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[TESTIMONIANZE] - Spray al pepe
Subject: Sono tornato da Genova...MASSIMA DIFFUSIONE
Mercoledì 18 luglio sono partito per Genova con alcuni amici di Cuneo.
Siamo usciti a Genova Voltri verso le 21,30. Oltre il casello due
carabinieri su una vettura ridevano tra loro, ma nessun controllo.
Nessun controllo nemmeno per la seconda auto del nostro gruppo, arrivata
verso le 22.
Nessun controllo nemmeno per il gruppo di cicilisti che ci raggiungerà
venerdì 20 luglio e per i 4 autobus partiti da Cuneo sabato 21.
Arriviamo in piazzale Kennedy, sul lungomare, dove ad accogliere chi
arrivava c'era il concerto di Manu Chao. Facciamo un giro per quella piazza
che sarà il quartier generale dei manifestanti per i giorni successivi,
raccogliamo i pieghevoli con la piantina della città e le inidcazioni per
le varie menifestazioni, i Forum e i momenti assembleari del Genoa Social
Forum.
Incontro alcuni amici del Movimento conosciuti a Taizè e in altre occasioni
e insieme balliamo fino oltre all'1 sui bellissimi ritmi del cantante.
Qualcuno va ad ascoltare le sessioni tematiche dedicate a "Il controllo
della finanza" coordinato da Susan George e a "Diritti umani e civili"
coordinato da don Ciotti. Il clima è di festa.
Alle 2 passate una simpaticissima nonna ci accoglie: ciascuna delle 15
persone che passano in quella casa nei giorni successivi ha un letto su cui
dormire e la colazione assicurata. "A mezzanotte - ci dice - ho finito di
cucire la bandiera per mia nipote". C'è scritto "Torino Social Forum". È
una bella accoglienza.
Il mattino seguente partecipiamo alla Sessione speciale sul "Tribunale dei
grandi crimini di questo ordine mondiale" (José Bovè, Mediciens Sans
Frontieres, Campagna Boicottaggio Banca Mondiale ed altri ancora).
Interessantissimi i temi toccati, a volte scontati, a volte con qualche
sbavatura politicizzata, ma c'è molto di che pensare e, in seguito, di che
agire.
Il pomeriggio non riusciamo a raggiungere la piazza da cui ha inizio il
corteo dei Migranti perchè già imballata di gente. Ci fermiamo a 400 metri
dalla piazza e nell'attesa che la marcia abbia inizio una banda musicale ci
invita a cantare e ballare.
Alcune nonne si affacciano alla finestra e battono le mani seguendo il
ritmo, altri genovesi, seguendo l'indicazione provocatoria lanciata da
qualche gruppo, appende le mutande e altri indumenti intimi. Sono i segni
che usiamo per esprimere il nostro dissenso ai G8: semplici, immediati, ma
non ingenui.
Per provocare i potenti G8 urliamo: "Siamo tutti clandestini". Loro, G8,
barricati nel castello, noi 6.000.000.000 nel mondo, a riempire di vita le
strade. Nessun disordine: qualche dito si alza al passaggio
dell'elicottero, qualche frase di troppo forse, e vabbé!
Chi ha la radio ci informa che siamo in 50.000. È ancora festa.
Arriviamo in piazza Kennedy stanchi e affamati. Una coda di 30 minuti per
un panino e un po' d'acqua, poi inizia a piovere e ci si disperde al riparo
dei numerosi tendoni allestiti per l'evento. Gli amici li incontrerò solo
alle 23 passate in casa. Numerose le tende già sistemate nelle aiuole e nei
giardini pubblici, in tutti i "reliquati" urbani liberi.
Dei militari nemmeno l'ombra.
Soddisfatti della giornata.
GIovedì mattina.
La città si anima.
È la giornata dell' "assedio" alla zona rossa e nulla fa presagire quello
che succederà di lì a poche ore.
Dopo un consulto democratico e ponderato decidiamo di partecipare alla
manifestazione di Piazza Dante, al confine tra zona rossa e zona gialla,
dove i potenti hanno costruito il muro di Berlino genovese.
A quel pacifico assedio partecipano Attac, Arci, Rifondazione Comunista,
Giovani Comunisti Francesi e Greci, Fiom, Lega Italiana per la Lotta
all'Aids, Tavola della Pace, UDS, UDU, Jubilee South.
Tardiamo a partire, intanto i militari crescono numericamente, con i loro
mezzi blindati.
Arrivati in piazza Dante ci fermiamo per orientarci: in mezzo a edifici di
30, 40 piani una grata metallica fitta su una grande base di cemento, alta
almeno 4 metri si snoda per un fronte di 300, forse 400 metri. Dietro,
barricati, decine di militari in divisa passeggia tranquillo lungo la rete
e al suo passaggio le urla crescono. Più in là qualche abitante e qualche
giornalista.
Nessun pericolo. Al centro della piazza distribuiscono specchi per
abbagliare (gagliardi!) i militari; Un gruppo, sotto i porticati, prepara
un lenzuolo di palloncini colorati che innalzeremo oltre la cortina e che
andrà a coprire il mezzo blindato che spinge un'altra grata contro il
cancello, unico varco. Qualcun altro risponde ai getti d'acqua (che ci
fanno un piacere immenso, visto il sole caldo di quel giorno) con le bombe
d'acqua. Sennò che guerra è?
Dopo aver studiato la folla variegata, alcuni militari coperti dal casco si
avvicinano alle grate che da qualche ora venivano usate come percussioni e
dalle quali si urlava "siete ridicoli". All'improvviso avanzano le mani
nelle quali impugnavano bombolette e spruzzano spray al pepe mirando agli
occhi dei manifestanti. Pochi sono colpiti, ma in modo serio. Ho visto un
giovane non riuscire ad aprire gli occhi dal bruciore ancora due ore dopo.
Non ci piace. "Bastardi!" grida qualcuno. E non hanno tutti i torti. Noi
usiamo palloncini, specchi, fischietti, striscioni, cartelloni, aerei di
carta che non fanno alcun male. Qualche specchietto e qualche bottiglia
vola oltre il muro.
Alle 16,30 Vittorio Agnoletto, portavoce del Genoa Social Forum, presente
con noi fin dal mattino, vedendo l'arrivo di altri gruppi, invita alla
calma: "Siamo in 6-7000: in questa piazza non siamo attrezzati per subire
un assalto delle forze dell'ordine. Ripeto...".
Nessuna vetrina rotta, nessun segnale divelto. L'incidente più grave che
abbiamo provocato, oltre ad aver rotto il lucchetto del cancello del muro,
che comunque non potevamo oltrepassare, è stato quello di aver coricato la
paratia innalzata davanti al cancello, a 5 metri di distanza (forse avevano
paura che giocassimo all'ariete per invadere la zona rossa).
Ore 17,30. Il portavoce del G.S.F. ci comunica che abbiamo raggiunto
significativi risultati anche nelle altre piazze: "La presenza è massiccia,
qualche tuta bianca ha penetrato la zona rossa". Si applaude. "Ci basta -
continua - . Adesso ci ci incamminiamo verso il piazzale Kennedy dove ci
troveremo con gli altri cortei e avrà luogo una conferenza stampa".
Il corteo si muove e comicia a defluire ordinatamente dalla piazza. Noi ci
troviamo oltre la metà del corteo.
Poco prima di lasciare la piazza i militari, senza alcun motivo, ci
attaccano con i lacrimogeni. La paura si diffonde, tutti scappano. I
lacrimogeni arrivano anche nella via che risaliamo, perché hanno gente
appostata sui tetti dei palazzi. Accendono le sirene, sembra che vogliano
caricarci. Si sentono potenti, loro, dietro le barricate e armati fino ai
denti...
I pochi chilometri di marcia ci aiutano a sbollire la rabbia cresciuta dopo
quella provocazione. Perché l'hanno fatto?
Incontriamo file di container impilati messi lì probabilmente per chiudere
le strade se la situazione degenerasse. Ci sfoghiamo usandoli come enormi
bonghi.
Intanto guardiamo Genova: le case hanno le tapparelle abbassate fino al
secondo piano, pochi i genovesi rimasti, qualcuno mostra il poster di Che
Guevara, simbolo di qualunque rivoluzione. Si applaude.
Arriviamo in piazzale Kennedy rasentando un gruppo di 200 militari a cui
fischiamo. Nessun disordine.
Finché non arriviamo in piazzale Kennedy. Lì sono passati i Black Block
demolendo le vetrine delle due banche dall'altra parte della strada.
Completeranno l'opera il giorno successivo.
In piazza ci sediamo e, come una doccia fredda, arriva la notizia di un
morto. Gli altri cortei (Sindacati in piazza Paolo Da Novi, Rete di
Lilliput, Botteghe del Commercio Equo e Solidale, Marcia delle Donne e
Legambiente in piazza Manin sono stati attaccati dalle forze dell'Ordine,
senza distinzione tra violenti e non, con manganelli).
Ho ricevuto ora la notizia di due amici di Manta e di Savigliano hanno
l'una il braccio rotto, l'altro diversi lividi su tutto il corpo.
Lasceranno Genova la sera stessa e si medicheranno a Savigliano.
Il nostro corteo è stato il meno provato.
Partecipiamo all'Assemblea per decidere il da farsi. Domani, sicuramente,
il corteo, tutti insieme. Preso dall'emozione qualcuno propone di marciare
incontro a chi è bloccato oltre il ponte, a un chilometro scarso di distanza.
Nel castello, accerchiati dai mezzi di offesa, i potenti si preparano alla
cena di gala.
Fuori il castello c'è la giungla, e le forze dell'ordine hanno carta
bianca. C'è paura. La città è davvero assediata.
Dal palco invitano a non partire a piccoli gruppi perchè i militari
attaccano gli sventurati che si trovano nelle vie sbagliate al momento
sbagliato. Stanno prendendo accordi col Sindaco per organizzare Autobus che
accompagnino ai parchi e agli stadi - dormitorio.
Molti si fermano a dormire in piazza, all'adiaccio.
Gad Lerner e i tecnici di Tele 7 in sole due ore montano un piccolo studio
televisivo, inizia la diretta ma la tensione è troppo alta, qualcuno invade
il palco per gridare la sua rabbia e la trasmissione viene sospesa.
Peccato. È persa un'occasione per comunicare con l'Italia da questa città
blindata. I nostri nemici si faranno forti dei disordini che appaiono sullo
schermo per dire che il movimento tiene al suo interno frange violente. In
poche parole per screditare i sempliciotti pacifisti.
La notte è difficile dormire: le luci e i rumori degli elicotteri che
sorvolano Genova mettono ansia. Cosa sta succedendo fuori?
La mattina del sabato è difficile gestire il Forum, la tensione è alta,
leggiamo i titoli dei giornali.
Dispiace constatare come alcuni giornali siano asserviti al potere e non
scrivano quello che è realmente accaduto, mentre concentrano l'attenzione
solo sulle vetrine rotte per soddisfare l'appetito morboso dei lettori. Tra
i quotidiani quelli che si sono avvicinati di più alla verità sono il
Manifesto e, con qualche prudenza in più, La Repubblica.
Parlando per telefono con i nostri familiari capiamo che l'informazione
nasconde importanti cose.
Lentamente emergono alcune testimonianze agghiaccianti. Non sono
politicizzate: oltre ai responsabili del G.S.F., ci sono don Vitaliano
(Avellino) e don Gallo (Genova), avvocati che non hano potuto assistere
legalmente gli arrestati, personale sanitario, persone. La rabbia sale. E
lo sconcerto. Emerge il sospetto di un piano architettato.
Verso le 13,30 ci avviamo verso la piazza da dove partirà il corteo, ma
siamo costretti a fermarci al 4° km della marcia perché la strada è già
piena di gente; ci affianchiamo ad Attac France, una delle associazioni più
vivaci (non violenta) di questi giorni.
Si parte. Usiamo gli specchietti del giorno prima per attirare l'attenzione
dei genovesi, quando si accorgono di noi li salutiamo. Qualcuno risponde
con entusiasmo, altri distolgono lo sguardo o fissano pieni di sospetto.
A metà del cammino il servizio d'ordine invita a sederci per terra: ci sono
scontri in testa e in coda, dove i Black Block hanno diviso il corteo.
L'elicottero si ferma sulle nostre teste e a un suo improvviso movimento un
gruppo di persone scappa provocando la fuga in tutte le direzioni di un
numeroso gruppo di manifestanti. Si ha paura di altri lacrimogeni: le forze
dell'ordine non ci stanno proteggendo, anzi... Determinati, lentamente,
gridando "Genova Libera" arriviamo in piazza Ferraris. Veloce il Comizio
Finale, sbrigative le indicazioni per chi deve raggiungere i vari posti di
Genova. Molti gruppi, impauriti, devono scollinare più volte e aggirare i
luoghi caldi.
Un esercito di 10000 e più soldati non riesce a tenere a bada 2-3000
sbandati (stime del G.S.F.) e a chiuderli in una morsa. Non ci crediamo
alla balla che erano in mezzo a noi. Non abbiamo visto nessuno rompere
vetrine e incendiare auto, i violenti erano facilmente localizzabili per un
esercito organizzato con armi da fuoco, mezzi per spostamenti veloci e
almeno due elicotteri.
Le forze dell'ordine lasciano fare, il Governo oggi ci accusa di
connivenza. Questa è davvero strumentalizzazione politica!
Quando riusciamo ad imboccare la via del ritorno vediamo, oltre alle
campane per la raccolta differenziata dei rifiuti squarciate dalle molotov
e le vetrine assaltate dalla furia dei "neri", tracce di sangue qua e là.
Follia! Caricare così la gente!
Il percorso è campo di battaglia. Paesaggio desolante.
Alcuni locali di una banca ancora fumano: dentro non c'è nulla di intatto.
Alla sera, in un quartiere residenziale lontano dagli scontri, ci
perquisiscono dalla testa ai piedi: noi due e loro quattro in borghese. Sta
facendo buio e la tensione è ancora alta, abbiamo un po' paura. "Documenti!".
"Cosa facevate di fianco a quell'auto?" > "La guardavamo, com'era malconcia"
"Perché camminavate veloci?"
"Perché hai due copie de Il Manifesto?"
"Cos'è questo adesivo con scritto Attac?" > "È la sigla di un'associazione
francese" > "Non contar balle, è uno slogan!"
Ignoranti! L'addestramento non dovrebbe comprendere anche la conoscenza del
Movimento? E cosa sono questi sospetti "politicizzati"?
'fanculo viene da dire, e ci tratteniamo a stento. Dopo 20 minuti,.
comunicate le generalità dei nostri documenti alla centrale ci lasciano.
Ma il bello arriva la notte. Attacco delle forze dell'ordine in cerca di
armi (dubito fortemente che le abbiano messe loro) nel quartier generale
del G.S.F.
Il rappresentante dei 100 avvocati che avevano dato disponibilità di
assistenza legale dice: "Nel nostro ufficio hanno spaccato tutti i PC e
asportato i Dischi Fissi con tutte le informazioni riguardanti denunce,
elenchi di persone ferite o di cui non si hanno più notizie, arresti
ritenuti illegittimi. Tutto scomparso. Prove scomode. [...] intanto
dall'altra parte della strada escono circa 25 arrestati strattonati,
malmenati, 3 escono in barella dopo un'ora. Questa mattina abbiamo visto le
chiazze di sangue sul pavimento e sulle pareti...". Resistenza a pubblico
ufficiale diranno loro... Questo giustifica il sangue? Un centinaio di
agenti armati, coi caschi, e voi parlate di resistenza di 25 persone colte
nel sonno o nel loro lavoro di giornalisti? C'è qualcosa di pesante che non
va...
Ci facciamo passare le foto tra le poche centinaia di persone rimaste alla
Conferenza Stampa che è anche Assemblea Pubblica per scelta dei
responsabili G.S.F. Un regista di una tv privata ci fa vedere il video che
passerà alle tv nazionali.
Ci comunicano che Amnesty International seguirà l'inchiesta sui crimini di
Genova (N.B: Amnesty non ha partecipato al G.S.F. nè alle iniziative).
COME HANNO FATTO AD ARRIVARE AL CENTRO DI GENOVA 2-3000 VIOLENTI ARMATI
FINO AI DENTI?
PERCHÈ SONO MANCATI I CONTROLLI?
PERCHÈ I CARABINIERI, PUR AVENDO LE FORZE E GLI STRUMENTI NON HANNO ISOLATO
I VIOLENTI?
COME SI SPIEGANO LE PERSONE CHE HANNO VISTO SCENDERE ALCUNI BLACK BLOCK DAI
FURGONI DEI MILITARI?
Aspettiamo una risposta precisa e convincente a queste domande.
Chi non crede a quello che ho scritto, chi pensa che siuano sufficienti i
mass-media per capire cos'è stato Genova si sbaglia.
Qualcuno, ne sono certo, mi accuserà di essere comunista o perlomeno
strumento nelle mani dei comunisti.
Non mi importa. Il Movimento, a carissimo prezzo, ha comunque vinto.
Quella che ho visto è l'azione di un governo che vuole cancellare il
dissenso di una minoranza.
Al G8 Bush se ne frega degli accordi di Kyoto, il debito di molti altri
Paesi è ancora insoluto, gli scudi spaziali sono strumenti di potere, non
fanno un servizio alla gente parlano di Fondi per l'AIDS che sono
beneficenza, non giustizia.
Abbiamo lavorato prima di Genova per la libertà, i diritti, la democrazia,
la partecipazione, la giustizia, la pace e continueremo a farlo.
Luca P.
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