Valentino Rossi, il messaggio alla nazione del "furbetto del motorino"



Valentino Rossi, il messaggio alla nazione del "furbetto del motorino"

 

Ricorda straordinariamente la "discesa in campo" di Silvio Berlusconi il messaggio alla nazione diffuso "a reti unificate", TG1 e Canale5, da Valentino Rossi per captare la benevolenza del pubblico in merito alle pesantissime accuse di evasione fiscale per 60 milioni di €uro. Ma forse è perfino più interessante!

 

di Gennaro Carotenuto

In una cassetta -senza alcun contraddittorio- un personaggio pubblico ha ottenuto un minuto e 42 secondi per dire la sua nei principali telegiornali. I direttori dei TG hanno ragione a dire che la cassetta era giornalisticamente significativa, hanno avuto torto nel mandarla in onda, almeno in versione integrale. Se Rossi vuol dire la sua, si faccia intervistare.

 

Un corregionale di Valentino Rossi, Costantino Rozzi diceva: "C'è chi può e chi non può: io può". E se domandassimo a Valentino Rossi -un trentenne che continua ad atteggiarsi da Peter Pan- perché si è permesso di fare una cosa che prima di lui aveva fatto solo Berlusconi, risponderebbe come Rozzi: "Io può". Lui -incriminato per un reato gravissimo- può mandare una cassetta al TG1 o al TG5 per farsi assolvere dalla piazza televisiva. Gli italiani oramai, si sa, sono prima tifosi che cittadini e la maggior parte non ha neanche percepito la violenza insita nel messaggio di Rossi.

SCOPERTA SENSAZIONALE (Sic!) In Italia, sempre meno oligarchi hanno sempre più possibilità di difendersi ed essere assolti. O condannati ma uscire sostanzialmente assolti. Rossi, come Pavarotti in passato, come Berlusconi o Previti, sono degli oligarchi ed esercitano un potere alieno alla democrazia in questo caso contro il potere giudiziario, che non può difendersi allo stesso modo. Il termine oligarchi si usa solo per la Russia post-comunista. Ma allora, come definireste Valentino Rossi?

Le nostre classi dirigenti da anni usano i media per convincerci che il problema per il fisco in Italia, non sono gli alti redditi (gli stipendi faraonici, le liquidazioni da nababbi, i cachet miliardari, le ville e gli yacht) perché toccando le grandi fortune un ristretto numero di fortunati, non inciderebbero in alcun modo sulla fiscalità generale. Quindi dall’altro non sarebbe giusto tassarli pesantemente e dall’altro sarebbe ininfluente perseguirne l’evasione. Il problema, ci viene detto continuamente, “è un altro”, è lo stato sprecone da tagliare, sono i pensionati che si ostinano a non crepare, i giovani precari che vorrebbero asili nido per farsi una famiglia. E poi, perché levare 1.000 € a uno quando è così facile levare un € a mille?

 

Ebbene Valentino Rossi si incarica di smentire tante bugie così goebblesianamente ripetute dalle nostre classi dirigenti e di darci una chiave di lettura realista del problema. Infatti è proprio di ieri la notizia che la Finanza ha materialmente recuperato dall'inizio dell'anno 1.1 miliardi in più di evasione fiscale. Ebbene è evidente che questo ammontare di denaro (del quale siamo tutti contenti) è perfettamente confrontabile con quanto richiesto a Rossi, una multa da oltre 110 milioni. E allora scopriamo che anche un oligarca come Rossi non solo non sparisce, ma da solo vale il 10% di tutti i baristi che hanno scordato lo scontrino e i professionisti che non hanno emesso fattura.

In Italia ci sono cinque milioni di precari. Certo, i 60 milioni di evasione contestati all'oligarca Rossi potrebbero essere facilmente diluiti su di loro: un €uro al mese per un anno per cinque milioni di precari fanno giusto giusto i 60 milioni che permetterebbero a Peter Pan di stare con Campanellino sull'Isola che non c'è a fare brun-brun con la moto. Forse non se ne accorgerebbero neanche i precari se gli sottraessero un €uro, e forse la maggior parte di loro pagherebbe volentieri per vedere lo spensierato Rossi vincere una corsa. Forse molti precari non vedono nell’evasore Rossi il simbolo di un’ingiustizia da sanare, ma soltanto uno di loro che ha realizzato l’American dream neoliberale.

Forse. Ma per quanto riguarda i cittadini italiani, non è importante sapere se i commercialisti di Rossi abbiano trovato la gabola giusta per farla franca. Perché qui la questione non è se Rossi ha evaso o meno il fisco. Di sicuro ha guadagnato miliardi e non ha pagato nulla. La questione è se i suoi fiscalisti riusciranno a fargliela fare franca o no.

Io so che Rossi è italiano, ha sponsor italiani e deve la stragrande maggioranza della sua fortuna al pubblico italiano. Vuole farmi credere che sui soldi guadagnati in Italia come testimonial di Telecom Italia non debba pagare le tasse in Italia? Perché quello che è sicuro è che lui quei soldi non li ha versati a nessuno fisco, né italiano, né inglese, né di Paperopoli. Di Paperopoli ha parlato lui, nel testo che gli hanno scritto per avvalorale e indulgere al personaggio fanciullesco. Il testo del monologo è professionalmente ineccepibile -con tanto di primo piano alle mani- e non è un caso che Rossi metta sullo stesso piano la sua vita privata, la storia con una soubrette, la necessità di star tranquillo per poter vincere le corse, con l'evasione fiscale, facendo finta di non capire e cercando di fare in modo che il pubblico non capisca la gravità della situazione. MINIMIZZARE, ordinavano al Minculpop di fronte alle notizie sgradite.

Ma non dobbiamo più minimizzare. E' al nostro ospedale, alla nostra scuola, alla nostra università, al nostro pronto soccorso che l'evasore fiscale Valentino Rossi sta rubando milioni di €uro. Sono i nostri pompieri che non hanno i soldi per spegnere gli incendi, i nostri magistrati che devono portarsi da casa la cancelleria, la nostra Polizia stradale che non ha la benzina per pattugliare le strade. Rossi si è salvato, se n'è andato a Londra e ci prende pure in giro. Che abbia frodato il fisco e sia alla fine condannato a pagare, oppure abbia solo fregato il fisco, e allora ne esca immacolato, la sostanza è la stessa: si è messo al di fuori di questa comunità. Per me che a Londra ci resti, tra pirati e profittatori. In Italia il suo posto è la galera.

 

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