Da Caracas a seggi aperti, voto elettronico in Venezuela e negli Stati Uniti



Da Caracas a seggi aperti, voto elettronico in Venezuela e
negli Stati Uniti

Da osservatore internazionale, e a seggi aperti, non posso
emettere dichiarazioni su temi politici ma è corretto,
necessario ed urgente fare una puntualizzazione tecnica per
impedire che informazioni in malafede possano condizionare
l'opinione pubblica sul processo elettorale venezuelano.

di Gennaro Carotenuto da Caracas

In Venezuela il processo elettorale è completamente
elettronico. Da studioso dei sistemi elettorali e da critico
del voto elettronico devo ammettere che nelle ultime 48 ore
ho avuto occasione per ricredermi completamente. Le macchine
sviluppate dalla Commissione Nazionale Elettorale
venezuelana (CNE) sono all'avanguardia nel mondo. Anzi, due
giorni fa il Washington Post, riconosceva che c'è un
abisso tra la sicurezza del processo elettorale venezuelano
e l'aleatorietà arbitraria di quello statunitense. Veniamo
ai fatti principali (che il lavoro di osservatore incombe).

1) La CNE, è un potere completamente indipendente da
quello esecutivo, legislativo e giudiziario.

2) Si vota con SOLO due clic sullo schermo, uno per
selezionare il candidato e un altro per inviare il voto. Le
macchine a quel punto stampano una scheda fisica che il
candidato ripiega e inserisce nell'urna come in un voto
manuale.

3) Al termine del voto, alle 16 venezuelane, le 21 italiane,
si procede, centro elettorale per centro elettorale, al
sorteggio del 55% dei seggi e si effettua immediatamente un
controllo tra voti digitali e voti fisici emessi dagli
elettori.

Secondo tutti gli esperti indipendenti, e i vari gruppi di
osservatori internazionali, CNE, UE, OEA, Centro Carter, dei
quali mi onoro di fare parte, il sistema appare ineccepibile
e, nonostante quanto denuncia parte dell'opposizione e parte
della stampa internazionale, per provocare instabilità in
Venezuela, non ci sono possibilità di brogli, o almeno ce
ne sono meno che in qualunque altra parte del mondo, che si
voti in maniera manuale o elettronica. In ogni caso, ci sono
migliaia di osservatori internazionali, e decine di migliaia
di rappresentanti di lista pronti a verificare. In
particolare, riprendo l'articolo del Washington Post, la
comparazione tra il voto statunitense e quello venezuelano
è impressionante nei seguenti punti:

1) solo in casi quantitativamente marginali, negli Stati
Uniti viene emesso un voto stampato, mentre in Venezuela è
emesso nel 100% dei casi. E' per questo che Al Gore ha
dovuto rinunciare a ulteriori verifiche quando fu battuto da
Bush nel 2000.

2) negli Stati Uniti il controllo viene fatto sul 2% dei
seggi (e non si capisce che raffronto facciano, se non c'è
un voto fisico da confrontare), mentre in Venezuela c'è un
reale doppio scrutinio per il 55% dei seggi, un numero
definito impressionante da Avi Rubin, esperto di voto
elettronico, della John Opkins University.

3) negli Stati Uniti, le macchine e il software sono di
proprietà di imprese private che dietro la scusa della
proprietà intellettuale, impediscono il controllo del
meccanismo. In Venezuela il software è aperto ed è
verificabile ogni passaggio del meccanismo ed ogni riga di
codice che gestisce le elezioni.

In pratica quando un elettore vota negli Stati Uniti, il suo
voto è gestito da un'impresa privata che ha vinto un
appalto del governo. Il voto è amministrato attraverso
codici proprietari e segreti perchè protetti dalle leggi
sul copyright e non c'è nessun riscontro che il voto
dell'elettore corrisponda a quello conteggiato dalla
macchina. Nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, e ne
sono giustamente orgogliosi, il voto si svolge attraverso un
codice aperto e verificabile, viene emessa una scheda fisica
che viene inserita in un'urna e conteggiata in maniera
tradizionale per poter verificare il voto. Per
un'Occidentale medio è difficile ammettere che un paese
del terzo mondo possa essere all'avanguardia in qualcosa,
tantomeno in democrazia. Probabilmente un viaggio in
Venezuela con occhi aperti può essere occasione per un
bagno d'umiltà necessario.

Ovviamente e chiudo, ci sono molte maniere per continuare a
denunciare brogli. In questo paese si creano polemiche
paradossali sul nulla, spesso orchestrate dall'estero o
dall'estero riprese pedissequamente per lanciare sospetti.

Per esempio:

1) qualcuno denuncia che l'elettore non può bivaccare
dentro il seggio per ore, ma può solo votare per poi
ritornare, se vuole, al momento dello scrutinio. Ho diritto
-si inventa- a restare dentro il mio seggio tutto il giorno
a controllare. E se 500 elettori volessero bivaccare tutti
dentro il seggio per tutto il giorno? Dove al mondo si può
fare?

2) qualcuno denuncia che la CNE non permette di portare la
stampata a casa. Perché mai la CNE vuole tenerla per sé
dentro quell'urna di cartone? Se provi a spiegare che a) la
stampata serve per la verifica e non come ricordino; b) se
il voto uscisse dal seggio non sarebbe più segreto, ti
guardano strano.

3) qualcuno denuncia che il 55% di verifiche è poco, e che
non è il 100% perché i brogli si faranno sul 45%
restante. Chissà cosa pensa il prof. Rubin, con quel 2%
miserello e senza verifiche degli Stati Uniti?

Su cretinate simili si sono sprecati fiumi d'inchiostro, in
Venezuela e all'estero. Intento in strada le code sono
lunghissime, ma pacifiche e tranquille e i venezuelani ci
accolgono con amicizia e ci ringraziano per essere venuti a
testimoniare della loro democrazia.

Per gli amici ed i media il mio cellulare venezuelano è
0058-412-9012977.

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