro Bastiano, lo spinge senza
accorgersi, di fretta. Bastiano non fa una mossa. Ed e' del tutto
inaspettatamente che all'improvviso si scuote, strappa a un ragazzo un
pennarello e un foglio bianco e comincia diligentemente a compitare,
inginocchiato per terra "BASTA CON I PADRONI E I LICENZIAMENTI". E poi
prende il cartello, e va ad attaccarlo all'ingresso. E resta a fargli
la guardia, fieramente".
- Non credo che tutto questo abbia fatto la storia.
"No. Ma per Bastiano qualcosa ha cambiato. Aveva sessant'anni e diceva
orgogliosamente "sono della lottacontinua". Del resto, abitava accanto
alla sede. Filippa ce l'aveva con noi per via di un suo nipote
brigadiere, forse un po' ci ha perdonati quella volta che ha lasciato
aperto il pollaio e si son perse le galline, e tutta la lottacontinua
del paese ha interrotto la riunione e s'e' messa a cercare le galline
di Filippa e gliele ha riportate. Ma di nascosto guardava con tenerezza
Anna che aveva quindici anni e loro non avevano figlie".
- Senta, io volevo storie da stampare, mica le sue paturnie. Puo' essere
che non abbia nulla di serio da raccontarmi? La violenza estremista, la
repressione borghese...
"Vediamo. La repressione: una volta presero salvo in piazza, e lo
portarono al commissariato. Gli tagliarono i capelli a zero, lui era
stato il primo capellone del paese e peggio di questo non gli potevano
fare. Pero' stava bene anche con i capelli corti. I fascisti: un giorno
vennero da tutti i paesi dei dintorni e persino dal capoluogo e noi li
ricacciammo dopo una scazzottatura furibonda che duro' tutto il
pomeriggio e buona parte della sera. Alcuni finirono a mare. Chiamammo
gli scaricatori del porto e cosi' alla fine vincemmo noi. Uhm. Pero'
dopo tanti anni la verita' la posso anche dire: agli scaricatori non
dicemmo "arrivano i fascisti", dicemmo "arrivano i barcellonesi".
Barcellona e' il paese vicino, c'e' una vecchia ruggine col mio. Cosi'
gli scaricatori si convinsero e vennero e menarono le mani".
- Sempre piu' mi convinco d'essere stato indirizzato alla persona
sbagliata. Non so proprio cosa sto facendo qui con lei. Di solito mi
occupo di cose serie, di lotta alla mafia...
"Beh, se cerca la mafia puo' dare un'occhiata qua in giro. La', per
esempio, ci sono i cartelloni della costruzione del nuovo frangiflutti,
li fa un certo Gaetano Graci, mi dicono che sia abbastanza conosciuto,
a Catania. Ha aperto un sacco di banche qui e nei paesi vicini. Fossi
in lei consiglierei ai compaesani di stare molto attenti. Oppure puo'
chiedere qua vicino, a Barcellona, di un certo Antonino Santapaola. Sta
al manicomio ma non e' affatto matto, e' una belva. Al manicomio aveva
messo sotto tutti, fortuna che i giudici non sono catanesi e l'hanno
messo a posto. Vedra' che continuando cosi' fra poco qui ci sara' da
lavorare anche per lei, fra un Graci fuori e un Santapaola dentro".
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noglobal@yahoogroups.com wrote:
<Oggetto: richiesta contributo per spese legali e processuali Lo staff
dei legali del Genoa Social Forum sta lavorando per ottenere verita' e
giustizia su fatti del 20-22 luglio. E' indispensabile che il lavoro
dei legali venga sostenuto anche finanziariamente, e per questa ragione
il GSF ha aperto un conto corrente bancario al quale e' possibile
versare un contributo, che andra' a sostegno delle spese legali e
processuali.
Il conto corrente e' 61359/80, intestato a Don Balletto, Banca Carige
Filiale n.15, ABI 06175, CAB 01400
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Benito D'Ippolito wrote:
Ballata per una Regina morta ammazzata
sulla strada tra Tuscania e Tarquinia nell'estate del duemilauno
<Ci sono cose che non sai come dirle
e allora le scrivi a righe interrotte.
Dilaniata dai randagi la salma
e' stata scoperta giorni addietro
di una giovane donna nigeriana
resa schiava in Italia e venduta
come carne e cavita' sulla strada
tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe
etrusche, le romaniche chiese, le ubertose
campagne che vanno alla maremma.
Leggo sui giornali gli impietosi
dettagli di cronaca nera, gli empi
segni di sempre da quando Caino
al campo invito' suo fratello.
Leggo sui giornali, i giornali locali
(non e' notizia da cronaca italiana
una persona annientata e abbandonata ai cani:
e' invece fatto
che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo
sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti
di petrolio pagine quotidiane).
E dunque leggo sui giornali locali:
dicono che si chiamasse Regina, venisse
dalla Nigeria, presa e recata
schiava in italia, dicono
chi l'abbia uccisa non sapersi.
E invece io so chi l'ha uccisa:
anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa
immota e deturpata. Io so
chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti.
E non solo l'eventuale fruitore di servigi
che in un raptus puo' averle torto il collo
a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi
e non solo il racket che fornisce
carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi
che usciti di scuola o dall'ufficio
sulle loro carcasse di ferro perlustrano
i fiumi d'asfalto alla caccia di prede
e non solo lo stato italiano che vede
tanto orrore per le sue strade
e non agisce per salvare le vite
concrete di esseri umani, non agisce
per far valere quella legge che vieta
nel nostro paese la schiavitu'
e non solo.
Io stesso mi sento le mani
sporche di sangue, io stesso che so
che a questo orrore resistere occorre
e che da anni non so fare altro
che spiegare come applicare
quell'articolo della legge 40
combinato con quell'altro articolo
del codice penale e come e qualmente
le istituzioni potrebbero salvare
la vita di tante Regine assassinate.
E nulla di piu' ho saputo fare.
E queste parole che ho aggiunto
avrei voluto tacerle.>
(mailto: nbawac@tin.it)
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Per collaborare a questa e-zine, o per criticarla o anche semplicemente
per liberarsene, basta scrivere a ricc@libero.it -- Fa' girare.
"A che serve vivere, se non c'e' il coraggio di lottare?" (Giuseppe
Fava)
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