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a proposito di Genova
Ci sono momenti in cui non si dovrebbe scrivere per lasciare spazio al
dolore e al silenzio, ma poi si è costretti dall evolversi dei fatti, dalle
sollecitazioni esterne, e viene il desiderio forte di partecipare al
dibattito perché altrimenti ci sentiremmo delle isole. Parlare di quello
che è successo a Genova oggi nel 2001 in uno Stato che si dice democratico
è difficile, ci sembra di essere ritornati indietro nella storia, abbiamo
assistito ad una violenza vecchia e nello stesso tempo globalizzata, ci è
sembrato di vedere una attualizzazione della fattoria degli animali di G.
Orwell.
Per mesi interi abbiamo visto tutti i preparativi del G8, forze
enfatizzandolo troppo, staff di funzionari dello Stato che si preoccupavano
delle lenzuola e mutande dei genovesi, chef che blandivano dalle tavole l
aglio, ingrediente troppo profumato per i palati raffinati dei "grandi".
Tutto era diventato esageratamente assurdo, forse anche le trattative con
il popolo di Seattle.
I fari di questo grande palcoscenico si sono accesi: navi felliniane piene
di luce sul porto, artisti per allietare le serate, l esercito del quinto
potere al completo con tanto di paraboliche, fotografi freelance in cerca
di scoop, poliziotti con cani da guardia in ogni angolo della città alla
ricerca di un pacco bomba o di qualche estremista islamico, insomma un
clima di tensione che si respirava nell aria anche a 1000 Km di distanza da
Genova. Nel frattempo abbiamo atteso il vertice discutendo sul buco dei
conti pubblici, il Consiglio Comunale di Varese a maggioranza leghista
discuteva per varare un regolamento per asili nido che prevede il diritto
di precedenza ai cittadini italiani, Montedison diventava un piatto buono
per gli Agnelli, apprendevamo da Libero e poi dall Unità che Ruggiero il
nostro Ministro agli Esteri ha preteso e ottenuto, come condizione per
andare al governo, di mantenere immutato il proprio compenso di 1800
milioni l anno, Taormina l avvocato sottosegretario all Interno attaccava i
Magistrati in merito alla sentenza sulla strage di Piazza Fontana dicendo
che le sentenze le scrivono con le penne rosse.
"Genova" per certi versi è diventato un fenomeno di massa, pensiamo che gli
unici che non siano andati a Genova siano proprio gli anarchici, quelli
veri, sì perché l Anarchia è una cosa seria. Tutti a Genova anche chi non
si è mai preoccupato ai problemi legati alla globalizzazione tutti al
Social Global Forum , forse a qualcuno gli ricordava l esperienza recente
giubilare.
Pertanto non ci ha per niente meravigliato che i gruppi nonviolenti non
abbiano avuto lo spazio che meritavano, per esempio pochi hanno parlato
della Rete Lilliput che da anni lavora contro "Gulliver" gridando a quel
20% della popolazione mondiale che consuma l 80% delle ricchezze: "riducete
i consumi, cancellate i debiti, ricordate che 1 miliardo e 300 milioni di
persone vive con meno di 1 dollaro al giorno". Questa nonviolenza non fa
comodo a nessuno perché poco schierata politicamente ma ricercatrice
infaticabile della verità.
Oggi dopo i fatti di Genova abbiamo bisogno di verità e giustizia. Noi
uomini oramai globali condividiamo ciò che scrive Cacciari sulla
globalizzazione: "va sostenuta una globalizzazione effettiva che non può
essere la globalizzazione dell uno. Globalizzazione non può significare,
omologazione, perché ci condurrebbe fino alla soglia, e magari oltre, del
conflitto di civiltà. Invece deve esprimersi come ricerca di coesione tra
distinti, tra diversi". Noi dobbiamo confrontarci con i neoliberisti
volendo una globalizzazione per tutti che conserva l identità di tutti.
Tutti devono accedere alla Rete. Tutti, non solo quel 20%. In questa lotta
dobbiamo aver fisso l amore per l uomo e la sua storia, perché ha un cuore
e una coscienza, e quindi è sacro. La nostra ricerca della verità deve
convertire il male in una sorta di pedagogia dell oppressore. A Genova
molti hanno sbagliato, ma l atteggiamento delle Istituzioni è intollerabile
per la nostra democrazia. E duro leggere sui giornali che ancora oggi vi
sono dei dispersi, che i morti potrebbero essere di più di uno, che ci sono
stati dei veri e propri linciaggi, e ci spiace leggere lettere di
solidarietà al carabiniere che ha ucciso Carlo, in cui si usano le parole
come armi. Caro don Luigi L. la storia di ogni persona come quella di un
movimento bisogna conoscerla più profondamente, non possiamo chiamare i
manifestanti perbenisti o parlare di legittima difesa come istinto
primordiale dell uomo per la conservazione o addirittura asserire che il
padre di Carlo è stato un incapace educatore. Il padre di Carlo ha mostrato
al mondo intero la sua docilità di fronte alla morte e quel suo
atteggiamento è stato di grande impatto educativo. Perché invece non
chiederci se le forze dell ordine si sono mai poste il problema dell
educazione. Perché hanno usato tanta ferocia? Perché è prevalso uno spirito
di corpo da squadrismo? Cosa significa "senso del dovere per la Polizia e i
Carabinieri? Non era forse un dovere arrestare quei poliziotti che
picchiavano senza una ragione? Perché il Capo dello Stato non ha espresso
disappunto non attenuando il conflitto in campo?
Purtroppo le testimonianze pervenute dimostrano che abbiamo di fronte una
Polizia vecchia che utilizza tecniche fasciste. Genova è diventata un
ghetto con la sua Gestapo a difesa degli interessi dei grandi. Dobbiamo
avere il coraggio di dirlo, la Polizia ha difeso gli interessi di pochi non
difendendo la pubblica e privata incolumità . Tutto ciò deve farci
riflettere pacatamente, condividiamo pertanto l appello del Centro di
Ricerca per la Pace di Viterbo di sostegno ad una legge che addestri le
forze dell ordine alla conoscenza e all uso dei valori delle tecniche e
delle strategie interpretative comunicative ed operative della non violenza
e speriamo che il lavoro Amnesty International di raccolta di testimonianze
sulle violenze di Genova possa aiutare la Magistratura a far chiarezza e a
scoprire i colpevoli.
Auspichiamo che d ora in poi i fari su Genova siano sempre accesi, fin
quando tutti i manifestanti non siano tornati a casa integri, fin quando
non ci siano le scuse e le dimissioni del Ministro degli Interni, e ci
auguriamo che si apra una discussione che miri a riformare di sana pianta
le forze dell ordine.
Taranto, 27.07.01
STEFANO LEOGRANDE (direttore Caritas Taranto)
ETTA RAGUSA
PINO BONGIOVANNI