PeaceLink risponde all'Ilva sulle statistiche relative alla diossina



Comunicato stampa di PeaceLink


La dirigenza Ilva “litiga” con la matematica e con i dati del registro
Ines (Inventario Emissioni e Loro Sorgenti).  Ha infatti indetto una
conferenza stampa affaticandosi a mettere in dubbio le elaborazioni
statistiche basate sui dati Ines (Ministero dell’Ambiente).
La cosa sorprendente è che i dati contenuti nel registro Ines non li ha
forniti PeaceLink o l’Arpa: sono i dati che l’Ilva ha fornito al Ministero
dell’Ambiente.
Di che si lamenta allora l’Ilva? Dei suoi stessi dati?
A questo punto l’Ilva deve mettersi d’accordo con se stessa.

Infatti i “numeri della diossina” parlano chiaro, chiunque può fare i
calcoli e verificare se l’Ilva ha torto o ragione nel contestare le
percentuali:

Anno   Ilva Taranto  Totale industrie Italia 	%
2002	     71,4 g		222,5 g         32,1%
2003	     73,4 g		106,9 g		68,7%
2004	     76,2 g		92,1 g		82,7%
2005	     93,0 g		103,0 g		90,3%
2006	     91,5 g             99,5 g		92,0%

Occorre inoltre notare che i dati di stima forniti dall’Ilva al Ministero
dell’Ambiente sono di gran lunga inferiori ai dati di ricavati dall’Arpa
Puglia con le misurazioni al camino: l’Arpa ne ha misurati ben 172 grammi
all’anno. Se si utilizzasse il dato Arpa, la percentuale del 92% salirebbe
quindi ancora di più.

Andando a scavare nel “pianeta diossina” i numeri, come si può constatare,
rischiano di peggiorare ulteriormente. Per questo la conferenza stampa
Ilva convocata per smentire le “note statistiche” rischia di rivelarsi un
clamoroso autogol: la gente sa fare i calcoli.

Qualunque giornalista e cittadino può fare i suoi conti e verificare.

L’Ilva può anche pagare il miglior matematico del mondo, ma i dati
percentuali rimangono invariati in assenza di altri dati ufficiali di
raffronto relativi alle emissioni industriali. L’Ilva può polemizzare con
le associazioni ambientaliste ma per favore non litighi con la matematica.

Del resto noi di PeaceLink abbiamo sempre precisato con pignoleria e
insistenza che “l’Ilva emette il 92% della diossina industriale
inventariata nelle stime del registro Ines”. E’ un’affermazione corretta e
inattaccabile perché riferisce e circoscrive con precisione scientifica il
dato percentuale al tipo di informazione elaborata e alla fonte da cui
essa è tratta.

I dati del registro Ines sono sul sito
http://www.eper.sinanet.apat.it/site/it-IT/Registro_INES/Ricerca_per_complesso_industriale
e si ricavano digitando “Ilva”.
Per il totale delle emissioni nazionali, esse si ottengono eseguendo la
ricerca su
http://www.eper.sinanet.apat.it/site/it-IT/Registro_INES/Ricerca_per_inquinante
e si ricavano selezionando la sigla PCDD/F (diossine e furani).

Per i dati del 2006 occorre cliccare su
http://www.eper.sinanet.apat.it/site/it-IT/Documentazione/Documentazione
i cui dati sono stati rielaborati da PeaceLink nel rapporto “La mappa
dell’Italia inquinata dalle ciminiere” scaricabile da
http://www.peacelink.it/editoriale/docs/2813.pdf

Ma andiamo oltre.
Appare sterile la polemica della dirigenza Ilva sulle percentuali in
quanto ciò che conta non è il 92% di diossina ma è il totale di grammi
(ossia il dato assoluto dei 172 grammi) che si disperdono nell’ambiente
ogni anno. E’ infatti il dato assoluto, ossia il dato concreto, che
preoccupa. Va ricordato che anche solo un miliardesimo di grammo (ossia un
nanogrammo) di diossina costituisce una dose pericolosa per la salute
umana.

Se quei 172 grammi annui entrano nella catena alimentare è il disastro.
Questo ci fa comprendere l’importanza della grande lotta che sta compiendo
il Dipartimento di Prevenzione della Asl di Taranto. Con i suoi attuali
controlli sugli alimenti sta evitando che quei 172 grammi (uniti ai vari
chili già da anni depositati sui terreni) facciano capolino sulle nostre
tavole. E’ una lotta contro il tempo evitare il peggio.

L’Ilva obietta che tutte le aziende nazionali che rimangono sotto le
emissioni di 1 grammo annuo di diossina non sono tenute alla comunicazione
del dato al registro Ines. Questo è vero. Ma se questo è valido per i
camini degli altri stabilimenti italiani, non di meno lo è anche per tutti
quei camini dell’Ilva che emettono diossina sotto il grammo annuo: l’Ilva
non conteggia quindi la diossina di tutti i suoi camini ma solo la
diossina del camino E312 dell’impianto di agglomerazione (la maggiore
fonte in assoluto di diossina). La “scappatoia” della soglia di 1
grammo/anno di cui si avvalgono altre aziende vale anche per l’Ilva che
così può non conteggiare ad esempio la diossina dei camini cokeria. Per
non parlare delle emissioni diffuse di diossina (ossia non convogliate dai
camini) che non sono assolutamente conteggiate e che rimangono anch’esse
fuori dal registro Ines.
Scavando scavando come si vede la realtà dei fatti non dà assolutamente
ragione alle tesi della dirigenza Ilva. Al contrario fa emergere una
“dimensione nascosta” delle emissioni di diossina su cui fino a ora non si
è mai discusso a fondo. Essa riguarda proprio le ricadute delle emissioni
diffuse di diossina sul quartiere Tamburi.

Su una cosa però l’Ilva può avere ragione e gliela diamo volentieri. La
procedura di comunicazione dei dati all’Ines potrebbe essere sottostimata.
Ossia le aziende potrebbero comunicare al registro Ines dati inferiori
alle emissioni concrete. Il Ministero dell’Ambiente prevede una
validazione dei dati da parte dei suoi tecnici (e per questo vengono
pubblicizzati con un paio di anni con ritardo: ad oggi abbiamo solo i dati
fino al 2006). Ma ciò non è sufficiente.

Pertanto, se vogliamo avere un calcolo più esatto dell’ammontare della
diossina industriale nazionale occorre porre nei camini delle aziende un
sistema di controllo continuativo: il cosiddetto campionamento in
continuo.

In tal modo l’Ilva potrà essere sufficientemente rassicurata che le altre
industrie non forniscano dati falsati o inferiori alle emissioni reali.

Tutto ciò è a portata di mano. Il campionamento in continuo potrebbe
diventare obbligatorio fra qualche mese. La Commissione Europea ha dato
infatti incarico ad un gruppo di tecnici di elaborare la parte V della
normativa EN-1948 e ciò costituisce la mossa decisiva per imporre a tutte
le aziende il controllo 24 ore su 24 e 365 giorni l’anno. La data di
approvazione della nuova normativa è vicina: il 30 giugno 2009.

Rivolgiamo pertanto all’Ilva, che tanto si lamenta dei dati
sottodimensionati comunicati da altre aziende, un accorato appello: si
faccia assieme a PeaceLink paladina del campionamento in continuo.

Visto che la dirigenza Ilva ci tiene all’esattezza dei dati, dia l’esempio
in tal senso e esiga che questo sistema venga reso obbligatorio
appoggiando la Commissione Europea e convincendo il governo che i camini
della diossina delle varie industrie nazionali vengano monitorati tutto
l’anno senza interruzione.

E infine ci rivolgiamo a Riva: caro presidente, la diossina può scendere
di molto rispetto al quel 92%. Ma lasci perdere la matematica. Metta i
filtri ai camini e li faccia funzionare. Vedrà che quel brutto numero
scenderà di molto, parola di ambientalisti.


Alessandro Marescotti
Presidente di PeaceLink
www.peacelink.it



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