Fidel Castro; appunti per un coccodrillo che per ora non servirà
- Subject: Fidel Castro; appunti per un coccodrillo che per ora non servirà
- From: Gennaro Carotenuto <gc at gennarocarotenuto.it>
- Date: Wed, 02 Aug 2006 16:26:52 +0200
Fidel Castro; appunti per un coccodrillo
che per ora non servirà
Si poteva scommettere che oggi Pierluigi Battista, sulle
pagine del Corriere della Sera, avrebbe usato le parole "satrapo" e
"satrapia" con l'aggiunta dell'aggettivo "tropicale" per definire Fidel
Castro e la Rivoluzione cubana. Che noia! Che superficialità di analisi
(sic!) per il principale quotidiano italiano! Ci si domanda perfino che
titoli abbia Pierluigi Battista per scrivere di America Latina se non
riesce ad esprimere altro che una sequela di termini come "satrapo",
"gulag tropicale", "dittatore sanguinario". Forse scriverli costituisce
un titolo di merito in certi ambienti, ma tali termini non
contribuiscano in nulla a spiegare 47 anni di Rivoluzione a Cuba.
Stantie, schematiche, scontate, soprattutto colpevolmente
autoreferenti, appaiono tutte le analisi sulla Rivoluzione cubana,
soprattutto da quella sinistra che nel condannare sempre e comunque
Cuba vede una comoda maniera di emendare il proprio peccato originale. Fidel morirà. Probabilmente non questa volta -auguro lunga e felice vita al Comandante- ma morirà e a Miami potranno dar sfogo a tutta la volgarità della quale una ex-classe dirigente rapace, estremista e mafiosa è capace. E loro, Pierluigi Battista e sodali, saranno di nuovo lì a riciclare per l'ennesima volta gli articoli che avevano cominciato a scrivere alla caduta del muro di Berlino, nell'oramai remotissimo 1989. In tutti questi lunghi 17 anni non hanno mai provato a spiegare a se stessi prima che ai loro lettori perché Cuba non è caduta, perché Fidel non è né Ceaucescu né Honecker, perché Cuba è oggi meno isolata che mai, perché oggi può contare come mai nella storia sull'amicizia e il rispetto della regione, e perché forse la rivoluzione non cadrà neanche dopo la morte di Fidel. Se la Rivoluzione cubana fosse stata quella che descrive la stampa europea, Cuba sarebbe davvero caduta nell'89. Ma Cuba è oggettivamente ben altro, anche se ai più conviene far finta di non vedere. Ed è ben altro perché Fidel Castro e la Rivoluzione incarnano la vera idiosincrasia di Cuba, quel nazionalismo di José Martí, cosciente e progressivo, che sa che l'isola o sarà indipendente o non sarà e che sotto gli artigli degli Stati Uniti non può esserci futuro. La Rivoluzione, nel bene e nel male, è cubana, non è calco o copia di un modello russo lontano. Se forse non tutti i cubani sono convinti del socialismo o comunque non sarebbero disposti a morirvi, sicuramente Cuba è fidelista. Fidelista in un sentimento patriottico dalle radici profonde che nessuna amministrazione statunitense può comprendere prima ancora che battere e che da 47 anni è incarnato da Fidel Castro. E per questo progetto fidelista, sicuramente, anche oggi, generazioni di cubani sono disposte a battersi. Con Fidel e dopo Fidel. E vedremo cosa riserverà il futuro e se la stampa italiana saprà spiegarlo. Strano dittatore, Fidel Castro. E' dittatore da mezzo secolo
dell'unico paese del continente americano che non ha conosciuto il
dramma dei desaparecidos. Quasi un milione di cittadini americani sono
stati fatti sparire nel frattempo da dittature e democrazie
filostatunitensi in tutto il continente. E’ triste pensare che solo la
dittatura di Fidel Castro abbia fatto da argine al crimine contro
l’umanità della sparizione forzata di persone e del terrorismo di
stato. Senza libertà di stampa, Cuba è pur sempre l'unico paese al
mondo dove in questi 47 anni non è mai stato ammazzato un giornalista.
E neanche un sindacalista, laddove in paesi come il Brasile o la
Colombia ne cade uno al giorno sotto i colpi dei tagliagole pagati
dalle imprese, spesso multinazionali del nord. A Cuba, secondo i dati
di Amnistia Internazionale, ci sono 300 prigionieri politici. Sono 300
prigionieri politici di troppo, ma vivaddio, sono la metà dei detenuti
nel "gulag tropicale" -quello sì- di Guantanamo. È possibile
rappresentare la Rivoluzione cubana, con appena 300 prigionieri
politici su 12 milioni di abitanti, e pure condannando l’esistenza di
anche un solo prigioniero d’opinione, come un gulag a cielo aperto? È
possibile rappresentare la repressione politica come il tratto
distintivo di questa esperienza? Sempre pronti a giustificare le
violazioni dei diritti umani e il terrorismo di stato degli Stati Uniti
e dei loro alleati, i nostri media sono inflessibili solo verso Cuba e
dimenticano scientemente 47 anni di aggressione e di terrorismo di
stato statunitense che ha causato nell'isola 3500 morti. Gli argomenti
che vengono usati per difendere Israele, con le proprie frontiere
continuamente violate come quelle cubane, non sono validi per Cuba. Strano dittatore, Fidel Castro. Da tempo le redini del potere reale sono passate ad una generazione di quarantenni nati e che hanno studiato nell'eccellente sistema scolastico e universitario cubano. Quando i quotidiani italiani ed europei si affannano a leggere tra le righe del momentaneo passaggio di consegne a Raúl, scordano, non sanno o fingono di non sapere, che già oggi a Cuba Fidel Castro ha un'infinita autorità morale, il rispetto pressocché unanime della popolazione -lo ammette oggi anche la BBC- ma ha da tempo ceduto ai giovani i gangli amministrativi dello stato. Il fatto che la dittatura cubana e solo la dittatura cubana sia riuscita a risparmiare ai propri abitanti la peggiore tragedia che l'umanità possa concepire, la morte per fame, è allora la cartina tornasole del fallimento della democrazia liberale in America. E' triste e paradossale che un sistema rappresentativo faccia morire i bambini di fame mentre un sistema a partito unico sia dichiarato dalla OMS come l'unico libero dalla denutrizione infantile. Chi in questi anni ha votato democraticamente per Carlos Menem o Fernando Enrique Cardoso ha votato anche per la denutrizione infantile, risparmiata ai cubani, triste nemesi per chi si riempie la bocca di democrazia a patto che sia formale e mai sostanziale. Gli europei si scandalizzano quando decine di milioni di
latinoamericani -ogni giorno di più- trepidano per Fidel e guardano a
Cuba come un modello, come un esempio di orgoglio, di dignità ma anche
di soluzione pratica di problemi sociali che le democrazie non hanno
voluto o potuto risolvere. Le democrazie rappresentative dell'America
Latina straziata dal neoliberismo imposto dagli Stati Uniti, hanno
conosciuto i morti per fame, la riduzione indiscriminata dei diritti
civili, della scolarità, della salute. Il socialismo a Cuba ha
garantito gli ultimi e svantaggiato i primi. La democrazia in America
ha massacrato gli ultimi e favorito spropositatamente i primi. Oggi
l'America Latina è profondamente più diseguale di quanto non fosse 47
anni fa laddove Cuba è infinitamente più giusta di quanto non fosse
quando era una colonia degli Stati Uniti. Se la democrazia liberale fa
morire i bambini di fame, come potranno i latinoamericani non augurare
lunga vita al Comandante Fidel Castro? |
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