Per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza



Una lettera alle ed ai parlamentari italiani

Oggetto: Una legge per la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza
e all'uso della nonviolenza

Gentili parlamentari,

alcuni anni fa parlamentari di vare forze politiche promossero un disegno di
legge che proponeva la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e
all'uso della nonviolenza.

Vi saremmo grati se quella iniziativa voleste riprendere ed impegnarvi
affinche' diventi finalmente legge dello stato che tutti gli appartenti alle
forze dell'ordine nel proprio percorso formativo e di aggiornamento
incontrino la nonviolenza, e nella loro attivita' possano quindi
adeguatamente avvalersi delle straordinarie risorse che la nonviolenza mette
a disposizione.

A questa breve lettera alleghiamo una documentazione essenziale.

Distinti saluti,

per il Centro di ricerca per la pace di Viterbo
Peppe Sini

Viterbo, 10 luglio 2006

Mittente: Centro di ricerca per la pace
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

* * *

Da "La domenica della nonviolenza" n. 5 del 23 gennaio 2005 riprendiamo
alcuni dei materiali li' raccolti:
1. Per invigilare se stessi (2001)
2. Alcuni elementi di informazione essenziali per la contestualizzazione
(2001)
3. Estratti da tre documenti a vari soggetti istituzionali (2000-2001)
4. Le numerose qualificate adesioni di parlamentari gia' pervenute al primo
dicembre 2001
5. Mohandas Gandhi: Una polizia nonviolenta

1. MATERIALI. PER INVIGILARE SE STESSI (2001)

La proposta di un atto legislativo (o amministrativo, o regolamentare) che
istituisca una specifica formazione e addestramento alla nonviolenza per
tutto il personale delle forze dell'ordine e' una urgente necessita'.
Gli operatori delle forze dell'ordine hanno nel nostro paese il compito
istituzionale di difendere la sicurezza pubblica: e quindi l'incolumita' e
la dignita' e i diritti di tutte le persone (si noti: tutte le persone, non
solo i cittadini italiani), poiche' questa e' la legalita' in uno stato di
diritto, poiche' questo e' scritto nella Costituzione della Repubblica
Italiana, fondamento del nostro ordinamento giuridico.
Gli operatori delle forze dell'ordine si trovano a svolgere un compito
delicato e difficile: contrastare i poteri criminali (e sappiamo quanto le
mafie nel nostro paese siano potenti e feroci), garantire le condizioni per
una civile convivenza, far rispettare le leggi vigenti.
Occorre che abbiano gli strumenti teorici (i saperi: anche quelli
assiologici ed ermeneutici) ed operativi (dall'organizzazione alle
metodologie, dalle strategie alle risorse materiali) necessari.
Tra questi strumenti la formazione e l'addestramento ai criteri, i metodi,
le tecniche e le strategie elaborate dalla teoria-prassi nonviolenta sono di
fondamentale importanza.
I valori morali, le analisi psicologiche e sociologiche, le acquisizioni
teoretiche, gli strumenti ermeneutici, le modalita' comunicative e
relazionali, il bagaglio operativo e la memoria storica della riflessione
nonviolenta costituiscono una "cassetta degli attrezzi" che ogni operatore
sociale (e quindi, e soprattutto, anche quegli operatori sociali che
agiscono nel campo della difesa dei diritti e della sicurezza pubblica)
dovrebbe avere a disposizione; dovrebbero essere un retroterra condiviso, un
curriculum formativo comune per tutti gli attori della scena pubblica.
La nonviolenza si insegna: non si tratta di richiedere una fede, ma di far
conoscere teorie, metodologie, esperienze che hanno una lunga storia e una
sistemazione scientifica notevoli... vi sono molteplici esperienze e
riflessioni che possono e devono essere valorizzate e condivise, studiate e
discusse, apprese e utilizzate.
E dunque per formare e addestrare le forze dell'ordine (e sarebbe bene,
certo, tutti i cittadini) alla conoscenza e all'uso degli strumenti teorici
e pratici della nonviolenza si faccia subito un provvedimento; noi riteniamo
che dovrebbe essere una legge: ma che sia legge, che sia decreto, che sia
regolamento, che sia atto amministrativo, quel che piu' conta e' che si
faccia subito e subito abbia applicazione.
Poi magari ci sara' lo stesso il teppista che si copre di una divisa per dar
sfogo alla sua brutalita' (il quale, ovviamente, va individuato e punito
come tutti coloro che delinquono); ma ci sara' una grandissima parte di
operatori della sicurezza pubblica che saranno persone piu' mature e piu'
consapevoli, piu' qualificate e piu' responsabili, piu' adeguate al loro
compito istituzionale. E tutti staremo meglio.

2. MATERIALI. ALCUNI ELEMENTI DI INFORMAZIONE ESSENZIALI PER LA
CONTESTUALIZZAZIONE (2001)

A. La nonviolenza nella legislazione e nella storia d'Italia
La nonviolenza nel corpus legislativo italiano
Nella legislazione italiana il termine, ed il concetto, di "nonviolenza" e'
entrato relativamente tardi: con la legge 8 luglio 1998, n. 230, che
all'art. 8, comma 2, lettera e) attribuisce all'Ufficio nazionale per il
servizio civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il compito
di "predisporre, d'intesa con il Dipartimento per il coordinamento della
protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile
non armata e nonviolenta".
In realta' gia' da molti anni erano stati effettualmente accolti termini ed
esperienze sovente fortemente connessi alla teoria e prassi della
nonviolenza, come ad esempio attesta la legislazione che dal 1972 con la
legge n. 772 riconosceva e recepiva l'obiezione di coscienza al servizio
militare e disponeva il servizio civile alternativo; inoltre gia' nel
dettato costituzionale, come hanno rilevato autorevoli commentatori, vi sono
le fondamenta di un orientamento tendenzialmente nonviolento e comunque una
legittimazione piena di tale prospettiva.
E del resto analogo orientamento e' possibile leggere in autorevoli
documenti internazionali: come la Carta delle Nazioni Unite, e la
Dichiarazione universale dei diritti umani.
*
La nonviolenza nella ricerca accademica e nelle agenzie formative
Nella ricerca accademica e nelle agenzie formative ormai da decenni la
nonviolenza e' un tema rilevante. E' cosi' a livello internazionale (a
partire dalle attivita' di peace research promosse dall'Onu), ed e' cosi'
anche in Italia, in cui lo studio della nonviolenza  e la formazione ai
valori, alle tecniche e alle strategie della nonviolenza costituiscono
esperienze consolidate sia in ambito accademico che in ambito piu'
generalmente istituzionale che nell'alveo delle esperienze
dell'associazionismo democratico, delle agenzie formative, delle variegate
formazioni in cui si articola la societa' civile e particolarmente l'impegno
sociale e civile.
*
La nonviolenza nella cultura e nella storia d'Italia
Del resto nella cultura e nella storia d'Italia la nonviolenza e' radicata
in esperienze e riflessioni che risalgono ad esempio fino alla proposta di
vita e di pensiero di Francesco d'Assisi.
E nel Novecento un illustre filosofo e pedagogista italiano, Aldo Capitini,
ha dato un contributo di riflessione e di proposta di enorme rilevanza a
livello internazionale; cosi' come Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (che di
Gandhi fu direttamente discepolo); cosi' come Danilo Dolci: personalita'
italiane che a livello internazionale sono tra le figure piu' note e piu'
luminose della nonviolenza. Ad Aldo Capitini risale altresi' la coniazione
del termine stesso "nonviolenza".
Peraltro in Italia anche la figura di Gandhi fu conosciuta con relativa
tempestivita': anche grazie alla sua visita nel nostro paese nel 1931, ed
alla pubblicazione nello stesso anno dell'edizione italiana della sua
autobiografia con prefazione di Giovanni Gentile; ed alla nonviolenza si
ispirarono alcune delle figure piu' nobili e delle attivita' piu' profonde e
luminose dell'opposizione alla dittatura fascista.
*
Per una definizione critica e pluridimensionale della nonviolenza
I. Il termine "nonviolenza", distinto dalla locuzione "non violenza"
La parola "nonviolenza" e' stata coniata dal filosofo ed educatore italiano
Aldo Capitini (1899-1968) e traduce i due termini creati da Mohandas Gandhi
(1869-1948) per definire la sua proposta teorico-pratica: "ahimsa" e
"satyagraha".
La parola "nonviolenza" designa un concetto del tutto distinto dalla
semplice locuzione "non violenza" o "non-violenza"; la locuzione "non
violenza" infatti indica la mera astensione dalla violenza (ed in quanto
tale puo' comprendere anche la passivita', la fuga, la rassegnazione, la
vilta', l'indifferenza, la complicita', l'omissione di soccorso); il
concetto di "nonviolenza" afferma invece l'opposizione alla violenza come
impegno attivo e affermazione di responsabilita'.
Infatti i due termini usati da Gandhi, che il termine capitiniano di
"nonviolenza" unifica e traduce, hanno un campo semantico ampio ma molto
forte e ben caratterizzato: "ahimsa" significa "contrario della violenza",
"negazione assoluta della violenza", quindi "opposizione alla violenza fino
alla radice di essa"; "satyagraha" significa "adesione al vero, contatto con
il bene, forza della verita', vicinanza all'essere, coesione essenziale".
II. La nonviolenza non e' un'ideologia
La "nonviolenza" quindi e' un concetto che indica la scelta e l'mpegno di un
intervento attivo contro la violenza, la sopraffazione, l'ingiustizia (non
solo quella dispiegata e flagrante, ma anche quella cristallizzata e
camuffata, quella acuta e quella cronica, quella immediata e quella
strutturale).
La nonviolenza non e' un'ideologia ne' una fede: ci si puo' accostare alla
nonviolenza a partire da diverse ideologie e da diverse fedi religiose e
naturalmente mantenendo quei convincimenti. Ad esempio nel corso dello
scorso secolo vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla
nonviolenza aderendo a fedi diverse: induista, cristiana, buddhista,
islamica, ebraica, altre ancora, o anche non aderendo ad alcuna fede.
Ugualmente vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla
nonviolenza aderendo a ideologie diverse: liberali, socialiste (nelle varie
articolazioni di questo concetto teorico e movimento storico), patriottiche,
internazionaliste, democratiche in senso lato.
III. La nonviolenza e' una teoria-prassi sperimentale e aperta
La nonviolenza infatti e' una teoria-prassi, ovvero un insieme di
riflessioni ed esperienze, creativa, sperimentale, aperta. Non dogmatica,
non autoritaria, ma che invita alla responsabilita' personale nel riflettere
e nell'agire.
IV. La nonviolenza e' un concetto pluridimensionale
Molti equivoci intorno alla nonviolenza nascono dal fatto che essa e' un
concetto a molte dimensioni, cosicche' talvolta chi si appropria di una sola
di queste dimensioni qualifica la sua collocazione e il suo agire come
"nonviolenti", in realta' commettendo un errore e una mistificazione,
poiche' si da' nonviolenza solo nella compresenza delle varie sue dimensioni
(ovviamente, e' comunque positivo che soggetti diversi conoscano e accolgano
anche soltanto alcuni aspetti della nonviolenza, ma questo non li autorizza
a dichiarare di praticare la nonviolenza).
Proviamo a indicare alcune delle dimensioni fondamentali della nonviolenza:
- la nonviolenza e' un insieme di ragionamenti e valori morali;
- la nonviolenza e' un insieme di tecniche comunicative, relazionali,
deliberative, organizzative e di azione;
- la nonviolenza e' un insieme di strategie di intervento sociale e di
gestione dei conflitti;
- la nonviolenza e' un progetto sociale di convivenza affermatrice della
dignita' di tutti gli esseri umani;
- la nonviolenza e' un insieme di analisi e proposte logiche, psicologiche,
sociologiche, economiche, politiche ed antropologiche.
Come si vede, lo studio della nonviolenza implica la coscienza della
pluridimensionalita' di essa, delle sue articolazioni, delle sue
implicazioni.
Ed anche del fatto che essa implica saldezza sui principi ed insieme un
atteggamento ricettivo, critico, sperimentale, aperto; che non ha soluzioni
preconfezionate ma richiede ogni volta nella situazione concreta un
riflettere e un agire contestuale, critico e creativo.
*
B. Formazione del personale delle forze dell'ordine e ordinamento giuridico
- I percorsi formativi del personale delle forze dell'ordine
Attualmente le forze dell'ordine in Italia sono articolate in diversi corpi,
con statuti specifici ed organizzazioni interne peculiari. Tale situazione
si riflette anche sui percorsi formativi ed addestrativi.
- La Costituzione come fondamento dell'ordinamento giuridico
Ma fondamento unitario di tutti i percorsi formativi e' e deve essere il
riferimento alla Costituzione della Repubblica Italiana su cui si incardina
tutto il sistema legislativo ed istituzionale italiano e si basa il nostro
ordinamento giuridico.
- Ordine pubblico, legalita', democrazia
E quindi in uno stato di diritto, in un paese democratico come l'Italia, la
funzione dello Stato preposta all'ordine pubblico e' vincolata
all'affermazione della legalita', alla difesa della democrazia, alla
promozione della sicurezza, dell'incolumita' e dei diritti delle persone che
nel territorio italiano si trovino.
- Pubblica sicurezza, diritti umani
Sempre piu' la riflessione giuridica contemporanea ha evidenziato il nesso
inscindibile tra sicurezza pubblica e diritti umani, diritti che sono propri
di ogni essere umano e che per essere inverati abbisognano di un impegno
positivo delle funzioni pubbliche.
- Necessita' di una piu' adeguata formazione delle forze dell'ordine
Si evince pertanto la necessita' di una sempre piu' adeguata formazione del
personale delle forze dell'ordine ordinata all'espletamento piu' coerente ed
efficace dei compiti che inverino le finalita' dalla Costituzione enunciate
nell'ambito delle specifiche funzioni, modalita' ed aree di intervento. A
tal fine la formazione alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche
e delle strategie della nonviolenza si dimostra di estrema utilita'.
*
C. Esperienze di riferimento in Italia, in Europa e nel mondo
- Esperienze di formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine gia'
svolte ed in corso in Italia
Anche in Italia da anni in vari luoghi e contesti si sperimentano gia'
percorsi formativi alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e
delle strategie dalla nonviolenza di personale preposto alla sicurezza
pubblica.
- Riflessioni ed esperienze in altri paesi europei
In altri paesi europei la riflessione e le esperienze in tal senso sono
sovente assai rilevanti, come si evince dal dibattito in merito.
- Esperienze internazionali di riferimento
Infine si consideri come a livello internazionale vi siano ormai molteplici
e qualificatissime esperienze storiche, di grande rilievo anche sul piano
giuridico, con particolar riferimento a situazioni di partenza decisamente
assai critiche.
Si pensi ad esempio al caso del Nicaragua in cui dopo la fine della
dittatura somozista si pose il problema di rieducare il personale dei corpi
speciali della dittatura (spesso bambini che erano stati ridotti a feroci
bruti); o al caso straordinario del Sud Africa, in cui la "Commissione
nazionale per la verita' e la riconciliazione", presieduta dal Premio Nobel
Desmond Tutu, ha indicato una via di grande interesse e profonda
originalita' per uscire da una situazione tremenda come quella ereditata dal
regime dell'apartheid.
*
D. Ambiti formativi in cui si fa gia' ampio uso dei valori e delle tecniche
della nonviolenza
Segnaliamo infine, come mera elencazione, alcuni ambiti in cui da molti anni
esiste ormai una lunga ed ampia tradizione di studi e di esperienze
formative e addestrative alla conoscenza e all'uso della nonviolenza.
Questa tradizione ha diverse esplicazioni: in sede di istituzioni
sovranazionali; in sede di istituzioni nazionali; in sede di istituzioni
locali; in sede universitaria; in sede scolastica; in sede di altre agenzie
formative; in sede di enti assistenziali, sociali, sanitari, di protezione
civile; in sede di enti di servizio civile; in sede di associazionismo
democratico; in sede di formazione ed aggiornamento nel management; in sede
di agenzie informative; in sede di intervento psicoterapeutico; in sede di
training sportivo; in sede di facilitazione in consessi deliberativi; in
sede di promozione e coordinamento di campagne sociali.
Gli esempi sono infiniti: si va dalla formazione ad altissima qualificazione
del personale specializzato in interventi di peace-keeping a livello
internazionale (in primo luogo dell'Onu); alle cattedre e ai dipartimenti
universitari di peace-research; fino alla formazione dei giovani in servizio
civile.
Analogamente esempi attuativi e fonti normative e regolamentari di
riferimento gia' esistono a tutti i livelli, sia in campo internazionale che
per quel che concerne specificamente l'Italia.
Esistono anche ricognizioni di istituti di ricerca specializzati in ambito
istituzionale e accademico; una pregevole raccolta di dati e' stata
recentemente pubblicata dal Movimento Internazionale della Riconciliazione
(Mir) di Padova, ed e' disponibile sulla rete telematica pacifista
Peacelink.

3. MATERIALI. ESTRATTI DA TRE DOCUMENTI A VARI SOGGETTI ISTITUZIONALI
(2000-2001)

Documento 1. Da una lettera del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo a
vari parlamentari del 24 luglio 2000:
Gia' mesi addietro, in una lettera inviata ad alcune figure istituzionali
locali, proponevamo ad esse "di voler promuovere un corso di formazione ai
valori ed alle tecniche della nonviolenza per tutto il personale preposto
alla pubblica sicurezza".
E gia' cola' chiarivamo che "la nonviolenza non e' passivita', ma contrasto
efficace ed opposizione integrale alla violenza; e le sue specifiche
tecniche comunicative, di accostamento psicologico, di interpretazione
sociologica e di intervento sociale, costituiscono strumenti sia di
formazione morale e intellettuale di se stessi, sia di interazione adeguata
e costruttiva con gli altri; particolarmente in situazioni di conflitto, di
tensione e di crisi le tecniche della nonviolenza sono di grandissima
utilita', e pressoche' insostituibili.
E' evidente la necessita' che particolarmente coloro che svolgono il
delicatissimo e difficilissimo compito di contrastare crimine e violenza, di
promuovere e difendere con la legalita' la serenita' e il benessere di
tutti, devono avere conoscenze e capacita' tali da saper intervenire
adeguatamente in primo luogo in aiuto di chi e' in difficolta'.
Conoscere le tecniche della nonviolenza, ed essere addestrati al loro uso,
significa avere a disposizione una strumentazione interpretativa ed
operativa di grande valore ed efficacia.
Contrastare la violenza significa contrastare effettivamente ed
efficacemente il crimine (che sulla violenza si fonda), significa altresi'
garantire autentica sicurezza, che solo puo' nascere dal rispetto piu'
scrupoloso dei diritti della persona, di ogni persona, dal rispetto e dalla
promozione della dignita' umana, dall'aiuto a chi di aiuto ha bisogno".
E' nostra ferma convinzione che la conoscenza della nonviolenza, dei suoi
valori, delle sue tecniche, delle sue strategie di intervento comunicativo,
sociale, solidale e umanizzante, sia indispensabile per ogni operatore
pubblico e soprattutto per quelli addetti alla sicurezza ed alla protezione
dei diritti.
Naturalmente non si tratta di "convertire" delle persone, bensi':
- in primo luogo, di mettere a disposizione strumenti interpretativi ed
operativi adeguati per agire in modo costantemente legale, efficace e
rispettoso della dignita' umana nello svolgimento delle proprie mansioni;
- in secondo luogo, di fornire agli operatori addetti al controllo del
territorio ed alla protezione dei diritti, un quadro di riferimento
categoriale ed applicativo coerente con la Costituzione, e quindi con la
fonte stessa della legalita' nel nostro paese; e con la Dichiarazione
universale dei diritti umani, che costituisce un comune orizzonte di
riferimento per le codificazioni giuridiche e le prassi amministrative dei
paesi democratici;
- in terzo luogo, di offrire un'occasione di riflessione sulle dinamiche
relazionali e sulle strategie operative e cooperative nel rapporto
interpersonale e particolarmente nel conflitto con la persona o le persone
nei cui confronti si interviene e con cui quindi si interagisce;
- in quarto luogo di mettere a disposizione indicazioni utili ad un
approfondimento delle problematiche non solo giuridiche, procedurali,
amministrative e tecniche, ma anche psicologiche, sociologiche, comunicative
e antropologico-culturali connesse ed implicate dall'attivita' che si
svolge.
I valori teoretici, le strategie d'intervento e le tecniche operative della
nonviolenza, e quindi l'educazione e l'addestramento ad essi ed esse,
costituiscono una opportunita' formativa che a nostro parere sarebbe
necessario ed urgente che entrasse nel bagaglio di conoscenze, nei curricula
studiorum e nell'addestramento di tutti gli operatori addetti alla sicurezza
pubblica.
*
Documento 2. Da una lettera del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
al Ministro dell'Interno del 25 luglio 2000:
La nonviolenza, intervento attivo per promuovere diritti e dignita' di tutti
La nonviolenza e' il portato delle scelte assiologiche e giuriscostituenti
inscritte nei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica
Italiana.
La nonviolenza e' l'applicazione dei princìpi etici e giuridici promulgati
dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.
La nonviolenza e' proposta operativa fondamentale e fondante per la civile
convivenza in un'epoca, come quella attuale, di grandi conflitti, di grandi
opportunita' evolutive come di immani pericoli di regresso e catastrofe.
La nonviolenza ovviamente non e' passivita', ma opposizione alla violenza la
piu' nitida, intransigente ed efficace; non e' un sottrarsi ai conflitti ed
alle situazioni di crisi, ma un farvi fronte e gestirli con chiaroveggenza
ed energia affinche' essi producano acclaramento e ricomposizione, evolvano
in esiti di maggiore giustizia, di maggiore umanizzazione; la nonviolenza
non e' contemplazione atterrita o inerme ritrarsi, ma presenza viva e
operante per affermare sempre ed ovunque, e quindi in primo luogo ove piu'
occorra, la dignita' della persona e i diritti umani; la nonviolenza e' il
dispiegarsi del principio di legalita' in quanto esso fonda la convivenza e
difende e promuove i diritti di tutti.
*
Una proposta pratica: formare e addestrare tutto il personale addetto alla
pubblica sicurezza ai valori, le strategie e le tecniche della nonviolenza
E' necessario che tutto il personale addetto alla pubblica sicurezza conosca
e sia in grado di utilizzare nello svolgimento delle sue mansioni le
tecniche, le strategie, i valori, e dunque le acquisizioni e gli strumenti
conoscitivi, ermeneutici ed operativi della nonviolenza.
E' infatti assai penoso che proprio le persone che, per il lavoro di
altissima responsabilita' che svolgono, piu' hanno bisogno di disporre di
una formazione, un addestramento ed una strumentazione (teorica ed
applicativa) adeguati a difendere e promuovere sicurezza, convivenza,
rispetto dei diritti delle persone tutte, proprio queste persone siano
private di una opportunita' formativa massimamente adeguata all'incombenza
che la legge e le istituzioni loro attribuiscono.
E' assurdo che proprio quegli operatori dei pubblici servizi che devono
intervenire in situazioni di massima crisi ed emergenza, non abbiano a
disposizione gli strumenti piu' adatti alla bisogna: le tecniche operative,
le strategie comunicative, gli strumenti interpretativi, i valori di
riferimento che la nonviolenza propone.
E', quello qui segnalato, un paradosso gravido di conseguenze pericolose: e'
un paradosso che deve cessare. Si ponga rimedio istituendo al piu' presto la
prassi e l'obbligatorieta' della formazione e dell'addestramento alla
nonviolenza per tutti gli operatori addetti alla sicurezza pubblica.
Beninteso: questa non e' una panacea, ma senza ombra di dubbio costituirebbe
un contributo di grande valore e di sicura utilita'.
*
Benefiche ricadute
Non vi e' dubbio, infatti, che la formazione e l'addestramento alla
nonviolenza per il personale addetto alla difesa e promozione della
sicurezza e dei diritti di tutti avrebbe immediati effetti benefici sia per
i lavoratori destinatari di tale formazione e addestramento, sia per gli
utenti tutti del loro intervento, includendo tra gli utenti anche le persone
oggetto dei loro interventi: persone che anche quando commettono crimini  e
pertanto debbono essere perseguite e punite ai sensi di legge, restano
comunque esseri umani ed in quanto tali non possono essere fatti oggetto di
trattamenti degradanti, di minacce, di violenze e lesioni.
La Costituzione e' chiara: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo" (art. 2); non sono ammessi "trattamenti contrari al
senso di umanita'" (art. 27, comma secondo); e naturamente "non e' ammessa
la pena di morte" (art. 27, comma quarto).
La nonviolenza, e' una constatazione empirica e non un'asserzione ideologica
o fideistica, degnifica le parsone che vengono in contatto con essa; la
conoscenza della nonviolenza, dei suoi valori e concetti, come delle sue
strategie comunicative e delle sue tecniche relazionali, umanizza le persone
e i rapporti, adegua l'agire a valori e fini che sono quelli fondanti la
civilta' giuridica, che sono quelli sanciti dalla Costituzione, che sono i
valori ed i fini che rendono degna la vita e civile la convivenza.
A tutti andrebbe garantita, fin dalle scuole di base, la conoscenza e la
formazione alla nonviolenza; ebbene, che si cominci intanto a mettere questo
patrimonio di risorse a disposizione almeno di chi, per il lavoro che
svolge, piu' ne ha bisogno.
Che le istituzioni democratiche si adoperino affinche' proprio nelle
situazioni in cui di contrastare la violenza si tratta, si abbia a
disposizione la ricchezza di strumenti teorici e pratici che la nonviolenza
offre.
*
Documento 3. Da una lettera del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
al Presidente della Repubblica del 24 luglio 2001:
Che tutti gli operatori delle forze dell'ordine, cui incombe il gravoso ed
importantissimo impegno di difendere la sicurezza pubblica, l'incolumita'
delle persone, la legalita', siano specificamente formati e addestrati alla
conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie di
comunicazione e di intervento della nonviolenza.
Data la delicatezza del servizio pubblico dalle forze dell'ordine prestato,
e dato che esse per funzione istituzionale si trovano sovente ad agire in
situazioni fortemente critiche e d'emergenza, e' assolutamente necessario
che la formazione e l'addestramento del personale in esse impiegato
prevedano anche questa grande risorsa che e' la conoscenza e la capacita' di
applicazione di tecniche comunicative e relazionali, di strategie di
intervento e di interpretazione, di solido radicamento in fondamentali
valori giuridici e morali, tecniche, strategie e valori che la teoria-prassi
della nonviolenza nel corso della storia ha esplorato, elaborato,
tematizzato, sperimentato e che mette a disposizione di tutti gli operatori
sociali, come di tutti gli esseri umani.
In Italia esistono esperienze formative alla nonviolenza, tradizioni
culturali della nonviolenza, illustri studiosi ed educatori alla nonviolenza
(sia in ambito accademico che nel servizio sociale), che possono essere
adeguatamente valorizzati a tal fine.
Tra le esperienze formative vi sono prestigiose ed ormai consolidate
tradizioni di corsi tenuti in universita', in scuole, in istituzioni, in
enti di servizio sociale e di servizio civile, in tante sedi
dell'associazionismo democratico e della societa' civile.
Tra le tradizioni culturali della nonviolenza in Italia bastera' ricordare
la riflessione e la proposta di Aldo Capitini, con il suo richiamo a
Francesco d'Assisi, a Giuseppe Mazzini, a Mohandas Gandhi; le esperienze e
riflessioni di Danilo Dolci ed il suo straordinario intervento sociale e
lavoro maieutico; ed ancora le cospicue ricerche di Guido Calogero e
Norberto Bobbio; l'esperienza di don Lorenzo Milani; l'elaborazione di
Ernesto Balducci, e molte altre figure esemplari si potrebbero citare tra
quanti nel nostro paese hanno dato un grande contributo alla promozione
della teoria e della pratica della nonviolenza.
Tra gli studiosi, formatori ed educatori oggi attivi in Italia vi sono
prestigiose figure accademiche... e molti altri illustri docenti e
ricercatori, riconosciuti ed apprezzati a livello internazionale.
Ebbene, poiche' queste risorse esistono e sono dunque a disposizione, che
siano valorizzate al fine indicato.

4. MATERIALI. LE NUMEROSE QUALIFICATE ADESIONI DI PARLAMENTARI GIA'
PERVENUTE AL PRIMO DICEMBRE 2001

La proposta di un atto legislativo per la formazione delle forze dell'ordine
alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza, formulata da
oltre un anno da parte del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, e
preparata e sostenuta da un intenso dibattito che ha coinvolto movimenti
nonviolenti, associazioni ed operatori delle forze dell'ordine, giuristi,
educatori, illustri personalita' delle istituzioni come della societa'
civile, ha gia' ottenuto un vasto consenso anche in sede parlamentare.
*
Tra i membri del Senato della Repubblica hanno gia' espresso attenzione e
sostegno: Occhetto, Acciarini, Baratella, Battafarano, Battaglia, Bonfietti,
Boco, Calvi, Chiusoli, Cortiana, Coviello, Crema, Dalla Chiesa, D'Ambrosio,
Dato, De Paoli, De Petris, De Zulueta, Donati, Falomi, Fassone, Filippini,
Formisano, Liguori, Longhi, Malabarba, Marini, Martone, Murineddu,
Pascarella, Petruccioli, Ripamonti, Salvi, Tessitore, Turroni, Veraldi,
Vicini, Viserta, Zancan.
*
Tra i membri della Camera dei Deputati hanno gia' espresso attenzione e
sostegno: Bandoli, Bimbi, Bolognesi, Cento, Cima, Deiana, De Simone, Grandi,
Grillini, Luca', Lucidi, Panattoni, Pecoraro Scanio, Pinotti, Pisapia,
Preda, Realacci, Rognoni, Russo Spena, Ruzzante, Siniscalchi, Tolotti,
Valpiana, Violante.
*
Tra i membri del Parlamento Europeo hanno gia' espresso attenzione e
sostegno: il vicepresidente del Parlamento Europeo Imbeni, ed i parlamentari
europei Di Lello, Fava, Morgantini, Pittella.

5. MATERIALI. MOHANDAS GANDHI: UNA POLIZIA NONVIOLENTA
[Il breve brano seguente abbiamo ripreso da Mohandas Gandhi, Teoria e
pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973, 1996, p. 144; e' un
estratto da un articolo pubblicato su "Harijan" del primo settembre 1940]

Io ho ammesso che anche in uno stato nonviolento potrebbe essere necessaria
una forza di polizia. Questo, lo confesso, e' un sintomo dell'imperfezione
del mio ahimsa. Non ho il coraggio di affermare che potremo fare a meno di
una forza di polizia come lo affermo riguardo all'esercito. Naturalmente
posso immaginare, e immagino uno stato nel quale la polizia non sara'
necessaria; ma se riusciremo a realizzarlo o meno soltanto il futuro potra'
deciderlo.
La polizia che io concepisco tuttavia sara' di tipo totalmente diverso da
quella oggi esistente. Le sue file saranno composte da seguaci della
nonviolenza. Questi saranno i servitori e non i padroni del popolo. Il
popolo dara' loro spontaneamente tutto il suo aiuto, e grazie alla reciproca
collaborazione, essi saranno in grado di far fronte con facilita' ai
disordini, che saranno peraltro in continua diminuzione. La forza di polizia
disporra' di alcune armi, ma ne fara' uso solo raramente, se non addirittura
affatto. Di fatto i poliziotti saranno dei riformatori.

* * *