[News] Reclutatori ucraini vengono presi a bastonate dalla popolazione civile stanca per la guerra
- Subject: [News] Reclutatori ucraini vengono presi a bastonate dalla popolazione civile stanca per la guerra
- From: Alessandro Marescotti <a.marescotti at peacelink.org>
- Date: Sun, 3 Aug 2025 21:51:31 +0200
Oggi nel villaggio di Buzke, nella regione di Mykolaïv, un gruppo di militari del centro di reclutamento (TЦК) e un rappresentante della polizia, impegnati in attività di notifica della leva, sono stati attaccati da un gruppo di cittadini stanchi di essere ricercati per il reclutamento. Si sono scagliati contro i soldati e, armati di mazze e tubi metallici, hanno bastonato un soldato e danneggiato l’auto di servizio.
Lo riferisce RBK-Ucraina, citando la Direzione principale della Polizia Nazionale della regione di Mykolaïv.
Secondo quanto comunicato dalle forze dell’ordine, durante le operazioni di notifica da parte del personale militare del TЦК e del Servizio di Polizia Territoriale, insieme a un agente della Polizia Nazionale, persone non identificate hanno aggredito i militari.
Alle ore 14:00 era già confermato che alcuni civili, armati con mazze e tubi metallici, avevano danneggiato un veicolo militare e provocato lesioni fisiche a un soldato del gruppo addetto alle notifiche della leva.
L’episodio è particolarmente significativo nel contesto ucraino attuale, dove la tensione tra le autorità militari e la popolazione civile è crescente, soprattutto a causa della mobilitazione obbligatoria prolungata. Il centro TЦК (Territorіalʹniy Tsentр Komplektuvannya) è incaricato del reclutamento militare, e le sue operazioni sono spesso vissute con preoccupazione o ostilità da parte di una parte della popolazione, soprattutto nelle regioni lontane dal fronte o dove la stanchezza della guerra è più forte.
L’uso della violenza da parte dei civili segnala un’escalation della resistenza sociale alla leva, già emersa in modo sotterraneo nei mesi scorsi attraverso fughe all’estero, disobbedienze, proteste familiari. Ora però sembra che si stia passando da una resistenza passiva a una attiva e basata sull'autodifesa.
"Mazze e tubi contro la guerra". Potrebbe sembrare il titolo provocatorio, e invece è la cronaca di quanto accaduto oggi nel villaggio di Buzke, nella regione ucraina di Mykolaïv. Un gruppo di civili, armati con oggetti contundenti, ha attaccato alcuni militari e un agente della polizia che stavano svolgendo attività di notifica per la leva obbligatoria. Il bilancio: un soldato ferito e un’auto di servizio danneggiata.
Il fatto è stato confermato dalla Polizia Nazionale, che ha parlato di un’aggressione avvenuta da parte di “persone sconosciute”. Un’espressione che sottolinea l’apparente spontaneità dell’atto, ma che potrebbe anche nascondere una tensione latente e organizzata.
La vicenda solleva domande profonde. Quanto è ancora sostenuta dalla popolazione la mobilitazione militare? Quanto pesa la stanchezza di una guerra lunga, logorante, con costi umani enormi? E che margini restano per una gestione democratica della sicurezza, in un Paese che cerca di resistere ma anche di non perdere il senso della propria coesione sociale?
Non è il primo caso di resistenza alla leva, ma episodi di questo tipo – violenti, organizzati, con il diretto coinvolgimento di cittadini comuni – indicano che qualcosa si sta incrinando. E forse vanno ascoltati non solo come atti da reprimere, ma anche come segnali di un malessere più profondo.
In tempo di guerra, la narrazione ufficiale tende a silenziare le voci critiche. Ma proprio perché la posta in gioco è così alta, è necessario mantenere aperti i canali del dialogo, della mediazione, del confronto. Anche e soprattutto con chi, magari per disperazione o paura, sente di dover dire "no".
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