Attivista siriano in diretta su Rainews



Poco fa in Tv, alle 13.45, Rainews all'interno del notiziario ha inserito come corrispondenza dalla Siria la telefonata satellitare con un "attivista" che trasmetteva informazioni e immagini da una zona di conflitto armato.

Questo "attivista", in inglese, ha detto: "Stiamo combattendo per la vittoria" (usando il verbo to fight); ma l'interprete della Rai ha liberamente tradotto "stiamo lottando fino alla vittoria" (per la lotta sociale e ideale si usa invece il verbo "to struggle", ad es. to struggle against poverty).

Non ricordo mai che la tv di Stato si sia mai collegata a un gruppo di combattenti (Vietnam, Sudafrica, America Latina, Palestina, Afghanistan...) arruolandoli come cronisti e definendoli "attivisti".

E tutto cio' avviene su un canale coniderato "di sinistra" e "pacifista". Quanti pacifisti hanno subito il fascino di queste dirette "militanti"?
Quanti credono che tutto cio' sia giornalismo libero e genuino?
Quella della Tv diretta da Corradino Mineo e' una vera novita', crea un feeling fra il telespettatore e il combattente (pardon, l'"attivista"), e' un appassionato colloquio in cui suscitando empatia e solidarieta' si chiede all'"attivista" anonimo: "Siete stanchi? Pensate di potercela fare?"

Si suscita nell'ascoltatore la sfera dei sentimenti e dell'indignazione, si costruisce lo schema buoni/cattivi cosi' caro ad Avaaz.

In realta' pensavo che l'attivista si chiamasse "Al Hamoi" ma poi ho scoperto che quello e' il nome del media centre da cui telefona.

L'"attivista" siriano si lamentava che i soldati presidiassero le strade e ha denunciato che quella e' una "presenza di occupazione".

Notate la scelta del termine: "attivista" e non "militante".

Alessandro
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