[gc] PdL: un paio di domande a Gianfranco Fini



PdL: un paio di domande a Gianfranco Fini

Egregio presidente Gianfranco Fini,

ho ascoltato con attenzione il suo discorso di ieri al congresso con il quale Alleanza Nazionale confluisce nel Popolo delle Libertà. Ho apprezzato i suoi toni consoni all’importante incarico istituzionale che ricopre, e ho condiviso o riconosciuto l’importanza di molti dei passaggi del suo intervento.

di Gennaro Carotenuto

In particolare ho apprezzato, nelle sue parole, il netto e inequivocabile approdo di AN a un sistema di valori che lei sintetizza in quelli costituenti il Partito Popolare Europeo. Ho condiviso passaggi come quelli sulla centralità della legalità come percorso di approdo dal tradizionale “legge e ordine” delle destre reazionarie. Inoltre mi ha fatto piacere, nonostante abbia delle obiezioni, il suo desiderio che in futuro, in una manifestazione come quella promossa da Don Luigi Ciotti a Napoli sabato, possano sfilare anche le bandiere del PdL. Soprattutto ho condiviso il passaggio sulla piena integrazione degli immigrati nell’Italia del futuro e sulla convivenza ineludibile tra culture e religioni diverse.

Tuttavia non posso non notare alcune debolezze. Presidente, la sua giusta preoccupazione per la legalità è condivisa dal capo del suo partito nonché presidente del Consiglio Silvio Berlusconi? È condivisa dal braccio destro di questo, Marcello dell’Utri, condannato per estorsione in concorso col capomafia trapanese Vincenzo Virga? Personalmente non ricordo una sola misura, un solo decreto legge (strumento che lei giustamente critica), ma neanche un solo riferimento (anzi) in 15 anni che abbia mai mostrato che a Silvio Berlusconi la legalità stia a cuore. Nel merito la PdL continuerà a votare pregiudizialmente contro ogni richiesta di autorizzazione a procedere per ogni politico inquisito o vorrà prima o poi entrare nel merito?

Egregio presidente, non ho potuto non notare la freddezza che ha accolto la maggior parte del suo discorso (alla fine Ignazio La Russa ha dovuto chiedere espressamente un altro applauso che prolungasse la timidezza e brevità del primo) e il vero silenzio di tomba che hanno incontrato i passaggi sull’integrazione degli immigrati.

Temo presidente che non solo il suo punto di vista in tema di immigrazione non sia in sintonia con quello dell’altro partito che compone la coalizione di governo, la Lega Nord, ma tuttora non sia in sintonia con la cultura del suo partito presente e con la gestione dell’allarme sociale sulla quale il suo partito futuro costruisce da anni una parte importante del suo consenso elettorale. Lei è davvero convinto che la destra abbia voglia di misurarsi con la “sfida della società multietnica”?

Temo presidente che tanto più lei si esprime da uomo di Stato tanto meno lei sia in sintonia con i motivi di pancia che hanno decretato il successo della coalizione presieduta da Silvio Berlusconi. Sono passati appena 16 mesi da quando lei ha detto che Berlusconi era “alle comiche finali”. Lei oggi non può credere che Berlusconi sia compatibile con la primazia della legalità e che l’integrazione degli immigrati sia compatibile con la Lega Nord e perfino con quella sala che ieri ha accolto gelidamente tale riferimento nel suo intervento.

Vorrei che così non fosse, ma temo che il suo parlare da uomo di Stato, le sue parole condivisibili, siano solo un ipocrita gioco delle parti.

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