Proviamo Vergogna



COMITATO VERITA' E GIUSTIZIA PER GENOVA
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comunicato stampa

PROVIAMO VERGOGNA

Siamo increduli: puo' davvero accadere che la polizia di stato faccia
sparire elementi di prova di un processo in corso? Se davvero cosi' stanno
le cose il primo sentimento che proviamo e' di vergogna. Vergogna in quanto
cittadini. Abbiamo intrapreso, dopo il luglio 2001, un battaglia di
civilta': il nostro Comitato si batte per il rispetto dei diritti
costituzionali, calpestati piu' volte, sistematicamente, durante le
'giornate di Genova'. Ora scopriamo che la polizia di stato arriva al punto
di far sparire le due bombe molotov, elementi chiave dell'accusa, fra
l'altro individuati durante l'inchiesta grazie alla leale testimonianza di
alcuni funzionari di polizia. Un corpo dello stato, a quanto pare, intende
ostacolare in tutti i modi il corso della giustizia. Ci pare che la parola
adesso debba passare al governo e al parlamento. Al primo chiediamo un
intervento forte e chiaro, a tutela della costituzione, della magistratura e
della credibilita' stessa della polizia di stato, al secondo di non perdere
altro tempo e di approvare subito l'istituzione di una commissione
d'inchiesta sui fatti del luglio 2001, come previsto dal programma
elettorale dell'Unione.

Genova, 18 gennaio 2007
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Dal Corriere:
Blitz alla Diaz, sparita la prova contro gli agenti
L'irruzione nella scuola durante il G8: non si trovano le molotov che
sarebbero state portate dagli investigatori

GENOVA - Dopo l'agente con la coda da cavallo e le firme sui verbali di
arresto, ci siamo giocati anche Gutturnio e Colli Piacentini. Sparite nel
nulla. Le due bottiglie molotov addebitate ai 93 ragazzi arrestati durante la
sanguinosa irruzione alla scuola Diaz, non si trovano più. In quell'ormai
lontano G8, luglio 2001, una vita fa, dovevano essere la «prova regina», la
conferma della pericolosità dei giovani finiti in manette. Divennero invece
il fulcro dell'inchiesta sui poliziotti coinvolti in quella sanguinosa
perquisizione. La «prova regina» era falsa. Fabbricata ad arte per incastrare
i 93 no global e giustificare così un pestaggio a freddo, violentissimo, una
specie di rappresaglia.
Gli ordigni erano stati sequestrati durante gli scontri del pomeriggio, e
portati alla scuola da due agenti mentre il blitz era in corso. Sono il
fulcro del processo che dall'aprile 2005 si sta celebrando nell'Aula magna
del Tribunale di Genova. In Italia, è avvolto in una nuvola di silenzio.
All'estero è diverso. Alcune udienze sono state «l'apertura» del telegiornale
della Bbc, quando a deporre fu il giornalista inglese Mark Covell, massacrato
a calci e pugni dagli agenti davanti al cancello della scuola; altre sono
finite in prima pagina sulla Frankfurter Allgemeine, quando venne rievocato
il calvario di Lena Zuhlke, vent'anni, tedesca di Amburgo, un anno di
ospedale per riprendersi parzialmente dalle fratture e dalle lesioni
provocate dalle scarpate dei poliziotti. Qui da noi, il nulla, anche se tra
gli imputati vi sono nomi molto importanti della polizia italiana, accusati a
vario titolo di falso, calunnia, lesioni gravi.
Eppure di cose ne succedono, nelle due udienze settimanali. Il clima è sempre
frizzante. Sulla porta dell'aula ci sono sempre agenti che prendono le
generalità di chi entra ed esce. L'udienza di ieri era di quelle importanti,
lo testimonia la presenza di tutti gli avvocati degli imputati, evento mai
successo dall'inizio del processo. Doveva deporre il dirigente Valerio
Donnini, all'epoca responsabile del reparto che raccolse le molotov per
strada. La discussione entrava nel vivo, insomma. Il legale di uno degli
imputati ha chiesto che venissero mostrate in aula le due molotov. Durante
tutta l'inchiesta, i riconoscimenti sono stati fatti tramite foto dei due
ordigni, ma in dibattimento viene chiesta la sua ostensione. È uno
stratagemma difensivo abbastanza comune. Trattandosi di corpi di reato, le
due molotov dovrebbero essere a disposizione del Tribunale. Soltanto che
nessuno le ha mai viste.
L'ultima notizia delle due «prove regine» risale alla notte dei tempi. Il 7
maggio 2002, la Procura chiede alla questura di Genova il numero esatto delle
bombe incendiarie sequestrate nei giorni del G8. Sono cinque, è la risposta
della Digos. Tre sono state distrutte, le altre due sono quelle della Diaz e
sono custodite negli uffici della Polizia scientifica. Da lì in poi, nessuno
ne ha più saputo nulla. Nei reperti del processo, quelle bombe non sono mai
entrate. Nella storia di quest'inchiesta non è la prima volta che si
verificano misteriose sparizioni. Era successo già un'altra volta, poco prima
del rinvio a giudizio dei poliziotti. Erano scomparsi i tabulati telefonici
ottenuti dalla Wind. La questura di Genova sosteneva di averli inviati in
procura. Alla fine, vennero ritrovati negli uffici della Squadra mobile.
È molto probabile che la sparizione delle molotov sia attribuibile soltanto ad
incuria e trascuratezza. Ma quel che emerge dal processo della scuola Diaz è
la scarsa collaborazione delle forze dell'ordine quando sono chiamate a
indagare su se stesse. Nelle ultime udienze è stata certificata
l'impossibilità di identificare un poliziotto dalla fluente coda di cavallo
fotografato in primo piano durante l'irruzione. Parla con altri agenti, dà
ordini. Nessuno l'ha riconosciuto. Così come nessuno degli altri firmatari
del falsissimo verbale di arresto dei 93 no global ha saputo indicare di chi
è la quindicesima firma posta sul documento.
L'eccezione si chiama Luca Salvemini, fa il vicequestore a Palermo e nel
giugno 2002 venne incaricato dalla procura di Genova di indagare sui falsi
commessi dai poliziotti. Lo fece. E la scorsa settimana, si è limitato a
raccontare in aula come le due molotov siano state introdotte alla Diaz
mezz'ora dopo l'inizio della perquisizione, mentre i migliori investigatori
d'Italia parlottavano tra loro nel cortile dell'istituto senza accorgersi di
nulla, nel migliore dei casi. La sua deposizione ha inevitabilmente messo in
risalto l'omertà e la mancanza di collaborazione degli altri suoi colleghi.
Il riassunto delle puntate precedenti finisce qui. In attesa del ritrovamento
delle molotov, se mai avverrà, il dibattimento va avanti a scartamento
ridotto. Il tribunale ha deciso di «congelare» le testimonianze relative alle
bottiglie incendiarie. Senza Gutturnio e Colli Piacentini, almeno per ora i
vertici della Polizia sono dispensati dalla spiacevole incombenza.
Marco Imarisio
18 gennaio 2007