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[News] Il viaggio di Alexander Langer e la poesia in cammino sulla Costa Teatina
- Subject: [News] Il viaggio di Alexander Langer e la poesia in cammino sulla Costa Teatina
- From: Alessio Di Florio <ahimsashalom at yahoo.it>
- Date: Wed, 2 Jul 2014 15:14:54 +0100
- Reply-to: Alessio Di Florio <ahimsashalom at yahoo.it>
Il
viaggio di Alexander Langer e la poesia in cammino sulla Costa Teatina
“Il fine del viaggiare
è il viaggiare stesso e non l’arrivare”, sono parole del compianto Tiziano
Terzani che riassumono tutta una filosofia di vita o, per meglio dire, la vita
stessa. Perché si può sopravvivere a sé stessi, correre all’impazzata senza mai
trovare pace e serenità, sempre frustrati e insoddisfatti, o si può viaggiare,
camminare, vivere la vita ogni secondo e ogni battito d’ala. E’ stato questo il
più grande insegnamento - perché per tanti, tantissimi di noi (per chi ha avuto
la fortuna di conoscerlo di persona e per chi l’ha conosciuto solo dopo la sua
tragica dipartita) è stato un maestro, una stella polare che mai smetterà di
brillare – di Alexander Langer.
Sono i giorni del
ricordo del suo triste commiato da questa vita. Ma fermarsi a quel tragico
giorno, sotto quell’albero di albicocche a Pian dei Giullari di Firenze,
sarebbe una crudele ingiustizia. Perché il viaggio di Alexander è stato
intenso, vibrante, vero per i tantissimi anni che ha dedicato all’umanità e al
suo futuro. Viaggiatore leggero capace di caricarsi, come il suo amato San
Cristoforo, dei pesi, delle angoscie, ma anche delle bellezze, dei colori,
della musica delle vite di chi incontrava e dell’ambiente, Alexander rovesciò,
e invitava altri e altre a farlo, il famoso motto olimpico. Essere nella vita
“più lenti, più soavi, più profondi”. Mi è tornato in mente nei giorni scorsi.
Si è conclusa domenica scorsa la seconda edizione di “Cammina per il Parco”, la
splendida iniziativa portata avanti dalla “Costituente per il Parco Nazionale
della Costa Teatina” (che da undici anni attende di veder completato il suo
iter istitutivo!) e da alcuni attivisti delle associazioni che lo animano. In
queste due edizioni, al di là dell’obiettivo principale che è quello di tenere
alta l’attenzione sull’istituendo Parco, tantissime sono state le foto, i
video, le testimonianze, le meraviglie di questo scrigno immenso che è la costa
teatina, di esperienze come Zona22 (vero esempio di “laboratorio ecologico” e
di recupero della bellezza!) ma anche di denunce di tutto ciò che vuol violarne
la bellezza e sfregiarla. Chi attraversasse la costa teatina, così come
qualsiasi altro ambiente naturale, distrattamente, di corsa, pensando solo alla
sua meta (e probabilmente scegliendo l’autostrada!) non si accorgerebbe di
nulla. Ma se invece non si pensasse alla meta del viaggio, ma si godesse il
viaggio stesso sarebbe tutto diverso.
Nel 1897, dopo una
discussione con alcuni “piccoli amici”, una bambina di otto anni chiese al New
York Sun se Babbo Natale esistesse. Il 21 dicembre la risposta arrivò con un
editoriale che commosse moltissimi lettori ed entrò nella storia del
giornalismo mondiale (ed infatti il New York Sun lo ripubblicò tutti gli anni
fino alla sua chiusura nel 1950) e fu positiva. Si legge in quell’editoriale
che è l’abbondanza dell’amore e della generosità, la loro esistenza, che danno
alla vita bellezza e gioia, se non esistessero non esisterebbero poesia e
romanticismo e la luce eterna (dell’infanzia!) riempie il mondo sarebbe
estinta. E sono queste le cose più vere del mondo. Per dirla con le parole di
un altro grande viaggiatore e del suo libro più famoso, il Piccolo Principe,
l’essenziale è invisibile agli occhi. Ma questo essenziale spesso irrompe nella
nostra vita e squarcia la desolazione e il grigiore della quotidianità. Ma
bisogna saperlo vedere, capire che la vita non è un arido calcolo e non è una
gara a chi corre più veloce. Viaggiando, come c’insegna Alexander Langer, più
lenti, con uno sguardo più soave e più profondo, possiamo accorgercene. La
costa teatina è ancora, nonostante tutto, uno dei luoghi privilegiati per
farlo. Nei suoi angoli incontaminati tutto può ancora realizzarsi. Ma le dune,
i sentieri, i prati fioriti, i boschi, le insenature e le danze colorate del
Sole sul mare, lì dove i caldi raggi disegnano sulle onde splendenti diademi,
vanno attraversati lentamente, aprendo il cuore e la mente alla magia e alla
bellezza. Perdendosi in questi strepitosi paradisi è possibile scoprire la
poesia che colora la terra.
Ma per far tutto
questo ci servirebbe lo sguardo di Alexander, il suo viaggio leggero, profondo,
la sua lungimiranza, la sua mitezza d'animo che si sposava perfettamente con
una radicalità del pensiero e della pratica quotidiana esemplari, la sua
intelligenza profonda nel guardare l'umanità, il suo impegno appassionato, la
generosità dei sentimenti che lo ha portato al dono totale di sé agli altri e
alla politica. Quella politica oggi sempre più terreno di conquista di
"squallide consorterie" e dove scarseggiano gli amanti e i costruttori
del bene comune come Alexander. I suoi scritti ci indicano la via, ci insegnano
a leggere, interpretare e vivere questa devastante crisi ecologica, sociale,
economica e politica. Cresciuto in una regione di frontiera, ha visto nella
conoscenza reciproca, nell'incontro fecondo, una ricchezza da costruire
quotidianamente. Ha precorso i tempi, ha attraversato sentieri e strade con la
lungimiranza e la visione di chi sapeva guardare oltre ogni orizzonte.
Viaggiatore inquieto, ha donato tutto se stesso all'umanità sofferenta e
oppressa, caricandosi i pesi e i dolori che ha incontrato con un amore immenso.
Il caricarsi i pesi del prossimo, per allievare le sue sofferenze e curare le
sue ferite, l'essere portatori di speranza e di amore, può portare a spingersi
troppo avanti. Può condurre nel deserto, dove gli uomini non si amano e non
parlano. Dove i pesi diventano eccessivi. Ha scritto nell'ottobre 1992, in
ricordo di Petra Kelly, il dramma dei "portatori di speranza" che si
ritrovano “troppo grande... il carico di amore per l’umanità e di amori umani
che si intrecciano e non si risolvono”.
Si può vivere
immersi in una marea sterminata di contatti, di conoscenze e di esperienze e
sentirsi soli. Incompresi. Accade che ci si senta soli, che si rimanga soli.
Estranei, lontani. Nel deserto. Si è circondati da decine, centinaia, di
persone, ma si vive il deserto dell'anima. Si dona così tanto amore che giunge
il giorno in cui se ne ha necessità vitale, fosse anche solo una carezza o una
parola di condivisione e conforto. Come fosse acqua. Pura, casta, genuina,
vitale. Sgorgante da fonte vera e profonda. La sete arde, brucia dentro. Si è
donato così tanto amore, dedizione, passione agli altri da non averne più per
sé. Ci si sente fragili e indifesi, si ha la necessità di qualcuno al quale
stringersi e sostenersi, che sappia chinarsi sulle ferite del tuo cuore (e
delle miserie umane) e lenirle.
Si vive "in un tale incrocio di dolori" che non si riesce più a vivere, appaiono "troppe le attese frustrate e le delusioni che inevitabilmente si accumulano, troppe le incomprensioni che nascono e segnano, troppo grande il carico di amore per l'umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che il cuore brama e ciò che si riesce a compiere." Si vorrebbe guardare sempre più in alto, ma il peso della convivenza umana, avvelenata dalla mancanza di umanità, schiaccia al ribasso. Ci sono giorni che fanno sentire tutto il loro peso. Un peso enorme, che schiaccia, di illusioni tradite, di incomprensioni, di violenza e di cuori in lacrime. Quanto è grande la differenza tra quel che è e quel che vorremmo. Quanto immensa è la facilità di essere fraintesi, incompresi, travisati, di rimanere soli.
Si vive "in un tale incrocio di dolori" che non si riesce più a vivere, appaiono "troppe le attese frustrate e le delusioni che inevitabilmente si accumulano, troppe le incomprensioni che nascono e segnano, troppo grande il carico di amore per l'umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che il cuore brama e ciò che si riesce a compiere." Si vorrebbe guardare sempre più in alto, ma il peso della convivenza umana, avvelenata dalla mancanza di umanità, schiaccia al ribasso. Ci sono giorni che fanno sentire tutto il loro peso. Un peso enorme, che schiaccia, di illusioni tradite, di incomprensioni, di violenza e di cuori in lacrime. Quanto è grande la differenza tra quel che è e quel che vorremmo. Quanto immensa è la facilità di essere fraintesi, incompresi, travisati, di rimanere soli.
Ma alfine, in
questi cupi tempi nei quali il sistema in crisi, che il suo sguardo profetico
già vent'anni fa aveva saputo vedere, è diventato il Sistema di dominio e di
oppressione di classe e di guerra ai poveri e agli ultimi, fin quando potremo
difendere la bellezza e la poesia, gli angoli più belli dell’ambiente che ci
circonda e costruire un futuro migliore, realmente ecologico, come vogli-Amo
con il Parco Nazionale della Costa Teatina, c'è una condanna dalla quale non
possiamo esimerci: la speranza. E allora, com'ebbe a dire un suo carissimo
amico, non esiteremo mai a seguire l'esempio della sua vita,
"invidiabilmente ricca di viaggi, di incontri, di conoscenze, di imprese,
di lingue parlate e ascoltate, di amore" e fin quando il suo "viso
serio e gentile" ci accompagnerà nel cuore, cercheremo di andar
"incontro agli altri con il suo passo leggero" per non perdere mai la
speranza e continuare, come ci hai chiesto quel dannato giorno a Pian dei
Giullari, "in ciò che è giusto".
Alessio
Di Florio
Allegato Rimosso
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