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Ma invece di far vincere la NATO in Afghanistan perché non far vincere Roberto Saviano in Italia?
- Subject: Ma invece di far vincere la NATO in Afghanistan perché non far vincere Roberto Saviano in Italia?
- From: "Alessandro Marescotti" <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Tue, 14 Oct 2008 17:22:07 +0200 (CEST)
- Importance: Normal
Il piano della Camorra per uccidere Roberto Saviano sarebbe entrato nella fase operativa. Deciso all'unanimità dalle famiglie che aderiscono al cartello dei Casalesi e addirittura fissato con una scadenza a breve termine: entro Natale i clan vogliono ammazzare l'autore di Gomorra e se necessario anche i carabinieri che gli fanno da scorta. Mentre siamo impegnati in un'ipocrita "guerra al terrorismo" in Afghanistan, mentre ci preoccupiamo che l'"Occidente è in pericolo", un giovane cittadino coraggioso vive nell'attesa di un attentato annunciato. E' scandaloso. Ma invece di far vincere la NATO in Afghanistan perché non far vincere Roberto Saviano in Italia? Possibile che lo Stato dichiari la sua sconfitta prevedento addirittura che Saviano viva per qualche tempo fuori dall'Italia per garantirgli l'incolumità? Questo è il messaggio che ho inviato adesso a http://www.sosteniamosaviano.org : "A nome di PeaceLink (www.peacelink.it) invio la solidarietà a Roberto Saviano, simbolo di un'Italia migliore e di una lotta di civiltà". Linkate sui vostri siti e sui bostri blog http://www.robertosaviano.it oppure http://www.sosteniamosaviano.org E' incredibile quello che sta accadendo. Lascia ancora più sgomenti la disperata fine di Adolfo Parmaliana, di cui qui sotto ci riferisce Riccardo Orioles. Un antimafioso Adolfo Parmaliana, 50 anni, docente di chimica all'Università di Messina, per anni sindaco antimafia di Terme Vigliatore, si è ucciso gettandosi da un viadotto. L'ha fatto perché perseguitato, perché solo. Nel 2005, con una serie di coraggiose denunce, aveva fatto sciogliere per mafia il Consiglio comunale di Terme Vigliatore. Un paesino piccolo, una volta tranquillo, ma adesso ferocemente invaso dai poteri mafio-massonici che regnano nella vicina Barcellona, e non sono affatto deboli neppure nel capoluogo, a Messina. Prima di morire, Parmaliana ha lasciato un dossier al fratello avvocato. È stato subito sequestrato dalla Procura di Patti. Contiene nomi di mafiosi, di politici, e anche di magistrati che avrebbero per anni coperto gli intrecci mafia-politica-affari. E in effetti la situazione della magistratura nella provincia di Messina - a differenza che nel palermitano - non è affatto al di sopra di ogni sospetto: derive, insabbiamenti, amicizie oscure. Fino ai confini dello scandalo, come nel caso Graziella Campagna. Dalla sua lunga lotta antimafia Parmaliano ha ricavato solo delle denunce per diffamazione. Egli era convinto che alla Procura di Barcellona ci fossero dei precisi interessi volti a ridurlo al silenzio o almenno a farlo passare per diffamatore. Su questo dovrebbe intervenire, finalmente, il Csm. La fine di Adolfo Parmaliana, che è stato un buon compagno prima dei Ds e poi della Sinistra Democratica, un buon amministratore e un coraggioso militante antimafioso, è simile a quella della testimone di giustizia Rita Atria, che si uccise dopo la morte di Borsellino, o di Giuseppe Francese, che per vent'anni aveva lottato raccogliendo documenti, testimonianze, materiali su suo padre Mario Francese, ucciso perché faceva inchieste sui mafiosi. Morti di solitudine, di stanchezza e di disperazione, in un momento in cui sembrava loro che nulla sarebbe servito a niente e il male avrebbe vinto per sempre. Continuare le loro lotte - e, nel caso di Parmaliana, fare finalmente chiarezza sui legami fra mafia, massoneria e poteri, anche giudiziari, del messinese - è l'unico modo per rendere omaggio a queste vite generose, bruciate al servizio della comunità. Riccardo Orioles
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