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Catena di Sanlibero 84



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riccardo orioles <ricc@libero.it>
tanto per abbaiare
23 luglio 2001
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L'altra volta era il 12 marzo del 77. Un movimento giovanile di massa
in formazione, con un sacco di idee nebulose ma nel complesso
razionali, e pochissima propensione alla violenza: centomila ragazzi in
corteo, e d'improvviso - contemporaneamente - gli autonomi
insurrezionalisti (o come si chiamavano allora) si staccano dal corteo
e cominciano a spaccare, la polizia carica la parte inerme del corteo e
quelli della terza colonna, travestiti da autonomi, cominciano a
sparare. Tano D'Amico, allora, li immortalo' nelle sue foto col corpo
piegato per mirare meglio nel gesto classico della pitrentotto, e le
facce che risultarono essere di agenti dei servizi speciali (la
questura di Roma giuro' di non conoscerli, poi, e forse aveva ragione:
in cima alla piramide, a quel tempo, ci stava uno specialista di Gladio
e delle forze speciali). Una ragazza uccisa - Giorgiana Masi - di cui
nessuno si ricorda piu'. Se andate a Ponte Garibaldi, dal lato di
Trastevere, trovate ancora la scritta messa allora dai compagni. Una
scritta tenera e lieve, che parla di primavere e di sogni sfioriti:
perche' questo erano i ragazzi del settantasette prima di quella
mattina, degli adolescenti e dei giovani che volevano - giustamente -
cambiare il mondo.
Il movimento del settantasette - e del settantotto, del settantanove,
del'ottanta, tutto cio' che stava per essere e non fu mai - mori' quel
giorno, sotto le bocce degli autonomi e le revolverate delle squadre
speciali. Sei mesi dopo, si era gia' dissolto nella risposta violenta e
nel rancore, ormai incancrenito e del tutto incapacitato a volare. Un
anno dopo, nessuno se ne ricordava piu' tranne chi proprio era stato in
piazza, e gli uffici politici delle questure.
Cosi' e' finita la speranza di una generazione.
(Per quella precedente, la mia, quella del sessantotto, di tempo ce n'
era voluto molto di piu', e c'erano voluti piu' mezzi: le bombe, le
stragi, il terrorismo selvaggio di cui, dopo trent'anni, i giudici solo
ora hanno avuto il coraggio di parlare. La nostra giovinezza la
spensero con le bombe di piazza Fontana).
* * *
Stavolta pero' e' andata diversa. I compagni non ci sono cascati,
stavolta. Lo scenario, era il solito: quelli con le spranghe e quelli
con le pistole, le provocazioni a freddo e le revolverate. Pero' il
movimento e' rimasto lucido, ha pagato un prezzo altissimo per questo
pero' - e a livello di massa - ha continuato a ragionare. Non s'e'
messo a spaccare vetrine, non e' scappato. E' stato li', cento o
duecentomila compagni ragionevoli e determinati. Ha superato lo scoglio
su cui l'altra volta era affondato. E adesso va avanti.
* * *
A nessuno interessa niente, naturalmente (di quelli che fanno
"comunicazione") cosa c'e' veramente *dentro* un movimento. Basta
qualche bella foto di ragazze e ragazzi, e un po' di folklore. Ma il
movimento arrivato a Genova era cresciuto negli ultimi due anni con una
ricchezza densissima, d'idee e di sentimenti e di discussioni,
paragonabile soltanto ai mesi piu' creativi del sessanttotto.
A questa ricchezza si aggiunge, e forse e' l'elemento decisivo, una
disponibilita' tecnologica che prima non c'era, e che oggi permette
collegamenti veloci e fitti, diffusione delle informazioni dal
movimento a tutta la societa', sviluppo di una forma mentis pragmatica
e sana e non inscatolata in ideologie.
Poca esperienza storica, poca "politica" tecnica, niente partito: ma
un'apertura a tutti, una curiosita' infantile e geniale, una fiducia in
se' stessi e nella forza della ragione: "il cuore, che e' rimasto
giovane, si solleva commosso" - non e' una frase mia, m'e' scappata.
Questo movimento non ha avuto paura di essere diverso e diviso, di
avere i centri sociali e i preti; non e' stato autoritario, non e'
stato maschilista; s'e' basato *ingenuamente* su cose semplici che
tutti abbiamo dentro. Adesso ha superato la prova piu' dura, quella che
avrebbe potuto cambiargli il cuore. Centinaia di feriti, centinaia di
fermati: ma ha tenuto, ed e' uscito da Genova restando se' medesimo,
continuando ad essere esattamente quello di prima. Avanza non come un
gruppetto impaurito e che vuol fare paura; ma come un Quarto Stato.
* * *
Di quelli che stavano la' dentro, e per cui tanto tragedia s'e'
consumata, e che erano in otto, sei erano regolarmente eletti dalle
rispettive popolazioni (in un caso, con un prevalenza mediatica tale da
influire non poco sulla liberta' del suffraggio); due - e i piu'
importanti - non lo erano affatto, e si erano nominati da se' stessi.
Ne' Bush ne' Putin (il primo proclamato dalla Corte Suprema troncando
il conteggio dei voti, il secondo sommariamente designato da Eltsin e
plebiscitato alla men peggio) sono infatti dei governanti
democraticamente eletti. Il primo proclamato d'autorita', a scrutini in
corso, da un magistrato amico; il secondo designato da Eltsin, in
cambio dell'impunita', e plebiscitato alla meglio, profforma, appena ce
n'e' stato il tempo. Dieci anni fa, il loro titolo di legittimita'
avrebe suscitato dubbi non tanto sommessi a Londra, a Roma e a Berlino.
Oggi, si preferisce dimenticare.
Il movimento anti-G8 ha avuto, tutto sommato, la buona immagine di cui
gode anche perche' difende componenti essenziali - la democrazia
parlamentare - della nostra civilta' che i cittadini educati
tradizionalmente rimpiangono con tutto il cuore, e che tutti sentono
superate dai comportamenti e dallo stile di vita del nuovo potere.
Tanto Putin quanto Bush, in effetti, piu' che leader politici
tradizionali sono creature degli apparati di controllo. Direttamente
nel caso di Putin, che era del Kgb; indirettamente in quello di Bush,
il cui padre era direttore generale della Cia.
* * *
Gli otto irresponsabili dentro e i quattro o cinquecento irresponsabili
fuori hanno in comune questo, di vivere in un loro mondo
autoreferenziale. Nessuno penetra in esso, se non trasformato in
simbolismi e in sogni. I matti di fuori hanno molte attenuanti, quelle
dei poveri o dei ragazzi. I matti di dentro non ne hanno alcuna.
* * *
Rapporto riservato del Viminale (Pagina 34, capitolo "segnalazioni di
particolare interesse"). "In particolare e' stato segnalato che alcuni
membri torinesi di Forza Nuova, costituirebbero un nucleo di 25- 30
militanti fidati da infiltrare tra i gruppi delle Tute bianche allo
scopo di confondersi tra i manifestanti anti G8. Tale gruppo, in
possesso di armi da taglio, avrebbe come obiettivo principale colpire,
nel caso in cui si dovessero verificare incidenti, i rappresentanti
delle forze dell'ordine, screditando contestualmente l'area antagonista
di sinistra anti G8".
* * *
Il ragazzo che e' morto non sara' l'ultimo, perche' adesso il potere -
che ora ha ragione di cominciare ad aver paura: non perche' alcuni
hanno rotto le vetrine, ma perche' i piu', consapevolmente, non ne
hanno rotte - ricomincera' a macinare. Ci saranno altre violenze, ci
saranno altre provocazioni, dei nuovi strani gruppi nasceranno (nessuno
conoscendone l'origine) in aggiunta a quelli che gia' ci sono ora.
Deja-vu. Servira' a poco perche' questa generazione, a differenza di
altre, ha preso la strada dritta della lotta di massa, civile,
democratica e condivisibile, e non delle fantasie d'"insurrezionali".
Ma e' bene saperlo: saranno anni duri.
Riusciremo ad attraversarli se non ci faremo prendere nemmeno per un
attimo dalle tentazioni di status, di facciamo-un-partito, di
leaderismo individuale su cui sono finiti a culo a terra tutti gli
altri movimenti; e se anche nelle situazioni piu' difficili, invece di
giocare di reazione sulle mosse dell'avversario, riusciremo a valutare
razionalmente e umanamente, come a Genova, le mosse da fare all'
interno di una strategia amichevole e lunga.
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Documenti. Alle radici del nuovo movimento. Cosa dicevano dieci anni fa

La cosa piu' interessante dei nuovi movimenti e' probabilmente l'
eterogeneita' delle sue componenti, dai cattolici impegnati nel Terzo
Mondo ai vecchi centri sociali, con tutte le sfumature intermedie ma
con una coesione che - si direbbe - ha retto e non da' segni di
disgregazione. Da dove nasce questa strana alleanza? Quando esattamente
gli eredi del sessantotto hanno cominciato a rompere la gabbia delle
ideologie? Questo documento, del luglio 91, e' il primo in cui centri
sociali e gruppi della societa' civile hanno cominciato a ipotizzare un
percorso comune. Notare l'estrema articolazione (geografica e politica)
delle sigle e l'attenzione posta ai temi della lotta antimafia e del
primo Mani Pulite, visti come un nucleo "politico" (che poi
s'intreccera' con altri temi: l'ecologia, la globalizzazione) da cui
partire per una trasformazione "morbida" della societa'.
Sabato 11 luglio, a Roma, ci siamo incontrati cinquanta gruppi
giovanili di base provenienti da tutta Italia. Associazioni cattoliche,
centri sociali autogestiti, gruppi di volontariato, nuclei d'immigrati:
c'era di tutto. Storie molto diverse fra loro, con quasi nulla in
comune salvo il fatto di essere tutti impegnati in prima persona e
senza mediazioni "politiche" per cambiare ognuno il proprio angolo di
societa'.
E' stata una giornata molto bella. Ciascuno dei ragazzi che sono
intervenuti (e sono intervenuti tutti) aveva una sua esperienza da
raccontare: quelli di Aversa l'assistenza agli immigrati, quelli di
Capaci la conquista di una spiaggia libera in un paesino in cui tutte
le spiagge sono a pagamento, quelli del Corto Circuito il lavoro che
fanno nel loro quartiere, quelli di Catania il doposcuola organizzato
coi ragazzini del quartiere "di mafia", e cosi' via. Tutti
s'incontravano per la prima volta ma c'era un'atmosfera di grande
fiducia reciproca, di molto lavoro serio da fare insieme. Nessuno aveva
in mente, naturalmente, di fare il centesimo gruppo/partito/partitino.
Ma tutti si rendevano conto che un collegamento fra tutte queste
situazioni male non ne farebbe.
Cosi' sono venute a galla alcune idee. Intanto, di stabilire questo
collegamento sotto forma di agende, di giri di telefonate ecc., senza
nessuna ufficialita'. Vedere se questo collegamento puo' avere bisogno
di una spece di foglio da fare e far girare nelle varie situazioni.
Poi, di stabilire delle iniziative da fare insieme in autunno. Quali
iniziative? Bisognera' definirle tutti insieme. Intanto, pero', alcuni
punti su cui riflettere, quelli che eravamo all'incontro, siamo
riusciti a stabilirli:
- Quelli che venivano dalla Sicilia hanno parlato di mafia e antimafia.
Non e', hanno spiegato, una faccenda di polizia. E' una faccenda che
riguarda tutta la gente e che puo' essere affrontata solo se il
movimento antimafia diventa nazionale e riesce a togliere dalla scena i
politici e i cavalieri mafiosi. Questo significa meno Maurizio Costanzo
Show e piu' organizzazione di base contro i potenti mafiosi.
- La faccenda di Di Pietro e delle tangenti. Chi deve "fare pulizia",
oltre ai giudici? I personaggi perbene oppure i semplici cittadini che
pagano per tutti e non vengono mai consultati? Ci piace "viva Di
Pietro", ma non dev'essere una cosa da spettacolo: dev'essere un
movimento serio, di gente di base, che si colleghi fraternamente con
coloro che contemporaneamente lottano contro la mafia a sud.
Tangentisti e mafiosi, tutti insieme.
- Il mestiere piu' diffuso in Italia e' ancora l'operaio. L'operaio, e
in genere quello che vive di stipendio, a dicembre si vedra' portar via
mezza tredicesima, per pagare le tasse dell'"emergenza" (lasciamo
perdere l'aumento delle tasse all'universita'). Questo e' profondamente
immorale. La lotta contro il potere mafioso e contro le tangenti non
deve significare "paga Pantalone". Diritti e doveri, tutti uguali. Non
ci dimentichiamo degli operai.
Tutto qui. Non abbiamo moltissime idee, come vedete, non siamo i
maestri di nessuno. Pero' vogliamo discuterle, unirle con le idee degli
altri, mettere in moto un processo. Con umilta' e pazienza, ma anche
con moltissima fiducia e determinazione.
Chiediamo a tutti, ma soprattutto a tutti i gruppi, di qualsiasi tipo,
che fanno una qualunque attivia' di base, di contribuire a questo
processo. Di portare ognuno la propria esperienza, le proprie idee, con
altrettanta fiducia, con altrettanta serieta'.
NON vogliamo fare un partito! Ma vogliamo smetterla di essere delle
isole ognuna per se'. Non c'e' niente, profondamente, che ci divide.
Dobbiamo solo imparare a rispettarci reciprocamente, a parlare con
persone diverse da noi, a lavorare insieme.

Centro sociale Corto Circuito, Roma; Il pane e le mele, mensile dei
giovani di Napoli; Seminario Societa', Universita' di Palermo; Gridalo
Forte, Roma; Abc Musicanti di Brema; Centro sociale Cecchina; Lega per
il diritto al lavoro degli handicappati, Roma; gruppo rock Drago e i
Coyotes, Roma; Centro sociale Brancaleone, Roma; Zero95, mensile dei
giovani antimafiosi, Catania; Centro sociale Auro, Catania;
Associazione anticamorra I Care, Napoli; Dipingi la Pace, Palermo;
Laurentinoccupato, Roma ; Ti Con Zero, collettivo degli studenti di
fisica, Palermo; La Spiaggia, collettivo di Sciacca; C'era una volta
una terra libera, studenti di scienze politiche, Padova; Teatro
Movimento '90, Roma; Associazione Il Fortino, San Felice Circeo;
Associazione Movida, Napoli; Centro sociale Auro e Marco, Spinaceto
Roma; Collettivo comunista universitario, Roma; Federazione
democratica, Milazzo; Circolo Robert Owen, San Giorgio Ionico; Movi,
movimento volontariato, Napoli; Pensionati occupati Politecnico e
Statale, Milano; Collettivo politico San Leonardo, Milano; Gruppo
Giovanile '88, Capaci; Collettivo Il Graffio, Torino; Associazione
Senza Confine, Roma; Lega Obiettori Di Coscienza, Napoli; Laboratorio
Antimafia, Milano; Centro sociale Officina 99, Napoli; Associazione La
Mongolfiera, Catanzaro; Centro socioculturale Garbatella, Roma; Circolo
Mare Aperto Roma; Centro assistenza extracomunitari La Roccia, Aversa;
Associazione italiana paraplegici, Roma; Conosud, cooperazione nord-
sud, Taranto; Movimento volontariato, Salerno; Uawa, Union Asiatic
Workers Association, Roma; Comitato per la difesa di Villa Pamphili,
Roma; Nero E Non Solo, Caserta; Associazione studenti Charlie Brown,
Taurianova; Giovani Oltre Limite, Gela; Cordinamento antimafia, Palermo
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Ma perche' Cosa Nostra non e' stata invitata al G8? Eppure ha ormai
ormai raggiunto un livello finanziario tale da potere trattare da pari
a pari con chiunque. E' l'opinione di Giorgio Bongiovanni, direttore di
"Antimafia", rivista specializzata sullo studio dei poteri illegali in
Italia nel mondo. Anticipiamo di seguito il suo Rapporto mafia in
Italia 2001.

Anno Domini 2001: Rapporto mafia in Italia.
* * *
Tutto tace, nessun morto per le strade, nessuna sparatoria, a parte
qualche ordinario regolamento di conti. Parlano di mafia invisibile i
procuratori in trincea. Siedono al nostro governo, nel frattempo,
uomini dal passato e presente discutibili, inquisiti per corruzione e
reati affini alla collusione mafiosa. Non escluso nemmeno il presidente
del Consiglio, sospettato, addirittura, assieme al suo braccio destro,
di aver svolto un ruolo nelle stragi in cui hanno perso la vita due
martiri della nostra giustizia. Indagini per cui i pubblici ministeri
di Caltanissetta hanno chiesto l'archiviazione, ma un'altra procura
prosegue nel medesimo lavoro.
L'opinione pubblica si gode le vacanze tranquilla che mafia c'e', ma e'
lontana e soprattutto non disturba se non esagera. Politici collusi,
colpevoli politicamente, vengono assolti. Ma del loro tradimento le
prove ci sono e sono scritte anche nelle motivazioni di innocenza.
Individui che si sono arricchiti alle spalle di un paese che vive nel
divario sproporzionato che va dalla ricchezza piu' ostentata alla
poverta' di villaggi siciliani in cui ancora non arriva l'acqua. Di
questo sono colpevoli e il nostro giudizio politico, quello dei
cittadini, e' insindacabile.
Non rimane che gridare nel deserto, raggruppare quei pochi che si
indentificano in cio' che resta della societa' civile e opporre
resistenza con tutti i mezzi, sebbene pochi, a disposizione. E mentre
gli otto paesi piu' ricchi del mondo si riuniscono in Italia a decidere
il futuro di tutto il pianeta, muovendo le loro pedine in base ad una
politica disumana che rende i ricchi sempre piu' ricchi e i poveri
sempre piu' poveri, i grandi latitanti di Cosa Nostra dal vecchio
fantasma Provenzano, imprendibile da 40 anni, al giovane e temuto
Matteo Messina Denaro, introvabile da dieci, lavorano per perfezionare
il lancio della loro Cosa Nostra nel terzo millennio.
Qual e' il vero scopo di tutto questo? Probabilmente la Sicilia di quei
cittadini onesti e dei mafiosi che hanno votato il Presidente
Berlusconi, che senza quell'adesione totale difficilmente avrebbe
potuto vincere, diverra' porto franco. Un'oasi in cui quasi un miliardo
di persone potra' svolgere tutti gli affari che preferisce, in tutta
tranquillita'.
A questo mira Provenzano, a questo aspirano 'Ndrangheta e Camorra con
il tacito consenso delle potenze dagli Stati Uniti all'Europa e fino
alla Russia. La Sicilia sara' probabilmente porto franco entro il
gennaio del 2010. Sara' per orgoglio o per follia, ma e' proprio la
Sicilia la terra in cui si decidono molte sorti, in questa amata terra;
triangolo misterioso e straordinario, terra di miracoli, di gente
onesta e di eroi, e terra malata, affetta da un cancro che non e' piu'
fatto solo di coppola, lupara, uomini d'onore, capi famiglia, capi
mandamento, capi decina e Cupola.
Cosa Nostra e' tanto ricca e potente da sedere al tavolo nella stanza
dei bottoni. Se una volta soddisfaceva richieste oggi partecipa alle
decisioni. Fino a quando reggera' questo equilibrio stabilito il 23
maggio 1992 e siglato il 19 luglio 1992, sentiremo solo il rumore del
silenzio. Ma se qualcuno scomodo mettera' in crisi il patto, allora
piangeremo di nuovo i nostri martiri. Fino a quando?

Bookmark: www.antimafiaduemila.com
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BeppeSini<nbawac@tin.it> wrote:

<Genova per me e' Rosanna Benzi, mia maestra di rivoluzione, mia
maestra di nonviolenza. Rosanna Benzi dentro il polmone d'acciaio.
Questa e' la nonviolenza: Rosanna Benzi donna e rivoluzionaria che
lotta, che pensa, che vive una vita calda intensa e preziosa da dentro
un polmone d'acciaio; Rosanna Benzi che pensa e vuole la verita' e la
giustizia e che trasforma il mondo.
Questa e' la nonviolenza: la scelta e la lotta che a tutti richiede, ed
a tutti consente, di partecipare a decidere e ad agire; la scelta e la
lotta che si contrappone radicalmente al militarismo, al maschilismo,
all'autoritarismo, alla sopraffazione dell'altro; la scelta e la lotta
che e' insieme conflitto e cooperazione, comunicazione e apertura,
ascolto dell'altro e ricerca comune, rigore morale e intellettuale,
presa di coscienza e solidarieta', principio responsabilita'.
Sono dieci anni che Rosanna ci ha lasciato; ed anche quel suo strumento
privilegiato di lotta, la rivista da lei fondata "Gli altri. Periodico
di tutti gli emarginati della societa'", col fascicolo dello scorso
dicembre ha cessato dopo venticinque anni le pubblicazioni (ma resta
l'"Associazione gli altri" - per informazioni e contatti:
www.glialtri.it - che la lotta e la riflessione e l'eredita' di affetti
e convincimenti di Rosanna prosegue). Rosanna e' piu' viva e presente
che mai, ne sento la voce e ne vedo il volto nel movimento che ovunque,
ovunque, ovunque si oppone al disordine costituito.>
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Quando non avra' piu'

Quando non avra' piu'
le care labbra e le dolcissime spiagge
Quando l'isola viola all'orizzonte
non piu' sara' con lui e la luce del mare
Se lieve scorrera' per voi fra i ciottoli
la marea del crepuscolo, pensate
pensate che e' stato per amore
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Per collaborare a questa e-zine, o per criticarla o anche semplicemente
per liberarsene, basta scrivere a ricc@libero.it -- Fa' girare.
"A che serve vivere, se non c'e' il coraggio di lottare?" (Giuseppe
Fava)
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