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Commander Bahman -
Scandalo a comando per videogame iraniano antiUSA
Commander Bahman è un videogame iraniano nel quale i
cattivi sono i marines. Mercenaries 2: World in Flames è un videogioco
statunitense che induce a rovesciare il governo democratico venezuelano.
Entrambi sono giochi politici prodotti con l'appoggio dei rispettivi governi, e
funzionali ad appoggiare quelle politiche, ma chi si scandalizza per l'uno non
si scandalizza per l'altro (e forse viceversa).
Di Gennaro
Carotenuto
L'industria dei videogiochi è sempre più importante e muove miliardi di dollari
ed ha un'influenza culturale crescente che, se non è paragonabile a media come
la televisione, non è più trascurabile. Neanche dalla politica. Rappresentando
la cultura di un pianeta violento, è tristemente normale che anche i videogame
siano violenti. E se (quasi) più nessuno chiede alla TV di essere educativa o
almeno non diseducativa, è difficile applicare criteri diversi ai videogame.
In questi giorni in molti fanno gli scandalizzati e si dicono perfino
preoccupati dall'uscita di un videogame iraniano. Nel gioco si descrive un
commando di cattivi marines statunitensi, che rapiscono due scienziati nucleari
iraniani. Scontato è che il giocatore deve liberarli, ovviamente abbattendo
nemici a decine, come in centinaia o migliaia di titoli di spara spara finora
usciti.
Dov'è lo scandalo? Lo scandalo (per il quotidiano online
"l'Occidentale", il gioco addirittura inciterebbe al martirio, sic!)
sta che per la prima volta o quasi, invece di essere i marines quelli che il
giocatore manovra e nel quale si identifica, sparando sparando e ammazzando i
nemici (anche arabi o persiani in decine di titoli di successo) come fossero
birilli, stavolta è il braccio di un iraniano ad imbracciare l'AK-47 e sparare
ai marines. Scopriamo così che pure loro -i marines- saltano come birilli come
se fossero dei marzianini o dei tedeschi o, nei più moderni concettualmente,
dei terzomondisti qualsiasi.
Che bello sarebbe un mondo senza guerre e senza videogame di guerra. Ma, a
parte questa utopica e ininfluente considerazione, non è possibile non rilevare
l'impudenza di chi si scandalizza per il videogioco iraniano. Appena pochi mesi
fa, un videogioco dal fatturato multimilionario, Mercenaries 2: World in
Flames, celebrato e pubblicizzato in tutto il mondo, metteva in scena la
liberazione del Venezuela da Hugo Chávez. In pochi si scandalizzarono del fatto
che i buoni marines sbarcavano in Venezuela e ammazzavano come birilli decine
di patrioti venezuelani che difendevano la loro terra e il loro governo
democraticamente eletto da un'invasione militare straniera. In pochi si
scandalizzarono della diseducatività del videogioco che induceva i giocatori
nell'identificazione con chi invadeva un paese straniero per abbatterne la
democrazia.
"E' solo un gioco" era la risposta. Pochi giorni fa alcuni
parlamentari chiesero ed ottennero il ritiro di un videogioco sulla pedofilia
nella chiesa cattolica: un argomento troppo serio per giocarci. Ma se quello
antivenezuelano è solo un gioco, allora perché vi scandalizzate ora del
videogioco degli ayatollah, che oltretutto dimostrano ben poca innovazione se
producono lo stesso gioco del nemico cambiando solo le bandierine e le faccie
di quelli che saltano in aria come birilli. Perché, quello iraniano non è solo
un gioco? Non lo è, ma che differenza c'è con un videogioco nel quale i buoni
sono i marines e i cattivi hanno la pelle gialla, verde, rossa o azzurra? E allora
perché si scandalizzano? Forse i ragazzi iraniani dovrebbero giocare con un
videogioco nel quale identificarsi con i marines buoni che fanno saltare
iraniani cattivi come birilli?
Qualcuno si ritrova nell'idea di scontro di civiltà e qualcuno no. Chi non ci
si ritrova ha diritto di scandalizzarsi per entrambi i videogiochi, quello
statunitense e quello anti. Ma chi accetta e fomenta lo scontro di civiltà, di
cosa si scandalizza?
Forse è perché i videogiochi che piacciono a loro, sono solo uguali uguali alla
realtà delle guerre in questo pianeta. In Vietnam morirono 2 milioni di
vietnamiti contro 58.000 invasori. A Panama 6000 panamensi contro forse una
quarantina di marines. In Yugoslavia (perfect game!) furono alcune migliaia
contro zero, in Iraq 300.000 contro 3.000 e l'elenco potrebbe continuare.
Esattamente come nei videogiochi, chi comanda nelle guerre reali muore in
ragione di uno ogni cento o uno ogni mille. L'opinion maker occidentale medio,
è proprio abituato a vedere i giochi di guerra reale come degli spara spara nei
quali i suoi sparano e gli altri saltano come birilli. E i videogames dove ad
imbracciare il fucile è il marine (il 99%) li considera come realistici ed
utili alla cultura militarista di annichilimento del nemico. E' normale ammazzare
somali o venezuelani a centinaia. E' il contrario che è inaccettabile, perfino
nei videogiochi.
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