Le Operazioni di Guerra Psicologica e i retroscena della Siria. Un saggio di Ermete Ferraro



Dal Grande Fratello orwelliano alla guerra psicologica

di Ermete Ferraro
http://ermeteferraro.wordpress.com/2012/02/04/psy-ops-quando-la-guerra-si-fa-con-le-parole

In un suo recente intervento, Alessandro Marescotti
(http://lists.peacelink.it/pace/2012/02/msg00018.html) ha giustamente
messo in evidenza, a proposito di quanto sta accadendo in Siria, che le
varie fonti d’informazione si ritrovano stranamente nel definire
“disertori” quelli che, a rigor di logica e di vocabolario, dovrebbero
essere chiamati “insorti” o partecipanti ad una “sedizione” militare.
Questa osservazione gli dà lo spunto per una riflessione sull’uso
propagandistico degli strumenti informativi e sulla preoccupante
diffusione – dal secondo dopoguerra ad oggi – di una vera e propria
strategia di manipolazione del pensiero e del linguaggio, come strumenti
di guerra psicologica.
Il riferimento d’obbligo, in questo caso, è l’incredibilmente profetico
romanzo di George Orwell “1984” (Nineteen Eighty-Four), quello che – tanto
per intenderci – ha avuto, suo malgrado, la sventura di dar origine alla
fin troppo nota espressione “Grande Fratello”. E’ questa, infatti, la
traduzione di “Big Brother”, il “deus ex machina” che controlla e dirige
come automi telecomandati tutti coloro che vivono sotto il regime assoluto
e totalitario guidato dal partito chiamato “Socing/Engsoc”.
E’ davvero incredibile come Orwell sia riuscito ad avere, già nel 1948,
una visione talmente netta e dettagliata di quella realtà – massmediatica
prima ed informatica poi – dalla quale milioni di esseri umani sarebbero
stati sempre più condizionati, se non asserviti del tutto, grazie ad una
sottile revisione del pensiero e dell’espressione linguistica, che lo
veicola e ne è l’ovvio interfaccia.
Mi sono ricordato allora di un mio vecchio scritto – datato non a caso
1984…- nel quale analizzavo questa manipolazione logica
(“Bispensiero/Doublethink”) e linguistica (“Neolingua/ Newspeak”),
suggerendo anche una strategia per opporsi, nonviolentemente, ad entrambi.
Ecco uno dei brani del romanzo che citavo:
“Se si vuole comandare e persistere nell’azione di comando, bisogna anche
essere capaci di manovrare e dirigere il senso della realtà… [...]
Bispensiero sta a significare la capacità di condividere simultaneamente
due opinioni palesemente contraddittorie ed accettarle entrambe [...] La
Neolingua era intesa non ad estendere ma a diminuire la possibilità di
pensiero; si veniva incontro a questo fine, indirettamente, col ridurre al
minimo la scelta delle parole…”  (questa e le successive citazioni erano
tratte dall’ediz. italiana, Milano, Mondadori,1983).
Rileggere, oggi, questi brani del romanzo orwelliano fa venire i brividi.
Come non restare  stupiti, poi, di fronte alla constatazione che questi
due processi di “addomesticamento” e massificazione del pensiero e del
linguaggio, mediante un’accurata programmazione della mente umana, erano
stati previsti dall’autore intimamente legati all’uso delle tecnologie
informatiche?
Programmare un linguaggio-macchina, sottolineava già negli anni ’70 il
cibernetico Silvio Ceccato, comporta l’eliminazione di ogni forma di
originalità biologica e culturale, allo scopo di perseguire una
“oggettività” ed “universalità” comunicativa, sì da “…sopprimere i
contenuti del pensiero-linguaggio che fanno riferimento alla personalità
dei parlanti…”  (S. Ceccato, La terza cibernetica. Per una mente creativa
e responsabile, Milano, Feltrinelli, 1975)
Tornando alla cronaca di quanto sta accadendo oggi in Siria – ma è da poco
accaduto in molti altri paesi arabi del Mediterraneo – è evidente che
l’informazione ha fatto largo uso di tutte le tecniche neo-linguistiche
per indirizzare subdolamente le menti di lettori, ascoltatori,
telespettatori e cybernauti nella direzione voluta da chi ha deciso da
anni chi sono i buoni ed i cattivi, facendo derivare da questo assioma
tutte le altre considerazioni.
“Il 4 aprile 1951, il presidente statunitense Truman istituì lo
Psychological Strategy Board (PSB), il primo organismo statale destinato a
pianificare, coordinare e condurre operazioni di controllo psicologico di
massa. I primi manipolatori psicologici compresero che quando si vuole
agire su una quantità enorme di soggetti, bisogna “trasformare la realtà”.
E il modo più efficace e rapido per cambiare la realtà a nostro piacimento
è cambiare le parole con cui descriviamo la realtà. “La sostituzione di
una sola parola – scriveva William Nichols (direttore di “This week
magazine” – può aiutare a mutare il corso della storia”.
Noi comuni mortali, ovviamente, ignoriamo che alle nostre spalle e sulle
nostre teste migliaia di persone siano state accuratamente formate alla
manipolazione del pensiero e del linguaggio, in modo da far giungere al
nostro cervello solo le informazioni gradite, escludendo le altre che,
guarda caso, sono spesso proprio quelle vere… Eppure, ricorda Marescotti,
già nel 2002 “…il New York Times riportò che l’Office of Strategic
Influence (OSI) del Pentagono stava “elaborando dei progetti per divulgare
notizie, magari anche false, a beneficio dei media stranieri nell’ottica
di influenzare l’opinione pubblica e i decisori politici di paesi amici e
non”.
Quando però i militari della NATO si resero conto che la sigla “PSYOPS” (
Psycological Operations) era troppo esplicita, in una nota ufficiale il
Tenente Colonnello Steve Collins – a capo della struttura omonima con sede
presso il Comando Supremo in Belgio – corresse il tiro, scrivendo che
sarebbe meglio “…”utilizza(re) una terminologia più vaga, evitando termini
come operazioni psicologiche e optando per quelle che alcuni consideravano
delle espressioni più accettabili come “operazioni di  informazione”.
(vedi: http://www.nato.int/docu/review/2003/issue2/italian/art4.html )
La “verità” confezionata dai militari
Siamo di fronte ad un’abituale applicazione del “Newspeak” che
caratterizza ormai il linguaggio dei media, contrassegnato da espressioni
“polically correct”o, comunque, capaci di non impressionare negativamente
il lettore-ascoltatore-spettatore.  Chiamare “operazioni informative”
quelle che nascono invece come manipolazioni psicologiche è di per sé una
mistificazione. Nello stesso Dizionario dei Termini Militari e di quelli
Associati, a cura del Dipartimento della Difesa USA  ( JP 1-02 DOD
Dictionary of Military and Associated Terms) troviamo scritto, infatti,
che: “Le Operazioni Psicologiche sono operazioni pianificate  per
veicolare informazioni ed indicatori selezionati ad un pubblico straniero,
per influenzare le loro emozioni, motivazioni, ragionamenti oggettivi e,
in ultimo, il comportamento dei governi stranieri, come di organizzazioni,
gruppi ed individui.”
Queste operazioni – che si integrano con quelle di “intelligence” e di
“guerra psicologica” – vengono perfino designate con un colore
diversificato, a seconda del grado di mistificazione raggiunto. Quelle
“bianche”, infatti, sono azioni attribuite al loro effettivo autore (i
servizi informativi della Difesa o, comunque, del Governo. Quelle “grigie”
sono “deliberatamente ambigue” ed attribuibili a fonti non-ufficiali. Le
operazioni “nere”, infine, sono addirittura attribuite a fonti
abitualmente ostili alla politica governativa, e sono utilizzate come un
supporto segreto e “coperto” ai piani strategici “scoperti” dei militari.
Dal 1985 (anno significativo…) la sede dell’USA-CAPOC (U.S. Army Civil
Affairs and Psycological Operation Command (http://www.usacapoc.army.mil/
) si trova a Fort Bragg (North Carolina) e comprende due Unità Operative
dedicate alle PSYOPS, una nell’Ohio e l’altra in California. Ho notato che
lo stemma del primo Gruppo riporta una fiaccola (simbolo del sapere) che
s’incrocia in basso con due saette, convergenti sul cartiglio col motto
latino “veritas”. L’altra unità è contrassegnata da uno stemma con la
stessa fiaccola, questa volta però affiancata a sinistra da una penna
d’oca e a destra da una spada ricurva. Le stesse insegne ufficiali ed i
distintivi del CAPOC rappresentano poi il “cavallo” degli scacchi,
circondato dal motto: “Persuadere-Cambiare-Influenzare” (fonte:
http://en.wikipedia.org/wiki/USACAPOC ).
Il guaio è che la principale vittima di questi corpi militari scelti è
proprio quella “verità” di cui essi vorrebbero farsi scudo ma che, per
essere tale, non può né deve essere sottoposta ad un trattamento
finalizzato a persuadere la gente, a cambiare i fatti e ad influenzare le
opinioni. Non pensiamo, d’altra parte, che questa specie di “psycological
warfare” riguardi esclusivamente i militari statunitensi ed il Pentagono.
L’Italia, infatti, non ha mai smesso di far parte di quell’Alleanza
Atlantica alla quale resta tuttora vincolata in tutti i sensi, al punto
che la sua stessa sovranità nazionale me risulta pesantemente limitata ed
il territorio ed il mare italiani sono costantemente sottoposti al ferreo
controllo della NATO.
Un articolo di A. Scarpitta del marzo 2010, poi, ci informa sulle “psyops”
italiane in Afghanistan  con queste parole: “La comunicazione operativa si
prefigge lo scopo di far conoscere, in maniera adeguata e credibile, il
fine dell’impegno militare italiano e alleato in Afghanistan, modificando
positivamente la percezione di tale impegno presso la popolazione locale,
grazie alla capacità di accentrare, controllare e gestire le informazioni”
[...]. Lo scopo è poter influenzare le percezioni, le suggestioni ed il
comune sentire dei civili attraverso l’analisi dell’impatto psicologico
delle operazioni ed orientare tali sentimenti a favore del nostro operato.
[...]In questo contesto, le comunicazioni operative debbono fornire e
gestire le notizie in termini coerenti con le necessità delle operazioni e
con le finalità del nostro impegno militare, contribuendo a creare un
clima generale favorevole al buon esito della missione…”.
(http://www.loccidentale.it/articolo/enduring+freedom.+le+psy+ops+italiane+in+afghanistan+.00873809
)
Apprendiamo dal citato articolo che, per studiare e divulgare a loro volta
queste interessate “elaborazioni” della verità fattuale, così da meglio
asservirla alle finalità delle operazioni militari e per giustificarle
agli occhi dell’opinione pubblica, i nostri bravi militari seguono degli
appositi corsi. Essi si addestrano a queste tecniche, col supporto di
specialisti informatici, giornalisti, psicologici ed altri compiacenti
“tecnici”, presso una struttura nazionale, ma anche in dotti corsi
accademici all’estero.
“Questi compiti fuori dal comune sono affidati al 28° Reggimento
Comunicazioni Operative “Pavia”, un assetto specialistico pregiato del
nostro esercito di recentissima costituzione basato a Pesaro [...] La
Sezione Corsi, inserita nell’Ufficio OAI (Operazioni Addestramento
Informazioni). Il “Pavia” è infatti sia unità di impiego che addestrativa,
provvedendo direttamente alla formazione del proprio personale. [...] A
questo si aggiunge, per gli aspetti più marcatamente militari, la stretta
collaborazione con forze alleate che già dispongono di esperienze
consolidate nel settore delle operazioni psicologiche, come il Civil
Affairs/Psychological Operations Command (CAPOC/A) statunitense, che
assicura corsi e seminari tenuti a Fort Bragg o a domicilio da istruttori
molto qualificati, o la Scuola di Intelligence britannica.[...] A tal fine
alcuni elementi qualificati vengono inviati presso enti e comando alleati
all’estero, come lo SHAPE o la NATO School di Oberammergau.”(vedi
art.cit.).
Ebbene, adesso sapete che, quando ascoltate un notiziario TV, leggete un
quotidiano oppure  navigate in Internet – il vero “Grande Fratello” è
sempre presente, con la sua preoccupante capacità di controllare e di
orientare il pensiero, anche attraverso il linguaggio quotidiano. Nel caso
della politica, poi, siamo di fronte a quelle che qualcuno ha
efficacemente definito “armi di disinformazione di massa”.
L’intenzione, spiegava Orwell, è quella di rendere ogni discorso
“….indipendente il più possibile da una corrente di pensiero operante…”,
facendo della Neolingua – asettica, omologata e ambivalente – il codice
ideale per impedire ai nostri cervelli di svolgere il loro pericoloso
compito di comprensione,di analisi e di valutazione della realtà.
Ormai resi ottusi, massificati ed istupiditi, vivremmo forse più
tranquilli, però avremmo smarrito del tutto la nostra scienza e coscienza,
come c’insegnava già 250 anni fa il saggio Voltaire:
“Non avete vergogna ad essere infelice, dal momento che alla vostra porta
c’è un vecchio automa che non pensa a nulla e che vive contento?” “Avete
ragione – mi rispose – cento volte mi son detto che sarei felice se fossi
stupido come la mia vicina, e tuttavia non saprei che farmene di una
felicità così…” (Voltaire, Il bianco e il nero ed altri racconti, 1764 ).