Peter Botha, in morte di un boia



Peter Botha, in morte di un boia

E' morto in Sud Africa Peter Botha, l'uomo dell'apartheid.
Aveva novant'anni ed ha vissuto gli ultimi 17 anni della sua vita a Città del Capo in una villa hollywoodiana di fronte al mare. Militante del partito nazionalista fin dal 1936, è stato uno più pervicaci razzisti del XX secolo, uno dei massimi costruttori del sistema di segregazione razziale sudafricano, ed uno dei più duri nel perpetuarlo con l'uso di massa di violazioni dei diritti umani, tortura, terrorismo di stato.
di Gennaro Carotenuto

Dal 1966 era stato ministro della difesa, nel 1978 sostituì John Vorster come primo ministro e rimase in carica fino al 1989 quando un ictus lo costrinse a lasciare il campo a Frederik W. de Klerk, l'uomo che aprì il dialogo, liberò Nelson Mandela e contribuì a smantellare l'apartheid.

Con Botha nulla di tutto questo era neanche iniziato. Botha credeva nella superiorità razziale dei bianchi. Trasformò il Sud Africa in uno stato di polizia ed in una potenza militare e governò a lungo con leggi speciali e stato d'emergenza.

La sua dittatura dei bianchi -con l'appoggio incondizionato degli Stati Uniti- si caratterizzò per la negazione dei diritti umani e civili della maggioranza nera dei cittadini, per essere stato il mandante di centinaia di omicidi politici, per l'uso indiscriminato della tortura, per le decine di migliaia di prigionieri politici tra i quali al più illustre, Nelson Mandela, non permise mai di lasciare la propria cella nel carcere di Robben Island.

Anche dopo aver lasciato il potere, Botha non diede alcun contributo positivo alla ricostruzione del paese e si è sempre negato a collaborare con la Commissione di Verità e Giustizia. Anche di recente, in un'intervista in occasione del novantesimo compleanno, si è detto non pentito di nulla ed ha anzi rivendicato il suo governo razzista e il sistema dell'apartheid.

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