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Lettera sul G8
Genova, io non c'ero
Con questa lettera mi propongo di esercitare il mio diritto di opinione
rispetto agli eventi di Genova e a quanto ne consegue. Mi piacerebbe che
molti potessero testimoniare la loro adesione ai principi ed alle modalità
della manifestazione anti-G8 svoltasi a Genova, nelle forme non violente e
non lesive soprattutto per le persone, ma anche per i beni pubblici e
privati. Lancio un appello affinché tutti quelli che non c'erano inviino il
loro sostegno a chi c'era con lettere, saluti e altro. Questa iniziativa
potrà definirsi "Genova, io non c'ero" (sottinteso "ma non la bevo").
Erano in 300mila a Genova a rappresentare in qualche modo tutti quelli che
come me non c'erano. E voglio ringraziarli di esserci stati, di aver corso
dei rischi.
Meno di venti anni fa mi trovavo a gridare "mai più" ed ora i massacri in
medio oriente riprendono con un gioco al rialzo costante, gli Stati Uniti
inneggiano allo scudo spaziale, l'Italia l'appoggia, in Gran Bretagna
scorrazzano gruppi razzisti e scoppiano gli scontri con gli immigrati,
nell'Ulster la fragile pace è un ricordo. E l'Italia sembrava in questi
giorni terreno di una guerra civile. Questo nel ricco e democratico "primo
mondo"
A Genova da una parte la sfavillante riunione di 8 capi di stato che si
sentono legittimati e competenti a parlare, decidere e amministrare il
benessere e il futuro del mondo intero. Fuori da questo spazio ufficiale,
le voci di chi la pensa diversamente e agisce e lavora nel quotidiano,
lottando contro povertà, esclusione emarginazione, spesso rischiando in
prima persona. Voci che alcuni non si sentono in dovere di ascoltare, in
quanto "loro non sanno cosa sia giusto".
C'è chi ha utilizzato toni forti nella dialettica verbale e chi ha promosso
l'azione, negli intenti e negli esiti puramente simbolica, di sfondamento
delle barriere. Queste persone sono state assimilate in toto ai violenti, a
quelli che sono scesi in piazza armati e organizzati al solo scopo di
destabilizzare l'equilibrio di una situazione di acceso confronto, ancora
al momento democratico. Questa pericolosa equazione tra forme molto diverse
di opposizione non fa che allontanare sempre più alcuni gruppi di attivisti
da ogni possibilità di dialogo e confronto civile.
Di violenti, di provocatori e di infiltrati ce ne sono stati tanti, ma tra
i feriti, tra coloro che per primi hanno pagato con il loro sangue non ci
sono soltanto (o forse non ci sono affatto) questi soggetti, ma anche molte
persone che avrebbero avuto qualcosa di forte da dire e non trovavano altro
modo di esprimerlo che la rabbia.
Non solo, ma tra i calpestati c'erano moltissime persone che non avevano
alcuna intenzione e strumenti bellicosi e si sono trovati vittime o
testimoni di ingiustificati attacchi. Tra questi suppongo si sia insinuato
il dubbio della possibilità reale di un civile confronto, fondamento primo
della democrazia.
Evito ogni commento e aggettivo sulla morte di una persona, in quanto la
molteplicità di emozioni e considerazioni che questa suscita non può essere
rinchiusa in poche righe.
Tanti gravi fatti attendono spiegazione e mai avremmo voluto che la nostra
"solida democrazia" venisse messa così fortemente in crisi.
È importante sottolineare come questi drammatici eventi aumentino la
distanza tra i cittadini e le istituzioni, alimentino un senso di degrado
della democrazia e di precarietà dei diritti. C'è la paura che nessuno ti
rappresenti e nessuno ti difenda. E al di là degli appelli diplomatici e la
retorica in difesa delle nostre istituzioni e delle forze dell'ordine, io
credo che i cittadini oggi si sentano sempre meno sicuri. È una situazione
delicata che va affrontata con intelligenza con responsabilità e rigore
(morale, non poliziesco), soprattutto con attenzione a che le cure non si
rivelino anche più dannose del male.
Purtroppo, Governo e maggioranza non hanno voluto fare nemmeno mezzo passo
indietro e ammettere che forse qualcosa non è andato secondo le regole
universali del rispetto dei diritti umani e della libertà di espressione.
Un piccolo cenno ad una forma minima di autocritica avrebbe consentito, se
non altro, un abbassamento delle tensioni.
Se non ci stiamo avviando verso una dittatura, sarebbe bene che i nostri
rappresentanti prendano in considerazione i devastanti effetti di questo
evento e della sua pessima conduzione e cerchino di rimediare, garantendo
quantomeno un esito di giustizia democratica e trasparente agli sviluppo
giudiziari che seguiranno tutti i drammatici accadimenti di questi giorni.
Dobbiamo continuare a credere che questo sia possibile e continuare a
pretendere che questo avvenga.
Grazie per l'attenzione
Paola Conigliaro
GENOVA~11.DOC