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ASGI: Liberati 5 dei 7 pescatori tunisini. Due sono agli arresti domiciliari
- Subject: ASGI: Liberati 5 dei 7 pescatori tunisini. Due sono agli arresti domiciliari
- From: Alessio Di Florio <ahimsashalom at yahoo.it>
- Date: Mon, 10 Sep 2007 17:39:23 +0200 (CEST)
Sono stati liberati cinque dei sette pescatori tunisini arrestati a Lampedusa l’8 agosto scorso dopo avere compiuto una azione di salvataggio. L’ASGI ( Associazione studi giuridici sull’immigrazione) esprime la propria soddisfazione per la decisione della magistratura dopo il parere favorevole della Procura della Repubblica di Agrigento e conferma il proprio impegno nella difesa dei sette pescatori ancora imputati nel corso del processo che riprenderà il 20 settembre prossimo. Rimane ancora da rimediare quello che, al di là della privazione della libertà personale di sette uomini che andrà risarcita nelle sedi competenti, è stato il risultato immediato di questa vicenda, come confermato da diversi comandanti di imbarcazioni da pesca, e da alcuni migranti sopravvissuti a giorni di abbandono nel canale di Sicilia, una ulteriore dissuasione nei confronti dei mezzi civili che avvistano imbarcazioni di migranti in difficoltà. Nessuno interviene più, direttamente, con attività di salvataggio, per le quali – nella migliore delle ipotesi- ci si limita a lanciare un allarme radio alle autorità marittime. Per questo occorre procedere alla modifica immediata del decreto ministeriale 14 luglio 2003 ed a una interpretazione autentica dell’art. 12 della legge sull’immigrazione,, in modo da chiarire una volta per tutte che le attività di soccorso in mare, seguite da ingresso nelle acque territoriali, non integrano gli estremi del favoreggiamento dell’ingresso clandestino. La vicenda processuale che ha coinvolto i pescatori tunisini rimane ancora aperta e sarà seguita con la massima attenzione, anche da parte di osservatori internazionali. In una cronaca da Agrigento sulla manifestazione per la liberazione dei sette pescatori tunisini sotto processo per avere salvato 44 naufraghi nel Canale di Sicilia, l’inviato del Giornale anticipa una “sentenza annunciata” e fornisce una ricostruzione dei fatti che risulta in contrasto con quanto emerso nel corso del dibattimento, come si potrà rilevare quando le registrazioni audio saranno riversate – speriamo con la massima specificità – nei verbali scritti di udienza e questi verranno resi pubblici. Di fronte allo sgretolamento del castello accusatorio costruito dalle autorità di polizia per ottenere un'altra rapida condanna di presunti scafisti, magari con il silenzio di un distratto difensore di ufficio e con la mediazione di un interprete nominato dal Tribunale, dal processo e dalle decisioni più recenti della magistratura sta emergendo l’innocenza dei pescatori tunisini, proprio a partire dalle contrastanti dichiarazioni delle autorità di polizia intervenute al largo di Lampedusa. Nel corso del dibattimento sono emerse nuove modalità di intervento dei mezzi della capitaneria di porto, quando un rappresentante della guardia costiera ha riferito ripetuti tentativi di incrociare la rotta dei pescherecci al fine di dissuadere l’avvicinamento a Lampedusa. Esattamente quei tentativi che hanno portato anni fa al disastro causato dalla nave militare Sibilla che dopo simili tentativi di incrocio causò l’affondamento di una imbarcazione carica di migranti, con decine di morti. Ma anche se qualcuno della marina militare ricorda bene questa vicenda, al punto da farne oggetto di una battuta, quello che è avvenuto nel canale di Sicilia, secondo l’articolo apparso su Il Giornale, è stato “una sorta di match race con affiancamenti e cambi di rotta improvvisi respinti da tentativi di speronamento e andature sottobordo a zig – zag”. “ Quando l’incontro-scontro in mare diventa inevitabile, da terra arriva l’ok del magistrato di turno a permettere l’attracco dei pescherecci nel porto di Lampedusa”, che peccato, sembrerebbe, non avere potuto assistere al momento finale di questa “Coppa america per clandestini” come la definisce il Gornale. Non sappiamo proprio chi ha tagliato per primo la linea del traguardo. La cronaca del Giornale, su questo punto assai attendibile anche per la fonte dalla quale evidentemente proviene, dimostra come viene applicato in concreto, nelle acque del canale di Sicilia, il decreto ministeriale 14 luglio 2003 che stabilisce le regole di ingaggio delle unità della marina, della finanza e delle capitanerie di porto nelle attività di contrasto dell’immigrazione clandestina a mare. Un utile contributo per comprendere quanto sia stato considerato veramente, dalle unità che sono intervenute nel corso di questa operazione, e da chi ha impartito gli ordini superiori, il richiamo all’assoluta preminenza dei doveri di salvaguardia della vita umana a mare, doveri affermati, oltre che nello stesso regolamento, nella legge italiana e nelle convenzioni internazionali. Un elemento di novità che preoccupa e amareggia, dopo che per anni le unità della Marina militare italiana hanno salvato migliaia di naufraghi nel Canale di Sicilia, intervenendo anche in acque di competenza delle autorità maltesi e libiche. Auspichiamo che l’Autorità Giudiziaria di Agrigento voglia compiere tutte le opportune indagini per accertare se dai fatti occorsi durante l’intervento di salvataggio dei pescherecci tunisini emergano ipotesi di reato. In particolare, chiediamo che l’Autorità Giudiziaria a) provveda ad identificare e ad ascoltare come testimoni tutte le persone che sono state coinvolte nell’azione di salvataggio condotta dalle unità della Guardia di finanza l’ otto agosto 2007, di cui non è rimasta traccia agli atti del processo, riconoscendo ai migranti sopravvissuti, attualmente detenuti in centri di permanenza temporanea o in centri di identificazione, il diritto di asilo o uno specifico titolo di soggiorno per motivi di giustizia, senza procedere quindi all’espulsione o al respingimento, come avvenuto in analoghi precedenti casi: b) provveda a verificare se le modalità di ingaggio da parte delle unità della Marina Militare e della Guardia di Finanza si siano verificate nel rispetto delle norme del diritto internazionale del mare e del diritto interno che pongono come valore primario la salvaguardia della vita umana a mare; c) valuti, in ogni caso, se la pratica di seguire o affiancare a breve distanza le imbarcazione cariche di clandestini, o di incrociarne la rotta a scopo dissuasivo senza intervenire tempestivamente con azioni di salvataggio, integri ipotesi di reato; d) voglia eventualmente trasmettere i risultati delle indagini preliminari al Collegio di cui all’art. 7 della L. cost. 16 gennaio 1989 n. 1, in considerazione della catena di comando delineata dal decreto ministeriale 14 luglio 2003, relativamente alle attività di contrasto in mare dell’immigrazione clandestina, affinché effettui le dovute attività istruttorie per un più compiuto accertamento dei fatti sopra descritti, al fine di verificare la sussistenza di eventuali ipotesi di reati commessi, nell’esercizio delle funzioni ministeriali, dal Ministro dell’Interno o da altri esponenti del Governo, attivando la procedura di cui all’art. 96 della Costituzione. Fulvio Vassallo Paleologo Università di Palermo - ASGI (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) ___________________________________ L'email della prossima generazione? Puoi averla con la nuova Yahoo! Mail: http://it.docs.yahoo.com/nowyoucan.html
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