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G8: Rompere le vetrine? E' troppo poco
Rompere le vetrine? E' troppo poco. Bisogna invece ignorarle, svuotarle,
cancellarle dalla nostra testa. Poche cose fanno incazzare i padroni più di
un negozio devastato e noi le faremo tutte: non compreremo, non guarderemo
le vetrine e non ci faremo più spiare da loro (come ben spiega "Le monde
diplomatique" i prodotti ti osservano il più spesso possibile per capire
come fregarti meglio). Cantava anni fa Gianfranco Manfredi che la merce ci
è entrata nei polmoni; beh buttiamola fuori.
Se siamo-siete in gruppi organizzatiŠ alleniamoci da subito: stacchiamoci
di corsa dai cortei e mettiamoci immobili davanti alle vetrineŠ senza
vederle. Se si è da soli, ognuno si eserciti a guardare un negozio (a un
singolo manifestante non occorre permesso) così a lungo da creare
imbarazzo; e naturalmente sulla maglietta chiunque avrà scritto: "meno
compri, meglio stai" o qualcosa del genere.
Siccome sarà una svolta epocale, bisognerà fare un po' di esercizio a casa,
nel centro sociale, nella sede, nel Gim o dovunque siate (scusate se vi
diamo del voi ma visto che in questo momento non siamo insieme). Ecco la
prima lezione di vetrine-yoga. Dunque se potete mettervi comodi, seguite le
istruzioni; altrimenti chiudete "Carta" e leggete dopo.
Sdraiatevi per terra, su una stuoia o una coperta. Tirate su le gambe e
tenetevele con le mani. Cercate una posizione comoda. Trovatela. Non
pensate a Fassino o altre sciocchezze. Respirate a fondo. Tenete separate
le mascelle. Respirate col ventre. E' difficile battere il G8 (ma è
difficile fare qualsiasi cosa) se non si respira bene. Adesso rilassate
tutto il rilassabile. Sorridete, se possibile. Magari alcuni di voi sono
così concentrati a sorridere e rilassarvi (non eravate abituati eh?) che
non respirano più, oppure hanno serrato le mascelle stile schiaccia-noci.
Dai, ritentate: si possono fare 4 e più cose insieme, no?
Non abbiate fretta. Se volete, se state più comodi ora stendete le gambe;
trovate la posizione migliore per voi.
Fin qui avete fatto all'incirca lo yoga con voi stessi. Ora provate a
inserire il movimento anti-G8, a rilassare l'altromondopossibile.
Pensate allora ai nostri piedi, a cinque fra le possibile dita: tute
bianche, lilliput, missionari antiliberisti, sindacati di base, commercio
equo. Provate a pensarle, guardarle come se le vedeste per la prima volta.
A cosa servono? Come funzionano? Sono abbastanza amiche? Sono consapevoli
che ci servono tutte e 5 per camminare? Provate a rilassare una per una
queste cinque dita del vostro piede.
Se avete raggiunto un soddisfacente grado di rilassamento con le "strutture
di base", salite più su: ginocchia, cosce, ventre. Pensate alle possibili
forme di organizzazione che esistono e al loro rapporto con la spontaneità
necessaria. Chiedetevi se fra la trippa e il cuore bisogna inserire più p
meno dibattiti, maggior studio o invece parlare spesso con la gente che vi
capita di incrociare, oppureŠ. Ascoltate le lamentele e gli scricchiolii
dei vostri polpacci e delle vostre costole come scrutate quelli (ci sono e
come!) di Wto, Ocse, G8. Se il corpo vi fa male non basta un'aspirina;
scrivete subito (8 metri per 1,15 minimo) su un muro "Tutti a Genova",
"Chi non protesta è perduto", "Riprendiamoci il mondo". Però dovete essere
convinti che sia proprio così. Noi non siamo nemici del G8, come continuano
a dire gli schiocchi giornalisti, è il contrario: il G8 è nemico del mondo
e di tutti noi.
Bene, se l'esperimento è soddisfacente, proseguitelo (qualche minuto al
giorno) da soli su fino al 19, 20, 21 luglio, fino al dopo Genova.
Rilassate occhi, gola, denti, tutto il volto. Tenete sgombra la mente.
Impegnatevi: ci sono milioni di vetrine da svuotare, migliaia di merci da
cancellare, tanti sbirri da far sloggiare dalle nostre teste assai prima
che dalle strade.
Soprattutto cominciate a sentire i vostri corpi con tutta l'attenzione
necessaria: la rivoluzione è l'amore più grande che c'è. Bisogna amarsi
assai per battere un G1 o un G2 figuriamoci un G8. C'è un mondo da
riconquistare e ricostruire, corpi e teste da liberare. Che aspettate? Che
aspettiamo ancora?
Dibbì
Per gentile concessione del settimanale Carta [http://www.carta.org]