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Il Cardinale Tettamanzi sul G8



Fonte: La Repubblica - 5/7/2001

http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20010705/esteri/02tettamanzi.html

Tettamanzi: "Stiamo con i deboli il popolo di Seattle va ascoltato"
Da Genova l'appello del cardinale al dialogo
"Sulla globalizzazione la Chiesa ha già imboccato una strada nuova"
L'INTERVISTA

FRANCO MANZITTI

GENOVA - Quando ha alzato l'aspersorio verso l'alto, per far cadere l'acqua 
benedetta sullo scafo imponente della "European Vision", la supernave del 
G8, 800 miliardi di costo, suite blindate, ogni comfort possibile e anche 
di più, il cardinale arcivescovo di Genova, Dionigi Tettamanzi, ha avuto un 
attimo di smarrimento. «Ho pensato che stavo per benedire il lusso, le 
meraviglie di quella nave miliardaria - confessa l'arcivescovo genovese del 
G8 - mi sono sentito imbarazzato davanti a tutti quei personaggi, Arbore la 
sua orchestra pronto a suonare sul ponte, gli ospiti d'onore, le star 
televisive.... Ho sofferto, pensando a tutti i poveri del mondo. Poi sono 
andato avanti: ho chiesto a Dio la benedizione perché la voce sottile dei 
più poveri, dei più diseredati arrivasse a farsi sentire anche su quella 
grande nave dei potenti della terra...».
Il cardinale Tettamanzi è anche fisicamente nell'occhio del ciclone, nella 
sua Curia genovese, all'ombra della grande cattedrale di san Lorenzo, 
appena rischiarata dai nuovi fari del G8, seduto sulla cattedra che fu di 
Siri, sprofondata nei carruggi genovesi, in piena Zona Rossa, a pochi metri 
dal palazzo Ducale e anche dalle inferriate che dovrebbero fermare il 
popolo di Seattle, almeno le sue avanguardie più agguerrite.
Cardinale, quali sono i rischi di questo G8, di cui lei benedice i simboli 
, ma per il quale lei ascolta anche le voci dei più deboli?
«Che consideriamo i popoli poveri come dei soggetti passivi, destinatari di 
qualche umiliante tentativo di elemosina, di qualche briciola caduta dalla 
mensa di Epulone e che, quindi, non li stiamo a sentire a sufficienza. 
Questo è il primo rischio».
Ma la voce del popolo di Setale è forte e cerca di rappresentare proprio 
quelle voci deboli e sottili. Non è che la Chiesa così impegnata su questi 
temi, ha dovuto ascoltare quel grido prima di muoversi?
«Quel movimento è un fatto culturale nuovo che per la società civile 
rappresenta una enorme positività, ma richiama in profondità la dottrina 
sociale della Chiesa, sottolinea quello che sta facendo Giovanni Paolo II, 
ricorda i suoi viaggi al cuore della povertà. Ma ve lo ricordate il pianto 
del Papa nelle favelas brasiliane? Non abbiamo mai avuto orecchie sorde e 
occhi chiusi di fronte alla grande povertà. Mi fa impressione come si 
dimentichi quanto i problemi del G8 sono il patrimonio della nostra Chiesa. 
Paolo VI con la "Popolorum Progressio" nel 1966, quindi prima di un altro 
urlo, quello del ‘68, aveva chiarito che l'economia deve guidare la 
politica e spiegato che il bene universale si raggiunge colmando il divario 
tra poveri e ricchi. E se vogliamo andare molto più indietro la "Rerum 
Novarum" di Leone XII diceva già le stesse cose».
Ma queste istanze, possono far esplodere un grande conflitto non solo 
ideale, fisico...
«Attenzione: chiediamo sicurezza e vivibilità e Genova è alla ribalta per 
questo. C'è un dialogo duro tra una parte e l'altra. Ma non possiamo 
dimenticare l'istanza fondamentale che si collega al G8: dare una risposta 
ai molti squilibri e ingiustizie del mondo che la globalizzazione esalta 
enormemente. E' vero che gli Otto Grandi si autoconvocano e non 
rappresentano tutti, ma è anche vero che il loro incontro è importantissimo 
per tutti.»
Lei è preoccupato per quello che potrà accadere?
«Bisogna essere razionali e determinati. L'unica strada è il dialogo. Lo 
sto ripetendo giorno per giorno. Con il dialogo verrà fuori la verità e si 
batterà la violenza che è sterile e che genera altra violenza, altre 
reticenze. I nuovi governanti italiani dimostrano di voler dialogare, di 
aprire alle manifestazioni pacifiche? E' un segno di chiarezza: questo mi 
auguro. Ogni parte in campo deve guardare dentro a se stessa, ma io ho solo 
due occhi non so se vedo tutto quello che può accadere tra le autorità e il 
popolo che manifesterà. Mancano ancora quasi venti giorni: mi impegnerò a 
parlare ogni giorno, a ripetere che bisogna dialogare, chiarirsi».
Chi sono i sordi del G8?
«Il mondo finanziario, il mondo tecnologico sono loro che hanno più 
responsabilità nella globalizzazione senza regole. La politica è perfino 
più debole. Quegli Otto Grandi sono meno forti, non sono poi così Grandi. 
Non sempre tengono conto che la Storia avanza con sogni, previsioni, 
profezie. La Storia ha bisogno di risorse materiali, di medicine, ma pure 
di colpi di fantasia, di grandi idee. Senza idee, senza fantasie, la Storia 
procede con i colpi del più forte del gruppo, di quello economicamente più 
prepotente. E alla fine la Storia è sbrigativa. Duemila anni dopo il 
messaggio di Cristo non ha cambiato ancora il mondo, non ha salvato i 
poveri... per questo il Papa corre dai poveri. Le parabole del ricco e di 
Lazzaro sono vecchie, ma hanno ancora una loro attualità».
Insomma, cardinal Tettamanzi, lei è sicuro che il messaggio della Chiesa 
può essere fondamentale per far incontrare e non scontrare il popolo di 
Seattle e i potenti della terra?
«Non sono un profeta. Il messaggio del Papa è chiaro: ci vuole un codice 
etico universale che mette insieme giustizia e solidarietà e che applichi 
quella che con un termine di moda viene definita la governance della 
politica. La ricetta possibile non è un nuovo colonialismo dei più deboli 
da parte dei più forti, dei più poveri da parte dei ricchi, ma un processo 
che rispetti le diversità dei popoli, che non omogeneizzi, ma distingua. La 
parola d'ordine potrebbe essere non global, ma glocal. In questo la Chiesa 
cattolica è paradigmatica, perché è universale ma si dirama anche come 
chiesa locale, arriva ovunque. E non dimentichiamo che il Terzo mondo lo 
abbiamo anche da noi, perfino a due passi dalla mia cattedrale. La strada 
il Papa l'ha già imboccata e ne ha parlato anche con Berlusconi: si parte 
dalla remissione del debito, si sferra la lotta alle grandi epidemie, 
all'Aids che si combatte con quei farmaci costosissimi. Credo che 
Berlusconi abbia ascoltato e capito. Il Governo italiano si era già mosso 
da tempo con Amato a Okinawa un anno fa, ma già prima dal 1999 io stesso 
avevo posto il tema della globalizzazione a Brescia in un Convegno con il 
governatore Fazio.»
Infine, Cardinale non sembra che i cattolici siano tutti sulla stessa linea 
rispetto a queste sfide. Comunione e Liberazione ha attaccato proprio lei 
per il suo atteggiamento morbido verso il popolo di Seattle, accusato da 
loro di "borghesia".
«Ma sì, ma sì: Cl ha radicalizzato l'istanza di mobilitazione su questi 
temi, criticando chi manifesta rispetto a chi fa, partecipa. Secondo 
Vittadini bisogna mettersi in gioco, partire per il Terzo mondo, andare in 
Africa. Ma non tutti possono andare ed è importante anche rappresentare la 
voce dei deboli, far risuonare il lamento dei poveri. Ecco, fra pochi 
giorni a Genova ci sarà un incontro tra giovani cattolici: lì cercherò di 
far ascoltare la voce dei più deboli, dei poveri, farò parlare i poveri ai 
giovani. E' borghese tutto questo?»