Il raddoppio della raffineria ENI a Taranto e il rigassificatore: due progetti incompatibili



Comunicato stampa

Lunedì prossimo Gaetano Barbato, responsabile del Wwf di Taranto e componente del Comitato contro il rigassificatore di Taranto, leggerà al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola questa lettera aperta nell'ambito della presentazione del progetto di raddoppio della raffineria di Taranto. I vertici aziendali dell'ENI hanno infatti inviatato il Wwf a partecipare e, se sarà consentito parlare, queste saranno le cose che ascolteranno. Alla presentazione del progetto saranno presenti anche gli assessori Massimo Ostillio e Michele Losappio.



Al Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola


Gentile Presidente,

suscita perplessità il progetto del raddoppio della raffineria di Taranto.

La capacità di raffinazione passerà da 6,5 a 11 milioni di tonnellate all'anno. La capacità di stoccaggio sarà incrementata di 445 mila metri cubi. E' prevista una centrale a gas naturale che porterà la produzione di energia dal 90 a 240 megawatt.

Tutto questo fa il paio con l'incremento di produzione dell'Ilva di Taranto, nel cui stabilimento sono stati trasferiti tutti i processi di produzione "sporchi" che Genova non vuole più ospitare. Anche se l'ENI si affretta a sottolineare che saranno introdotte tecnologie per tagliare le emissioni di anidride solforosa e per abbattere le polveri, tutto questo non ci tranquillizza. Anche perché tutto questo incremento della raffineria avviene in assenza di un quadro di analisi e monitoraggio ambientale della città e dell'area industriale.

Constatiamo che il rigassificatore è funzionale al raddoppio della raffinazione dell'ENI e all'incremento produttivo dell'Ilva. Constatiamo che con il rigassificarore si aprirà una enorme porta energetica per consentire l'incremento produttivo di un'area industriale già carica di inquinamento e di impianti a rischio di incidente rilevante. La collocazione del rigassificatore a 775 metri dai serbatoi dell'ENI non è dunque una follia progettuale. Ma è un chiaro progetto di simbiosi fra un'area ad alto rischio che vuole continuare a crescere e che ha bisogno di una porta energetica, anch'essa caratterizzata da alto rischio.

Nel 2007 sembra volersi replicare la follia di 40 anni fa quando l'Italsider fu concepita attaccata al centro abitato. Allora non prevalse la logica della salvaguardia della popolazione ma la logica della progettazione industriale che puntava a stabilire le distanze in base non ad un criterio di sicurezza ma ad un criterio di profitto.

Costruire un rigassificatore a ridosso di uno stabilimento di raffinazione che sta per raddoppiare è una follia e chiediamo a Lei - gentile Presidente - che non sia consentito tutto questo. La Regione ha tutti i poteri per stoppare la follia. Le multinazionali dell'energia hanno deciso che Taranto venga sacrificata sull'altare del profitto. E in nome di questo sacrificio si chiude un occhio sull'alto rischio industriale che una simile operazione comporta (senza peraltro ottenere alcun significativo beneficio occupazionale).

Chiediamo pertanto che i due progetti - quello del rigassificatore e quello del raddoppio della raffineria - siano da Lei dichiarati incompatibili fra di loro in quanto Taranto è stata dichiarata per legge città ad alto rischio di crisi ambientale. Tale dichiarazione prevede un alleggerimento e non un aggravamento dei pesi industriali.

Finché non sarà espletata la Valutazione di Impatto Ambientale del rigassificatore il progetto dell'ENI va stoppato. E' assolutamente anomalo prevedere un potenziamento della raffineria quando è in corso la Valutazione di Impatto Ambientale di un rigassificatore già di per sé giudicato troppo vicino all'impianto di cui si progetta l'incremento.

Chiediamo che vengano applicati dalla Regione i principi della Convenzione di Aarhus (legge 108/2001) che prevendono l'informazione e la partecipazione del pubblico ai processi decisionali in campo ambientale.

Infine, signor Presidente, ricordi all'ENI dei suoi tecnici rapiti in Nigeria da mesi. Sono stati rapiti perché l'ENI devasta il Delta del Niger con impianti inquinanti. Siamo contrari alla violenza, ma lo siamo in particolar modo nei confronti della violenza esercitata in nome del profitto. Richieda pertanto all'ENI un impegno chiaro per risarcire i nigeriani. Essi stanno lottando contro le devastazioni ambientali dell'ENI e delle altre multinazionali. Senza un cambiamento di condotta i tecnici italiani non verranno liberati. Ora invece è calato il silenzio in nome del profitto. Quei tecnici ENI sono stati dimenticati. Sono destinati a marcire nella giungla perché il profitto dell'ENI viene prima della loro salvezza. E' una metafora di quanto avviene a Taranto, dove la gente - da tempo - non conta purtroppo nulla ed è stata "dimenticata".


Comitato contro il rigassificatore di Taranto
Gaetano Barbato
Maria Giovanna Bolognini
Teresa D'Assisi
Stefano De Pace
Alessandro Marescotti
Giovanni Matichecchia
Luigi Oliva
Antonietta Podda

Etta Ragusa
Coordinatrice Comitato Vigiliamo per la Discarica

Associazione Sviluppo Sostenibile
Elda Perlino
Carmela Marangi