Re Giorgio I Napolitano: un sovrano magnanimo per i cittadini che tornano sudditi



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Re Giorgio I Napolitano: un sovrano magnanimo per i cittadini che tornano sudditi

stor_11468806_27140Complice Internet, che funge da moltiplicatore e facilitatore, gli appelli a Giorgio Napolitano si susseguono oramai senza limiti. Perfino Umberto Bossi e Silvio Berlusconi salgono sul Colle a chiedere quello che non può dare loro, ovvero la testa di Gianfranco Fini.

Al dì là della strumentalità e dell’assenza assoluta di basi di diritto costituzionale, l’appello al presidente della Repubblica perfino da parte del Capo del governo, testimonia la regressione della nostra democrazia e della nostra Repubblica.

di Gennaro Carotenuto

Queste sono vittime non tanto del cesarismo berlusconiano, quanto (ed è molto peggio) del modello economico vigente che considera non più dirimibili con la politica o con la giustizia temi come lo stato sociale o il diritto del lavoro. Non lascia al cittadino che l’arcaica supplica del suddito al monarca. Appellarsi al Capo dello Stato, una sorta di Re taumaturgo che miracola i suoi sudditi, uno su mille, diventa per molti l’ultima speranza di giustizia in una democrazia che non c’è più.

La madre di Sara Scazzi, la ragazzina pugliese scomparsa da giorni, fa appello a Napolitano, purtroppo con la stessa possibilità di trovare beneficio che inginocchiandosi davanti a Padre Pio. Al di là di un caso così triste, riguardando le cronache (la voce "appello a Napolitano" in Google restituisce 350.000 risultati contro gli appena 59.000 “appello a Ciampi”) si fa appello a Napolitano soprattutto per questioni di lavoro. Per esempio si appellano al Colle i tre operai di Melfi per ottenere il reintegro deciso dalla magistratura. Se neanche la sentenza di un magistrato basta, cosa resta da fare al suddito di uno Stato incapace di far rispettare le proprie decisioni se chi ha perso la causa è troppo potente?

Ovviamente si appellano a Napolitano più o meno tutti i cassintegrati, licenziati, mobilizzati, prepensionati di tutte le fabbriche in crisi. Allo stesso modo si appellano a Napolitano i precari della scuola fatti fuori dalla Gelmini. Si appellano i camionisti vessati e le forze dell’ordine senza mezzi così come la polizia penitenziaria che presenta un appello (non al guardasigilli ma al Colle) per migliorare le condizioni dei detenuti. Nel frattempo il “telefono Rosa” si appella al Presidente contro l’annullamento della condanna di un molestatore.

Chiedono la grazia i ricercatori dell’Istituto Superiore per la Prevenzione e la sicurezza del Lavoro cancellato da Giulio Tremonti e quelli dell’Ospedale Tinchi di Pisticci, forti di 12.000 firme di mutuati. Anche la costiera amalfitana, con i comuni di Maiori, Minori, Amalfi, Ravello, Praiano e Positano, vogliono salvare il proprio Ospedale. A loro si uniscono i cittadini di Isola delle Femmine: non trovano di meglio per denunciare l’inquinamento del litorale frequentato da Peppino Impastato.

Non è questione di Sud lontano dalle istituzioni o arretrato. Contro l’ultima manovra economica si erano appellati a Napolitano i presidenti delle Regioni (anche quelli di maggioranza) che pure avrebbero ben altri mezzi per far valere le proprie ragioni. e i ricercatori universitari, che invece hanno sempre trovato la porta del ministro (in)competente sigillata.

Ci si appella a Napolitano per una eredità contesa a Treviso e per un campo di mais OGM in Friuli. Addirittura, poco dopo ferragosto, fece appello a Napolitano la moglie del mostro del Circeo Angelo Izzo e si appella a Napolitano l’associazione di quelli che vorrebbero adottare un bambino in Cambogia. L’elenco potrebbe continuare per pagine e pagine.

Salta all’occhio che ci si appella al Presidente della Repubblica soprattutto per diritti fondamentali negati, il lavoro innanzitutto, la salute, quindi la giustizia che non ha più tempi ma soprattutto regole certe. Si pensi agli stranieri. L’Italia è l’unico paese in Europa che non stabilisce percorsi certi per la cittadinanza. Ai molti italiani ai quali va bene così, trattando lo Ius sanguinis come un diritto tribale, sfugge in quella negazione la perdita di senso anche del loro essere cittadini.

Dovremmo riflettere sulla rapida trasformazione della Repubblica democratica in una Repubblica oligarchica. Dar la colpa a Berlusconi non basta. Se solo nel presidente della Repubblica gli italiani (presumibilmente quelli onesti, già che gli altri hanno qualche amico più a portata di mano) sentono di poter veder rispettare i loro diritti costituzionali è segno che non funzionano più i meccanismi democratici di perequazione e sempre più in Italia solo gli oligarchi, chi ha i soldi e può pagare un avvocato, può ottenere ragione, zittire, minacciare, farsi ragione anche se ha torto.

Come i sudditi di casa Savoia, avendo perso completamente la memoria di diritti collettivi e individuali e della conflittualità sociale, stiamo ripercorrendo all’indietro il percorso che tra Otto e Novecento ci ha portati da sudditi a diventare cittadini. E non ci resterà che inginocchiarsi di fronte al Re Buono per chiedere la grazia.

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Gennaro Carotenuto su http://www.gennarocarotenuto.it




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Gennaro Carotenuto per Giornalismo partecipativo
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