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Per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza
- Subject: Per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 10 Jul 2006 18:29:39 +0200
Una lettera alle ed ai parlamentari italiani Oggetto: Una legge per la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso della nonviolenza Gentili parlamentari, alcuni anni fa parlamentari di vare forze politiche promossero un disegno di legge che proponeva la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso della nonviolenza. Vi saremmo grati se quella iniziativa voleste riprendere ed impegnarvi affinche' diventi finalmente legge dello stato che tutti gli appartenti alle forze dell'ordine nel proprio percorso formativo e di aggiornamento incontrino la nonviolenza, e nella loro attivita' possano quindi adeguatamente avvalersi delle straordinarie risorse che la nonviolenza mette a disposizione. A questa breve lettera alleghiamo una documentazione essenziale. Distinti saluti, per il Centro di ricerca per la pace di Viterbo Peppe Sini Viterbo, 10 luglio 2006 Mittente: Centro di ricerca per la pace strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it * * * Da "La domenica della nonviolenza" n. 5 del 23 gennaio 2005 riprendiamo alcuni dei materiali li' raccolti: 1. Per invigilare se stessi (2001) 2. Alcuni elementi di informazione essenziali per la contestualizzazione (2001) 3. Estratti da tre documenti a vari soggetti istituzionali (2000-2001) 4. Le numerose qualificate adesioni di parlamentari gia' pervenute al primo dicembre 2001 5. Mohandas Gandhi: Una polizia nonviolenta 1. MATERIALI. PER INVIGILARE SE STESSI (2001) La proposta di un atto legislativo (o amministrativo, o regolamentare) che istituisca una specifica formazione e addestramento alla nonviolenza per tutto il personale delle forze dell'ordine e' una urgente necessita'. Gli operatori delle forze dell'ordine hanno nel nostro paese il compito istituzionale di difendere la sicurezza pubblica: e quindi l'incolumita' e la dignita' e i diritti di tutte le persone (si noti: tutte le persone, non solo i cittadini italiani), poiche' questa e' la legalita' in uno stato di diritto, poiche' questo e' scritto nella Costituzione della Repubblica Italiana, fondamento del nostro ordinamento giuridico. Gli operatori delle forze dell'ordine si trovano a svolgere un compito delicato e difficile: contrastare i poteri criminali (e sappiamo quanto le mafie nel nostro paese siano potenti e feroci), garantire le condizioni per una civile convivenza, far rispettare le leggi vigenti. Occorre che abbiano gli strumenti teorici (i saperi: anche quelli assiologici ed ermeneutici) ed operativi (dall'organizzazione alle metodologie, dalle strategie alle risorse materiali) necessari. Tra questi strumenti la formazione e l'addestramento ai criteri, i metodi, le tecniche e le strategie elaborate dalla teoria-prassi nonviolenta sono di fondamentale importanza. I valori morali, le analisi psicologiche e sociologiche, le acquisizioni teoretiche, gli strumenti ermeneutici, le modalita' comunicative e relazionali, il bagaglio operativo e la memoria storica della riflessione nonviolenta costituiscono una "cassetta degli attrezzi" che ogni operatore sociale (e quindi, e soprattutto, anche quegli operatori sociali che agiscono nel campo della difesa dei diritti e della sicurezza pubblica) dovrebbe avere a disposizione; dovrebbero essere un retroterra condiviso, un curriculum formativo comune per tutti gli attori della scena pubblica. La nonviolenza si insegna: non si tratta di richiedere una fede, ma di far conoscere teorie, metodologie, esperienze che hanno una lunga storia e una sistemazione scientifica notevoli... vi sono molteplici esperienze e riflessioni che possono e devono essere valorizzate e condivise, studiate e discusse, apprese e utilizzate. E dunque per formare e addestrare le forze dell'ordine (e sarebbe bene, certo, tutti i cittadini) alla conoscenza e all'uso degli strumenti teorici e pratici della nonviolenza si faccia subito un provvedimento; noi riteniamo che dovrebbe essere una legge: ma che sia legge, che sia decreto, che sia regolamento, che sia atto amministrativo, quel che piu' conta e' che si faccia subito e subito abbia applicazione. Poi magari ci sara' lo stesso il teppista che si copre di una divisa per dar sfogo alla sua brutalita' (il quale, ovviamente, va individuato e punito come tutti coloro che delinquono); ma ci sara' una grandissima parte di operatori della sicurezza pubblica che saranno persone piu' mature e piu' consapevoli, piu' qualificate e piu' responsabili, piu' adeguate al loro compito istituzionale. E tutti staremo meglio. 2. MATERIALI. ALCUNI ELEMENTI DI INFORMAZIONE ESSENZIALI PER LA CONTESTUALIZZAZIONE (2001) A. La nonviolenza nella legislazione e nella storia d'Italia La nonviolenza nel corpus legislativo italiano Nella legislazione italiana il termine, ed il concetto, di "nonviolenza" e' entrato relativamente tardi: con la legge 8 luglio 1998, n. 230, che all'art. 8, comma 2, lettera e) attribuisce all'Ufficio nazionale per il servizio civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il compito di "predisporre, d'intesa con il Dipartimento per il coordinamento della protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta". In realta' gia' da molti anni erano stati effettualmente accolti termini ed esperienze sovente fortemente connessi alla teoria e prassi della nonviolenza, come ad esempio attesta la legislazione che dal 1972 con la legge n. 772 riconosceva e recepiva l'obiezione di coscienza al servizio militare e disponeva il servizio civile alternativo; inoltre gia' nel dettato costituzionale, come hanno rilevato autorevoli commentatori, vi sono le fondamenta di un orientamento tendenzialmente nonviolento e comunque una legittimazione piena di tale prospettiva. E del resto analogo orientamento e' possibile leggere in autorevoli documenti internazionali: come la Carta delle Nazioni Unite, e la Dichiarazione universale dei diritti umani. * La nonviolenza nella ricerca accademica e nelle agenzie formative Nella ricerca accademica e nelle agenzie formative ormai da decenni la nonviolenza e' un tema rilevante. E' cosi' a livello internazionale (a partire dalle attivita' di peace research promosse dall'Onu), ed e' cosi' anche in Italia, in cui lo studio della nonviolenza e la formazione ai valori, alle tecniche e alle strategie della nonviolenza costituiscono esperienze consolidate sia in ambito accademico che in ambito piu' generalmente istituzionale che nell'alveo delle esperienze dell'associazionismo democratico, delle agenzie formative, delle variegate formazioni in cui si articola la societa' civile e particolarmente l'impegno sociale e civile. * La nonviolenza nella cultura e nella storia d'Italia Del resto nella cultura e nella storia d'Italia la nonviolenza e' radicata in esperienze e riflessioni che risalgono ad esempio fino alla proposta di vita e di pensiero di Francesco d'Assisi. E nel Novecento un illustre filosofo e pedagogista italiano, Aldo Capitini, ha dato un contributo di riflessione e di proposta di enorme rilevanza a livello internazionale; cosi' come Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (che di Gandhi fu direttamente discepolo); cosi' come Danilo Dolci: personalita' italiane che a livello internazionale sono tra le figure piu' note e piu' luminose della nonviolenza. Ad Aldo Capitini risale altresi' la coniazione del termine stesso "nonviolenza". Peraltro in Italia anche la figura di Gandhi fu conosciuta con relativa tempestivita': anche grazie alla sua visita nel nostro paese nel 1931, ed alla pubblicazione nello stesso anno dell'edizione italiana della sua autobiografia con prefazione di Giovanni Gentile; ed alla nonviolenza si ispirarono alcune delle figure piu' nobili e delle attivita' piu' profonde e luminose dell'opposizione alla dittatura fascista. * Per una definizione critica e pluridimensionale della nonviolenza I. Il termine "nonviolenza", distinto dalla locuzione "non violenza" La parola "nonviolenza" e' stata coniata dal filosofo ed educatore italiano Aldo Capitini (1899-1968) e traduce i due termini creati da Mohandas Gandhi (1869-1948) per definire la sua proposta teorico-pratica: "ahimsa" e "satyagraha". La parola "nonviolenza" designa un concetto del tutto distinto dalla semplice locuzione "non violenza" o "non-violenza"; la locuzione "non violenza" infatti indica la mera astensione dalla violenza (ed in quanto tale puo' comprendere anche la passivita', la fuga, la rassegnazione, la vilta', l'indifferenza, la complicita', l'omissione di soccorso); il concetto di "nonviolenza" afferma invece l'opposizione alla violenza come impegno attivo e affermazione di responsabilita'. Infatti i due termini usati da Gandhi, che il termine capitiniano di "nonviolenza" unifica e traduce, hanno un campo semantico ampio ma molto forte e ben caratterizzato: "ahimsa" significa "contrario della violenza", "negazione assoluta della violenza", quindi "opposizione alla violenza fino alla radice di essa"; "satyagraha" significa "adesione al vero, contatto con il bene, forza della verita', vicinanza all'essere, coesione essenziale". II. La nonviolenza non e' un'ideologia La "nonviolenza" quindi e' un concetto che indica la scelta e l'mpegno di un intervento attivo contro la violenza, la sopraffazione, l'ingiustizia (non solo quella dispiegata e flagrante, ma anche quella cristallizzata e camuffata, quella acuta e quella cronica, quella immediata e quella strutturale). La nonviolenza non e' un'ideologia ne' una fede: ci si puo' accostare alla nonviolenza a partire da diverse ideologie e da diverse fedi religiose e naturalmente mantenendo quei convincimenti. Ad esempio nel corso dello scorso secolo vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla nonviolenza aderendo a fedi diverse: induista, cristiana, buddhista, islamica, ebraica, altre ancora, o anche non aderendo ad alcuna fede. Ugualmente vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla nonviolenza aderendo a ideologie diverse: liberali, socialiste (nelle varie articolazioni di questo concetto teorico e movimento storico), patriottiche, internazionaliste, democratiche in senso lato. III. La nonviolenza e' una teoria-prassi sperimentale e aperta La nonviolenza infatti e' una teoria-prassi, ovvero un insieme di riflessioni ed esperienze, creativa, sperimentale, aperta. Non dogmatica, non autoritaria, ma che invita alla responsabilita' personale nel riflettere e nell'agire. IV. La nonviolenza e' un concetto pluridimensionale Molti equivoci intorno alla nonviolenza nascono dal fatto che essa e' un concetto a molte dimensioni, cosicche' talvolta chi si appropria di una sola di queste dimensioni qualifica la sua collocazione e il suo agire come "nonviolenti", in realta' commettendo un errore e una mistificazione, poiche' si da' nonviolenza solo nella compresenza delle varie sue dimensioni (ovviamente, e' comunque positivo che soggetti diversi conoscano e accolgano anche soltanto alcuni aspetti della nonviolenza, ma questo non li autorizza a dichiarare di praticare la nonviolenza). Proviamo a indicare alcune delle dimensioni fondamentali della nonviolenza: - la nonviolenza e' un insieme di ragionamenti e valori morali; - la nonviolenza e' un insieme di tecniche comunicative, relazionali, deliberative, organizzative e di azione; - la nonviolenza e' un insieme di strategie di intervento sociale e di gestione dei conflitti; - la nonviolenza e' un progetto sociale di convivenza affermatrice della dignita' di tutti gli esseri umani; - la nonviolenza e' un insieme di analisi e proposte logiche, psicologiche, sociologiche, economiche, politiche ed antropologiche. Come si vede, lo studio della nonviolenza implica la coscienza della pluridimensionalita' di essa, delle sue articolazioni, delle sue implicazioni. Ed anche del fatto che essa implica saldezza sui principi ed insieme un atteggamento ricettivo, critico, sperimentale, aperto; che non ha soluzioni preconfezionate ma richiede ogni volta nella situazione concreta un riflettere e un agire contestuale, critico e creativo. * B. Formazione del personale delle forze dell'ordine e ordinamento giuridico - I percorsi formativi del personale delle forze dell'ordine Attualmente le forze dell'ordine in Italia sono articolate in diversi corpi, con statuti specifici ed organizzazioni interne peculiari. Tale situazione si riflette anche sui percorsi formativi ed addestrativi. - La Costituzione come fondamento dell'ordinamento giuridico Ma fondamento unitario di tutti i percorsi formativi e' e deve essere il riferimento alla Costituzione della Repubblica Italiana su cui si incardina tutto il sistema legislativo ed istituzionale italiano e si basa il nostro ordinamento giuridico. - Ordine pubblico, legalita', democrazia E quindi in uno stato di diritto, in un paese democratico come l'Italia, la funzione dello Stato preposta all'ordine pubblico e' vincolata all'affermazione della legalita', alla difesa della democrazia, alla promozione della sicurezza, dell'incolumita' e dei diritti delle persone che nel territorio italiano si trovino. - Pubblica sicurezza, diritti umani Sempre piu' la riflessione giuridica contemporanea ha evidenziato il nesso inscindibile tra sicurezza pubblica e diritti umani, diritti che sono propri di ogni essere umano e che per essere inverati abbisognano di un impegno positivo delle funzioni pubbliche. - Necessita' di una piu' adeguata formazione delle forze dell'ordine Si evince pertanto la necessita' di una sempre piu' adeguata formazione del personale delle forze dell'ordine ordinata all'espletamento piu' coerente ed efficace dei compiti che inverino le finalita' dalla Costituzione enunciate nell'ambito delle specifiche funzioni, modalita' ed aree di intervento. A tal fine la formazione alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza si dimostra di estrema utilita'. * C. Esperienze di riferimento in Italia, in Europa e nel mondo - Esperienze di formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine gia' svolte ed in corso in Italia Anche in Italia da anni in vari luoghi e contesti si sperimentano gia' percorsi formativi alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie dalla nonviolenza di personale preposto alla sicurezza pubblica. - Riflessioni ed esperienze in altri paesi europei In altri paesi europei la riflessione e le esperienze in tal senso sono sovente assai rilevanti, come si evince dal dibattito in merito. - Esperienze internazionali di riferimento Infine si consideri come a livello internazionale vi siano ormai molteplici e qualificatissime esperienze storiche, di grande rilievo anche sul piano giuridico, con particolar riferimento a situazioni di partenza decisamente assai critiche. Si pensi ad esempio al caso del Nicaragua in cui dopo la fine della dittatura somozista si pose il problema di rieducare il personale dei corpi speciali della dittatura (spesso bambini che erano stati ridotti a feroci bruti); o al caso straordinario del Sud Africa, in cui la "Commissione nazionale per la verita' e la riconciliazione", presieduta dal Premio Nobel Desmond Tutu, ha indicato una via di grande interesse e profonda originalita' per uscire da una situazione tremenda come quella ereditata dal regime dell'apartheid. * D. Ambiti formativi in cui si fa gia' ampio uso dei valori e delle tecniche della nonviolenza Segnaliamo infine, come mera elencazione, alcuni ambiti in cui da molti anni esiste ormai una lunga ed ampia tradizione di studi e di esperienze formative e addestrative alla conoscenza e all'uso della nonviolenza. Questa tradizione ha diverse esplicazioni: in sede di istituzioni sovranazionali; in sede di istituzioni nazionali; in sede di istituzioni locali; in sede universitaria; in sede scolastica; in sede di altre agenzie formative; in sede di enti assistenziali, sociali, sanitari, di protezione civile; in sede di enti di servizio civile; in sede di associazionismo democratico; in sede di formazione ed aggiornamento nel management; in sede di agenzie informative; in sede di intervento psicoterapeutico; in sede di training sportivo; in sede di facilitazione in consessi deliberativi; in sede di promozione e coordinamento di campagne sociali. Gli esempi sono infiniti: si va dalla formazione ad altissima qualificazione del personale specializzato in interventi di peace-keeping a livello internazionale (in primo luogo dell'Onu); alle cattedre e ai dipartimenti universitari di peace-research; fino alla formazione dei giovani in servizio civile. Analogamente esempi attuativi e fonti normative e regolamentari di riferimento gia' esistono a tutti i livelli, sia in campo internazionale che per quel che concerne specificamente l'Italia. Esistono anche ricognizioni di istituti di ricerca specializzati in ambito istituzionale e accademico; una pregevole raccolta di dati e' stata recentemente pubblicata dal Movimento Internazionale della Riconciliazione (Mir) di Padova, ed e' disponibile sulla rete telematica pacifista Peacelink. 3. MATERIALI. ESTRATTI DA TRE DOCUMENTI A VARI SOGGETTI ISTITUZIONALI (2000-2001) Documento 1. Da una lettera del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo a vari parlamentari del 24 luglio 2000: Gia' mesi addietro, in una lettera inviata ad alcune figure istituzionali locali, proponevamo ad esse "di voler promuovere un corso di formazione ai valori ed alle tecniche della nonviolenza per tutto il personale preposto alla pubblica sicurezza". E gia' cola' chiarivamo che "la nonviolenza non e' passivita', ma contrasto efficace ed opposizione integrale alla violenza; e le sue specifiche tecniche comunicative, di accostamento psicologico, di interpretazione sociologica e di intervento sociale, costituiscono strumenti sia di formazione morale e intellettuale di se stessi, sia di interazione adeguata e costruttiva con gli altri; particolarmente in situazioni di conflitto, di tensione e di crisi le tecniche della nonviolenza sono di grandissima utilita', e pressoche' insostituibili. E' evidente la necessita' che particolarmente coloro che svolgono il delicatissimo e difficilissimo compito di contrastare crimine e violenza, di promuovere e difendere con la legalita' la serenita' e il benessere di tutti, devono avere conoscenze e capacita' tali da saper intervenire adeguatamente in primo luogo in aiuto di chi e' in difficolta'. Conoscere le tecniche della nonviolenza, ed essere addestrati al loro uso, significa avere a disposizione una strumentazione interpretativa ed operativa di grande valore ed efficacia. Contrastare la violenza significa contrastare effettivamente ed efficacemente il crimine (che sulla violenza si fonda), significa altresi' garantire autentica sicurezza, che solo puo' nascere dal rispetto piu' scrupoloso dei diritti della persona, di ogni persona, dal rispetto e dalla promozione della dignita' umana, dall'aiuto a chi di aiuto ha bisogno". E' nostra ferma convinzione che la conoscenza della nonviolenza, dei suoi valori, delle sue tecniche, delle sue strategie di intervento comunicativo, sociale, solidale e umanizzante, sia indispensabile per ogni operatore pubblico e soprattutto per quelli addetti alla sicurezza ed alla protezione dei diritti. Naturalmente non si tratta di "convertire" delle persone, bensi': - in primo luogo, di mettere a disposizione strumenti interpretativi ed operativi adeguati per agire in modo costantemente legale, efficace e rispettoso della dignita' umana nello svolgimento delle proprie mansioni; - in secondo luogo, di fornire agli operatori addetti al controllo del territorio ed alla protezione dei diritti, un quadro di riferimento categoriale ed applicativo coerente con la Costituzione, e quindi con la fonte stessa della legalita' nel nostro paese; e con la Dichiarazione universale dei diritti umani, che costituisce un comune orizzonte di riferimento per le codificazioni giuridiche e le prassi amministrative dei paesi democratici; - in terzo luogo, di offrire un'occasione di riflessione sulle dinamiche relazionali e sulle strategie operative e cooperative nel rapporto interpersonale e particolarmente nel conflitto con la persona o le persone nei cui confronti si interviene e con cui quindi si interagisce; - in quarto luogo di mettere a disposizione indicazioni utili ad un approfondimento delle problematiche non solo giuridiche, procedurali, amministrative e tecniche, ma anche psicologiche, sociologiche, comunicative e antropologico-culturali connesse ed implicate dall'attivita' che si svolge. I valori teoretici, le strategie d'intervento e le tecniche operative della nonviolenza, e quindi l'educazione e l'addestramento ad essi ed esse, costituiscono una opportunita' formativa che a nostro parere sarebbe necessario ed urgente che entrasse nel bagaglio di conoscenze, nei curricula studiorum e nell'addestramento di tutti gli operatori addetti alla sicurezza pubblica. * Documento 2. Da una lettera del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo al Ministro dell'Interno del 25 luglio 2000: La nonviolenza, intervento attivo per promuovere diritti e dignita' di tutti La nonviolenza e' il portato delle scelte assiologiche e giuriscostituenti inscritte nei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana. La nonviolenza e' l'applicazione dei princìpi etici e giuridici promulgati dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. La nonviolenza e' proposta operativa fondamentale e fondante per la civile convivenza in un'epoca, come quella attuale, di grandi conflitti, di grandi opportunita' evolutive come di immani pericoli di regresso e catastrofe. La nonviolenza ovviamente non e' passivita', ma opposizione alla violenza la piu' nitida, intransigente ed efficace; non e' un sottrarsi ai conflitti ed alle situazioni di crisi, ma un farvi fronte e gestirli con chiaroveggenza ed energia affinche' essi producano acclaramento e ricomposizione, evolvano in esiti di maggiore giustizia, di maggiore umanizzazione; la nonviolenza non e' contemplazione atterrita o inerme ritrarsi, ma presenza viva e operante per affermare sempre ed ovunque, e quindi in primo luogo ove piu' occorra, la dignita' della persona e i diritti umani; la nonviolenza e' il dispiegarsi del principio di legalita' in quanto esso fonda la convivenza e difende e promuove i diritti di tutti. * Una proposta pratica: formare e addestrare tutto il personale addetto alla pubblica sicurezza ai valori, le strategie e le tecniche della nonviolenza E' necessario che tutto il personale addetto alla pubblica sicurezza conosca e sia in grado di utilizzare nello svolgimento delle sue mansioni le tecniche, le strategie, i valori, e dunque le acquisizioni e gli strumenti conoscitivi, ermeneutici ed operativi della nonviolenza. E' infatti assai penoso che proprio le persone che, per il lavoro di altissima responsabilita' che svolgono, piu' hanno bisogno di disporre di una formazione, un addestramento ed una strumentazione (teorica ed applicativa) adeguati a difendere e promuovere sicurezza, convivenza, rispetto dei diritti delle persone tutte, proprio queste persone siano private di una opportunita' formativa massimamente adeguata all'incombenza che la legge e le istituzioni loro attribuiscono. E' assurdo che proprio quegli operatori dei pubblici servizi che devono intervenire in situazioni di massima crisi ed emergenza, non abbiano a disposizione gli strumenti piu' adatti alla bisogna: le tecniche operative, le strategie comunicative, gli strumenti interpretativi, i valori di riferimento che la nonviolenza propone. E', quello qui segnalato, un paradosso gravido di conseguenze pericolose: e' un paradosso che deve cessare. Si ponga rimedio istituendo al piu' presto la prassi e l'obbligatorieta' della formazione e dell'addestramento alla nonviolenza per tutti gli operatori addetti alla sicurezza pubblica. Beninteso: questa non e' una panacea, ma senza ombra di dubbio costituirebbe un contributo di grande valore e di sicura utilita'. * Benefiche ricadute Non vi e' dubbio, infatti, che la formazione e l'addestramento alla nonviolenza per il personale addetto alla difesa e promozione della sicurezza e dei diritti di tutti avrebbe immediati effetti benefici sia per i lavoratori destinatari di tale formazione e addestramento, sia per gli utenti tutti del loro intervento, includendo tra gli utenti anche le persone oggetto dei loro interventi: persone che anche quando commettono crimini e pertanto debbono essere perseguite e punite ai sensi di legge, restano comunque esseri umani ed in quanto tali non possono essere fatti oggetto di trattamenti degradanti, di minacce, di violenze e lesioni. La Costituzione e' chiara: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" (art. 2); non sono ammessi "trattamenti contrari al senso di umanita'" (art. 27, comma secondo); e naturamente "non e' ammessa la pena di morte" (art. 27, comma quarto). La nonviolenza, e' una constatazione empirica e non un'asserzione ideologica o fideistica, degnifica le parsone che vengono in contatto con essa; la conoscenza della nonviolenza, dei suoi valori e concetti, come delle sue strategie comunicative e delle sue tecniche relazionali, umanizza le persone e i rapporti, adegua l'agire a valori e fini che sono quelli fondanti la civilta' giuridica, che sono quelli sanciti dalla Costituzione, che sono i valori ed i fini che rendono degna la vita e civile la convivenza. A tutti andrebbe garantita, fin dalle scuole di base, la conoscenza e la formazione alla nonviolenza; ebbene, che si cominci intanto a mettere questo patrimonio di risorse a disposizione almeno di chi, per il lavoro che svolge, piu' ne ha bisogno. Che le istituzioni democratiche si adoperino affinche' proprio nelle situazioni in cui di contrastare la violenza si tratta, si abbia a disposizione la ricchezza di strumenti teorici e pratici che la nonviolenza offre. * Documento 3. Da una lettera del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo al Presidente della Repubblica del 24 luglio 2001: Che tutti gli operatori delle forze dell'ordine, cui incombe il gravoso ed importantissimo impegno di difendere la sicurezza pubblica, l'incolumita' delle persone, la legalita', siano specificamente formati e addestrati alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie di comunicazione e di intervento della nonviolenza. Data la delicatezza del servizio pubblico dalle forze dell'ordine prestato, e dato che esse per funzione istituzionale si trovano sovente ad agire in situazioni fortemente critiche e d'emergenza, e' assolutamente necessario che la formazione e l'addestramento del personale in esse impiegato prevedano anche questa grande risorsa che e' la conoscenza e la capacita' di applicazione di tecniche comunicative e relazionali, di strategie di intervento e di interpretazione, di solido radicamento in fondamentali valori giuridici e morali, tecniche, strategie e valori che la teoria-prassi della nonviolenza nel corso della storia ha esplorato, elaborato, tematizzato, sperimentato e che mette a disposizione di tutti gli operatori sociali, come di tutti gli esseri umani. In Italia esistono esperienze formative alla nonviolenza, tradizioni culturali della nonviolenza, illustri studiosi ed educatori alla nonviolenza (sia in ambito accademico che nel servizio sociale), che possono essere adeguatamente valorizzati a tal fine. Tra le esperienze formative vi sono prestigiose ed ormai consolidate tradizioni di corsi tenuti in universita', in scuole, in istituzioni, in enti di servizio sociale e di servizio civile, in tante sedi dell'associazionismo democratico e della societa' civile. Tra le tradizioni culturali della nonviolenza in Italia bastera' ricordare la riflessione e la proposta di Aldo Capitini, con il suo richiamo a Francesco d'Assisi, a Giuseppe Mazzini, a Mohandas Gandhi; le esperienze e riflessioni di Danilo Dolci ed il suo straordinario intervento sociale e lavoro maieutico; ed ancora le cospicue ricerche di Guido Calogero e Norberto Bobbio; l'esperienza di don Lorenzo Milani; l'elaborazione di Ernesto Balducci, e molte altre figure esemplari si potrebbero citare tra quanti nel nostro paese hanno dato un grande contributo alla promozione della teoria e della pratica della nonviolenza. Tra gli studiosi, formatori ed educatori oggi attivi in Italia vi sono prestigiose figure accademiche... e molti altri illustri docenti e ricercatori, riconosciuti ed apprezzati a livello internazionale. Ebbene, poiche' queste risorse esistono e sono dunque a disposizione, che siano valorizzate al fine indicato. 4. MATERIALI. LE NUMEROSE QUALIFICATE ADESIONI DI PARLAMENTARI GIA' PERVENUTE AL PRIMO DICEMBRE 2001 La proposta di un atto legislativo per la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza, formulata da oltre un anno da parte del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, e preparata e sostenuta da un intenso dibattito che ha coinvolto movimenti nonviolenti, associazioni ed operatori delle forze dell'ordine, giuristi, educatori, illustri personalita' delle istituzioni come della societa' civile, ha gia' ottenuto un vasto consenso anche in sede parlamentare. * Tra i membri del Senato della Repubblica hanno gia' espresso attenzione e sostegno: Occhetto, Acciarini, Baratella, Battafarano, Battaglia, Bonfietti, Boco, Calvi, Chiusoli, Cortiana, Coviello, Crema, Dalla Chiesa, D'Ambrosio, Dato, De Paoli, De Petris, De Zulueta, Donati, Falomi, Fassone, Filippini, Formisano, Liguori, Longhi, Malabarba, Marini, Martone, Murineddu, Pascarella, Petruccioli, Ripamonti, Salvi, Tessitore, Turroni, Veraldi, Vicini, Viserta, Zancan. * Tra i membri della Camera dei Deputati hanno gia' espresso attenzione e sostegno: Bandoli, Bimbi, Bolognesi, Cento, Cima, Deiana, De Simone, Grandi, Grillini, Luca', Lucidi, Panattoni, Pecoraro Scanio, Pinotti, Pisapia, Preda, Realacci, Rognoni, Russo Spena, Ruzzante, Siniscalchi, Tolotti, Valpiana, Violante. * Tra i membri del Parlamento Europeo hanno gia' espresso attenzione e sostegno: il vicepresidente del Parlamento Europeo Imbeni, ed i parlamentari europei Di Lello, Fava, Morgantini, Pittella. 5. MATERIALI. MOHANDAS GANDHI: UNA POLIZIA NONVIOLENTA [Il breve brano seguente abbiamo ripreso da Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996, p. 144; e' un estratto da un articolo pubblicato su "Harijan" del primo settembre 1940] Io ho ammesso che anche in uno stato nonviolento potrebbe essere necessaria una forza di polizia. Questo, lo confesso, e' un sintomo dell'imperfezione del mio ahimsa. Non ho il coraggio di affermare che potremo fare a meno di una forza di polizia come lo affermo riguardo all'esercito. Naturalmente posso immaginare, e immagino uno stato nel quale la polizia non sara' necessaria; ma se riusciremo a realizzarlo o meno soltanto il futuro potra' deciderlo. La polizia che io concepisco tuttavia sara' di tipo totalmente diverso da quella oggi esistente. Le sue file saranno composte da seguaci della nonviolenza. Questi saranno i servitori e non i padroni del popolo. Il popolo dara' loro spontaneamente tutto il suo aiuto, e grazie alla reciproca collaborazione, essi saranno in grado di far fronte con facilita' ai disordini, che saranno peraltro in continua diminuzione. La forza di polizia disporra' di alcune armi, ma ne fara' uso solo raramente, se non addirittura affatto. Di fatto i poliziotti saranno dei riformatori. * * *
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