Ingrid Betancourt libera?
Storia e interpretazioni di un intrigo internazionale partito da Miami
Purtroppo Ingrid Betancourt, da cinque anni sequestrata
dalle FARC, non è libera. E forse proprio l'operazione della bufala delle false
rivelazioni di una giornalista accusata di terrorismo, Patricia Poleo, era
diretta a far saltare un'altra speranza concreta di liberarla, favorire il
presidente colombiano Alvaro Uribe e danneggiare quello venezuelano Hugo
Chávez. Proviamo a ripercorrere la storia di una falsa notizia che ha fatto il
giro del mondo e a cercare di capire.
di Gennaro
Carotenuto
Nella tarda mattinata americana di ieri, lunedì, alcuni giornali online hanno
ripreso le dichiarazioni di Patricia Poleo a Radio Caracol: "la Betancourt
è tenuta da Chávez in Venezuela e verrà consegnata a Cecilia Sarkozy". Un
dovere verificare. Innanzitutto verificare chi è Patricia Poleo, 35 anni,
rampolla di una prominente famiglia venezuelana, esponente della parte eversiva
dell'opposizione a Chávez. Partecipò al golpe dell'11 d'aprile 2001, quindi è
pesantemente indiziata di aver partecipato all'assassinio del giudice Danilo
Anderson. Danilo era il giudice che si occupava proprio dell'inchiesta sul
colpo di stato. Fu fatto saltare in aria alla maniera di Paolo Borsellino. La
Poleo, implicata nell'azione terroristica, da quel giorno si trasferì a Miami e
si dichiara esule politica.
Nonostante non sia un fiore di credibilità, l'intervista rilasciata dalla Poleo
è poi stata ripresa da un importante quotidiano colombiano, El Espectador,
nella sua versione online, e da lì a molti media del mondo, nonostante tutti o
quasi tutti i soggetti interessati smentissero. In particolare Hugo Chávez.
Questi soltanto domenica, a richiesta della senatrice colombiana Piedad
Córdoba, si era detto disposto a mediare per lo "scambio umanitario"
tra sequestrati e guerriglieri, ma allo stesso tempo si era sostanzialmente
chiamato fuori, sostenendo che forze più importanti, in particolare aveva fatto
riferimento al governo degli Stati Uniti, siano contrarie alla pacificazione in
Colombia. Se Chávez davvero fosse stato in condizione di mediare, e
rappresentando la liberazione di Ingrid un suo indubbio trionfo, questa non
poteva coincidere con il viaggio di stato in Argentina, per il quale è
tranquillamente partito ieri mattina.
SCAMBIO UMANITARIO Da mesi in Colombia non si parla d'altro. Troppo per il
presidente Uribe, che di sicuro non lo vuole, nonostante la sua pretesa di uso
della forza contro la guerriglia, abbia portato finora solo tragedie, come la
morte di undici deputati sequestrati, uccisi dai suoi durante un maldestro
tentativo di liberazione il mese scorso. In maniera più sfumata, neanche le
FARC lo vogliono. L'abietta industria dei sequestri è uno degli strumenti con i
quali una guerriglia forte, ma non certo in avanzata, può esercitare più pressione,
sia a livello locale, che nazionale che internazionale. L'irrealistico
inserimento, da parte delle FARC, di due dirigenti dell'organizzazione
estradati negli Stati Uniti, Simon Trinidad e Sonia, nella lista di quanti
devono essere inclusi nello scambio umanitario, rende evidente che le FARC da
una parte si dichiarino disponibili allo scambio e dall'altro lo rendano
difficilmente realizzabile. Infine, sul piatto della bilancia c'è la richiesta
dei guerriglieri di sgomberare da ogni soldato e paramilitare una vasta area
nella regione sud del paese per rendere possibile lo scambio, richiesta che
Uribe ha sempre respinto al mittente.
Tuttavia, come abbiamo riferito in questo articolo, la tenda del
maestro Gustavo Moncayo (che stranamente nessun giornale oggi cita, come se
fossero due mondi separati), installatasi da quasi una settimana a Bogotà è
oggi il centro della vita politica colombiana. Moncayo, padre di un poliziotto
sequestrato da dieci anni, ha attraversato a piedi la Colombia per chiedere che
si arrivi allo scambio umanitario. La Betancourt, come il figlio del maestro
Gustavo e altri 43 sequestrati, sono nella lista degli "scambiabili".
Il maestro Gustavo, con la sua dignità e ostinazione, ha messo profondamente in
difficoltà Uribe. Di ieri è anche la notizia che Uribe ha chiesto, ma non
ottenuto, un secondo incontro con Moncayo. Un maestro che dice no al
Presidente: si sono già detti tutto.
OPERAZIONE POLEO Chi avrebbe vinto e chi avrebbe perso se le parole della Poleo
si fossero rivelate esatte e la Betancourt -da sola- fosse stata liberata? E
anche senza liberazione, si sa che spesso il ballon d'essai vale quasi quanto
una notizia vera.
Sicuramente -oltre a SuperZarko- il trionfatore sarebbe stato Hugo Chávez. Ma
sarebbe stato un trionfo avvelenato, perché per Chávez mostrare di poter
influenzare la politica colombiana è più un amaro calice fonte di problemi, che
una vera e duratura dimostrazione di influenza sulle sorti del paese vicino.
Apparentemente il grande sconfitto sarebbe stato Uribe. Non vuole lo scambio
umanitario e proprio Chávez riesce a liberare la più "importante" dei
sequestrati? In realtà solo apparentemente avrebbe perso Uribe perché la
liberazione della Betancourt sarebbe avvenuta senza scambio, gratuitamente,
come Uribe vuole. E contemporaneamente avrebbe sottratto interesse
all'iniziativa del maestro Moncayo. In questo senso anche la falsa liberazione
della Betancourt sottrae spazio all'iniziativa di Moncayo ed è utile ad Uribe.
Per gli altri sequestrati la liberazione della Betancourt, da sola, sarebbe
stata, sarebbe, una tragedia. Oggi Ingrid (i giornali in edicola in tutto il
mondo lo dimostrano) è l'unico motivo per il quale i media internazionali si
interessano, anche se poco e male alla loro sorte. Con Ingrid libera, su di
loro si spegnerebbe definitivamente la luce.
COMPARTIMENTI STAGNI Perché parla la Poleo? C'è qualcosa di concreto o la sua è
un'invenzione dettata solo dal tentivo di danneggiare Chávez? E per conto di
chi? L'informazione che arriva da Miami sull'America latina, è troppo spesso
così falsa e tendenziosa da essere sorprendente che qualcuno la possa ancora
considerare credibile. La Repubblica online ad un certo punto ieri titolava
"la Betancourt nelle mani di Chávez", come se davvero non stesse
parlando di un politico democratico, ma di uno dei "Pirati del
Caribe", quello del bel libro così intitolato dal politologo britannico
Tariq Alí su di lui e gli altri leader latinoamericani invisi a Washington.
Anche solo parlare del caso Betancourt, e magari risolverlo, vuol dire aiutare
Uribe che affonda nel suo estremismo politico. Poche settimane fa l'ACNUR ha di
nuovo reso noto che la Colombia è il paese al mondo con più profughi e
rifugiati, quattro milioni, più dell'Iraq, dell'Afganistan, del Sudan. La
Colombia continua ad essere il paese più ingiusto al mondo e la politica
dell'uomo di Washington e dei paramilitari, Alvaro Uribe, ha fallito su tutta
la linea e qualunque disinformazione possa sviare l'attenzione su tale
fallimento è utile alla causa.
Per Chávez lo sconfinare ripetuto della guerriglia colombiana in territorio
venezuelano è un problema (minore) e finora ha dimostrato di volerlo o poterlo
contenere come del resto fanno come possono Lula in Amazzonia, Correa nelle
regioni limitrofe in Ecuador e Torrijos nel Darién panamense. La guerriglia
sconfina da sempre, in zone impervie e poco antropizzate. Ma la liberazione di
Betancourt, nelle forme pretese dalla Poleo, se da una parte avrebbe
rappresentato un successo umanitario per Chávez, dall'altro avrebbe autorizzato
la stampa mainstream a considerare Chávez complice nel rendere la frontiera tra
i due paesi come una zona franca per le FARC. Perché la linea è scopertamente
leggibile: per qualunque cosa succeda in America i Chávez sono il problema, gli
Uribe sono la soluzione.
Restano i sequestrati. Anche se è scomodo affermarlo, per l'umanità e la
Colombia è desiderabile che Ingrid sia liberata insieme agli altri sequestrati
e non da sola. Per l'umanità e la Colombia è necessario che prosperi l'azione
del maestro Moncayo, e che i riflettori restino accesi sulla sua tenda. Le
dichiarazioni di Poleo, completamente o parzialmente infondate, alleggeriscono
comunque la posizione di Uribe e danneggiano chi vuole lo scambio umanitario.
Ma è evidente che Ingrid (sulla cui persona ovviamente non sarebbe giusto
caricare i problemi di una nazione) non sia una sequestrata qualsiasi. Per
un'oscena ed imperdonabile reazione classista ed eurocentrica, la sua vita in
Europa vale di più di quella degli altri 44 sequestrati ed è evidente che su di
lei si tratti da cinque anni in maniera privilegiata, anche se senza costrutto.
La madre di Ingrid Betancourt -che più di tutto, come Moncayo, teme un'azione
militare di Uribe- dichiara oggi che se la figlia fosse liberata andrebbe più
lontano possibile da questa Colombia. Ingrid non era una turista. Per anni la
sua iniziativa politica era stata fatta oggetto di innumerevoli minacce di morte
da parte dei paramilitari e dei grandi interessi politico-economici che tengono
da mezzo secolo la Colombia in guerra. E' bello pensare che oggi, come quando
scelse di candidarsi alla presidenza, sceglierebbe di continuare a condividere
la sorte di 40 milioni di colombiani.
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