Padre Kizito da Nairobi: "Ecco perché tanta violenza"



I quasi duecento morti accertati che abbiamo visto in questi giorni sulle
strade del Kenya sono il risultato di una politica malata, fondata
sull’idolatria del potere e dei soldi, una religione che e’ stata
alimentata dagli uomini politici keniani fin dall’indipendenza.

Mentre scrivo, il mattino del 2 gennaio, la tensione per le strade di
Nairobi, in particolare di Kibera, e’ diminuita. Evidentemente la gente ha
bisogno di tornare alla vita normale, di guadagnare qualche soldo. Ma le
notizie che giungono dal Western Kenya continuano ad essere allarmanti.
D’altro lato i problemi che hanno dato origine alle violenze rimangono, e
nelle prossime settimane, quando il parlamento dovra’ essere convocato,
molti nodi politici verranno al pettine, ed e’ probabile che la tensione
torni a salire.

A questo punto la possibilita’ che ci siano stati dei brogli elettorali
appare probabile. Ora emerge chiaramente che durante il giorno
dell’elezione ci sono state intimidazioni, non necessariamente violente, e
che in parecchi seggi sono stati comperati dei voti. Questo riguarda
entrambi i partiti che erano in corsa per le presidenza, PNU (Partito per
l’Unità Nazionale facente capo a Kibaki, il vincitore) e ODM (Orange
Democratic Movement del leader perdente), ma non dovrebbe aver influenzato
i risultati in modo determinante, anche se e’ un’ovvia indicazione di un
atteggiamento non democratico. Cio’ che potrebbe essere stato determinante
invece potrebbero essere stati dei brogli al momento della conta generale
dei voti. Ma finora nessuno e’ stato capace di dare prove chiare e
sttribuire responsabilita’ precise. Personalmente ho sentito persone che
raccontano di voti comperati dall’ODM sulla costa, ma che non sono
disposti a esporsi. I documenti che l’ODM ha assicurato di possedere e che
proverebbero brogli su larga scala al momento della conta non sono finora
stati esibiti.

Per capire l’attuale contesto politico keniano bisognerebbe risalire
almeno al 1982, quando, dopo un tentativo di colpo di stato, l’allora
Presidente Moi ha traformato il Kenya in una dittatura brutale, pur
mantenendo alcuni elementi di facciata che lo potevano spacciare per una
democrazia. Il tutto, e’ bene notare, sempre restando fedele alleato e
protetto dalla Gran Bretagna e degli USA, e amico dell’Occidente. Sarebbe
troppo lungo seguire dall’ ‘82 ad oggi la carriera politica dei due
principali protagonisti della crisi odierna, Mwai Kibaki e Raila Odinga.
Basti dire che da allora ad oggi entrambi sono stati alleati di Moi e
avversari di Moi, alleati con tutti e avversari di tutti, anche tra di
loro. Per entrambi non si puo’ parlare di una posizione ideologica, ma
sempre e solo di alleanze per arrivare al potere. Entrambi hanno una
rilevantissima fortuna personale, che in qualche caso non esistano ad
ostentare. E’ famosa la Hummer di Raila, un fuoristrada che costa diverse
decine di migliaia di euro e che fa due chilometri con un litro, usato da
Raila per visitare Kibera, il piu’ grande slum di Nairobi, che fa parte
del suo collegio elettorale. Per entrambi, credere che siano motivati da
desiderio di servire il paese o che siano paladini delle democrazie e dei
poveri, e’ cadere vittima di una pericolosa illusione. Il loro
atteggiamento e’ descritto bene nell’editoriale del 1 gennaio del The
Nation: “Neither the Party of National Unity nor the Orange Democratic
Movement during the campains demonstrated any particular restraint or
regard for the country’s stability. The mantra appears to have been: We
either rule it or burn it.” (Ne' il Party of National Unity ne' l’ Orange
Democratic Movement durante le campagne (elettorali) hanno dimostrato
particolare controllo o rispetto per la stabilita’ del (nostro) paese. Il
mantra sembra essere stato: o lo governiamo o lo bruciamo”.
L’incontrollata sete di potere, e di proteggere col potere le ricchezze
piu’ o meno legalmente acquisite, e’ il motore dell’ attivita’ politica di
questi partiti.

Detto questo, bisogna fare delle distinzioni. Mwai Kibaki da quando e’
andato al potere cinque anni fa, ha fatto delle riforme importanti, come
l’educazione gratuita per gli otto anni di scuola elementare, come il
garantire la liberta’ di espressione e di stampa (per cinque anni non
abbiamo avuto prigionieri politici e tanto meno assasini politici come
avveniva con Moi, e mai in Kenya una campagna elettorale e’ stata libera
come quella dello scorso mese, etc), come una serie di provvedimenti
economici che hanno fatto ripartire l’economia del paese, che negli ultimi
anni di Moi aveva una crescita negativa e invece dal 2004 e’ cresciuta di
oltre il 5 % all’ anno. Due i sono i grandi fallimenti di Kibaki. La
corruzione pervasiva, ereditata dai 24 anni di malgoverno di Moi, non e’
stata combattuta con l’efficacia e la determinazione che il cittadino
comune avrebbe voluto. E’ stata si ridotta di molto, ma resta un cancro
che pervade tutta la societa’ keniana. Inoltre, la nuova costituzione
promessa da Kibaki appena eletto non e’ stata ancora approvata, e la
conseguente promessa di decentralizzazione del potere non e’ stata
onorata.

Dal canto suo Raila Odinga, andato al governo come membro della coalizione
di Kibaki cinque anni fa, e’ poi passato all’opposizione sulla questione
della nuova costituzione, e e’ riuscito a far bocciare la costituzione
proposta da Kibaki con un referendum due anni fa. L’ ODM e’ nato dallo
slancio di aver fatto bocciare la costituzione e da allora Raila ha
accentrato il potere del movimento ed ha esasperato la questione tribale.
Da oltre un anno ormai la parola d’ordine fra i luo, che e’ l’ etnia di
Raila e che ha un peso proponderante nel ODM come invece i kikuyo sono
l’etnia di Kibaki con un peso preponderante nel PNU, e’ stata “e’ arrivato
il nostro turno di governare il paese” per poi trasformarsi piu’
recentemente in “se perdiamo le elezioni vuol dire che ci sono stati
brogli”. Raila poi durante la campagna elettorale ha giocato due carte
pericolose. Prima ha promesso di implementare il “majimboism”, una specis
di regionalismo che era stato negli anni novanta proposto da Moi e
rifiutato da Raila, senza specificare che contenuti avesse questo
majinboism, lasciando cois temere, anche riferendosi alla storia personale
di Raila, che si trattasse concretamente di una specie di rigido
regionalismo che avrebbe frazionato il Paese. Successivamente ha firmato
con i notabili della comunita’ musulmana un Memorandum of Understandig i
cui contenuti non sono mai stati divulgati con chiarezza. I suoi
avversari, e molti cristiani, hanno comunque questo MoU comunque come un
errore perche fa una distinzione fra i cittadini kenyani basandosi
sull’appartenenza religiosa, e questo e’ gia’ contro la costituzione in
vigore, cosi come contro il progetto di costituzione dell’ ODM.

Kibaki e il suo gruppo non hanno trovato di meglio che reagire a questa
campagna che alzando steccati e lasciandosi imprigionare nella trappola
degli stereotipi etnici. Questa etnicizzazione della politica e’ cosi
responsabilita’ esclusiva dei leadears. Per citare ancora l’editoriale del
Nation, indirizzandosi a Kibaki e Raila, afferma: “Never has there been so
much animosity between people who have lived together as good neighbors
for many years. The chaos we are now experiencing is the handiwork of the
tribal, economic and political elite, which identify with you.” (”Non c’e’
mai stata tanta animosita’ fra gente che ha vissuto insieme per molti anni
come buoni vicini. Il caos che stiamo vivendo ‘e il prodotto dell’elite
tribale, economica e politica che si identifica con voi”).

Che l’aspetto etnico sia diventato centrale non lo si puo’ negare. Inutile
girare intorno al problema. Odinga in primo luogo, ma anche Kibaki e il
suo partito, negli ultimi tre anni, per ragioni di opportunita’ politica
personale, hanno fatto tutta una serie di passi intenzionali, e a volte
magari solo passi sbagliati, che hanno alimentato l’animosita’ etnica.

Entrambi i partiti usano salturiamente, sopratutto nei momenti critici,
l’appoggio dei “mungiki” e delle sqaudre organizzate e pagate di giovani
disoccupati e disperati.

I mungiki sono nati all’inizio degli anni novanta come una comunita’ di
kikuyo che voleva tornare alla religione ancestrale, la venerazione di
Ngai (Dio) rappresentato dal monte Kenya, ecc. Lentamente questo gruppo e’
degenerato in una specie di piccola mafia che a Nairobi ha controllato per
esempio alcune della linee di trasporto, e che riesce a mobilitare gli
adepti anche per azioni violente e criminali. In questo gruppo ci sono ora
anche non-kikuyo ma tendenzialmente si identificano con la difesa delle
comunita’ e degli interessi kikuyo. A questa setta parareligiosa si
contrappongono le squadre di giovani disoccupati di Kibera controllate da
Raila Odinga, e delle quali Raila si e’ sempre servito per provocare
disordini di piazza, piu’ di una volta all’ evidente ricerca dei morti da
poter poi usare per I propri scopi.. Sono i due volti peggiori dello
scontro in atto.

Non sono sicuro di cosa sia successo nelle altre localita’, le notizie
sono frammentarie e sempre di parte. A Nairobi pero’ posso dire che la
maggioranza delle vittime di questi ultimi giorni non sono state uccise
negli scontri con la polizia, ma da azioni organizzate da questi due
gruppi. Cosi' a Kawangware, dove i kikuyo sono prevelenti, hanno attaccato
case e piccole attivita’ artigianali dei luo, e l’ opposto e’ avvenuto a
Kibera. Purtroppo poi come sempre capita a farne le spesa sono le persone
inermi e innocenti. Il mattino del 31, dopo la notte di peggiori violenze
che siano finora avvenute a Kibera, un amico Kamba mi raccontava
terrorizzato di aver visto a poche decine di metri dalla sua baracca di
Kibera i corpi di 4 suoi vicini e conoscenti, kikuyo, che erano stai
sgozzati con un coltello da cucina. Lo stesso sta avvenendo in eastern
Kenya, cme mi ha testimoniato una volontaria italiana: i negozi e le case
dei pochi kikuyo che vi vivono sono metodicamente attaccati e bruciati e i
proprietari “invitati” e rientrare nella loro regione. Un majimboism della
peggior specie.

Questa crisi l’abbiamo vista arrivare, ma nessuno na aveva capito la
poteziale distruttivita’ e la carica di tribalismo che stava prendendo. I
sondaggi che sono stati pubblicati dai media Kenyani negli ultimi mesi
facevano vedere come la gente continuasse ad avere una sostaziale fiducia
nel presidente e sempre meno fiducia nel sul partito. Mentre molti che
erano favorevoli ai cambiamneti promessi dall’ ODM erano meno entusiasti
verso Raila, percepito come un uomo politico con tendenze dittatoriali.
Cosi oggi i risultati delle elezioni, prendendo come autentici quelli
ufficiali, rendono il paese ingovernabile, con un presidente nel quale
sono accentrati molti poteri ma che e’ un minoranza in parlamento, e che
quindi non puo’ governare, e con una rivalita’ tribale che e’ sfuggita
probabilmente anche al controllo di chi l’ha scatenata.

E le due parti sembrano ormai fisse su posizioni che non ammettono il
dialogo. Un amico giornalista kikuyo mi pare possa rapprentare una
mentalita’ comune: “Io ho votato nel mio collegio elettorale per un
parlamentare dell’ODM, perche’ credo che l’ ODM possa avere in parlamento
una funzione importante di controllo su un possibile strapotere del
Presidente, ma non accetterei mai Railia come Presidente. Con lui al
potere fra cinque anni non avremmo elezioni truccate. Non avremmo
elezioni, punto e basta”.

Come sbloccare la situazione?

Innazittutto e’ importante che Kibaki e Raila accettino di muoversi nella
legalita’, rispettando la legge la costituzione vigente, rinunciando
entrambi alle manifestazioni di piazza che inevitabilmente provocherebbero
morti e feriti. E servirebbero solo ad inasprire le divisioni e creare un
piedestallo per i due leaders: i miei morti sono piu’ dei tuoi.

Il parlamento, cosi' come risulta dai risultati elettorali annunciati,
deve essere convocato e la Giustizia deve lavorare indipendentemente per
esaminare le reciproche accuse di brogli. Ma non basta, Kibaki deve
accettare una seria revisione delle elezioni e la riconta dei voti con la
presenza di un monitoraggio internazionale. Non c’e’ altra alternativa se
vuole garantire la sua legittimita’.

Ma la cosa piu’ importante e' che Kibaki e Raila dialoghino. Kibaki finora
ha reagito con la repressione, Raila punta sulle manifesta zioni di piazza
che gli diano legittimita’. Ma e’ una strada di confronto che non puo’
portare lontano e che rischia di bloccare il paese in un conflitto
irrisolvibile. La diplomazia internazionale deve aiutare il Kenya, Gran
Bretagna e USA devono aiutare a avviare il dialogo, la Comunita’ Europea
puo’ avere un influnza inportante. L’ Unione Africana potrebbe aiutare a
prender tempo. Tutte le possibili pressioni devono essere fatte su queste
due persone e i partiti che rappresentano finche’ accettino il fatto che
il Kenya e’ piu’ importante di loro, e che devono collaborare.

Ma in ultima analisi la pace non puo’ venire dal di fuori, deve nascere
dal di dentro, per poter superare definitivamente le difficolta’ e gli odi
seminati negli ultimi mesi e nelle ultime settimane. Un’ipotesi possibile
sarebbe quella di recuperare il “terzo uomo”, Kalozo Musyoka, che e’ corso
per la presidenza ottenendo quasi mezzo milione di voti. Appartiene ad
un’etnia minoritaria, non ha mai usato ne pubblicamente ne privatamente,
da quanto si sa, il linguaggio dell’odio tribale, ha competenza e
conoscenza della situazione politica del Paese. Potrebbe diventare il
mediatore interno ideale, capace di far muovere avanti un processo di
riconciliazione che non puo’ essere imposto dal di fuori.

Il dialogo fre le due parti deve cominciare al piu’ presto. Non si puo’
aspettare. Bisogna evitare la manifestazione di piazza di domani. Se
questa manifestazione dovesse andare avanti, che il governo si opponga o
no, non ci sono dubbia che scatenera’ un nuovo ciclo di violenza e morte
che rendera’ ancora piu difficile la possibilita’ di una riconciliazione.

Renato Kizito Sesana
missionario comboniano a Nairobi
2/1/2008

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