Buenos Aires: il giorno di Cristina Fernández de Kirchner
- Subject: Buenos Aires: il giorno di Cristina Fernández de Kirchner
- From: "Gennaro Carotenuto" <gc at gennarocarotenuto.it>
- Date: Sun, 28 Oct 2007 07:13:33 +0100
Buenos Aires: il
giorno di Cristina Fernández de Kirchner Con quasi matematica certezza oggi Cristina Fernández de Kirchner,
attualmente primera dama ("first lady" in italiano corrente),
consorte dell'attuale presidente Nestor, sarà il prossimo
presidente argentino, senza neanche passare dal ballottaggio. La porteranno alla Casa Rosada i poveri, le donne e l'enorme interno del
paese, mentre i benestanti e le grandi città non la amano. Peronista da tutta
la vita, militante della Gioventù Peronista (JP, che in quel partito e in
quegli anni voleva dire la sinistra peronista) da prima di conoscere il marito
all'Università de La Plata, Cristina è la prima donna eletta presidente in
Argentina. Prima di lei, Eva, che presidente non fu mai, ma che ebbe un ruolo
politico fondamentale nel tracciare i caratteri popolari del peronismo ed
Isabelita (la seconda moglie del generale Perón) che fu nefasta presidente
nella stagione che aprì allo sterminio dei 30.000 desaparecidos che colpì in
maniera pesantissima proprio la JP. La prima cosa che va detta della staffetta familiare alla Casa Rosada, dove al
"pinguino" succede la "pinguina" (così vengono definiti
ricordando la loro provenienza dall'estremo sud della Patagonia), è che
Cristina Fernández de Kirchner, non diventa presidente per un esercizio di
nepotismo da parte del marito. Così afferma, troppo facilmente, ma a torto, la
stampa mainstream, soprattutto europea. Classe 1953, politica di lungo corso,
militante della Juventud Peronista già quando conobbe Nestor all'Università di
La Plata nei primi anni '70, i coniugi Kirchner seguono dalla caduta della
dittatura genocida una carriera politica parallela, nella quale lei non è
seconda. Si rifugiano a Santa Cruz, la regione di origine di lui, e sono i
governanti che vengono da più a sud al mondo). Dopo la dittatura, lui diventa
governatore, lei deputato e quando Nestor nel 2003 diventa Presidente della
Repubblica, lei immediatamente esige: «non chiamatemi "primera dama"
("first lady" in italiano corrente), continuate a chiamarmi
senatrice». DOVE VA L'ARGENTINA DA KIRCHNER A KIRCHNER? Dopo il crollo del sistema
neoliberale, imposto dal Fondo Monetario Internazionale col sangue della
dittatura dei 30.000 desaparecidos, l'Argentina che oggi si appresta a un
passaggio di potere familiare, da Nestor Kirchner a sua moglie Cristina
Fernández, ha ripreso a correre ed è una società un po' meno ingiusta, anche se
moltissimo resta da fare. Partendo da una posizione di grande vantaggio e con
un'opposizione divisa Cristina ha preferito tenere un basso profilo in campagna
elettorale. Soprattutto evitare errori è stata la chiave. Una strategia che ha pagato,
già che sarebbe una enorme sorpresa se oggi si dovesse andare al ballottaggio.
Secondo praticamente tutti gli istituti di sondaggio, Cristina Kirchner sarà
eletta oggi al primo turno con una votazione che va dal 45% (il minimo per
vincere al primo turno) al 55%, che segnerebbe un trionfo sia per lei che per
l'amministrazione del marito Nestor e per le ambizioni di questi di tornare
presidente nel 2011. Oggi l'appoggio a Cristina sarà più grande in periferia e
tra le classi popolari. A Buenos Aires non supera il 33% di aspettativa di
voto, e tra le classi medio-alte non arriva al 30% mentre avrà anche i due
terzi dei voti nel resto del paese. L'opposizione è distante, divisa, quasi impalpabile per un peronismo progressista
(Fronte per la Vittoria, FV, il nome della coalizione kirchnerista), che ha
conquistato buona parte del voto alla sua sinistra che negli ultimi venti anni
si era invece frammentato in mille rivoli. Lontanissimi sono infatti un'altra
donna, Elisa Carrió, già candidata nel 2003, che dovrebbe
giungere seconda intorno al 20% delle preferenze, un po' Di Pietro, un po' Rosi
Bindi, e ancora più indietro l'ex-ministro dell'economia di Kirchner, Roberto
Lavagna, in buona parte coautore della ripresa del paese dopo il
crollo della fine del 2001, che si attesta intorno al 15% e che contende alla
Carrió il secondo posto. Più lontani sono gli altri candidati, cominciando dal
peronista dissidente Alberto Rodríguez Saá, che tra i clienti
della vecchia politica peronista dovrebbe racimolare un 5% di voti. Dietro di
lui ci sono le ultime due candidature che meritano di essere citate, una di
destra neoliberale e una della sinistra partecipativa. Ricardo López
Murphy, ex ministro dell'economia, il candidato duro e puro della
destra neoliberale, al quale ha alla fine ritirato l'appoggio dal fiammante
governatore di destra della Provincia di Buenos Aires, Mauricio Macri, si ferma
tra il 2 e il 3% dei voti. Macri non poteva puntare su un cavallo così perdente
e considerando che lo stesso López Murphy nel 2003 contese fino all'ultimo il
ballottaggio proprio al presidente Kirchner (che poi vide il rivale Carlos
Menem ritirarsi) ottenendo il 18% dei voti. E' la conferma che se la destra
punta sull'insicurezza, come ha fatto Macri a Buenos Aires, può ancora
convincere, ma se pensa, è il caso di López Murphy, di restaurare il modello
neoliberale, allora non ottiene che rifiuto. Ancora più indietro, non dovrebbe arrivare al 2% dei voti, la candidatura
solitaria del regista Fernando "Pino" Solanas.
Solanas è da 40 anni la coscienza critica del paese, da "la Hora de los
hornos" a "La dignidad de los nadie" fino all'appena uscito
"Argentina latente", straordinario documento sulle potenzialità
tecnologiche e scientifiche dell'Argentina frustrate dal neoliberismo, ancora
inedito in Italia. Quella di Pino Solanas è una candidatura di bandiera. Lui
stesso la definisce "profondamente antiliberale, che aspira a ripensare il
paese attraverso la convocazione di un'Assemblea Costituente che abolisca il
neoliberismo dalla Costituzione e crei una democrazia partecipativa".
Consigliere e vicino alle posizioni del presidente venezuelano Hugo Chávez, le
scarse possibilità della candidatura di Solanas e la sparizione di molte delle
forze di sinistra che raggranellavano l'1-2% in ogni elezione testimoniano
come, nel bene e nel male, il kirchnerismo, movimento non più che centrista dal
punto di vista economico, abbia saputo rappresentare, e se necessario
fagocitare, le istanze della sinistra tanto tradizionale come radicale e
perfino di buona parte dei movimenti sociali. Lo testimoniano l'appoggio di Hebe
Bonafini, leader storica delle madri di Plaza de Mayo, e
tradizionalmente su posizioni di sinistra radicale, e quello di una parte
importante del movimento piquetero, che ha rappresentato in questi anni il
sottoproletariato argentino escluso dal modello. Continuando con il prudentissimo progressismo economico che ha
caratterizzato gli anni di Nestor, accompagnato però dalla restituzione della
dignità ad un paese che sotto il neoliberismo l'aveva perduta, non è detto che
quel sostegno sarà senza limite. |
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