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I tecnici ENI rapiti in Nigeria: "Il governo italiano non fa nulla"
- Subject: I tecnici ENI rapiti in Nigeria: "Il governo italiano non fa nulla"
- From: "Alessandro Marescotti" <a.marescotti at peacelink.it>
- Date: Wed, 7 Feb 2007 08:39:54 +0100 (CET)
- Importance: Normal
I dimenticati del Delta «Ci hanno abbandonato, non ne possiamo più, fate qualcosa». Il manifesto è riuscito a incontrare Francesco Arena, Cosma Russo e Imad Saliba, i tre tecnici dell'Agip rapiti due mesi fa in Nigeria dai ribelli del Mend. Accusano: «Il governo italiano non fa nulla, la nostra compagnia ci sta lasciando qui a marcire. Questa gente vuole solo un po' dei proventi del petrolio, li sfruttano da anni». L'attesa a Port Harcourt, un viaggio in barca nella notte, l'incontro con gli ostaggi. Il capo dei ribelli, Jomo Gbomo: «Non li libereremo senza contropartite». --- Questa è l'apertura oggi del Manifesto. Ieri intanto una delegazione di attiviti impegnati sulla questione "inquinamento Nigeria" e per la liberazione dei tecnici ENI (cfr. http://italy.peacelink.org/editoriale/articles/art_19928.html) ha incontrato i Verdi. Su tale qestione sono particolarmente impegnati padre Alex Zanotelli, l'associazione ASUD e l'associazione PeaceLink. Mentre l'on. Paolo Cacciari ha preparato un'interrogazione parlamentare. Per capire cosa sta facendo l'ENI in Nigeria, basta leggere questo brano estratto sul Los Angeles Times. --- Eta deve fare i conti con un disturbo respiratorio cronico grave. "I suoi vicini di casa la chiamano 'la tosse' - scrive il Los Angeles Times apparso il 7 gennaio 2007 - I medici locali l'attribuiscono ai fumi e alla fuliggine vomitati ogni giorno dalla torre di un impianto dell'ENI , le cui fiamme illuminano giorno e notte Ebocha. E che, tra gli investitori, annovera la Bill & Melinda Gates Foundation" (...) Ben tre giornalisti del Los Angeles Times - Charles Piller, Edmund Sanders e Robyn Dixon - hanno condotto oltre 90 interviste, consultando centinaia di documenti. "Queste compagnie sono responsabili delle emissioni che saturano il Delta con un inquinamento che va ben oltre i limiti consentiti dalla legge in Europa e Stati Uniti", punta il dito il Los Angeles Times. Il dottor Elekwachi Okey, medico di Ebocha, dove vive il piccolo Justice, parla di "vera e prpria epidemia di asma, bronchite e tumori ai polmoni che tormenta tutti, grandi e piccoli". "Qui siamo tutti fumatori - spiega il dottore - ma non di sigarette". Fonte: Corriere della Sera 8/1/07 --- Questo infine è l'editoriale odierno del Manifesto. --- Ostaggi «collaterali» Giampaolo Calchi Novati La Nigeria è diversa dal Sudan o dalla Somalia. Sono evidenti tuttavia i sintomi di un processo di «mediorientalizzazione » dell'Africa che alla fine fa sparire le specificità locali facendo prevalere temi trasversali comeil petrolio, l'islam ola sicurezza di Israele. E' così che il caso dei tecnici dell'Agip tenuti prigionieri in Nigeria, due italiani e un libanese, acquista suo malgrado una valenza di carattere generale. Già sul posto le sensibilità e le finalità dei vari attori sono diverse e ciònonfacilita una soluzione. Il governonigeriano vuole salvare l'immagine della sovranità. Il governo di Bayelsa, uno degli stati in cui è suddivisa la regione del delta, gestisce i contatti con il Mend per la liberazione degli ostaggi. L'ultimo incontro, a quanto riferì un giornale nigeriano il 1°febbraio, andò a vuoto per il mancato accoglimento delle richieste dei ribelli, che pure le avrebbero ridotte al minimo. Invece di insistere per la liberazione senza condizioni dell'exgovernatore di Bayelsa, incriminato per corruzione, domanderebbero solo il permesso per cure all'estero. In proposito, le autorità nigeriane avrebbero avanzato riserve d'ordine procedurale. Per l'eventuale visto si sarebbe detta disponibile l'Italia. Difficoltà sarebbero sorte anche sul rilascio del leader di un altro movimento ribelle. Non si sa che cosa sia stato chiesto all'Italia e che cosa l'Italia abbia rifiutato o sia stata indotta a rifiutare. Di solito, il fattore cruciale è quello finanziario. E' un passaggio imbarazzante soprattutto quando l'affare diventa di pubblico dominio. In Nigeria, dove agisce la guerriglia a bassa intensità del Mend e di altre formazioni politico-militari che si battono per una più equa distribuzione della rendita petrolifera e il controllo dell'infrastruttura per lo sviluppo da parte delle comunità, molti sequestri si sono aperti e chiusi senza pubblicità, probabilmente con consegna di denaro. Le compagnie petrolifere non hanno la stessa suscettibilità dei governi: per loro essenziale è non disturbare la produzione. Fra Nigeria e compagnie va avanti da tempo un contenzioso proprio su questo punto. E anche qui c'è una specie di braccio di ferro con poste che hanno una portata diversa per i vari interlocutori. Un'insinuazione avanzata dalla stampa nigeriana è che l'Italia non sarebbe incentivata a negoziare perché l'Eni non ha interrotto la sua operatività. E' chiaro che ci sono dei presupposti, la statualità, la protezione ambientale, il petrolio, il diritto all'autogoverno, che nonpossono essere messi in discussione ad ogni crisi.Maè altrettanto ovvio che nei piani alti della politica, anche di quella italiana, non si può perdere di vista i processi di fondo. L'attività petrolifera è una carta essenziale per lo sviluppo della Nigeria, comedi altri paesi africani,ma è causa di effetti collaterali molto negativi. Per non sottrarsi alle loro responsabilità, le compagnie petrolifere devono sapere che sono o sono percepite come parte di un sistema che evoca rappresentazioni controverse: il predominio di oligarchie, l'arricchimento di pochi, la corruzione, il degrado del mondo in cui si vive tutti i giorni.
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