[Newsletter05] Sudan - una pace da costruire - 15 marzo 2008



Sudan: una pace da costruire
Newsletter, numero 5, 15 marzo 2008

«Un trattato non basta: non dobbiamo mai dare per scontato che gli impegni presi sulla parola e quelli firmati su un pezzo di carta siano veramente mantenuti. Costruire la pace in Sudan è un'operazione a lungo termine».
Marina Peter in Scommessa Sudan, 2006
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Indice
Sudan / Scontri e morti ad Abyei
Darfur, 1 / Diritti umani violati
Darfur, 2 / Arriva la polizia dell'Unamid
Ciad-Sudan, 1 / Patto di non aggressione
Ciad-Sudan, 2 / Ucciso un soldato francese

Sudan, crisi locali e tensioni internazionali (di Diego Marani)

Ecos: l’economia dell’industria petrolifera sudanese
Perché Abyei è importante?

Chi siamo


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I fatti (Fonti: Ap, Afp, Al Jazeera, Ansa, Bbc, Misna)

Sudan / Scontri e morti ad Abyei
Nei primi giorni di marzo scontri a fuoco tra miliziani di etnia misserya e soldati dell'Spla (l'ex esercito del Sud ora parte del governo di unità nazionale) avrebbero causato almeno 70 morti nello stato di Abyei, nel centro del Sudan, ricco di petrolio. Gli scontri avrebbero interessato anche alcune zone del Bahr el Ghazal settentrionale.
Una settimana dopo sono stati segnalati nuovi scontri, sempre tra vecchi ribelli del Sud Sudan e nomadi arabi in uno dei più importanti campi petroliferi (stato di Unity), non lontani da quelli di Abyei. I giacimenti di petrolio di Abyei costituiscono da tempo un motivo di tensioni tra gruppi diversi e il governo centrale, soprattutto a causa della loro collocazione sul confine tra Nord e Sud Sudan.

Darfur, 1 / Diritti umani violati
Sima Samar, relatrice speciale del Consiglio per i diritti umani dell'Onu, a metà marzo ha presentato il suo ultimo rapporto al rientro da una missione di due settimane in Darfur: «Il governo e i movimenti armati hanno eluso la responsabilità di offrire protezione ai civili nelle aree sotto il loro controllo e stanno violando il diritto internazionale umanitario. Ho ricevuto denunce di uccisioni, stupri, arresti arbitrari e impunità per questi crimini».
Darfur, 2 / Arriva la polizia dell'Unamid
Le unità di polizia della nuova forza di pace ibrida dell'Unione Africana e delle Nazioni Unite per il Darfur (Unamid) da inizio marzo pattugliano il Darfur settentrionale (uno dei tre stati che compongono l’omonima regione), in particolare l'area sotto il controllo di Minni Minnawi, il capo del Sla, principale gruppo ribelle dell’area, unico firmatario dell'accordo di pace del governo sudanese. Finora nella missione lavorano 1.600 poliziotti, ma ne dovrebbero arrivare altri 4.400. In totale, l'Unamid dovrebbe essere composta di 6mila poliziotti e 20mila soldati.

Ciad-Sudan, 1 / Patto di non aggressione
É il sesto in cinque anni: Sudan e Ciad continuano a fomentare le rispettive guerriglie e continuano a firmare accordi di pace. Il 13 marzo a Dakar, durante il vertice dell'Organizzazione della conferenza islamica, il presidente del Sudan Omar al-Bashir e da quello del Ciad, Idriss Deby si sono solennemente impegnati «a proibire qualsiasi attività di gruppi armati e di non usare più i nostri rispettivi territori per la reciproca destabilizzazione dei nostri stati». Solo un paio di giorni prima il governo di N'Djamena aveva accusato quello di Khartoum di ospitare in Sudan colonne di ribelli «pesantemente armati» pronti a invadere il Ciad.

Ciad-Sudan, 2 / Ucciso un soldato francese
Lunedì 3 marzo i soldati francesi della forza europea di pace in Ciad e Repubblica Centrafricana (Eufor) sono stati protagonista di un incidente nella zona di confine tra Ciad, Sudan e Repubblica centrafricana. Secondo la stampa di Khartoum, un veicolo dell’Eufor avrebbe varcato per errore il confine sudanese. Sarebbe seguito uno scontro a fuoco tra i soldati dell’Eufor e una pattuglia sudanese: un soldato francese sarebbe morto. La dinamica dell'incidente resta assai poco chiara. Il presidente francese Sarkozy ha parlato di «deliberato e sproporzionato» uso della forza da parte dei soldati sudanesi.

Il commento
Sudan, crisi locali e tensioni internazionali
Il Sudan è il più vasto paese africano, grande grosso modo otto volte l'Italia. Il solo Darfur è esteso circa come la Francia. In uno stato così vasto, le dinamiche regionali possono costituire un problema anche gravissimo che sembra però venire affrontato con estrema lentezza dal governo centrale. La regione di Abyei sembra essere una polveriera pronta a scoppiare da un momento all'altro, sul terreno già si contano i primi morti; eppure Khartoum sembra avere altre priorità. Nel frattempo il Sudan deve continuamente fare i conti con i propri vicini: ieri l'Eritrea e l'Uganda, oggi il Ciad; vi è una lunga tradizione di guerriglie incrociate tra il Sudan e i paesi confinati. Oggi il Darfur è anche il terreno di battaglia di una guerra non dichiarata tra Sudan e Ciad, e i tanto reiterati quanto inefficaci accordi di pace tra i due paesi, come quello appena firmato in Senegal, non fanno altro che confermare la tensione esistente sul terreno. L'Unione europea ha appena iniziato in Ciad e Repubblica centrafricana la missione di pace fortissimamente voluta da Parigi, e la Francia ha già avuto il primo soldato ucciso in uno scontro a fuoco con i militari sudanesi. La dinamica dell'incidente non è ancora stata chiarita e soprattutto nessuno ha ancora spiegato che cosa ci facesse un gruppo di militari francesi partiti dal Ciad in territorio sudanese: la tesi dello sconfinamento involontario è troppo ingenua per apparire credibile. (Diego Marani, giornalista, ha curato insieme a Pier Maria Mazzola il libro Scommessa Sudan).

I documenti
Ecos: l'economia dell'industria petrolifera sudanese
Ecos, la coalizione di organizzazioni della società civile europea che studia il petrolio in Sudan, ha pubblicato nell’ottobre 2007 un rapporto sull’economia dell’industria petrolifera sudanese, scaricabile sul sito di Ecos (www.ecosonline.org ). The economy of Sudan’s oil Industry sintetizza e commenta le informazioni e i dati relativi al settore petrolifero sudanese provenienti da fonti pubbliche. La ricchezza petrolifera sudanese detiene il potenziale per divenire un importante strumento economico per l'implementazione degli accordi di pace, ma al tempo stesso costituisce un fattore che rischia di vanificare gli sforzi compiuti verso la riconciliazione post-conflitto. Permangono le controversie circa l'esatta determinazione dei confini tra Nord e Sud del paese, in particolare per quello che riguarda lo stato di Abyei, e la concentrazione delle infrastrutture petrolifere nella parte settentrionale del paese costituisce un ulteriore motivo di malcontento del governo e della popolazione meridionali. Il paese è suddiviso in 23 blocchi di prospezione, tutti oggetto di contratti di sfruttamento, con l'eccezione dei blocchi 10 (nel nord del paese) e 12b (in Darfur). Le risorse petrolifere del paese ammontano a 6,4 miliardi di barili e la produzione a tutto il 2006 era di 450.000 barili al giorno. Nel 1999 il Sudan è divenuto esportatore di greggio e progressivamente le rendite derivanti dalle esportazioni di petrolio sono giunte a costituire il 92, 6 % del valore delle esportazioni, secondo i dati 2007 forniti dalla Banca del Sudan.
Nonostante il Sudan si collochi solo al 34° posto fra i produttori petroliferi mondiali (0,5 % della riserva e produzione mondiale) e al quinto nel continente africano (dopo Libia, Nigeria, Algeria e Angola), il settore, oltre ad essere di importanza vitale per l'economia del paese, risulta essere alquanto appetibile per quelle economie asiatiche che negli ultimi anni sono state protagoniste di una vertiginosa crescita economica ma che non dispongono di risorse energetiche sufficienti. La torta petrolifera sudanese viene spartita tra poche compagnie di provenienza prevalentemente asiatica. Dalla metà degli anni Novanta emergono la China National Petroleum Company (CNCP), la Petronas (compagnia malese), la Oil and Natural Gas Corporation (ONGC, dall’India): le tre compagnie - secondo le stime del Fmi - coprono il 90% della produzione petrolifera del paese. Ecos stima che i profitti aggregati delle tre compagnie - operanti nei blocchi 1, 2, 4, 5A - ammontano per l’anno 2007 a 2 miliardi di dollari.
Gli sviluppi recenti del settore riguardano la risoluzione della controversia circa lo sfruttamento del blocco B a favore del consorzio guidato dalla Total, la comparsa di nuove compagnie arabe e yemenite che si stanno posizionando soprattutto in Darfur, il raggiungimento di un accordo tra il governo sudanese e la compagnia spagnola Hoil per il blocco Ea, che si estende nel Darfur meridionale e nel Bahr El-Ghazal settentrionale. (a cura di Serena Menozzi)

Perché Abyei è importante?
L’articolo Why Abyei matters, the breaking point of Sudan’s comprehensive peace agreement?, di 20 pagine, pubblicato lo scorso dicembre su African Affairs (la rivista accademica inglese edita dalla Royal African Society) offre un quadro dettagliato delle problematiche legate allo stato di Abyei. L’autore, Douglas H. Johnson, studioso di storia, membro della commissione incaricata di definire lo status e le frontiere di Abyei e consulente del governo del Sud Sudan sulle questioni inerenti al confine Nord-Sud, evidenzia le conseguenze di un eventuale fallimento nell’implementazione del protocollo di pace di Abeyi sia sulla definizione del confine Nord-Sud sia sulla possibilità di stipulare un qualsiasi accordo di pace in Darfur.
La regione di Abyei nel 1983, è stata «banco di prova per la strategia governativa che prevedeva un’azione sinergica tra l’esercito regolare e le milizie arabe al fine di allontanare la popolazione ngok dinka dai campi di petrolio». Inoltre «Questa stessa strategia è stata più tardi utilizzata sui monti Nuba, ridefinita nel Western Upper Nile, e trasferita nel Darfur». Il protocollo di Abyei, parte integrante della pace tra governo di Khartoum e Spla/Splm firmata nel 2005 comprendeva provvedimenti sul tipo di amministrazione, sulla suddivisione delle risorse petrolifere e garantiva l’accesso ai pascoli per le diverse etnie presenti (principalmente dinka ngok e misseriya). La versione finale non fu stesa dalle due parti, ma presentata a queste dal senatore statunitense Jack Danforth. A una commissione, composta da cinque esperti internazionali, cinque membri del governo di Khartoum e cinque dell'Splm, fu affidata l’esatta definizione dell’area dopo la firma del trattato di pace. La diffusione del rapporto di questa commissione, già stilato con difficoltà causate «dal clima di pressione che rendeva impossibile raccogliere testimonianze imparziali tra misseriya e dinka ngok», fu ostacolato dal governo e mai applicato. Secondo l’autore nella regione di Abyei «Khartoum continua una politica espansionistica e di annessione incoraggiando i misseriya a stanziarsi nel territorio formalmente dei dinka, mentre impedisce a quest’ultimi il ritorno dai campi profughi» ... «il che consente a Khartoum di controllare la composizione demografica ed etnica della regione».

La Campagna Sudan
Chi siamo
La Campagna italiana per il Sudan è una campagna nazionale di informazione, sensibilizzazione ed advocacy che opera dal 1994. Raggruppa organizzazioni della società civile italiana (Acli Milano e Cremona, Amani, Arci, Caritas ambrosiana, Caritas italiana, Mani Tese, Ipsia Milano, Missionari e missionarie comboniane, Nexus, Pax Christi) e lavora in stretta collaborazione con enti pubblici e privati italiani e con varie organizzazioni della società civile sudanese. In Italia la Campagna ha fatto conoscere la situazione del Sudan e ha sostenuto i processi volti al raggiungimento di una pace rispettosa delle diversità sociali, etniche, culturali, religiose della sua popolazione. Il sito che illustra l'attività della Campagna è in via di rifacimento; per informazioni sulle sue attività passate www.campagnasudan.it .





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Questa Newsletter, aggiornata al 15 marzo 2008, è a cura di Diego Marani. Si ringraziano Serena Menozzi, i ragazzi e le Acli di Cremona per la collaborazione.


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